articolo
Tradizionalmente l’articolo è considerato una parte del discorso (➔ parti del discorso). In termini moderni, fa parte di quella classe di parole che operano come modificatori del nome (o del sintagma nominale; ➔ sintagma nominale) – indicati come «determinanti» (Prandi 2006) o «specificatori» (Andorno 2003) – che hanno essenzialmente la funzione di indicare se il referente del nome è definito o no e di dargli una quantificazione. A differenza degli altri membri della stessa classe (come, ad es., i dimostrativi; ➔ dimostrativi, aggettivi e pronomi), l’articolo non può sostituirsi al nome, ma deve necessariamente accompagnarsi ad esso. In italiano gli articoli formano un gruppo di elementi molto ristretto (v. sotto), diviso in due categorie: articoli determinativi (o definiti) e indeterminativi (o definiti) con due funzioni fondamentali.
L’articolo ha la funzione primaria di indicare se il nome al quale si riferisce è definito (1) o indefinito (2):
(1) la casa, il bambino, i cani
(2) una casa, un bambino, dei cani
In quest’ambito, il quadro delle funzioni dell’articolo rispetto al nome o al sintagma nominale cui si associa può essere schematizzato come segue:
Nome o Sintagma nominale determinato: referente noto al mittente e al destinatario
Nome o Sintagma nominale indeterminato specifico: referente noto al mittente, ma non al destinatario
Nome o Sintagma nominale indeterminato non specifico: referente non noto, né al mittente, né al destinatario.
Alcuni test consentono di distinguere l’uso indeterminato specifico da quello non specifico (per un quadro, Renzi 1988). Innanzitutto, il partitivo (per il quale cfr. § 4) al plurale è obbligatorio se il sintagma nominale è specifico (3), ma può essere omesso in un sintagma nominale non specifico (4):
(3) Indeterminato specifico
a. ho finalmente trovato un libro che cercavo da tempo
b. ho finalmente trovato dei libri che cercavo da tempo
c. * ho finalmente trovato libri che cercavo da tempo
(4) Indeterminato non specifico
a. per il mio appartamento vorrei trovare un inquilino affidabile
b. per il mio appartamento vorrei trovare degli inquilini affidabili
c. per il mio appartamento vorrei trovare inquilini affidabili
Inoltre, l’uso indeterminato non specifico, a differenza di quello specifico, può combinarsi con qualsiasi o qualunque:
(5) Indeterminato specifico
a. sto cercando un libro che avevo appoggiato qui e che non trovo più
b. * sto cercando un libro qualunque / qualsiasi che avevo appoggiato qui e che non trovo più
(6) Indeterminato non specifico
a. sto cercando un libro da leggere
b. sto cercando un libro qualunque / qualsiasi da leggere
Infine, nel caso di un sintagma nominale indeterminato specifico il pronome può essere esclusivamente lo; nel caso dell’indeterminato non specifico anche ne:
(7) Indeterminato specifico
Sto cercando un libro che avevo appoggiato qui. Ma non lo trovo / * ma non ne trovo nessuno
(8) Indeterminato non specifico
Sto cercando un libro da leggere. Ma non lo trovo / ma non ne trovo nessuno
Quanto alla definitezza, in alcuni contesti l’articolo determinativo (definitivo) è pressoché obbligatorio, in quanto il nome a cui si riferisce ha un referente unico:
(9) ho battuto la testa / * una testa
la luna / * una luna rischiara la notte
il Papa / * un Papa ha salutato i fedeli affacciandosi alla finestra
Quando il referente è unico, infatti, la definitezza è intrinseca. Vi sono, tuttavia, eccezioni. Una frase come una luna chiarissima rischiara la notte, in cui un nome in teoria inerentemente definito si combina con un articolo indeterminativo (non definito), è del tutto accettabile. In questo caso, infatti, le varie possibili manifestazioni della luna, di per sé un unicum, si considerano reciprocamente indipendenti e, quindi, potenzialmente sia definite che indefinite.
