ARTIGLIERIA
(IV, p. 705).
Sommario. - Le artiglierie terrestri: Nuovi tipi di artiglierie italiane (p. 258); Nuovi tipi di artiglierie estere (p. 259); Progressi tecnici delle artiglierie (p. 260); Vicende organiche dell'artiglieria italiana (p. 260); L'impiego delle artiglierie terrestri (p. 261). - Artiglierie contraerei (p. 262). - Artiglierie navali: Sistemi di costruzione (p. 263); Tipi regolamentari di cannoni navali (p. 264); Raggruppamento delle artiglierie (p. 264); Bocche da fuoco antiaeree e antisommergibili (p. 264); Graduazione dei congegni di mira e trasmissione di ordini (p. 269); Punteria delle armi di bordo (p. 269); Il tiro delle artiglierie navali (p. 269); L'impiego delle artiglierie navali (p. 271).
Durante la seconda Guerra mondiale, per le migliori qualità degli acciai ed i perfezionamenti tecnici della lavorazione, è stato possibile realizzare cannoni di potenza sempre maggiore, dotati di forti velocità iniziali, con affusti idonei al traino a grande andatura, con proietti sempre più potenti e di forme appropriate per il raggiungimento di. grandi gittate.
Il procedimento per il calcolo di progetto delle artiglierie è restato pressoché invariato, ma i processi dí lavorazione sono stati notevolmente semplificati. In relazione all'aumentata usura delle armi, per effetto delle maggiori cariche di lancio, è stato adottato, per molte bocche da fuoco, il tubo d'anima sfilabile a freddo in batteria, oppure si è fatto ricorso alla costruzione di cannoni con culatta avvitata al tubo. Con tale accorgimento si può cambiare rapidamente l'intera bocca da fuoco mantenendo integra la culatta e l'otturatore, parti queste che richiedono sempre una lavorazione lunga ed accurata, senza dover ricorrere allo sfilamento del tubo d'anima, la cui lavorazione è difficoltosa per le minime tolleranze concesse. Per aumentare la gittata delle bocche da fuoco, mantenendo invariata la forza viva alla bocca, si è migliorata la forma dei proietti verificandone la resistenza al moto nell'aria con studî sistematici confortati da esperienze al tunnel aerodinamico per le alte velocità.
Per diminuire l'usura delle bocche da fuoco si sono studiate polveri di lancio fredde, a basso tenore di nitroglicerina, oppure si è ricorso ad esplosivi alla sola nitrocellulosa od a base di nitrodiglicole, nitrometriolo, ecc. con opportuni stabilizzanti (v. esplosivi, in questa App.).
In relazione a bersagli mobili da battere (aerei e carri armati) sono stati studiati affusti (v. in questa App.) con ampî settori di tiro verticale ed orizzontale, dotati di congegni di puntamento idonei ai rapidi spostamenti.
Nuovi tipi di artiglierie italiane. - L'Italia entrò nella seconda Guerra mondiale col suo esercito dotato di materiali già da tempo in servizio, molti dei quali provenienti dalla prima Guerra mondiale; ma aveva adottato nel periodo immediatamente precedente al conflitto, i seguenti materiali:
a) per l'artiglieria d'armata:1. - un cannone da 149/40, bocca da fuoco potente che permette di raggiungere la gittata massima di 23.700 m. con un peso in batteria di 11.340 kg.; trainato in due vetture; affusto a doppia coda; 2. - un obice da 210/22 con gittata massima di 15.500 m.; peso in batteria di 15.885 kg.; trainato in due vetture; affusto a doppia coda con ampî settori orizzontali e verticali.
b) per l'artiglieria di corpo d'armata:1. - un obice da 149/19 con gittata massima di 14.500 m.; peso in batteria 6.270 kg.; affusto a doppia coda; 2. - un obice da 105/23 con gittata massima di 11.700 m.; peso in batteria 2.020 kg.; 3. - un cannone da 105/40 - progettato e realizzato ma non distribuito ai reparti - con gittata massima di 18.000 m.; peso in batteria 4.500 kg.
c) per l'artiglieria divisionale: un cannone da 75/32 con gittata di 12.000 m.; peso in batteria di 1.187 kg.
I reparti someggiati furono dotati dell'obice da 75/18, scomponibile e someggiabile, avente il peso in batteria di 780 kg. e la gittata di 8000 m.
Alla fanteria fu distribuito il cannone da 47/32 con il compito di arma di accompagnamento ed anticarro; però, dato l'aumento dello spessore della corazzatura dei carri armati, ben presto l'arma si dimostrò inefficace tanto che si dovette ricorrere ad altri mezzi o a bocche da fuoco più potenti.
L'artiglieria controaerei ebbe maggiori cure. I vecchi cannoni furono sostituiti ed il nucleo dell'arma fu costituito di cannoni da 90/53 e 75/46: il primo con velocità iniziale di 860 m/s ed ordinata massima di 11.300 m., affusto a crociera, peso al traino 8550 kg., peso del proietto 10,130 kg.; il secondo con velocità iniziale 750 m/s, ordinata massima di 8.800 m., affusto analogo a quello del 90/53, peso al traino 4.405 kg., peso del proietto 6,355 kg. Il pezzo da 90/53 fu adibito anche al tiro controcarro e, per tale impiego, alcuni esemplari di esso vennero sistemati su autotelai Lancia 3/Ro; però ne risultò un materiale con ginocchiello molto alto e quindi molto visibile e vulnerabile.
Per la difesa contro aerei a bassa quota furono distribuite mitragliere da 20 mm. con velocità iniziale di 830 m /s e si studiò un cannone automatico da 37/54 con velocità iniziale di 800 m/s, ritmo di sparo di 120 colpi al minuto primo; in seguito venne adottato il cannone da 40/60 di brevetto Bofors con velocità iniziale di 830 m/s e celerità di tiro di 120÷130 colpi al primo.
Le artiglierie semoventi, che dettero grandissimi successi ai Tedeschi all'inizio della seconda Guerra mondiale, grazie alla possibilità di entrare in azione in pochi secondi e di far fuoco durante la marcia, ebbero in Italia la prima realizzazione nel semovente da 75/18, che consiste in uno scafo di carro armato M-40 sul quale è installato un cannone da 75/18. Vennero in seguito: il semovente da 75/32 e quello da 105/23. Altra soluzione fu quella del 90/53 su scafo di carro armato M-41. Ne derivò un cannone anticarro particolarmente potente e protetto da un robusto scudo. I serventi del pezzo però, dovevano sparare stando a terra al riparo dello scudo ed il cannone non poteva sparare durante la marcia.
Nuovi tipi di artiglierie estere. - Presso gli altri eserciti belligeranti lo sviluppo dell'artiglieria è stato molto notevole anche in relazione alla potenzialità industriale del paese; così gli S.U. hanno avuto modo di costruire un grande numero di artiglierie, tutte moderne, tanto da poterne distribuire anche ai loro alleati; la Germania, pur avendo una potenzialità industriale di prim'ordine, dovendo rifornire i proprî alleati di armi, dovette ricorrere all'impiego dei cannonì presi in tutti i paesi occupati durante la sua avanzata; la Russia, pur ricevendo aiuti americani e disponendo di una industria siderurgica giovane ma già efficiente, per sopperire all'enorme fabbisogno di armi ha impiegato, oltre ai pezzi di nuovo allestimento, anche tutte le vecchie bocche da fuoco già in servizio, cosicché i tipi ed i calibri usati sono stati numerosissimi.
Le principali bocche da fuoco usate dai varî eserciti sono:
Stati Uniti: a) cannone a. c. da 47 mm.; ad alta velocità iniziale, leggero e facilmente rimorchiabile; b) obice da 75 mont., impiegato largamente nelle foreste e nei luoghi montuosi; gittata 8.400 m.; peso in batteria 575 kg.; peso del proietto 6,8 kg.; c) cannone controcarro da 76 mm., per combattere carri armati pesanti; è ad alta velocità iniziale e può sparare da 15 a 20 colpi al minuto; d) obice da 105: è il pezzo maggiormente usato dagli americani, gittata massima 11.800 m.; peso in batteria 1.900 kg.; peso del proietto 15 kg.; e) obice da 155, definito dagli americani la migliore arma del fronte: spara a 14.500 m. un proietto da 42 kg.; peso in batteria 6.486 kg.; f) cannone da 155, con gittata di 26.000 m.; peso in batteria 10.506 kg.; peso del proietto 43 kg.; g) obice da 203 e obice da 240 mm. che hanno gittate rispettivamente di 16.000 e 22.500 m. Oltre queste bocche da fuoco, che ne costituivano il nucleo principale, l'artiglieria terrestre degli S.U. disponeva di numerose altre tra cui quelle più potenti su affusti speciali o su installazioni ferroviarie per battere bersagli molto lontani.
È assai caratteristico il fatto che l'artiglieria c. a. nell'ultima guerra sia stata impiegata sia contro aeroplani sia contro bersagli terrestri. Contro i primi si ottennero risultati di una efficacia sorprendente grazie allo sviluppo del radar (v. in questa App.) e delle spolette radio elettriche (v. munizioni, in questa App.).
I pezzi c. a. americani più impiegati furono: a) il cannone da 37 mm.: è il più piccolo dei pezzi c. a. americani, montato talvolta su un veicolo semicingolato unitamente a due mitragliatrici da 1/2 pollice di calibro; b) il cannone da 40 analogo agli esemplari da 40 in dotazione presso quasi tutti gli eserciti belligeranti; c) il cannone da 90 con celerità di tiro 20÷25 colpi al minuto, raggiunge un'altezza massima di 14.480 m. ed una gittata di 17.700 m.; d) il cannone da 120 che può raggiungere una quota di 19.300 m. ed una gittata di 24.135 m. Esegue il tiro c. a. in posizione di marcia. Peso del proietto 22,680 kg.
Gli S.U. fecero largo uso di pezzi semoventi i cui principali tipi sono: a) T-12 su cui è installato un cannone da 75 anticarro; b) obice semovente da 105 tipo N-7, molto apprezzato per le sue qualità meccaniche; c) obice semovente tipo M-8, specialmente impiegato come veicolo da esplorazione; d) cannone da 155 su cingoli che rappresenta il materiale semovente più pesante degli americani; sullo stesso affusto motorizzato è stato studiato l'adattamento dell'obice da 203; e) l'"Herlcat", cioè il cannone semovente M-18 da 76, il cingolato più veloce del mondo (80 km. orarî), capace di perforare 10 cm. di corazza a 100 m.; f) M-10, cannone semovente da 76 adibito, per la sua corazza e potenza della bocca da fuoco, alla caccia dei carri; g) M-36 che possiede un affusto uguale al M-10, ma un pezzo più pesante che può raggiungere una gittata di 15 km. ed una velocità di marcia di 48 km/h.
