DANTO, Arthur Coleman
Filosofo e critico d’arte statunitense, nato ad Ann Arbour (Mich.) il 1° gennaio 1924 e morto a New York il 25 ottobre 2013. La notorietà di D. è legata soprattutto ai suoi scritti di filosofia dell’arte, benché abbia dedicato il suo lavoro anche ad altre problematiche: dallo statuto delle proposizioni storiche (Analytical philosophy of history, 1965; trad. it. 1971) alla teoria della conoscenza (Analytical philosophy of knowledge, 1968) e dell’azione (Analytical philosophy of action, 1973).
Intenzionato a diventare un artista, D. studiò prima arte e storia alla Wayne State University, poi filosofia alla Columbia University. Trascorse un anno a Parigi (1949-50) dove frequentò le lezioni di Maurice Merleau-Ponty. Tornato alla Columbia University, e abbandonata ogni aspirazione artistica, cominciò a insegnare filosofia nel 1951. Dal 1992 è stato Johnsonian professor emeritus of philos ophy. Il successo del suo primo libro di filosofia dell’arte,The transfiguration of the commonplace (1981; trad. it. 2008) gli valse nel 1984 l’incarico di critico d’arte per il settimanale «The Nation», per il quale scrisse fino al 2009.
Per comprendere il suo pensiero sull’arte conviene tenere presenti due assunti teorici alla base di tutto il suo pensiero: la peculiarità degli animali umani è di essere enti che si riferiscono al mondo attraverso rappresentazioni di cose esistenti o non esistenti; lo strumento concettuale per distinguere lo statuto ontologico degli enti che ci rappresentiamo è una variante del principio degli indiscernibili di Gottfried Wilhelm von Leibniz (secondo cui non si danno due individui che condividano tutte le loro proprietà: non esistono due enti distinguibili solo numero). È proprio questo strumento a essere esemplificato nell’analisi dell’opera che, nel 1964, ha dato il via alle riflessioni di D. sull’arte: Brillo Box di Andy Warhol è percettivamente indiscernibile dalla sua controparte reale; se nessuna proprietà percettibile distingue la prima dalla seconda, la loro differenza ontologica sarà dovuta a proprietà relazionali, non rilevabili dai sensi. Su questa base, D. tenta una definizione di arte in termini di condizioni necessarie e sufficienti: 1) un’opera d’arte è una struttura intenzionale. Possiede la proprietà di essere-a-proposito-di, che le cose invece non hanno; 2) è dunque una rappresentazione e deve essere causata intenzionalmente; 3) richiede un’interpretazione che ne colga i significati. Senza un’interpretazione potremmo individuare l’oggetto, non l’opera: l’interpretazione è costitutiva dell’identità di un’opera; 4) un’opera può essere a proposito di qualcosa solo in un certo contesto storico-culturale; 5) l’opera deve avere una struttura metaforica e richiede il contributo del fruitore per essere attivata; 6) nelle opere d’arte è decisivo il modo in cui la rappresentazione è a proposito di qualcosa: è ciò che D. chiama stile.
In seguito D. si è limitato a proporre solo due condizioni necessarie per la definizione di un’opera: che abbia un significato e che questo sia indisgiungibile dal medium in cui prende corpo (embodied meaning).
Avendo identificato ogni proprietà estetica con le proprietà percettive, D. ha sostenuto che l’estetica non ha alcun ruolo nella definizione dell’arte. Compresa la propria essenza, l’arte è giunta così alla fine della propria storia. Dopo gli anni Sessanta, fiorisce solo come arte ‘poststorica’, aperta a tutte le possibilità, ma privata di ogni telos. L’unica novità aggiunta successivamente da D. a questo quadro teorico è la ripresa della proprietà estetica tradizionale della bellezza (The abuse of beauty. Aesthetics andthe concept of art, 2003; trad. it. 2008), intesa però come «bellezza interna al significato» di un’opera già definita come opera d’arte grazie a proprietà non estetiche.
Bibliografia: Action, art, history. Engagements with Arthur C.Danto, ed. D. Herwitz, M. Kelly, New York 2007; «Rivista di estetica», n.s., 2007, 35, 2, nr. monografico: Artworld & artwork. Arthur C. Danto e l’ontologia dell’arte, a cura di T. Andina, A. Lancieri; L. Marchetti, Oggetti semi-opachi. Sulla filosofia dell’arte di Arthur C. Danto, Milano 2009; T. Andina, Arthur Danto. Un filosofo pop, Roma 2010; The philosophy of ArthurDanto, ed. R.E. Auxier, L.E. Hahn, Chicago 2013.