Come segnala Renzi (1988: 384), simile è il comportamento di nomi astratti come pace, bontà, che possono combinarsi con un articolo indeterminativo (non definito), solo se accompagnati da un modificatore (un aggettivo, una relativa, ecc.):
(10) dopo quell’anno, nella regione regnò la pace
dopo quell’anno, nella regione regnò una pace stabile
L’uso dell’articolo determinativo (definito) con nomi o sintagmi nominali inerentemente definiti non è però sempre obbligatorio. Ad es., il grado di accettabilità dell’articolo determinativo (definito) coi nomi propri di persona varia secondo condizionamenti diatopici: in alcune zone d’Italia, come in Emilia, esso è quasi obbligatorio con i nomi femminili (la Giovanna) e quasi inaccettabile con nomi maschili; in altre, come la Lombardia, avviene esattamente il contrario (il Mario); in altre ancora, come il Salento, sia i maschili che i femminili hanno l’articolo (la Maria, lu Antoniu). Anche la combinabilità di articolo determinativo (definito) con altri nomi propri (nomi di marche o di industrie, nomi di popoli, di nazioni, ecc.) è soggetta a variazione: la posizione di Microsoft è dominante / la posizione della Microsoft è dominante; lavoro in RAI / lavoro alla RAI.
Passando alla definitezza non inerente, ma determinata dal contesto linguistico (in questo caso si parla di referenza testuale) o extralinguistico (referenza pragmatica), va notato come l’articolo determinativo (definito) sia obbligatorio nel caso della ripresa anaforica di un nome o di un sintagma nominale già introdotto nel testo (➔ anafora):
(11) Et avea un elmo ne la destra mano:
avea il medesimo elmo che cercato
da Ferraù fu lungamente invano (Ariosto, Orl. Fur. I, 26, 2-4)
Renzi (1988: 398) segnala anche il caso della referenza anaforica implicita, che prevede, cioè, un «aggancio più vago al contesto precedente»:
(12) a. È stata premiata una scultura. L’autore ha ricevuto una somma
b. * È stata premiata una scultura. Un autore ha ricevuto una somma
In questo caso, l’articolo determinativo (definito) è obbligatorio nella seconda frase perché il referente del nome autore, di fatto, può considerarsi noto, in quanto implicato dalla referenza di scultura.
L’articolo definito ha anche una funzione secondaria: marcare un nome come esponente di una intera classe, attribuendogli quindi valore generico e non referenziale:
(13) la tigre è un felino
le tigri sono felini
ma:
Nei sistemi linguistici più complessi coesistono due forme di articolo: quello determinativo (definito) e quello indeterminativo (indefinito). In questo caso, la funzione secondaria grava sul solo articolo determinativo. In altri sistemi, solo apparentemente più semplici, una delle due funzioni (più spesso quella indefinita) può essere espressa dall’articolo zero, cioè dalla mancanza di articolo, come nelle lingue celtiche; il turco, al contrario, ha un articolo non determinativo (indefinito), ma non un articolo determinativo (definito).
Vi sono poi sistemi in cui l’articolo è del tutto assente e che, quindi, adottano altre strategie per codificare la definitezza (così buona parte delle lingue slave; per un quadro generale sulla diffusione dell’articolo tra le lingue, cfr. Dryer 2005a e 2005b).