Russia. - Le artiglierie di tipo moderno impiegate dai Russi sono: a) cannone anticarro da 37 mm., costruzione russa o Rheinmetall (tedesca); lunghezza calibri 35; gittata 7.000 m.; affusto a cosce divaricabili con ruote gommate, trazione meccanica od animale; b) cannone automatico "Vickers" da 40 mm.; calibro: 40 mm.; gittata: orizzontale: 7.100 m., verticale 4.600 m.; peso del pezzo in batteria: 1.327 kg.; celerità di tiro: 120 colpi al minuto primo; velocità iniziale: 600 m/s.; peso del proietto: 0,9 kg.; c) cannone anticarro da 45 mm. mod. 36/37; lunghezza: 40-46 calibri (secondo l'anno di costruzione); gittata: 7.000 e 8.870 m.; affusto a cosce divaricabili con ruote gommate; d) cannone anticarro da 57 mm. mod. 41; lunghezza: 62 calibri; gittata: 4.000 m. con proietti perforanti e 8.000 per quelli esplosivi; affusto a cosce divaricabili su ruote gommate; e) obice per fanteria da 76,2 mm.; lunghezza: 16,5 calibri; gittata massima: 8.550 m.; peso dell'ama in postazione: 780 kg.; affusto stampato su ruote gommate; f) cannone da campagna da 76,2 mm. mod. 39; lunghezza: 50 calibri; gittata: 13.000 m.; peso dell'arma in postazione: 1550 kg.; affusto a cosce divaricabili con ruote gommate o metalliche; g) cannone da campagna da 76,2 mm. mod. "Sis-3". Cannone derivante da quello precedente con uguali caratteristiche balistiche; peso dell'arma in postazione:1.100 kg.; affusto a cosce divaricabili; h) cannone c. a. "Bofors" da 80 mm. mod. 35; calibro: 80 mm.; lunghezza: 50 cal.; gittata: orizzontale 14.500 m.; verticale 9.700; peso del pezzo in batteria: 3.000 kg.; celerità di tiro: 20 colpi al minuto primo; velocità iniziale: 750 m/s.; peso del proietto: 8 kg.; i) cannone c. a. da 88 mm.; gittata: orizzontale 17.500 m.; verticale 11.800 m.; celerità di tiro: 30 colpi al minuto primo; l) cannone "Skoda" da 105 mm.; calibro: 105 mm.; lunghezza: 42 calibri; gittata: 18.000 m.; peso del pezzo in batteria: 4.200 kg.; peso al traino: 4.600 kg.; affusto a cosce divaricabili; traino meccanico; peso del proietto: 18 kg.; m) cannone da 107 mm. mod. 10/30; calibro: 106,7 mm.; lunghezza: 42 calibri; gittata: 16.500 m.; peso del pezzo in batteria: 2.180 kg.; affusto a cassa; ruote cerchiate di ferro o gommate; traino a 8 cavalli o meccanico; peso del proietto: 16,6 kg.; n) cannone da 122 mm., mod. 31; calibro: 122 mm.; lunghezza: 45 cal.; gittata: 21.000 m.; peso del pezzo in batteria: 7.100 kg., affusto a cosce divaricabili; ruote doppie a gomme piene; traino meccanico; peso del proietto: 25 kg.; o) obice da campagna leggero da 122 mm. mod. 38, il più moderno obice leggero da campagna dell'esercito sovietico; lunghezza: 22,7 calibri; gittata: 12.200 m.; peso del pezzo in postazione: 2.250 kg.; affusto a cosce divaricabili e ruote gommate; p) obice pesante da 152 mm. "Schneider", mod. 09/30; lunghezza: 14 cal.; gittata: 12.300 m.; peso del pezzo in postazione: 2.725 kg.; affusto stampato e ruote metalliche; q) cannone pesante da 152 mm., mod. 10/30; lunghezza: 40 cal.; gittata: 26.000 m.; affusto cingolato; coda dell'affusto su ruote metalliche; r) cannone da 152 mm. mod. 36; cal. 152,4 mm.; gittata: 26.000 m.; peso del pezzo in batteria: 12.000 kg.; velocità di tiro: 1 colpo al minuto primo; affusto a cosce divaricabili; ruote doppie gommate con carrello avantreno; peso del proietto: 45 kg.; s) cannone da 152 mm. mod. 37; cal.: 152,4 mm.; gittata: 21.400 m.; peso del pezzo in batteria: 7.100 kg.; affusto a cosce divaricabili; ruote a gomme piene; traino meccanico; peso del proietto: 43,5 kg.; t) cannone da 203, mod. 31 (tipo a e tipo b): calibro: 203 mm.; lunghezza: (a) 22, (b) 25 cal.; gittata: (a) 16.000 m., (b) 17.700 m.; peso del pezzo in batteria: (a) 15.800 kg., (b) 17.700; peso al traino: (a) 16.380 kg., (b) 19.000 kg.; celerità di tiro: 1 colpo al minuto primo; cerchioni a cingoli; peso del proietto: 100 kg.; a disposizione del comando supremo; u) cannone lungo "Skoda" da 210 mm.; lunghezza: 45 calibri; gittata: 30.000 m.; peso del pezzo in postazione: 44 t.; affusto a piattaforma; trasporto in tre carichi.
Germania. - I Tedeschi introdussero in servizio molteplici tipi di bocche da fuoco, utilizzando altresì quelle di cui venivano in possesso nell'occupazione di paesi nemici.
I tipi più caratteristici costruiti in Germania furono: a) il cannone da 37 c.c., con velocità di 745 m/s.; peso in batteria 435 kg.; peso del proietto 0,685 kg.; b) il cannone da 50 c. c. (pak 38); velocità 835 m/s; peso in batteria 900 kg., peso del proietto 2,1 kg.; c) il cannone da 75 c. c. (pak 40) con velocità iniziale di 760 m/s; peso del proietto 6,800 kg.; d) cannone da 88, mod. 41 c. a.; velocità iniziale 1.096 m/s; peso del proietto 9,300 kg.; e) cannone da 88, mod. 43/41; velocità iniziale di 1.096 m/s; peso del proietto 10 kg.; f) cannone da 105 c. a.; velocità iniziale 880 m/s; peso in batteria 10.000 kg.; peso del proietto 15,1 kg.; g) cannone c. a. da 128 mm.; h) obice da 105; gittata massima 12.000 m.; velocità iniziale 550 m/s; peso del proietto 14,7 kg.; i) cannone da 150; velocità 820 m/s; peso del proietto 45,330 kg.; gittata massima 24.000 m.; l) cannone da 240 mm.; velocità iniziale di 970 m/s; gittata 34.000 m.; peso in batteria 54 t.; m) cannone da 280; velocità iniziale di 1.120 m/s; gittata 57.000 m.; peso in batteria 218 tonn.
Inoltre numerose furono le bocche da fuoco di grosso calibro sia cannoni che obici o mortai: a quest'ultimo tipo appartiene il maggior calibro comparso durante la guerra, cioè il mortaio da 600 mm. (Thor).
Le artiglierie degli altri stati belligeranti hanno caratteristiche quasi simili a quelle già indicate.
Progressi tecnici nelle artiglierie. - Sono proseguiti gli studî tendenti ad aumentare la potenza dell'artiglieria; fra le molte nuove armi proposte o brevettate, più degne di essere ricordate fra tutte quelle che hanno dato luogo a realizzazioni pratiche sono:
Cannone a canna conica. - Nel 1930 fu brevettato in Italia dall'ing. H. Gerlich di Kiel una speciale pallottola per armi portatili da impiegarsi con armi a canna conica (fig. 1). Nella pallottola brevettata l'attrito è ridotto al minimo ricorrendo ad una particolare conformazione che evita le superfici parallele. Sulla pallottola vi sono flange simili alle corone di proietti d'artiglieria, ricavate però nel rivestimento del proietto. L'arma è a canna conica con un diametro decrescente dalla culatta verso la volata (fig. 2). Le prime prove di tiro hanno consentito al proietto il raggiungimento di velocità dell'ordine da 1200 a 1400 metri al secondo.
I Tedeschi, durante la seconda Guerra mondiale, applicarono il principio precedente alle artiglierie, costruendo un cannone a canna conica del diametro in culatta di 28 mm. ed in volata di 20 mm. (il cui proietto ha la velocità iniziale di 1370 m/s) ed uno con 42 mm. di calibro in culatta e 28 mm. in volata.
Ambedue le armi furono adibite al tiro contro carri; il sistema, però, non venne largamente applicato a causa soprattutto dell'eccessiva usura, delle lavorazioni complicate dei proietti e del difficile approvvigionamento del wolframio di cui è costituito il nucleo perforante dei proietti stessi.
Cannone senza rinculo. - Deriva dal cannone Davis costruito, per prova, durante la prima Guerra mondiale. Il cannone Davis, aperto da due lati, lanciava il proietto avanti; indietro, dalla culatta, una miscela di grasso e piombo: i cannoni moderni provvedono ad espellere - a velocità maggiore di quella del proietto - la più gran parte del gas della carica di lancio. Questi cannoni constano di un'anima chiusa dalla culatta nella quale sono ricavati uno o più ugelli di efflusso convergenti-divergenti. Il cartoccio proietto consta di un proietto ordinario e d'un bossolo forato per la fuoruscita dei gas.
Se M è la massa del proietto e V la sua velocità alla bocca, m la massa della carica di lancio e v la velocità dei gas all'uscita dell'ugello, la bocca da fuoco e soprattutto l'affusto non riceveranno nessuna reazione se la quantità di moto mv è uguale a quella del proietto MV, trascurando - in prima approssimazione - la quantità dei gas che defluisce dalla volata con il proietto. Siccome la velocità di efflusso dei gas è dell'ordine di 2.000 m/s., per ottenere una velocità del proietto di 350 m/s occorre una carica del peso di 1/6 circa di quella del proietto. Nella fig. 3 è schematizzato il funzionamento del cannone ordinario, del cannone munito di freno di bocca e del cannone senza rinculo.
L'utilizzazione dei gas come massa rinculante non è onerosa anche perché la direzione di questi, a differenza di quanto avviene col freno di bocca, è direttamente opposta a quella del proietto che si muove nell'anima.
Il cannone senza rinculo fu studiato in un primo tempo dai Tedeschi i quali se ne servirono per armare i loro reparti paracadutisti; le realizzazioni tedesche sono però alquanto pesanti.
Gli Americani, quando si trattò di battere le fortificazioni leggere impiegate dai Giapponesi, dovettero escogitare un armamento per la fanteria che, per calibro e precisione, fosse analogo al cannone di campagna, ma che fosse anche sufficientemente leggero per essere trasportato da un solo uomo in caso di necessità. Venne così ripreso il vecchio studio del Davis e, nel 1943, l'arsenale di Frankfort fu prescelto per portare a termine il lavoro. In breve gli studî furono ultimati e si progettarono due armi senza rinculo del calibro di 57 e 75 mm. le quali risposero egregiamente allo scopo.
