LOVEJOY, Arthur Oncken
Filosofo e storico delle idee statunitense, nato a Berlino il 10 ottobre 1873, morto a Baltimora il 30 dicembre 1962. Studiò all'università della California a Berkeley e a Harvard, dove si laureò in lettere nel 1897. Dopo un soggiorno di studio a Parigi (1898-99), divenne associate professor di Filosofia alla Stanford University; insegnò poi all'università di Washington e in quella del Missouri (1901-08); quindi, dal 1910 fino al 1938, alla John Hopkins University. Fu presidente dell'American Philosophical Society (1916-17). Nel 1940 fondò la rivista The Journal of the History of Ideas.
In contrasto con l'idealismo di J. Royce, L. sostenne un dualismo gnoseologico che riconosce l'indipendenza e l'oggettività del mondo rispetto alla coscienza, intesa a sua volta come realtà autonoma; sottolineò la necessità di una concezione realistica (''realismo critico'') a fondamento di una teoria della conoscenza in grado di render conto della possibilità, quotidianamente sperimentata, dell'errore. Particolare rilevanza nella gnoseologia di L. assume la nozione di tempo ("realismo temporalistico" L. chiamò anche la sua posizione filosofica): il tempo è a fondamento di ogni esperienza e permette la discriminazione tra l'oggetto e la percezione dell'oggetto stesso, che devono essere riconosciuti come eventi successivi.
Il nome di L. è legato soprattutto a importanti studi di ''storia delle idee'' (v. anche idee, Storia delle, in questa Appendice), espressione che egli stesso coniò per designare il tipo di storiografia inaugurato dalle sue ricerche aventi come oggetto vaste e organiche concezioni del mondo, presupposizioni che agiscono sul pensiero in modo tacito o consapevole e che L. chiama "idee-unità" (unit ideas). Tracciando l'evoluzione di tali unità intellettuali organiche (per es., il naturalismo, l'evoluzionismo, il romanticismo, ecc.), ripercorrendone la persistenza, i mutamenti, le manifestazioni, la continuità e le sovrapposizioni nei più disparati ambiti del pensiero e delle creazioni umane, nella religione, nell'arte, nella scienza, L. ha inteso fornire un contributo storico in grado di superare gli esiti negativi determinati dalla suddivisione convenzionale, secondo le discipline, la nazionalità e le lingue, delle varie ricerche storico-culturali. Insigne espressione di questo tipo d'indagine di L. è The great chain of being (1936). Nello stesso spirito sono gli studi che L. ha dedicato al ''primitivismo'', cioè alle idee sulla mitica età dell'oro e agli atteggiamenti culturali che, ravvisando nella storia umana un processo di decadenza, propongono un ritorno alla semplicità e alla presunta felicità del mondo primitivo.
Opere principali: The dialectic of Bruno and Spinoza (1904); Reflections of a temporalist on the new realism, in Journal of Philosophy, 8 (1911); Bergson and the romantic evolutionism (1914); The revolt against dualism: an inquiry concerning the existence of ideas (1930); A temporalistic realism, in Contemporary American philosophy, a cura di G.P. Adams-W.P. Montague, ii (1930); Primitivism and related ideas in antiquity, in collab. con G. Boas (1935); The great chain of being. A study of the history of an idea (1936; trad. it., 1966); Reflections on the history of ideas, in The Journal of the History of Ideas, 1 (1940); Essays in history of ideas (1948; trad. it., L'albero della conoscenza, 1982); Reflections on human nature (1961); The reason, the understanding, and time (1961).
Bibl.: G. Boas, A.O. Lovejoy as historian of philosophy, in The Journal of the History of Ideas, 9 (1948), pp. 404-11; M. Mandelbaum, A.O. Lovejoy and the theory of historiography, ibid., pp. 412-23; Ph. P. Wiener, Lovejoy's rôle in American philosophy, in AA.VV., Studies in intellectual history, Baltimora 1953, pp. 161-73; P. Rossi, Sulla storicità della filosofia e della scienza, in Id., Storia e filosofia. Saggi sulla storiografia filosofica, Torino 1969, pp. 201-26.