Ovviamente, questo schema va incrociato con la configurazione tipologica dei singoli sistemi e ciò concorre a creare situazioni di varia complessità. La flessione per genere e numero, ad es., può espandere il novero degli articoli, come accade all’italiano, che, come si evince dagli esempi appena visti, appartiene al primo tipo, in cui coesistono articoli determinativi (definiti) e indeterminativi (non definiti). In italiano, si hanno forme differenti per singolare e plurale e per maschile e femminile:
determinativi indeterminativi
(definiti) (indefiniti)
maschile singolare il, lo, l’ un, uno
plurale i, gli dei
femminile singolare la, l’ un’, una
plurale le delle
Inoltre, quando l’articolo determinativo (definito) segue una preposizione semplice, si origina un sistema di ➔ preposizioni articolate che concorre ad accrescere il grado di complessità delle strategie usate dall’italiano per l’espressione della definitezza:
preposizioni semplici preposizioni articolate
maschile femminile
singolare plurale singolare plurale
in nel, nello, nell’ nei, negli nella, nell’ nelle
di del, dello, dell’ dei, degli della, dell’ delle
da dal, dallo, dall’ dai, dagli dalla, dall’ dalle
a al, allo, all’ ai, agli alla, all’ alle
Nel distinguere tra articoli determinativi (definiti) e indeterminativi (indefiniti), l’italiano realizza una tendenza considerata peculiare delle lingue dell’Europa centro-occidentale, vale a dire al nucleo centrale dell’area linguistica cosiddetta di Carlo Magno o dello Standard Average European (SAE; per un quadro generale cfr. Haspelmath 2001). Al di fuori di questa area, la co-occorrenza di articoli definiti e indefiniti si fa più sporadica: Dryer (1989) valuta in poco meno del 10% le lingue del mondo con un sistema analogo a quello dell’italiano. Invece, le lingue che adottano un’opposizione tra un articolo (sia esso definito o indefinito) e lo zero ammonterebbero a circa il 30% del totale.
In ambito europeo l’articolo è un tratto innovativo: il latino, ad es., ne era privo. Il novero delle lingue del mondo che ha sviluppato l’articolo in epoche relativamente recenti pare piuttosto corposo; al contrario, non si hanno notizie di lingue che abbiano seguito il percorso inverso, culminante, cioè, nella perdita dell’articolo.
La storia dell’articolo determinativo (definito) segue di norma un percorso evolutivo che mostra una sorprendente uniformità tra le lingue. Greenberg (1978: III, 61) lo ha definito «ciclo dell’articolo definito». Questo ciclo comporta essenzialmente tre stadi:
I stadio: comparsa dell’articolo definito: elemento dimostrativo → articolo
II stadio: articolo non generico
III stadio: marca nominale
Il primo stadio coglie la tendenza prevalente nella genesi dell’articolo determinativo (definito) che trae origine da un elemento deittico (➔ deittici) utilizzato per richiamare un elemento già menzionato nel discorso. Esso acquisisce, dunque, una funzione anaforica testuale (➔ anafora) e diviene via via l’unica marca obbligatoria per esprimere la definitezza, estendendosi anche a nomi che per loro natura sono inerentemente definiti, in quanto unici membri di una classe.
Renzi (1976) conferma questa tendenza, individuando nella ripresa anaforica di un elemento già introdotto nel testo le prime tracce dell’articolo romanzo: un elemento dimostrativo (ipse o ille) perse l’originario valore deittico e assunse la funzione di marcare, obbligatoriamente, l’anafora testuale. Nella Romània occidentale, gli articoli derivano infatti da ille «quello». Fa eccezione il sardo (➔ sardi, dialetti), che ha un articolo determinativo (definito) la cui base è ipse. Questo processo, tuttavia, non può essere interpretato appieno se analizzato in isolamento. Piuttosto, tutta la vicenda va inquadrata nel quadro più ampio e traumatico «del mutamento dalla sintassi della frase alla sintassi del discorso, in cui all’emergenza del Det [articolo definito] come segnale dei ruoli pragmatici fa riscontro il regresso del caso come segnale dei ruoli semantici» (Nocentini 1996: 41).
Lo stadio conclusivo del processo, stando alla ricostruzione di Greenberg, è quello di un articolo spogliato della sua funzione originaria e ridotto a mera marca nominale, spesso marca di genere. In italiano il processo evolutivo dell’articolo determinativo (definito) sembra essersi arrestato prima di questo stadio, anche perché dato che l’articolo si trova rigidamente prima del nome, è pressoché impossibile una sua trasformazione desinenza di genere. Tuttavia, vi sono situazioni in cui esso assume anche funzioni che di norma pertengono alle desinenze del nome. È il caso, ad es., dei nomi della classe flessiva -e (sing.) / -i (plur.), ‘neutrale’ rispetto al genere: ne fanno parte nomi maschili come fiore o femminili come volpe. Solo l’articolo consente di attribuire ad essi il genere corretto: il fiore / la volpe. Analoga è la situazione dei nomi invariabili: la crisi, il brindisi.