Si indicano i seguenti dati sui cannoni senza rinculo realizzati negli S.U. ed in Germania:
Stati Uniti d'America: a) cannone M-18 da 57 mm.: peso complessivo 20 kg., lunghezza 1,55 m., peso della granata dirompente 1,350 kg. e gittata massima 3.200. m. L'arma non ha treppiede; può essere adoperata appoggiandola alla spalla; b) cannone M-20 da 75 mm.: peso complessivo 50 kg., lunghezza 2,08 m., peso della granata dirompente 6,300 kg., e gittata massima oltre 6 km.; l'affusto è rappresentato dal treppiede regolamentare della mitragliatrice 7,62.
Germuania: a) cannone da 75 mm. L. G. 40: peso complessivo 147 kg., lunghezza1,14 m., velocità iniziale con proietto dirompente 365 m/s, gittata massima 6.700 m., affusto a ruote; impiega tre tipi di proietti: dirompenti, di rottura, a carica cava; b) cannone da 105 L. G. 40; peso complessivo kg. 388, velocità iniziale 375 m/s, gittata massima 6 km. circa; l'affusto è munito di vomero e di treppiede anteriore scudato; c) cannone da 205 mm. L. G. 42: analogo al 105 mm. L. G. 40 con gittata di circa 7.800 m.
Vicende organiche dell'artiglieria italiana. - L'ordinamento dell'artiglieria italiana durante la seconda Guerra mondiale restò immutato fino all'8 settembre 1943. Naturalmente tutte le unità furono aumentate ma maggiore incremento ebbero le artiglierie contraerei ed anticarro, mentre si costituirono ex novo i reparti di semoventi. Dopo l'8 settembre 1943, alla ripresa delle ostilità a fianco degli Alleati, in un primo tempo, furono impiegati in operazioni materiali italiani delle specialità da campagna, pesanti campali e someggiati. Nell'estate 1944 furono costituiti 5 gruppi di combattimento ciascuno dei quali aveva: un reggimento di artiglieria da campagna su 4 gruppi di cannoni da 25 libbre, un gruppo di cannoni da 17 libbre controcarro ed un gruppo di cannoni da 40 mm. controaerei. Tutti i gruppi su due batterie. A guerra finita, nel 1946, i gruppi si trasformarono in divisioni, ciascuna delle quali comprendeva: 2 reggimenti di artiglieria da campagna su 3 gruppi di 2 batterie; 1 reggimento di artiglieria controcarro con cannoni da 6 libbre e cannoni da 17 libbre, ciascun gruppo di 2 batterie; 1 reggimento di artiglieria controaerei con cannoni da 40 mm. Vi erano inoltre 3 divisionì S. I. (poi trasformate in brigate) ciascuna fornita di cannoni da campagna e controcarro.
L'impiego delle artiglierie terrestri (p. 716). - Nonostante i progressi dell'armamento della fanteria, dell'aviazione, delle telearmi, l'artiglieria rimane, anche nelle guerre moderne, l'arma del fuoco per eccellenza. L'impiego di artiglieria risponde ai principî fondamentali della tattica: massa, manovra, sorpresa. Massa di fuoco, applicata ai varî obiettivi tempestivamente e di sorpresa, di qualità e densità convenienti, secondo il concetto generale delle operazioni e in relazione alla necessità del combattimento.
Si tratta di un problema di coordinamento di tutti gli elementi che debbono conferire agilità, potenza, efficacia all'azione di fuoco svolta da una unità di artiglieria. Tali elementi sono: lo schieramento, l'organizzazione del fuoco, l'ordinamento e le dipendenze, la cooperazione.
Schieramento. - È l'operazione che esegue una unità di artiglieria per mettersi in condizioni di assolvere i compiti che le sono stati assegnati. Uno schieramento dà il massimo rendimento quando tutte le artiglierie schierate da una data unità sono in grado di battere tutti i punti interessanti l'azione tattica, nelle migliori condizioni di efficacia di tiro. Oltre il compito influiscono sullo schieramento:
a) le caratteristiche delle artiglierie in fatto di gittata, di traiettoria, di mobilità. Con gittate sensibili è possibile uno schieramento profondo e arretrato, mentre con scarse gittate lo schieramento, specialmente in offensiva, deve essere il più avanzato possibile e tale da consentire l'efficace appoggio delle fanterie fino all'obiettivo di attacco. Materiali a traiettoria molto curva facilitano lo schieramento in qualsiasi terreno, specie collinoso e montano, e ne consentono un migliore sfruttamento ai fini del defilamento; artiglierie molto mobili rendono lo schieramento più indipendente dalle strade;
b) il tempo disponibile: se limitato, obbliga spesso ad uno sfruttamento minore del terreno e a schieramenti più raccolti per ridurre i collegamenti;
c) il terreno (considerato sotto i punti di vista della plastica, copertura all'osservazione terrestre e aerea, viabilità e praticabilità) e le condizioni meteorologiche.
Apposite ricognizioni vengono effettuate dai comandi dei reparti interessati per l'organizzazione dello schieramento nelle zone fissate dai comandi delle unità immediatamente superiori.
Particolare cura deve essere posta nella difesa delle posizioni da attacchi aerei e da attacchi di fanteria o di carri armati nemici. Con l'organizzazione della difesa vicina si mira a salvaguardare le linee dei pezzi da infiltrazioni o da attacchi nemici improvvisi per effetto di eventuali oscillazioni dello schieramento delle truppe antistanti. Si basa sull'armamento sussidiario delle batterie (mitragliatrici, moschetti, bombe a mano) e, specie di notte, su una opportuna sorveglianza (pattuglie di segnalazione e di allarme) e sullo schieramento di armi controcarri.
Organizzazione del fuoco. - Dipende dalla situazione, dai mezzi e dal tempo disponibile e comprende: la preparazione del tiro, l'organizzazione dell'osservazione e dei collegamenti.
La preparazione del tiro è costituita dal complesso delle operazioni che i reparti di artiglieria compiono per mettere le batterie in grado di battere efficacemente e a momento opportuno gli obiettivi assegnati. Ha carattere di progressività: dai procedimenti rapidi della preparazione immediata che consente alle batterie di aprire il fuoco appena appoggiate le code a terra, si passa gradualmente a quelli della preparazione per la manovra del fuoco che dà modo alle batterie di aprire il fuoco d'efficacia (cioè senza l'aggiustamento del tiro che è necessario per la preparazione immediata) su qualunque obiettivo rilevato e riportato sulla carta per il tiro. Concorrono alla preparazione del tiro, apposite pattuglie dei comandi di reparto, nuclei topografici dì gruppo e di reggimento, reparti specialisti delle unità superiori.
Senza un'ottima rete di osservazione è inutile parlare di tiro di artiglieria. Deve essere completa e accurata per sorvegliare in modo continuo tutto il campo di battaglia allo scopo di seguire l'andamento del combattimento, per determinare e battere convenientemente, in ogni istante, gli obiettivi che maggiormente ostacolano l'azione delle truppe con le quali l'artiglieria coopera. Occorre che gli osservatorî dei comandanti di gruppo e di batteria siano spinti il più avanti possibile e progrediscano nell'avanzata col progredire delle fanterie. Oltre che degli osservatorî terrestri, l'artiglieria si vale dell'osservazione aerea, di sezioni fonotelemetriche, di compagnie osservatori delle grandi unità, del servizio informazioni. Questi organi più complessi, che ricercano e determinano obiettivi schierati più in profondità dello schieramento avversario, interessano particolarmente le artiglierie di maggiore gittata e potenza (artiglierie di corpo d'armata e d'armata) e i comandi superiori per una più completa ed esatta visione così della situazione, come delle intenzioni del nemico.
I collegamenti costituiscono i nervi vitali dell'intero organismo artiglieristico, sia per rendere continua e intima la cooperazione, sia per rendere possibile e sollecita la manovra del fuoco. Si impiegano, di massima, mezzi di comunicazione telefonici e radio. Il mezzo telefonico è di maggiore rendimento; il radiotelefono è l'unico impiegabile nelle zone più avanzate; il mezzo ottico può dare buoni risultati in montagna.
Ordinamento e dipendenze. - Ogni grande unità dispone organicamente di unità di artiglieria. Però, mentre nella divisione le artiglierie agiscono di norma, nel solo ambito divisionale, nelle grandi unità di ordine superiore (corpo d'armata e armata) le artiglierie, oltre all'assolvimento dei loro compiti specifici, servono per rinforzare quelle delle divisioni per lo svolgimento di una determinata azione tattica. Nell'esercito italiano, prima della seconda Guerra mondiale, era normale l'assegnazione, da parte del corpo d'armata, di artiglieria in rinforzo alla divisione, sia nell'attacco sia nella difesa; nella divisione britannica, l'artiglieria divisionale è sempre rinforzata da un'aliquota di artiglieria d'armata (mancando artiglieria di corpo d'armata) che dispone, fra le altre specialità, di tanti reggimenti di artiglieria da campagna quanti sono i corpi d'armata che la compongono. È anche normale, in offensiva, che l'artiglieria della divisione di 2ª schiera sia impiegata quale rinforzo dell'artiglieria della divisione di 1ª schiera, quando dalla situazione generale e dal prevedibile sviluppo delle operazioni si possa presumere che la divisione di 2ª schiera sarà sicuramente chiamata ad operare nella stessa direzione di attacco nella quale vengono orientate le sue artiglierie.
Pertanto le artiglierie (organiche e di rinforzo) disponibili dovranno essere articolate e raggruppate in modo diverso da quello organico, allo scopo di fare corrispondere comunanza di dipendenze alla comunanza di compiti. Ciò non significa, però, esclusività di compiti, poiché, occorrendo, ciascuna unità potrà essere chiamata a rinforzare le altre nei limiti delle possibilità. E ciò sarà normale dato il concetto, che si è fatto sempre più strada, dell'impiego a massa dell'artiglieria. Sparisce perciò la distinzione in due aliquote (appoggio specifico o difesa di settore e massa di manovra) prevista dalla regolamentazione italiana, per dar luogo ad una forma di decentramento di fuoco di solo carattere orientativo limitato all'intervento di primo tempo. È normale infatti che a questo primo intervento si sovrapponga, immediatamente dopo, il fuoco di gran massa sviluppato dall'artiglieria divisionale.
Il decentramento sarà invece necessario per appoggiare l'azione di colonne che, agendo isolatamente e con direttrice eccentrica, non possono beneficiare del fuoco della massa di artiglierie, o in particolari fasi del combattimento (avvicinamento, completamento del successo, inseguimento o ripiegamento) che non consentono o non richiedono l'organizzazione di azione accentrata.
Le artiglierie divisionali dipendono dal comandante della divisione attraverso il comandante di artiglieria divisionale che provvede allo schieramento e alla preparazione dei piani d'impiego delle artiglierie organiche e di rinforzo. Il comandante di reggimento di artiglieria da campagna assolve compiti di consulenza presso il corrispondente reggimento di fanteria, provvede allo schieramento del reggimento, all'assegnazione dei settori e dei compiti ai gruppi, ad assicurare che il fuoco del reggimento sia impiegato in relazione agli ordini ricevuti ed alle esigenze della situazione del reggimento di fanteria col quale coopera.
