articolo [prontuario]
In italiano i ➔ nomi (e tutti gli elementi sostantivati: infiniti, aggettivi e participi) possono essere preceduti da articoli (➔ articolo), anche con l’interposizione di altre parole (aggettivi o avverbi): il mio più vecchio amico.
Gli articoli si flettono per ➔ genere e per ➔ numero, in accordo col nome con cui formano un ➔ sintagma nominale. Inoltre, si distinguono in determinativi e indeterminativi.
Secondo l’iniziale della parola che segue, l’articolo maschile singolare può essere:
(a) lo davanti a parole che cominciano per ‹z› (lo zoppo); ‹x› (lo xilofono); ‹i› semiconsonantica (lo iato); ‹s› + consonante (lo sbaglio; evenienza tanto sentita da applicarsi persino a esotismi che graficamente esulerebbero dalla norma: lo Swatch); ‹sc› (lo scimpanzé; ma anche lo shampoo); ‹gn› (lo gnomo); ‹ps› (lo psicologo; la norma prevederebbe lo anche davanti a ‹pn›: lo pneumatico, ma scritture come il pneumatico non ricevono più, nei fatti, censura);
(b) il dinanzi a parole che cominciano con le restanti consonanti o gruppi consonantici: il casco, il dosso, il faro, il criminale, il druido, il flacone, ecc.;
(c) l’ dinanzi a parole che cominciano per vocale: l’albero, l’elfo, l’incontro, l’ospite, l’uncino, o per ‹u› semiconsonantica: l’uomo, l’uovo, ecc. (a rigore, anche davanti a ‹w›, ma scritture come il web o il whisky sono oramai prevalenti).
L’articolo femminile sigolare, invece, è la davanti a consonante: la tana, la scelta, e l’ davanti a vocale: l’anatra, l’ostia.
L’articolo maschile plurale presenta un’oscillazione tra:
(a) gli davanti a vocale e tutte le consonanti e i gruppi consonantici già citati per lo: gli alberi; gli elfi; gli uomini, ecc.; gli zoppi, gli xilofoni, gli sbagli, gli scioperi, ecc. (anche, isolato, gli dei);
(b) i davanti a parole che comincino per le rimanenti consonanti o gruppi consonantici: i caschi, i dossi, i fari, i criminali, i druidi, i flaconi, ecc.
Il femminile ha, invece, sempre le: le tane, le scelte, le anatre, le ostie.
I plurali, maschili e femminili, non si elidono in gl’ e l’ (➔ elisione; ► apostrofo): non sono quindi accettate (ma lo erano un tempo, anche se solo nel registro letterario) grafie come gl’empi, l’anime. È in forte regresso (e quindi sconsigliabile) anche l’elisione davanti a vocale uguale: gl’individui, l’edere.
Qualsiasi impiego diverso da quelli sopra indicati è un grave errore. Pronunce e grafie diffuse tra i semicolti e le persone che hanno scarsa pratica di scrittura, quali il zio o i sbagli (specie a Roma, li sbagli, accanto a li cani o l’amiche), vanno quindi evitate con cura.
L’articolo indeterminativo singolare è uno e un per il maschile e una per il femminile. Il corretto impiego di questi presenta difficoltà connesse con la lettera iniziale della parola che li segue.
La o del maschile si mantiene nelle stesse circostanze in cui si incontra lo e che si ripetono qui. Dunque, davanti a parole che comincino per ‹z› (uno zoppo); ‹x› (uno xilofono); ‹i› semiconsonantica (uno iato); ‹s› + consonante (uno sbaglio); ‹sc› (uno sciocco); ‹gn› (lo gnomo); ‹ps› (uno psicologo; secondo norma, ma non c’è rigore, uno anche davanti a ‹pn›: uno pneumatico).
La o cade invece davanti a tutte le numerose altre consonanti o gruppi consonantici (e qui l’uso di un corrisponde a quello di il), e lo stesso accade davanti a vocale: si produce in questi casi un troncamento, non un’elisione. Per questo non compare, pur essendoci stata comunque caduta di un elemento, alcun segno grafico: si hanno allora un cane, ma anche un aliante, ecc.