L’articolo, inoltre, ha la funzione di marca di ‘nominalità’ nei fenomeni di ➔ conversione in nome di verbi all’infinito o di aggettivi. Solo la presenza dell’articolo, infatti, permette di etichettare come nome (e non come verbo) potere nel sintagma il potere (addirittura flesso in i poteri). Analogamente, in una sequenza come unire l’utile al dilettevole sono gli articoli (nel secondo caso, l’articolo va estratto della preposizione articolata) a sancire l’uso nominale degli aggettivi utile e dilettevole.
L’articolo indeterminativo (non definito) non ha, come è logico, il plurale ed è incompatibile con i nomi di massa (➔ massa, nomi di). Esso può essere sostituito in questi casi dall’articolo ➔ partitivo, che si forma, come le corrispondenti preposizioni articolate, combinando di e le forme dell’articolo determinativo (definito):
singolare plurale
maschile dello, dell’, del degli, dei
femminile della, dell’ delle
(14) Plurali:
sto cercando un libro
sto cercando dei libri
(15) Nomi massa:
ho cucinato del riso
Va segnalato come, nel caso dei nomi di massa, sia frequente anche l’uso dell’articolo zero:
(16) a. c’è del riso nella dispensa?
b. c’è riso nella dispensa?
L’es. (16) b. dà lo spunto per trattare delle costruzioni italiane in cui è possibile l’omissione dell’articolo, senza che, tuttavia, ciò implichi necessariamente la mancanza di un atto di riferimento (per un quadro generale, Renzi 1985). La situazione in cui più di frequente si registra l’impiego di un articolo zero è quella di sintagmi nominali non referenziali in posizione predicativa:
(17) Il padre Cristoforo era uomo non solo da consigliare, ma da metter l’opera sua, quando si trattasse di sollevar poverelli (Alessandro Manzoni, Promessi sposi III)
In questa sede ci soffermeremo tuttavia su un costrutto dal comportamento abbastanza singolare. Se volgessimo alla forma dichiarativa l’esempio in (16) b. otterremmo una frase dall’accettabilità dubbia: c’è riso nella dispensa. L’inserimento del partitivo del o dell’articolo il ne ripristinerebbe la piena accettabilità: c’è del / il riso nella dispensa. In termini generali, un sintagma nominale senza articolo (definito «nudo» in Renzi 1985) è mal tollerato in posizione di soggetto di una frase indipendente dichiarativa; mentre, si è visto, può essere ammesso in posizione di oggetto:
(18) Oggetto: ho mangiato riso per due settimane
Soggetto: * riso sta sullo scaffale a destra
Un comportamento analogo hanno i plurali:
(19) Oggetto: ho letto libri tutta la notte
Soggetto: * libri di fantascienza sono sul mio comodino
Eppure, l’aggiunta di un modificatore (non necessariamente un quantificatore) in un sintagma nominale soggetto, pur permanendo l’assenza di articolo, contribuisce a renderlo del tutto accettabile:
(20) vari [o numerosi o pochi o bellissimi ...] libri di fantascienza sono sul mio comodino
L’articolo zero è stato talora equiparato al partitivo, del quale condividerebbe la funzione di esprimere indeterminatezza e quantità (pur con un grado minore di specificità; cfr. Korzen 1996). Privo di ogni senso di partitivo l’articolo zero ricorre inoltre in una varietà di espressioni consolidate e di frasi fatte: cercare casa, chiudere bottega, trovare marito, prendere cappello, trovare pace, ecc.
►
In italiano i ➔ nomi (e tutti gli elementi sostantivati: infiniti, aggettivi e participi) possono essere preceduti da articoli (➔ articolo), anche con l’interposizione di altre parole (aggettivi o avverbi): il mio più vecchio amico.