Cooperazione. - Fondamentale è la cooperazione tra la fanteria e l'artiglieria, che si prefigge lo scopo di fare sviluppare l'azione di quest'ultima nel modo più efficace agli effetti dell'azione che deve svolgere la fanteria. La sua situazione, nella forma più generale, richiede l'individuazione dell'obiettivo da battere e la sua eventuale determinazione, da parte del comandante di fanteria, l'indicazione e la formulazione della richiesta di fuoco al comandante dell'artiglieria, l'esecuzione dell'azione di fuoco richiesta. La soluzione efficace e rapida del problema non può essere trovata che nella possibilità di proiettare gli artefici della cooperazione, i comandanti di batteria, negli osservatorî fissi delle prime linee o in quelli mobili all'immediato seguito delle compagnie avanzate. Il comandante di batteria che dirige il suo fuoco stando in primissima linea, osservando direttamente l'andamento del tiro e, soprattutto, quello della battaglia e rendendosene couto personalmente, realizza la massima cooperazione in quanto, seguendo i particolari dell'azione, potrà intervenire di iniziativa impiegando non solo il fuoco della propria unità, ma richiedendo, se necessario, il rinforzo di fuoco delle unità superiori alla propria. E ciò si verificherà specialmente in azioni offensive, nell'attacco, quando i comandanti di compagnia, intenti ad assicurare la continuità del movimento, dovranno spingersi avanti e, in genere, non potranno individuare la reazione nemica. Collegamenti rapidi, particolarmente radiotelefonici, dovranno essere messi in atto per realizzare tale sicura forma di cooperazione.
È evidente che il concetto di impiego a massa dell'artiglieria, cioè di poderosi martellamenti degli obiettivi, incide notevolmente sull'entità della distanza di sicurezza: questa è passata, per le artiglierie divisionali, dai classici 200-250 m. a circa 500 m. Ne deriva quindi che la fanteria dovrà con i proprî mezzi (cannoni per fanteria, carri armati semoventi messi alle proprie dipendenze) neutralizzare le resistenze residue sfuggite all'azione dell'artiglieria o che si svelano durante l'ultima fase dell'attacco.
Rifornimento di munizioni. - È un fattore essenziale nello svolgimento della guerra moderna. Con l'attuale celerità di tiro dell'artiglieria e la concentrazione di enormi masse di bocche da fuoco su fronti relativamente ristretti, esso esige una preparazione ed organizzazione minuziosa in ogni fase della battaglia.
Azioni di fuoco. - L'artiglieria interviene nell'attacco con azioni di spianamento, appoggio, interdizione, controbatteria; nella difesa, con azioni di sbarramento, interdizione, controbatteria, appoggio al contrattacco.
Lo spianamento consiste nella distruzione delle resistenze attive e passive, individuate prima dell'attacco, che possono ostacolare l'avanzata della fanteria. È eseguito in fase di preparazione dell'attacco dalle artiglierie divisionali con il rinforzo o il concorso delle artiglierie delle grandi unità superiori.
L'appoggio si prefigge di neutralizzare gli elementi attivi nemici che durante l'attacco o nel contrattacco ostacolano l'avanzata della fanteria. È compito delle artiglierie divisionali. Si svolge per concentramenti o con lo sbarramento mobile. Questo ultimo (barrage roulant dei Francesi) consiste in una cortina di fuoco mobile che determina una fascia di protezione dietro la quale avanzano gli attaccanti. Dalla linea di apertura (a distanza di sicurezza dalla linea di partenza della fanteria) si sposta su linee .successive, sostando su linee di pausa per coprire le truppe che si sono fermate, fino ad una linea finale sulla quale ha termine. È una forma di tiro che batte indiscriminatamente tutto il terreno (adatta per terreni piani ed uniformi) e che richiede larga disponibilità di artiglierie ed abbondanza di munizioni.
L'interdizione (harassing fire degli Inglesi) si ripromette di impedire al nemico di sviluppare la sua attività di fuoco e di movimento e di paralizzare l'attività di comandi, osservatorî e rifornimenti. Può trovare notevole contributo nell'intervento dell'aviazione.
La controbatteria tende a rallentare o sospendere l'attività delle artiglierie nemiche.
Lo sbanamento (chiamato anche protezione) tende ad arrestare l'attaccante sul terreno immediatamente antistante alle posizioni della difesa ed a creare il presupposto per il contrattacco. È compito delle artiglierie divisionali che può sferrarsi automaticamente, di notte (SOS degli Inglesi) o con interventi a ragion veduta.
Azioni di fuoco complesse sono la preparazione e la contropreparazione. La preparazione si effettua prima dell'attacco per diminuire la capacità di reazione e di resistenza della difesa e si attua con azioni di spianamento, di controbatteria, di interdizione. Fa mancare la sorpresa: è necessario attuarla specialmente quando bisogna creare i varchi nell'ostacolo che il nemico pone a protezione della propria posizione difensiva. La contropreparazione è intesa a diminuire la capacità offensiva del nemico, in previsione di un suo imminente attacco e comprende, di massima, azioni di controbatteria e di interdizione.
L'importanza assunta dal mortaio nella difesa ha fatto sviluppare, durante la seconda Guerra mondiale, tutta una organizzazione contromortai che trova la sua naturale sede nella organizzazione della artiglieria divisionale per il coordinamento del fuoco delle artiglierie e dei mortai di cui la divisione dispone.
L'azione controcarri, che pure raggiunse grande importanza nella seconda Guerra mondiale, è affidata al reggimento artiglieria controcarri divisionale, alle artiglierie semoventi ed alle armi controcarri dei reparti e si estrinseca con le modalità di cui alla voce anticarro (in questa App.).
Artiglierie contraerei.
Per le artiglierie contraerei e per quelle a grande gittata, allo scopo di avere dati di tiro calcolati con la massima esattezza, sono stati largamente applicati i metodi di calcolo delle traiettorie per archi successivi, impiegando però procedimenti già noti. Una innovazione, da parte specialmente degli Americani, è stata quella del largo impiego di macchine calcolatrici speciali.
Una radicale trasformazione è stata invece attuata nel puntamento per il quale si è fatto larghissimo ricorso al tiro centralizzato.
Per ottenere dalle batterie contraerei il massimo rendimento è necessario che esse siano provviste di:
1) Una sistemazione principale di tiro, moderna, automatica, collegata elettricamente al pezzo, organizzata esclusivamente per il puntamento indiretto, di impiego normale.
2) Una sistemazione ausiliaria, più semplice della precedente, più economica, di più rapida entrata in azione, collegata telefonicamente ai pezzi, organizzata per il puntamento indiretto e per quello diretto, da impiegarsi in caso di guasti della sistemazione principale o, in caso di urgenza, mentre si avvia l'impiego della centrale principale.
3) Un mezzo di ripiego semplice, economico per il puntamento diretto, quando manchi anche la sistemazione ausiliaria.
Nella sistemazione principale i dati di tiro vengono calcolati da una centrale automatica (fig. 4) che richiede solo operazioni intuitive, sia nel caso di moto rettilineo uniforme del bersaglio, sia nel caso di moto vario. I dati calcolati (direzione totale, inclinazione totale e graduazione di spoletta) sono corretti per le variazioni dei parametri balistici, il vento, la parallasse topografica fra centrale-batteria ed il tempo morto di graduazione e di caricamento. Il puntamento dei pezzi è, nel caso più generale, indiretto e può essere telecomandato; la graduazione della spoletta viene fatta con graduatori meccanici; il fuoco è effettuato a comando fonico. In Italia sono stati adottati due tipi di centrali controaerei: la "centrale B. G. S." (Borletti-Galileo-San Giorgio) e la "Gamma", quest'ultima di progettazione e costruzione ungherese.
Una centrale di tiro moderna risolve, con esattezza analitica, il problema della ricerca dei dati di tiro relativi al punto futuro, cioè al punto in cui si troverà l'aereo nell'istante in cui giunge il proietto, se il bersaglio si muove di moto rettilineo uniforme. Lo stesso problema può essere risolto con sufficiente approssimazione qualora il bersaglio sia animato da moto qualunque.
Nel funzionamento della centrale vengono distinte tre fasi: a) determinazione dei dati di posizione del punto presente; b) determinazione dei dati di posizione del punto futuro; c) elaborazione dei dati di tiro per il punto futuro.
Prima fase. - Nella centrale vengono introdotti i dati di posizione del bersaglio, ricavati con l'ausilio del telemetro, riferendosi a coordinate polari nello spazio e cioè distanza, sito e direzione: D, ε, d (fig 5).
La centrale trasforma, mediante appositi scompositori meccanici, tali dati nei corrispondenti valori delle coordinate cartesiane ortogonali: xo, yo, zo. Per ciascun asse della terna cartesiana, esiste un tavolo sul quale un tappeto di carta scorre verticalmente con moto uniforme. Su ciascun tavolo inoltre si muove orizzontalmente, in funzione della xo, o della yo, o della zo un nastrino di acciaio di puntine scriventi che, battendo contro un nastro inchiostrato, descrive sul tappeto il diagramma del movimento del bersaglio in funzione del tempo lungo il relativo asse coordinato.
Seconda fase. - Per passare dai dati di posizione del punto presente ai dati di posizione del punto futuro, occorre tener conto di due elementi: velocità del bersaglio e durata del tempo futuro, perché il punto futuro differisce, sulla rotta dell'aereo, dal punto presente di uno spazio: s = Vt, in cui V è la velocità del bersaglio e t la durata della traiettoria. La centrale ricava separatamente i valori: Vx Vy e Vz. Per fare ciò si utilizzano i tre grafici ottenuti.
Se in un punto P di tali grafici si calcola la tangente trigonometrica dell'angolo che la tangente geometrica forma con l'asse dei tempi, si ottiene la velocità in quel punto. Su ciascun tavolo esiste all'uopo un disco di vetro girevole, che porta inciso un fascio di rette parallele che un servente può disporre secondo la tangente al grafico nel punto considerato. Così facendo determina l'angolo ed automaticamente anche la tangente trigonometrica di esso e, quindi, sul tavolo delle X si determina la Vx, sul tavolo delle Y la Vy e sul tavolo delle Z la Vz. Se il moto è rettilineo uniforme (velocità costante), i diagrammi sui tavoli saranno costituiti da tre rette; altrimenti i grafici saranno costituiti da curve, in cui la tangente varia da punto a punto e quindi la Vx, la Vy e la Vz risulteranno variabili.
