Artico
Àrtico. – Fra le aree più dinamiche della Terra, all'inizio del nuovo millennio, figura l'A., sia nella sua componente marina, sia in quella terrestre. Le terre emerse artiche riguardano soprattutto Russia e Canada, e in misura molto minore Danimarca (o, meglio, la Groenlandia, sempre più autonoma dalla Danimarca e sempre più sotto il controllo de facto degli USA), Islanda, Norvegia e USA. L'A. canadese corrisponde allo Stato dello Yukon, ai Northwest territories e al Nunavut (cui appartiene la quasi totalità dell'Arcipelago Artico), territorio amministrato in autonomia dai nativi inuit dal 1999. Nell'insieme, questi tre ambiti accolgono poco più di 100.000 abitanti su oltre 3,8 milioni di km². L'interesse dell'A. canadese risiede nelle vaste risorse minerarie (oro, diamanti, zinco, rame, piombo ecc.) che racchiude nel sottosuolo e che, malgrado le difficoltà, giustificano investimenti e presenza umana: per es., nei pressi di Yellowknife è attiva una miniera la cui produzione ha spinto il Canada al terzo posto fra i produttori mondiali di diamanti. Anche il fondo marino adiacente all'A. canadese sembra contenere giacimenti di idrocarburi. Per quanto riguarda la Russia, la parte propriamente artica (a nord del Circolo Polare Artico) è la stretta cimosa costiera lungo il Mar Glaciale Artico, fronteggiata da alcune grandi isole; insieme con questa occorre però considerare una ben più profonda zona subartica, che ne condivide gran parte dei problemi e delle prospettive. Dopo i tentativi di valorizzazione economica e di insediamento di centri minerari e urbani, effettuati con scarso risultato durante il periodo sovietico (gli insediamenti furono abbandonati dalla popolazione nel corso degli anni Novanta), la Russia sta riprendendo il controllo del territorio artico e moltiplicando i progetti e le operazioni per promuoverne una migliore gestione. Il territorio artico russo è relativamente ricco di minerali (combustibili fossili su tutti, nella Siberia Occidentale e in quella Centrale); se si considera anche l'area subartica, si deve aggiungere almeno il legname della taiga, nonché altri giacimenti minerari. I problemi di accessibilità sono in parte attenuati dalla navigabilità (stagionale) di molti fiumi siberiani; per altra parte sono affrontati con costosissime linee terrestri (stradali e ferroviarie) la cui utilità è sempre limitata dalle condizioni climatiche. Ciononostante, la Russia sta investendo molto sulla realizzazione di opere portuali lungo il litorale artico. La funzionalità di questi porti non sarebbe, in effetti, legata tanto all'esportazione delle produzioni dell'A. russo propriamente detto, quanto alla possibilità di utilizzare una via d'acqua (il Passaggio a nord-est) anche per le produzioni di regioni più meridionali dell'Asia russa, che sarebbero trasportate da sud a nord e poi via mare, invece che trasferite via terra da est verso ovest o verso l'estero. In questa prospettiva, è vitale che il Passaggio a nord-est sia transitabile – circostanza garantita dal ritiro dei ghiacci artici, per cui da alcuni anni la navigazione lungo tale via è diventata più agevole che in passato (quando si svolgeva con gravi limitazioni e con l'ausilio di rompighiaccio). Una stabilizzazione della rotta artica consentirebbe l'estrazione dall'Asia russa di materiali solidi (per i fluidi esistono svariate condotte) a un costo molto più basso dell'attuale, aumentandone la competitività. Il ritiro dei ghiacci, tuttavia, non è così stabile quanto si è creduto negli ultimi anni: benché in contrazione dagli anni Ottanta, a un ritmo considerato dagli specialisti (e soprattutto dall'opinione pubblica) oltre modo allarmante, i ghiacci polari durante l'inverno 2012 hanno registrato un'avanzata inattesa e molto estesa. Per quanto riguarda l'A. marittimo, la questione è sempre soprattutto economica (transiti, pesca, minerali accertati o attesi sotto i fondali, la cui estrazione sarebbe facilitata dalle basse profondità), e si svolge prevalentemente sul piano delle controversie internazionali, in base alle rivendicazioni incrociate dei vari stati rivieraschi. Alcuni (Canada, Russia, USA, Danimarca) hanno da tempo rivendicato gli interi settori compresi fra le proprie linee di costa e il Polo Nord – pretesa respinta dagli altri stati – o fanno leva sull'estesissima piattaforma continentale, su cui rivendicano diritti esclusivi di sfruttamento in base all'accordo di Montego Bay (UNCLOS, UN convention on the law of the sea, 1982, operante dal 1994), che però non è stato ancora ratificato dagli USA. L'applicazione della regola della piattaforma continentale apporterebbe comunque ai paesi rivieraschi estensioni rilevanti di superficie marina e di fondali, e il limite della piattaforma legalmente riconosciuta si spingerebbe ben oltre l'area ragionevolmente accessibile: in altre parole, anche il riconoscimento della sola piattaforma equivarrebbe a uno sfruttamento esclusivo. Un accordo bilaterale di interesse locale (mentre altri negoziati sono in corso) ha raggiunto intanto un esito positivo: tra Russia e Norvegia (2010) su un tratto del Mare di Barents, dove si intrecciano prospettive economiche e problemi derivanti dallo smantellamento delle basi sovietiche di sottomarini nucleari presso il confine con la Norvegia, con la complessa operazione di bonifica conseguente. Un acceso contenzioso oppone il Canada agli USA e ad altri paesi sulla rotta del Passaggio a nord-ovest (pure resa praticabile dal ritiro dei ghiacci), che il Canada ritiene attraversare le proprie acque interne, mentre gli altri Stati ne rivendicano lo status di canale marittimo internazionale. Altri minori punti di frizione (come quelli tra Canada e USA nel Mare di Beaufort, tra Canada e Danimarca nello Stretto di Nares, tra Russia e USA all'imboccatura nord dello Stretto di Bering) riguardano sia il diritto di passaggio, sia i diritti di prospezione mineraria. Per altro verso, molti ritengono che qualsiasi intensificazione dell'uso e dello sfruttamento dell'A., terrestre e marittimo, implichi gravissimi rischi per la tenuta dell'ecosistema locale e globale.