Al femminile, invece, la caduta di vocale lascia per segno l’►apostrofo: esso testimonia la caduta per elisione di a, dovuta alla presenza di una vocale nella parola seguente. Davanti a consonante o semiconsonante, difatti, la a si mantiene: si hanno quindi una balaustra, una iattura, ecc.
L’uso dell’apostrofo col maschile (*un’altare) o la sua omissione col femminile (*un oca) sono considerati errori gravissimi. È bene allora tenere presenti i tranelli in cui si può cadere: per via di forma – ci serve un’autista (maschile, di massima, nonostante la terminazione in -a) – oppure di sintassi – *un abile, intelligente e solerte maestra (essendo femminile il nome, sono ‘femminili’ anche gli aggettivi).
Non esistono veri e propri articoli indeterminativi plurali; per rendere il plurale si usano altri mezzi. Il principale è la forma dell’articolo ➔ partitivo, costituita dalla preposizione di + il. Esso indica al singolare una quantità indefinita (una parte, appunto) e rende il carattere di ‘indeterminatezza’ anche al plurale: dello zucchero, della pasta, del pane, dell’insalata.
Rendono il carattere ‘indeterminato’ anche:
(a) l’aggettivo (non a caso detto indefinito) alcuno (➔ indefiniti, aggettivi e pronomi): ho visto alcune persone scappare; rispetto a delle persone è di registro più alto e sa d’arcaico; diverso è l’uso pronominale, interdetto al concorrente: alcune persone scappavano, altre restavano immobili;
(b) la locuzione avverbiale un po’ di, non a caso costruita attorno all’aggettivo e pronome indefinito poco: vorrei un po’ di latte; qui il tenore è piuttosto informale, ed è quindi di preferenza da evitarsi nello standard scritto.
Possono sorgere dubbi circa il corretto impiego dell’uno o dell’altro articolo. Bisogna allora ricordare che l’articolo indeterminativo e quello determinativo si distinguono per il senso di ‘notorietà’ che il secondo veicola. In apertura di enunciazione, o al primo capoverso di uno scritto, si farà riferimento a «un uomo e un cane che […]»; già, però, alla citazione successiva passeremo al determinativo, perché entrambi i referenti ci sono a titolo già ‘noti’: «l’uomo poi […], e anche il cane […]».
L’articolo determinativo compare spesso nei ► titoli di opere letterarie e d’arte in genere: I promessi sposi, Il sorpasso, ecc. (è tipico anche delle testate giornalistiche: «Il Messaggero», «La Stampa», ecc.). Nei titoli, l’indeterminativo sottolinea un forte carattere di vaghezza (che ha per paradosso valenza generale): Una vita violenta; o di antifrasi: Se questo è un uomo.
Da qualche tempo, per influsso dell’inglese, anche opere trattatistiche e manualistiche appaiono con un articolo indeterminativo, inusuale nella tradizione italiana: Una storia dell’Italia unita invece del più italiano Storia dell’Italia unita.
Per l’uso dell’articolo davanti a nomi propri, ► nomi propri, ► preposizioni davanti a nomi e titoli, ► cognomi, articolo con.
Da ultimo, è da ricordare che i nomi sono senza articolo in:
(a) alcune locuzioni avverbiali: senza tregua, con cura, per sbaglio, ecc.;
(b) verbi sintagmatici avere fame, avere fretta, mettere fretta, ecc.;
(c) alcune espressioni introdotte da preposizione: arma da fuoco, da giovane, ecc.;
(d) alcuni complementi di luogo, specie quelli con in: sono in sede, vado in ufficio, passo per casa, ecc.;
(e) una varietà di espressioni: aprire casa, chiudere casa, cercare casa, comprare casa, vendere casa, cercare moglie, trovare moglie, perdere tempo, prendere peso, ecc.
Hanno però l’articolo i nomi degli anni (il 1974), i giorni del mese (il 12 luglio) e della settimana (il martedì). Quando il nome di giorno designa il giorno prossimo venturo, però, non ha articolo: ci vediamo martedì (cioè il prossimo), mentre ci vediamo il martedì significa «ogni martedì» (► date).