Per ciascun tavolo esiste un moltiplicatore meccanico sul quale arriva lo stesso valore di durata di traiettoria relativo al punto futuro ed il valore relativo al proprio tavolo e dal quale si ottengono i prodotti Vxts; Vyts; Vzts, che costuiscono i Δz, Δy, Δz, relativi alla durata di traiettoria del punto futuro, necessarî per passare dalle coordinate del punto presente a quelle del punto futuro. Ottenute le tre coordinate del punto futuro, bisogna calcolare i dati di tiro relativi; a questo servono i corpi balistici che sono la traduzione meccanica della tavola di tiro. I loro movimenti, però, non possono essere comandati direttamente dai valori delle coordinate cartesiane, ma da quelli della quota zf e della distanza Dof, del punto futuro. La zf è già calcolata; la Dof si ottiene componendo xf e yf. Ciò avviene in centrale attraverso un ricompositore meccanico che, oltre a tener conto del valore della risultante, tiene anche conto dell'inclinazione di questa rispetto all'asse delle X che è orientato secondo la direzione di orientamento della centrale. L'angolo che risulta così determinato non è altro che la direzione del punto futuro.
In conclusione, si sono ottenuti gli elementi di posizione del punto futuro rappresentati dai seguenti valori: df = direzione del punto futuro; hf = zf = quota del punto futuro;
distanza orizzontale del punto futuro.
In funzione della quota futura e della distanza orizzontale futura si possono calcolare l'inclinazione futura e la durata di traiettoria futura che, in particolare, si deduce per successive approssimazioni.
Per poter calcolare la graduazione di spoletta, bisogna tener presente che questo valore va impresso al proietto alcuni secondi prima che esso lasci la bocca da fuoco. È necessario, quindi, tener conto dello spostamento fatto dal bersaglio durante il tempo morto.
Per ciascun tavolo esiste un secondo moltiplicatore nel quale arriva la velocità ricavata dal tavolo corrispondente ed il tempo morto introdotto dall'esterno della centrale stessa. Attraverso differenziali si realizzano i valori:
Si ha, quindi, una nuova terna di coordinate xg, yg, zg relativa al punto futuro. Anche per questa seconda terna la zg è già elemento di introduzione nel corpo balistico della graduazione di spoletta; la xg e la yg si ricompongono attraverso un ricompositore che dà il valore della Dog (distanza orizzontale di graduazione).
Terza fase. - La df, corretta dal valore dello scostamento, va al trasmettitore elettrico per la direzione futura. La zf va ai corpi balistici della inclinazione e della durata di traiettoria e li fa ruotare di quantità proporzionale alla quota futura. La Dof fa traslare le punterie dei corpi balistici di quantità proporzionali alla distanza orizzontale futura; in tal modo i corpi balistici della inclinazione e della durata, sui quali si è entrati in funzione della zf e Dof, restituiscono if e tf cioè inclinazione e tempo del punto futuro. La tf (durata di traiettoria futura) va ai moltiplicatori Vt dei tavoli; la if va al trasmettitore della inclinazione futura.
Per la determinazione della graduazione G di spoletta futura, la zg fa ruotare il corpo balistico della G; la Dog fa traslare la punteria del corpo balistico della G. In funzione di zg e Dog, il corpo balistico restituisce Gf (graduazione futura), che va al trasmettitore della graduazione di spoletta futura.
Un telemetrista, per quanto esperto, è sempre affetto da una certa incostanza nella determinazione delle successive distanze; questa incostanza si tramuta in oscillazione agli indici dei ricevitori dei pezzi, per cui i serventi non potrebbero imprimere con continuità i dati di tiro alla bocca da fuoco. Per evitare tali inconvenienti i diagrammi telemetrici vengono purificati, introducendo ì valori tangenziati (cioè i valori delle derivate) in appositi integratori meccanici che danno il valore della funzione con continuità.
I corpi balistici sono calcolati in funzione delle tavole di tiro. È evidente che le condizioni del momento difficilmente saranno eguali alle condizioni tabulari della tavola di tiro. È necessario quindi avere la possibilità di correggere i dati di tiro elaborati dai corpi balistici per le condizioni del momento.
Le condizioni del momento che possono influire sul tiro sono: peso del proietto, temperatura, pressione barometrica e vento. Questi elementi determinano variazioni di velocità iniziale per il peso, la temperatura delle cariche ed il vento e variazioni del coefficiente balistico ridotto per valori del peso, temperature ambiente e pressione barometrica. Essi modificano l'inclinazione e la graduazione di spoletta; il vento trasversale modifica la direzione.
Per avere le correzioni suddette in valori unitarî sono stati calcolati dei volutoidi in funzione di quota e distanza orizzontale. In centrale si avranno dunque tre gruppi di volutoidi: uno per la variazione della velocità iniziale, uno per la variazione del coefficiente balistico ridotto, ed uno per il vento. I volutoidi vengono traslati per i valori di Dof e ruotati per zf.
Introducendo in centrale distanza e sito, la centrale stessa calcola la distanza orizzontale e la quota. Se il bersaglio si muove tenendo una quota costante, si può eliminare il telemetro, perché, introducendo in centrale una quota costante, la centrale stessa, in funzione del sito di puntamento, ricava la distanza orizzontale. Il comandante di batteria stesso può fare funzionare la centrale a quota costante.
La centrale ha la possibilità di essere messa in stazione a 500 m. di distanza dalla batteria e ad una differenza di quota di 500 m. Per correggere i dati di posizione del bersaglio rispetto alla differenza di posizione fra la centrale e la batteria, è necessario spostare l'origine della terna cartesiana dal punto di stazione della centrale al centro della batteria introducendo le componenti relative.
Una volta avviata la centrale, anche se la distanza telemetrica venisse a mancare e anche se l'aereo si occultasse temporaneamente, i dati di tiro potrebbero venire egualmente calcolati con continuità mantenendo i dischi con le rette parallele tangenti all'ultimo tratto di diagramma, nell'ipotesi che, durante l'intervallo, la legge del moto dell'aereo rimanga invariata.
Le artiglierie navali (p. 724).
Sistemi di costruzione (pp. 724-725). - Le moderne bocche da fuoco delle artiglierie navali, come già accennato, hanno per caratteristica la grande potenza, intesa nel senso meccanico della parola e cioè sono, in relazione al calibro, capaci di conferire al proietto elevata energia cinetica (elevata velocità iniziale) e di lanciare numerosi proietti nell'unità di tempo (elevata celerità di tiro). Queste caratteristiche sono in genere in antitesi con la erodibilità e la precisione del tiro.
Le moderne bocche da fuoco al fine di attenuare l'inconveniente della erodibilità sono costruite con il tubo anima inserito a freddo nel corpo del cannone (e ciò in Italia fino al calibro da 381) sicché viene grandemente agevolato il cosiddetto "ritubamento" ovvero l'operazione di rimozione del tubo anima eroso e la sua sostituzione con uno nuovo. L'operazione nei piccoli e medî calibri si può eseguíre in breve, a bordo stesso, senza scavalcare e sbarcare la bocca da fuoco.
Ad evitare l'imprecisione del tiro si adottano accorgimenti connessi con la balistica interna dell'arma prescrivendo, in genere, che l'energia alla bocca non sia superiore a 14÷15 dinamodi per dm3 di volume interno dell'anima; che sia assicurato ai gas della carica un periodo di espansione sufficientemente lungo; che la camera da polvere abbia volume non superiore a 1/5 del volume totale e infine che la pressione di bocca sia relativamente bassa (dell'ordine di 600÷650 kg/cm2). Tutto ciò comporta elevata pressione massima (dell'ordine di 3500-3800 kg/cmq.) ed in conseguenza una accurata tecnica costruttiva che assicuri la resistenza elastica delle bocche da fuoco a queste grandi sollecitazioni.
Le moderne bocche da fuoco sono tutt'ora dotate dei due classici sistemi di otturazione: a cuneo e a vite. Il primo sistema nella marina italiana è esteso fino al calibro da 152 mm. Al fine di aumentare la celerità di tiro delle armi, spesso si è resa automatica la manovra degli otturatori utilizzando l'energia di rinculo convenientemente e previamente trasformata in tensione elastica di molle.
Due sono i sistemi costruttivi tipici delle artiglierie navali moderne: quello dell'autoforzamento e quello della costruzione con acciaio ad elevato limite elastico.
L'acciaio che si usa di solito per costruire artiglierie autoforzate ha un limite elastico relativamente basso (40÷50 kg./mmq.) e può essere comune acciaio al carbonio. Oltre al "forzamento", si verifica un fenomeno collaterale, benefico agli effetti della resistenza: il metallo, per effetto delle deformazioni permanenti, si incrudisce, acquistando un limite elastico superiore a quello naturale, variabile da strato a strato e decrescente verso l'esterno in ragione diretta delle deformazioni subite dagli strati stessi.
La tecnica costruttiva delle artiglierie navali ad elevato limite elastico non presenta particolarità che negli accorgimenti metallurgici (titolazione della lega, correttivi, trattamenti termici) e di fucinatura o pressatura per ottenere grandi masse di acciaio sufficientemente omogenee e con elevate caratteristiche meccaniche (limite elastico, differenza fra limite elastico e carico di rottura, resilienza, strizione, allungamento) indispensabili per un materiale che deve resistere a grandi sollecitazioni.
I componenti più comuni che entrano in lega negli acciai da cannone sono: il nichelio che conferisce tenacità diminuendo la fragilità, il cromo, che a basso tenore conferisce durezza senza diminuire le caratteristiche elastiche, il molibdeno che rende l'acciaio più resistente all'erosione a caldo, e il vanadio che migliora, particolarmente per la sua azione disossidante, tutte le caratteristiche meccaniche. È specialmente nociva in questi acciai la presenza di zolfo e fosforo. I valori interdipendenti delle caratteristiche meccaniche (resistenza alla rottura, R; limite elastico, E; allungamento percentuale, A; contrazione dopo rottura, C; resilienza, ρ) che allo stato attuale della metallurgia è possibile ottenere per gli acciai destinati alla costruzione degli elementi da cannone, sono approssimativamente i seguenti:
È buona norma che la differenza tra il valore medio di R ottenuto dalle provette di culatta e quello ottenuto dalle provette di volata, non superi i limiti seguenti:
Di fronte ai vantaggi essenziali che presenta la tecnica costruttiva con autoforzamento rispetto a quella con acciaio ad elevatissime caratteristiche: a) aumento di resistenza a parità di spessore del tubo; b) severissimo collaudo del tubo; c) materiale di partenza di facile produzione; stanno gli inconvenienti: a) diminuzione della differenza fra carico di rottura e limite elastico, particolarmente sentita con autoforzamenti molto spinti; b) maggiore erosività.
Tenuto presente quanto sopra, allo stato attuale della tecnica, si può concludere che entrambi i sistemi costruttivi sono accettabili e che in particolare l'autoforzamento può essere consigliabile: a) per le artiglierie di piccolo calibro costruite con un solo tubo (monoblocchi); b) per i tubi esterni al tubo anima delle artiglierie di medio e grosso calibro.