Gli articoli si flettono per ➔ genere e per ➔ numero, in accordo col nome con cui formano un ➔ sintagma nominale. Inoltre, si distinguono in determinativi e indeterminativi.
Secondo l’iniziale della parola che segue, l’articolo maschile singolare può essere:
(a) lo davanti a parole che cominciano per ‹z› (lo zoppo); ‹x› (lo xilofono); ‹i› semiconsonantica (lo iato); ‹s› + consonante (lo sbaglio; evenienza tanto sentita da applicarsi persino a esotismi che graficamente esulerebbero dalla norma: lo Swatch); ‹sc› (lo scimpanzé; ma anche lo shampoo); ‹gn› (lo gnomo); ‹ps› (lo psicologo; la norma prevederebbe lo anche davanti a ‹pn›: lo pneumatico, ma scritture come il pneumatico non ricevono più, nei fatti, censura);
(b) il dinanzi a parole che cominciano con le restanti consonanti o gruppi consonantici: il casco, il dosso, il faro, il criminale, il druido, il flacone, ecc.;
(c) l’ dinanzi a parole che cominciano per vocale: l’albero, l’elfo, l’incontro, l’ospite, l’uncino, o per ‹u› semiconsonantica: l’uomo, l’uovo, ecc. (a rigore, anche davanti a ‹w›, ma scritture come il web o il whisky sono oramai prevalenti).
L’articolo femminile sigolare, invece, è la davanti a consonante: la tana, la scelta, e l’ davanti a vocale: l’anatra, l’ostia.
L’articolo maschile plurale presenta un’oscillazione tra:
(a) gli davanti a vocale e tutte le consonanti e i gruppi consonantici già citati per lo: gli alberi; gli elfi; gli uomini, ecc.; gli zoppi, gli xilofoni, gli sbagli, gli scioperi, ecc. (anche, isolato, gli dei);
(b) i davanti a parole che comincino per le rimanenti consonanti o gruppi consonantici: i caschi, i dossi, i fari, i criminali, i druidi, i flaconi, ecc.
Il femminile ha, invece, sempre le: le tane, le scelte, le anatre, le ostie.
I plurali, maschili e femminili, non si elidono in gl’ e l’ (➔ elisione; ► apostrofo): non sono quindi accettate (ma lo erano un tempo, anche se solo nel registro letterario) grafie come gl’empi, l’anime. È in forte regresso (e quindi sconsigliabile) anche l’elisione davanti a vocale uguale: gl’individui, l’edere.
Qualsiasi impiego diverso da quelli sopra indicati è un grave errore. Pronunce e grafie diffuse tra i semicolti e le persone che hanno scarsa pratica di scrittura, quali il zio o i sbagli (specie a Roma, li sbagli, accanto a li cani o l’amiche), vanno quindi evitate con cura.
L’articolo indeterminativo singolare è uno e un per il maschile e una per il femminile. Il corretto impiego di questi presenta difficoltà connesse con la lettera iniziale della parola che li segue.
La o del maschile si mantiene nelle stesse circostanze in cui si incontra lo e che si ripetono qui. Dunque, davanti a parole che comincino per ‹z› (uno zoppo); ‹x› (uno xilofono); ‹i› semiconsonantica (uno iato); ‹s› + consonante (uno sbaglio); ‹sc› (uno sciocco); ‹gn› (lo gnomo); ‹ps› (uno psicologo; secondo norma, ma non c’è rigore, uno anche davanti a ‹pn›: uno pneumatico).
La o cade invece davanti a tutte le numerose altre consonanti o gruppi consonantici (e qui l’uso di un corrisponde a quello di il), e lo stesso accade davanti a vocale: si produce in questi casi un troncamento, non un’elisione. Per questo non compare, pur essendoci stata comunque caduta di un elemento, alcun segno grafico: si hanno allora un cane, ma anche un aliante, ecc.