Resistenza delle artiglierie. - La teoria della resistenza delle artiglierie attualmente ammessa, deriva, come quella usata in passato, dalla teoria generale della elasticità applicata al particolare caso del tubo-cannone, ritenuto a questo fine isotropo, omogeneo e di forma cilindro-cava. Tale teoria consente di ricavare relazioni valevoli nel campo elastico fra le tensioni e le deformazioni in ogni punto del tubo. Queste relazioni sono ancora sostanzialmente quelle che furono usate in passato dai costruttori di artiglierie da quando (seconda metà del secolo scorso) questa branca della tecnica delle armi si appoggiò a fondamenti teorici. Le differenze sostanziali, ora spesso accettate, fra le teorie del passato e quelle moderne vertono invece sulla "equazione di stabilità" ammessa. I primi calcoli dei costruttori di artiglierie furono eseguiti ammettendo (con Rankine, Lamé, Virgile) che insorgano deformazioni permanenti nel materiale allorquando una delle "tensioni principali" raggiunge, in valore assoluto, in un punto del tubo il "carico limite elastico", che corrisponde ad uno stato di trazione (o compressione) semplice. Riconosciuto ben presto che non era logico trascurare l'effetto delle rimanenti due tensioni principali, contemporaneamente in atto alla maggiore in valore assoluto, si ritenne in un secondo tempo (con Mariotte, B. de Saint Venant, E. Winkler, K. Bach, A. Föppl, C. Guidi) che insorgano deformazioni permanenti allorquando una delle "tensioni principali ideali" raggiunge in valore assoluto il "limite elastico" che corrisponde ad uno stato di trazione (o compressione) semplice.
Nell'ultimo trentennio molti costruttori di artiglierie non accettarono neppure questa ipotesi e ritennero che il sorgere delle deformazioni permanenti in un punto del tubo coincidesse con l'eguagliarsi in quel punto del valore della "tensione tangenziale massima" al valore della tensione tangenziale al limite elastico che corrisponde ad uno stato di trazione semplice. Questa ipotesi formulata fin dal 1874 da Coulomb, oltre ad essere suffragata come nessun'altra da pratiche esperienze di laboratorio, è anche quella che porta uno sviluppo di calcoli particolarmente semplice e spedito. Essa consente poi di ben adattare la teoria al caso di materiale autoforzato. Sono questi i motivi per i quali ha avuto negli ultimi anni molti sostenitori in Italia ed in altri paesi (particolarmente in Francia).
Tipi regolamentari di cannoni navali (p. 725). - I cannoni più moderni della marina militare italiana sono elencati nella tabella seguente. I cannoni da 90/53 e 65/64 hanno funzione eminentemente contraerea; per questi la gittata massima indicata è quella sul sito massimo. I cannoni da 320/44 derivano dalla trasformazione dei vecchi cannoni da 305/46 mediante ritubamento.
Raggruppamento delle artiglierie (p. 728). - Sulle grandi unità (navi da battaglia, incrociatori) le artiglierie del calibro principale sono sempre sistemate lungo l'asse longitudinale della nave. Esse costituiscono normalmente un'unica batteria, ma esiste sempre la possibilità di eseguire con esse tiro per gruppi di torri o per torri isolate, e ciò in relazione alla eventualità di dover battere contemporaneamente numerosi bersagli. Le artiglierie del calibro o dei calibri secondarî, che in genere non è possibile sistemare lungo l'asse, vengono disposte sui due lati della nave e costituiscono batterie con direzioni del tiro completamente autonome. In tutte le flotte vi è ora la tendenza di adottare, per queste batterie un unico calibro secondario con compiti contraereo e antisilurante.
Anche sulle unità leggere (incrociatori leggeri contraerei, supercaccia, caccia, torpediniere, ecc.) nonché sulle navi portaerei vi è in genere un calibro unico con doppio compito navale e contraereo. Fatta eccezione per talune navi portaerei, queste artiglierie sono sempre disposte lungo l'asse longitudinale della nave e costituiscono un'unica batteria, con possibilità di tiro per gruppi di impianti e di tiro autonomo per impianti.
Le mitragliere, per esigenze di spazio e di campo di tiro sono in genere sistemate lateralmente e raggruppate in modo da costituire diverse batterie, ciascuna con direzione del tiro autonoma, in modo da poter meglio battere contemporaneamente diversi bersagli.
I cannoni di grosso calibro e di medio calibro destinati unicamente al tiro navale sono sempre sistemati in torri protette, riuniti in due o tre per torre (torri binate e torri trine), raramente sistemati in torri quadruple, mai in impianti singoli. I cannoni di medio e piccolo calibro con doppio compito navale e contraereo sono sistemati in torrette (o impianti di coperta) singole o binate, e non sono mai riuniti in maggior numero, per non avere delle torrette di ingombro e complessità incompatibili con le caratteristiche specifiche di questo materiale (elevate velocità di brandeggio ed elevazione, grande settore di tiro verticale, grande altezza di ginocchiello, elevata celerità di tiro, ecc.).
Per le mitragliere (v. mitragliatrice, in questa App.) vi è invece la tendenza a raggruppare più canne sullo stesso affusto.
Bocche da fuoco antiaeree e antisommergibili (p. 731). - L'armamento contraereo delle navi ha avuto negli ultimi anni un grande sviluppo che si può considerare di preminente importanza per qualsiasi tipo di unità. Per poter disporre di un'adeguata massa di fuoco, tutte le artiglierie di medio e piccolo calibro sistemate sulle moderne unità hanno ora caratteristiche tali da poter assolvere indifferentemente il compito navale e contraereo. Particolarmente gli impianti di medio calibro, il cui concorso nella difesa contraerea è molto efficace contro gli aerei bombardieri ad alta quota a causa della loro grande gittata e del potere distruttivo dei Ioro proiettili, hanno subito migliorie e modifiche. Essi sono stati dotati di sistemi di caricamento automatici, di elevata velocità di brandeggio e di elevazione, di grande settore di tiro verticale, di stabilizzazione della punteria, di centrali di tiro contraereo automatiche, e altri numerosi accorgimenti intesi a aumentare la prontezza e la celerità di tiro.
Per l'offesa contro sommergibili in immersione si impiegano esclusivamente bombe antisommergibili (v. antisommergibile, difesa e bomba, in questa App.) che vengono lanciate mediante lanciabombe o semplicemente gettate in mare dalle unità leggere e dalle speciali unità addette alla caccia dei sommergibili. Non è previsto alcun accorgimento o speciale tipo di proietto per il tiro con cannone contro sommergibili in immersione, data la scarsissima efficacia di questa forma di offesa.
Graduazione dei congegni di mira e trasmissione degli ordini (p. 733). - Tutte le trasmissioni a distanza, sia dei dati per il tiro, sia degli ordini o di altri elementi (distanze, velocità, angoli di brandeggio, ecc.) vengono attualmente effettuate esclusivamente mediante trasmettitori e ricevitori sincroni, alimentati a corrente alternata, i quali hanno il grande pregio di essere sicuri ed esenti da qualsiasi possibilità di sfasamento. Dato che la coppia motrice che può essere da essì trasmessa è minima, quando è necessario si accoppia al ricevitore un opportuno asservimento (servomotore). I ricevitori, che portano l'indice fissato al rotore e il controindice collegato alla manovra meccanica di restituzione, possono essere: a inseguimento d'indice, se lo statore è fisso e la coincidenza si ottiene spostando il controindice; a riporto d'indice, se lo statore è collegato meccanicamente alla manovra di restituzione, e la coincidenza si ottiene spostando lo statore stesso che trascina a sua volta il rotore e quindi l'indice.
Per la punteria diretta, fatta individualmente dai singoli cannoni, i congegni di mira sono oggi esclusivamente gli alzi panoramici, che essendo collegati all'affusto (e non alla culla) risentono unicamente dei movimenti di brandeggio dell'impianto. Gli angoli direttori del tiro (alzo e cursore) arrivano dalla centrale o dalla stazione di direzione del tiro (SDT) ai rispettivi ricevitori e vengono introdotti nel congegno di mira modificando così l'orientamento del prisma di testa e quindi della linea di mira naturale. Per mantenere il cannocchiale in punteria sul bersaglio bisognerà pertanto manovrare il cannone in elevazione e brandeggio spostandolo, a prescindere dai movimenti della piattaforma, proprio delle quantità alzo e cursore rispettivamente introdotte nel congegno di mira come risulta evidente dallo schema indicativo della figura 6. Un congegno di mira di questo tipo è riprodotto nella figura 7.
Nel corso di punteria centrale i ricevitori di punteria, detti comunemente orologi di punteria, sistemati nelle immediate vicinanze dei cann0ni ricevono gli angoli di elevazione totale (alzo + antioscillazione) e brandeggio totale (brandeggio + cursore). Gli orologi di punteria sono sempre a riporto d'indice e hanno particolari disposizioni atte ad agevolare i puntatori nella manovra di punteria, tenuto conto delle continue e rapide variazioni degli angoli predetti, specie nel tiro con mare ondoso o contro bersagli dotati di grande mobilità. I puntatori eseguono punteria continua, ossia manovrano i cannoni in modo tale da mantenere con continuità la coincidenza fra indice e controindice, mediante rotazione dello statore comandato a sua volta dalla restituzione meccanica del movimento del cannone. Così, quando gli indici sono in coincidenza il cannone è in punteria esatta, avendo assunto gli angoli di elevazione totale, rispetto al piano di rotolamento dell'impianto, e di brandeggio totale, rispetto alla direzione prua-nave, origine della misura dell'angolo di brandeggio.
Punteria delle armi di bordo (p. 734). - Per tutte le artiglierie navali e antiaeree, di grosso, medio e piccolo calibro, il sistema unico oggi usato è quello della punteria centrale, fatta da un solo apparecchio di punteria generale (APG) per tutta la batteria, con trasmissione elettrica dei dati (alzo+antioscillazione e brandeggio+cursore) agli orologi di punteria dei singoli cannoni. La punteria individuale, detta comunemente punteria diretta, è sempre prevista, ma come sistemazione di riserva. In questo caso, alzo e cursore arrivano ai congegni di mira dalla centrale o dalla SDT e vengono introdotti localmente.
La punteria centrale automatica, con manovra diretta in elevazione e brandeggio mediante asservimento a distanza dei motori di lavoro di tutti i pezzi della batteria da parte di un solo strumento (APG), è ora impiegata solo per le mitragliere. Nulla vieta che, col progresso della tecnica degli asservimenti a distanza, questo sistema possa essere vantaggiosamente adottato per qualsiasi calibro e, in particolare, per i cannoni destinati al tiro contraereo, nel quale le forti e rapidissime variazioni dei dati di tiro rendono particolarmente difficile una perfetta e pronta punteria dei cannoni ottenuta con manovra locale seguendo le indicazioni degli orologi di punteria.
Il tiro delle artiglierie navali (p. 735). - L'impiego razionale delle moderne artiglierie tendente a sfruttare al massimo la loro capacità distruttiva, ha richiesto uno studio sempre più accurato dell'organizzazione e della condotta del tiro navale ispirato ai concetti: di offendere per primi centrando il tiro sull'unità nemica fin dalla prima salva, di mantenere il tiro centrato ed effettuarlo con la massima precisione e celerità consentita dalle armi. Queste esigenze hanno portato alle moderne sistemazioni per la direzione del tiro, dove l'automatismo e la meccanizzazione spinti al massimo, l'istantaneità e la sicurezza delle trasmissioni elettriche a distanza, la suddivisione dei compiti, l'accentramento della direzione del tiro permettono di fornire ai cannoni con la massima rapidità, precisione e continuità, i dati per l'esecuzione del fuoco.
La centrale di tiro ha assunto nelle moderne sistemazioni sviluppi ed importanza sempre maggiori in relazione ai compiti fondamentali ad essa affidati nella risoluzione pratica del complesso problema del tiro navale da bordo.
Per una descrizione sia pur sommaria della centrale di tiro, conviene scindere il problema del tiro da bordo nei seguentì problemi parziali, esposti in ordine logico e non cronologico, in quanto essi vengono in pratica risolti tutti simultaneamente dalle sistemazioni per la DT.
1) Problema cinematico: per eseguire il tiro è necessario conoscere in ogni istante la posizione del bersaglio rispetto alla nave che spara, ossia il valore delle sue coordinate polari: distanza X e brandeggio α. Se P ed N (fig. 8) sono le due unità, propria e nemica, che percorrono rotte rettilinee con velocità costante Vp e Vn, la distanza ed i brandeggi, a un dato istante, saranno rispettivamente: X, α, β. Scomponendo i vettori Vp e Vn sul piano di tiro di traccia orizzontale P N e su quello ad esso normale, si ottengono le componenti: V′p e V′n che provocano variazioni nella distanza; V″p e V″n che determinano una variazione degli angoli di brandeggio, nonché una rotazione del piano di tiro rispetto allo spazio fisso. Considerando il moto relativo delle due stesse unità e supposto P fermo (fig. 9) il bersaglio è animato da una velocità relativa fittizia Vr risultante di Vn e − Vp, che a sua volta possiamo scomporre nelle componenti
Per risolvere il problema, le misure di X e α sarebbero sufficienti, ma onde avere un elemento sovrabbondante di controllo, si misura anche l'angolo β. Le misure dirette di X, α, e β sono naturalmente affette da errori sistematici ed accidentali. Gli errori sistematici vengono praticamente eliminati con l'aggiustamento del tiro, quelli accidentali con un processo di purificazione, che consiste in varie operazioni di mediazione, derivazione e integrazione, composizione e scomposizione degli elementi in gioco. Nelle centrali di tiro su apposito tavolo scorrevole in funzione del tempo, detto tavolo previsore, i punti rappresentativi delle successive misure di X date dai telemetri determinano la curva media X = f (t) ed il valore della tangente a questa curva dà la misura di
l'angolo α è misurato dal già ricordato apparecchio di punteria APG, e con uno speciale strumento girostatico orientato in modo stabile nello spazio e sistemato nella centrale di tiro, o nelle immediate vicinanze, detto girometro, si determina la quantità
e si eseguono quindi successivamente con continuità le seguenti operazioni: prodotto g • X, integrazione ∉g•X•dt e derivazione di questa funzione ottenendo g • X. Un apparecchio compositore-scompositore detto indicatore centrale, sempre facente parte della centrale (fig. 8) permette l'esecuzione delle seguenti operazioni: la scomposizione del vettore velocità propria, che è noto, nelle due componenti V′p e V″p; il calcolo delle componenti il vettore velocità bersaglio: V′n = V′r + V′p = ΔX + V′p; V″n = V″r + V″p = g •X + V″p; che composte dànno Vn; la mediazione dei valori istantanei di Vn, tenendo conto anche della sua direzione indicata dall'angolo β misurata dall'inclinometro, e la determinazione, con un'opportuna scelta, del valore più attendibile purificato di Vn, che così risulta noto in intensità, senso e direzione e s'indicherà con Ãn; la scomposizione del vettore Ãn purificato nelle due componenti
ed infine il calcolo di
purificati. Noti Xo ed αo, misurati ad un dato istante to, mediante integrazione meccanica si ottengono i valori finiti istantanei di X e α al tempo t qualunque, esenti da errori accidentali, dalle relazioni:
ed il problema cinematico è così risolto. Apposite sistemazioni meccaniche (differenziali, moltiplicatori, integratori, ecc.) eseguono automaticamente con continuità tutte le necessarie operazioni. I valori
e à purificati servono inoltre per il calcolo delle correzioni di carattere cinematico.
2) Problema delle correzioni: agli elementi del tiro forniti dalle tavole di tiro in funzione della gittata X: angolo di tiro o alzo, derivazione e durata del tragitto, devono essere apportate le opportune correzioni onde ottenere la distanza balistica XB, la quale col suo valore determinerà i dati per il tiro. Le correzioni (v. IV, p. 737) sono di natura: cinematica, per tener conto dell'influenza che hanno sul tiro i moti delle due navi contrapposte; aerologica, per la presenza del vento e di condizioni di temperatura e pressione dell'aria diverse da quelle standard; balistica, date le differenze della velocità iniziale e del coefficiente balistico del proietto rispetto ai valori tabulari. Queste correzioni devono essere calcolate non in funzione della distanza attuale, ma in funzione della distanza balistica. Il problema va quindi risolto per successive approssimazioni, dato che XB è proprio l'elemento che si cerca, ed il calcolo viene eseguito meccanicamente dalle centrali di tiro automatiche mediante differenziali, i quali sommano algebricamente le variazioni degli elementi date da apposite camme.
3) Problema della trasformazione balistica: consiste nella ricerca dei dati di tiro in funzione della XB, cioè nella consultazione della tavola di tiro per ricavare alzo, durata del tragitto e scostamento. Quest'ultimo, sommato alle correzioni laterali di natura cinematica ed aerologica fornisce il "cursore". Tali dati di tiro sono ricavati meccanicamente con continuità dalla centrale di tiro.
4) Problema della punteria: provvede ad orientare nello spazio l'asse del cannone che spara, in modo che esso assuma rispetto alla congiungente cannone-bersaglio l'alzo ed il cursore calcolati.
5) Problema del fuoco: provvede a determinare le modalità di esecuzione del fuoco, allo scopo di ridurre al minimo gli errori derivanti dalle oscillazioni della piattaforma.
6) Problema dell'aggiustamento: provvede a eliminare gli inevitabili errori sistematici di misura con opportuni controscarti, in modo da inquadrare rapidamente col tiro il bersaglio e mantenere il tiro centrato su di esso. Per l'apertura del tiro a "scalare" (v. IV, p. 738) esistono nelle moderne sistemazioni per la D T appositi congegni per introdurre e togliere gli scalamenti in alzo e cursore.
La centrale di tiro (fig. 12) si presenta come un grosso mobile che accoglie e racchiude tutti i meccanismi e strumenti atti a risolvere meccanicamente, come sopra detto, i tre problemi: cinematico, delle correzioni e della trasformazione balistica. Le funzioni essenziali della direzione di tiro risultano dal quadro schematico della organizzazione generale per la direzione del tiro (fig. 10). I telemetri, ottici (a coincidenza o stereoscopici; v. telemetro, XXXIII, p. 431) oppure elettromagnetici (radiotelemetri; v. radar, in questa App.), installati nelle stazioni di direzione del tiro, in apposite torrette telemetriche e nelle torri, misurano con continuità la distanza del bersaglio e la trasmettono alla centrale di tiro. Analogamente gli inclinometri (fig. 11), misuratori ottici della parallasse sottesa dal bersaglio, misurano con continuità il β e lo trasmettono in centrale. L'APG, ottico (fig. 13) oppure elettromagnetico (radar), situato nella stazione di direzione del tiro e puntato con continuità sul bersaglio, misura l'angolo di brandeggio α e l'antioscillazione. Il brandeggio viene trasmesso in centrale. L'anemometro, situato in uno dei punti più alti della nave, misura l'intensità e la direzione del vento e le trasmette in centrale. La centrale di tiro con i dati ricevuti calcola con continuità l'alzo e il cursore, che vengono trasmessi ai congegni di mira degli impianti, per effettuare la punteria diretta, e all'APG, per la punteria centrale (v. IV, pp. 734-735). Nell'APG appositi strumenti eseguono la somma algebrica: alzo + antioscillazione e cursore + brandeggio. Queste due quantità vengono trasmesse agli impianti ed arrivano ai rispettivi ricevitori di punteria in elevazione e in direzione situati negli impianti stessi, previa correzione da parte dei correttori locali, i quali provvedono ad apportare per ciascun impianto correzioni geometriche diverse che compensino gli errori di: parallasse o convergenza, orizzontale e verticale, dovuti alla differente posizione che il cannone e l'APG hanno rispetto al bersaglio; concordanza, dovuti alla differente distanza dal bersaglio di ciascun pezzo e dell'APG; slivellamento della piattaforma, per l'eventuale mancato parallelismo fra gli assi verticali di rotazione di ciascun impianto e dell'APG. I puntatori, seguendo gli indici dei ricevitori di punteria mantengono costantemente i cannoni orientati nella direzione necessaria per colpire il bersaglio.
Le centrali di tiro per il tiro contraereo da bordo risultano molto più complesse per la presenza di una nuova variabile nel problema cinematico, ìl quale può essere risolto in varî modi. Le centrali differiscono notevolmente fra loro a seconda dei criterî con cui risolvono il problema cinematico e del grado di approssimazione che da esse si vuole ottenere. Ad esse è sempre associata una apparecchiatura per la stabilizzazione della punteria (v. affusto navale, in questa App.), indispensabile nel tiro contraereo da bordo.
Bibl.: E. Isidori, Corso di resistenza delle artiglierie, Livorno 1937; S. Pellegrini, Teoria e calcolo degli affusti, ivi 1940; G. Giannattasio, Artiglieria-Tiro, Accademia navale, ivi 1940.
L'impiego delle artiglierie navali (p. 735). - Nella prima Guerra mondiale le artiglierie delle navi furono impiegate essenzialmente in combattimenti navali diurni. Nel periodo tra le due guerre il progresso delle apparecchiature navali per il tiro diurno fu ispirato dal criterio di misurare gli elementi per calcolare con la massima precisione possibile la posizione della nave nemica al momento dell'arrivo della salva dei proiettili.