Al femminile, invece, la caduta di vocale lascia per segno l’►apostrofo: esso testimonia la caduta per elisione di a, dovuta alla presenza di una vocale nella parola seguente. Davanti a consonante o semiconsonante, difatti, la a si mantiene: si hanno quindi una balaustra, una iattura, ecc.
L’uso dell’apostrofo col maschile (*un’altare) o la sua omissione col femminile (*un oca) sono considerati errori gravissimi. È bene allora tenere presenti i tranelli in cui si può cadere: per via di forma – ci serve un’autista (maschile, di massima, nonostante la terminazione in -a) – oppure di sintassi – *un abile, intelligente e solerte maestra (essendo femminile il nome, sono ‘femminili’ anche gli aggettivi).
Non esistono veri e propri articoli indeterminativi plurali; per rendere il plurale si usano altri mezzi. Il principale è la forma dell’articolo ➔ partitivo, costituita dalla preposizione di + il. Esso indica al singolare una quantità indefinita (una parte, appunto) e rende il carattere di ‘indeterminatezza’ anche al plurale: dello zucchero, della pasta, del pane, dell’insalata.
Rendono il carattere ‘indeterminato’ anche:
(a) l’aggettivo (non a caso detto indefinito) alcuno (➔ indefiniti, aggettivi e pronomi): ho visto alcune persone scappare; rispetto a delle persone è di registro più alto e sa d’arcaico; diverso è l’uso pronominale, interdetto al concorrente: alcune persone scappavano, altre restavano immobili;
(b) la locuzione avverbiale un po’ di, non a caso costruita attorno all’aggettivo e pronome indefinito poco: vorrei un po’ di latte; qui il tenore è piuttosto informale, ed è quindi di preferenza da evitarsi nello standard scritto.
Possono sorgere dubbi circa il corretto impiego dell’uno o dell’altro articolo. Bisogna allora ricordare che l’articolo indeterminativo e quello determinativo si distinguono per il senso di ‘notorietà’ che il secondo veicola. In apertura di enunciazione, o al primo capoverso di uno scritto, si farà riferimento a «un uomo e un cane che […]»; già, però, alla citazione successiva passeremo al determinativo, perché entrambi i referenti ci sono a titolo già ‘noti’: «l’uomo poi […], e anche il cane […]».
L’articolo determinativo compare spesso nei ► titoli di opere letterarie e d’arte in genere: I promessi sposi, Il sorpasso, ecc. (è tipico anche delle testate giornalistiche: «Il Messaggero», «La Stampa», ecc.). Nei titoli, l’indeterminativo sottolinea un forte carattere di vaghezza (che ha per paradosso valenza generale): Una vita violenta; o di antifrasi: Se questo è un uomo.
Da qualche tempo, per influsso dell’inglese, anche opere trattatistiche e manualistiche appaiono con un articolo indeterminativo, inusuale nella tradizione italiana: Una storia dell’Italia unita invece del più italiano Storia dell’Italia unita.
Per l’uso dell’articolo davanti a nomi propri, ► nomi propri, ► preposizioni davanti a nomi e titoli, ► cognomi, articolo con.
Da ultimo, è da ricordare che i nomi sono senza articolo in:
(a) alcune locuzioni avverbiali: senza tregua, con cura, per sbaglio, ecc.;
(b) verbi sintagmatici avere fame, avere fretta, mettere fretta, ecc.;
(c) alcune espressioni introdotte da preposizione: arma da fuoco, da giovane, ecc.;
(d) alcuni complementi di luogo, specie quelli con in: sono in sede, vado in ufficio, passo per casa, ecc.;
(e) una varietà di espressioni: aprire casa, chiudere casa, cercare casa, comprare casa, vendere casa, cercare moglie, trovare moglie, perdere tempo, prendere peso, ecc.
Hanno però l’articolo i nomi degli anni (il 1974), i giorni del mese (il 12 luglio) e della settimana (il martedì). Quando il nome di giorno designa il giorno prossimo venturo, però, non ha articolo: ci vediamo martedì (cioè il prossimo), mentre ci vediamo il martedì significa «ogni martedì» (► date).
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