A quanto già detto nei paragrafi precedenti si aggiunge che, per ovviare agli inevitabili errori dei telemetri e colpire al più presto possibile, fu adottato il metodo di tiro a scalare, basato sulla divisione dell'armamento di artiglierie della nave in tre raggruppamenti, di cui ciascuno non inferiore a tre cannoni. I tre raggruppamenti sparavano la prima salva con lo stesso alzo, ma con tre cursori diversi; ossia un raggruppamento sparava con cursore calcolato dalla centrale e gli altri due raggruppamenti con cursori scalati dell'errore probabile, uno in più e l'altro in meno. In tal modo era quasi sicuro che una delle tre salve risultasse profilata sul bersaglio, dando la possibilità al direttore del tiro di giudicare se la salva era lunga o corta, e di apportare quindi una prima correzione in gittata. I tre raggruppamenti sparavano poi una nuova salva con il cursore ricavato dalla precedente osservazione, ma con tre alzi diversi: e cioè un raggruppamento sparava con l'alzo calcolato dalla centrale e corretto dal direttore del tiro in base alla prima osservazione, gli altri due raggruppamenti con alzi scalati dell'errore probabile, uno in più od uno in meno. Con questo metodo si acquistava la probabilità di colpire alle prime salve, eliminando con lo scalamento gli errori telemetrici, che possono essere di qualche centinaio di metri (mentre il radar misura le distanze con l'approssimazione di qualche decina di metri).
L'automatismo delle centrali di tiro ha dimostrato nella seconda Guerra mondiale il suo reale vantaggio ed ancora oggi, nonostante l'invenzione del radar, non si può pensare di sparare senza sistemazioni di tale tipo. Infati il radar permette di misurare le distanze con una precisione molto maggiore di quella del telemetro, ma la centrale di tiro automatica è pur sempre necessaria per calcolare lo spostamento del bersaglio durante il tragitto del proiettile.
Le centrali di tiro costruite fra le due guerre mondiali per ricavare con grande precisione gli elementi del moto nemico non hanno dato invece i risultati sperati, perché si basavano in gran parte sulle misurazioni dei telemetri, i quali hanno bisogno di un certo periodo di tempo per dare misurazioni di relativa precisione. Per le caratteristiche di brevità ed intermittenza e variabilità di rotte che hanno assunto i combattimenti navali al principio della seconda Guerra mondiale, si comprende facilmente come il calcolo preciso della velocità e della rotta del nemico sia stato aleatorio. Il radar invece dà immediatamente misure di alta precisione, che consentono così di ricavare subito dalla centrale di tiro la rotta e la velocità del nemico. Con l'impiego del radar non vi è quindi alcun bisogno di eseguire le salve scalate in alzo; appena centrato il tiro in direzione è possibile iniziare subito la fase di tiro in efficacia, nella quale si sfrutta la massima celerità di caricamento dei cannoni, in modo da colpire il nemico con il massimo numero di proiettili. Da ciò si comprendono le condizioni d'inferiorità in cui si sono trovate le navi sprovviste di radar, rispetto a quelle che lo possedevano. Per sfruttare al massimo la precisione del radar nella misura delle distanze occorre che i cannoni siano molto precisi, che abbiano una grande celerità di tiro e che le salve dei proiettili siano poco disperse.
Nella prima fase della seconda Guerra mondiale i combattimenti navali diurni furono combattuti essenzialmente col cannone (battaglia del Rio de la Plata, di Punta Stilo, di Capo Teulada). In queste ultime due battaglie, il possesso della nave portaerei da parte di uno dei belligeranti consentì di sferrare attacchi di aerosiluranti nel momento più tempestivo dell'azione di fuoco. Nella battaglia del Rio de la Plata, stante l'assenza di navi portaerei, fu usato il tiro di concentrazione per gruppi, che è possibile eseguire quando due navi o gruppi di navi possono sparare su una nave o su un gruppo di navi avversarie da direzioni differenti.
Il tiro di concentrazione non è da confondere con il tiro collettivo, che è quello eseguito da più navi di una formazione compatta contro lo stesso hersaglio. Mentre il tiro collettivo ha bisogno di alcuni accorgimenti per distinguere le salve di navi diverse (salve colorate, non più di due navi contro lo stesso bersaglio), il tiro di concentrazione non ha bisogno di accorgimenti o limitazioni, perché non è possibile confondere le salve, dato che ogni nave vede le salve dell'altra sguardate e quindi molto aperte rispetto alle proprie. Il tiro di concentrazione per gruppi mette l'avversario in grande difficoltà, perché lo costringe a dividere le sue artiglierie per battere contemporaneamente i gruppi attaccanti, o altrimenti a spostare il tiro da un gruppo all'altro per battere il gruppo più minaccioso. Tali condizioni tattiche sono le uniche che possano rendere efficace un calibro decisamente inferiore, come si è verificato nella battaglia navale del Rio de la Plata.
La distanza massima d'inizio del tiro che al principio della seconda Guerra mondiale era ancora fissata dal calibro delle artiglierie e dalle condizioni di visibilità, invece dopo l'adozione pratica del radar fu limitata solamente dalla gettata massima del calibro delle artiglierie, perché il radar permette di effettuare il tiro anche a distanze superiori a quelle dell'avvistamento ottico. Questo fatto ha importanza non soltanto nel tiro diurno, ma anche e soprattutto nel tiro notturno, che è stato completamente rivoluzionato dal radar. Le fasi del combattimento notturno senza radar erano: avvistamento visivo, illuminazione del bersaglio con il proiettore o con i proiettili illuminanti, esecuzione del tiro battente. Con il radar, all'avvistamento ottico si è sostituito l'avvistamento radiotelemetrico; di qui l'aumento delle distanze di avvistamento e di combattimento notturno. L'illuminazione del bersaglio non è più necessaria, perché le armi possono andare in punteria seguendo le indicazioni di brandeggio e distanza date dal radar. Il tiro notturno con radar viene quindi ad avere le caratteristiche del tiro navale diurno: il primo esempio clamoroso dell'importanza del radar si ebbe nella battaglia di Capo Matapan.
Le caratteristiche del combattimento aeronavale hanno evoluto verso l'enorme aumento delle distanze di combattimento, poiché le navi non si combattono più entro il raggio di portata dei cannoni, ma entro il raggio della portata aeronautica delle navi portaerei, adoperando il cannone soltanto per difendersi dagli attacchi aerei. Nelle battaglie del Mar dei Coralli, delle Midway e delle Isole Salomone, la distanza tra le due forze navali contrapposte salì a 200 miglia (12 volte maggiore della portata dei grossi calibri navali), per poi salire a 400 miglia nella battaglia del Mare delle Filippine (23 volte quella delle grosse artiglierie).
Da queste battaglie aeronavali emerge che nessun cannone contraereo può garantire in senso assoluto la difesa contraerea e che la migliore difesa contraerea delle navi è costituita dall'azione dei velivoli da caccia, coordinata con la difesa contraerea.
Nella difesa contraerea fatta con gli aerei e con i cannoni, occorre sempre localizzare tempestivamente la presenza degli aerei nemici. Il radar ha portato la distanza di avvistamento sull'ordine dei 100 km. e quindi ha posto le navi in grado di non essere sorprese dall'attacco aereo. Prima di iniziare il fuoco occorre però essere sicuri che gli aerei siano effettivamente nemici; anche tale problema viene risolto dal radar. Infatti nell'istante in cui percepisce la presenza di un velivolo, il radar comanda l'emissione di un segnale convenzionale su una lunghezza d'onda prestabilita, sulla quale è sintonizzato un apparato r. t. di cui sono muniti tutti gli aerei nazionali. Tale apparato alla ricezione del predetto segnale trasmette, a sua volta, automaticamente un controsegnale convenzionale, che permette di distinguere gli aerei nemici da quelli nazionali.
Per il tiro contraereo occorre: misurare le coordinate istantanee dell'aereo, calcolarne le posizioni attuali, calcolare quindi le posizioni future dell'aereo relative agli istanti di arrivo dei proiettili. Questo problema viene risolto dalle centrali di tiro contraereo. Date le piccole dimensioni del proiettile e degli aerei, le probabilità di colpire direttamente sono piccole. Si aumentano quindi nei dintorni del bersaglio le dimensioni dcl proiettile, mediante il suo scoppio. Occorre pertanto determinare il luogo di scoppio del proiettile, in modo che esso avvenga nel punto della sua traiettoria il più vicino possibile all'aereo. La spoletta radiotelemetrica risolve il problema di far scoppiare il proiettile alla minore distanza dall'aereo. Dato che gli aerei moderni sono corazzati nelle parti vitali, occorre che le schegge del proiettile non scendano al disotto di determinate dimensioni. Di qui il sempre maggiore aumento del calibro dei cannoni contraerei.
Nella seconda Guerra mondiale le artiglierie navali sono state largamente impiegate in appoggio alle operazioni anfibie. L'esempio più grandioso di tali azioni è quello dello sbarco in Normandia.
Il bombardamento navale seguito al bombardamento aereo, ebbe come primo obiettivo la neutralizzazione delle batterie pesanti terrestri. Parteciparono all'azione corazzate ed incrociatori e svilupparono una tale intensità di tiro, che alcune unità furono costrette a metà azione a rientrare in porto per ritubare le artiglierie. Le navi usarono gli aerei per l'osservazione degli scarti. I bastimenti facevano fuoco con punteria preparata sui bersagli prescelti precedentemente. Neutralizzate queste difese, gli incrociatori iniziarono la 2ª fase; lo smantellamento delle postazioni di mitragliere, delle ridotte, delle difese anticarro. Mentre essi erano ancora impegnati in questa fase di bombardamenlo, i mezzi da sbarco con a bordo le truppe si avvicinavano alla spiaggia. Intervennero allora i cacciatorpediniere e le cannoniere da sbarco che iniziarono la terza fase del piano di fuoco, innaffiando con granate ad alto esplosivo ogni metro quadrato della costa, dalla linea del mare fino alla linea di vegetazione. Dietro la cortina di fuoco i mezzi da sbarco si diressero alla spiaggia. Poco prima che i mezzi da sbarco si incagliassero sul litorale, il fuoco d'innaffiamento fu alzato oltre la linea di vegetazione. Nei giorni seguenti le navi si avvicinarono il più vicino possibile alle spiagge di invasione e muovendosi negli specchi d'acqua che i dragamine avevano spazzato nel frattempo, svolsero un tiro efficacissimo in perfetta intesa con le truppe operanti anche quando queste si inoltrarono dentro terra. I bombardamenti erano effettuati con punteria preparata, però le navi furono sempre pronte a battere il quadratino segnalato da parte delle truppe a terra, ed il successo delle fanterie dipese in molti casi dalla velocità e dalla accuratezza con cui le navi corrisposero alle richieste di intervento.
Le probabilità di combattimenti diurni col cannone sono molto diminuite, mentre l'impiego dei cannoni nei combattimenti notturni e nella difesa contraerea ha assunto particolare importanza. L'impiego delle artiglierie nella seconda Guerra mondiale è stato caratterizzato, come si è detto, dalla scoperta del radar, ma anche dalla unilateralità dell'impiego di questo strumento da parte della coalizione anglo-sassone che lo aveva perfezionato al massimo. È difficile fare previsioni per il futuro: occorre seguire il progresso tecnico il quale influisce grandemente sulle forme di combattimento e quindi sulle forme di impiego delle artiglierie.