Arto
Arto è il nome generico che indica le appendici (articolate e non) del corpo di moltissime specie di Vertebrati e Invertebrati, notevolmente differenziate per numero, forma e architettura, e destinate alla locomozione, alle sensazioni tattili, alla prensione. Nell'uomo sono presenti due paia di arti: quelli superiori e quelli inferiori, corrispondenti agli arti anteriori e posteriori degli altri Vertebrati. Gli arti superiori si articolano con il cingolo scapolare, formato da scapola e clavicola, quelli inferiori con il cingolo pelvico, costituito da ileo, pube e ischio e saldato con un tratto della colonna vertebrale. Ciascun arto è composto di tre segmenti (braccio, avambraccio e mano negli arti superiori; coscia, gamba e piede in quelli inferiori), formati da ossa articolate fra loro (omero, radio e ulna, carpo, metacarpo, falangi negli arti superiori; femore, tibia e perone, tarso, metatarso, falangi in quelli inferiori). L'arto superiore è innervato dai nervi radiale, ulnare e mediano e riceve sangue arterioso dall'arteria succlavia; l'arto inferiore è innervato dai nervi sciatico comune, tibiale e peroniero ed è vascolarizzato dall'arteria iliaca interna.
Nelle diverse specie gli arti si differenziano non solo a seconda dell'anatomia dell'animale, ma anche in base alle sue condizioni di vita, adattandosi di volta in volta all'ambiente acquatico, aereo o terrestre. Nonostante abbiano funzioni diverse, essi sono costruiti secondo uno stesso modello e sono omologhi, perché rappresentano una modificazione di un tipo fondamentale di struttura di base, ereditata da un antenato comune. Tutti gli organismi, anche quelli più semplici, privi di arti propriamente detti, presentano strutture atte ad assicurare loro il movimento: la capacità di muoversi in risposta agli stimoli esterni rappresenta, infatti, una caratteristica fondamentale degli esseri viventi. I batteri, per es., sebbene non dispongano di attivi meccanismi cinetici, possono muoversi grazie alla rotazione dei flagelli, che sono utilizzati anche da alcune alghe. I parameci e le amebe, che appartengono come le alghe ai Protisti, si muovono mediante ciglia e pseudopodi, specie di evaginazioni determinate dalla formazione di correnti citoplasmatiche. Le ciglia consentono la locomozione anche di alcuni animali primitivi, come le meduse a pettine e le noci di mare, mentre in altri animali, come per es. i vermi, cominciano a differenziarsi le cellule muscolari, cioè un particolare tipo di cellule contrattili, che sono in grado di assicurare il movimento, con una specializzazione più o meno avanzata.
Nel corso dell'evoluzione animale, elemento chiave nello sviluppo di nuovi sistemi di locomozione è stata la formazione di uno scheletro rigido, originata probabilmente dall'esigenza di difendersi dalla predazione. La necessità di assicurare il movimento all'animale rivestito da questa struttura rigida e privo di ciglia ha indotto lo sviluppo di appendici articolate, mosse da specifici muscoli. In questa maniera, Crostacei, Ragni e Insetti hanno sviluppato il primo esempio di arto. Gli arti hanno raggiunto la massima specializzazione in alcuni Vertebrati terrestri (Anfibi, Rettili, Uccelli e Mammiferi), chiamati Tetrapodi proprio perché hanno quattro appendici destinate alla locomozione e a sostenere il corpo sollevato da terra, e caratterizzate anche dallo sviluppo di una muscolatura intrinseca che permette il movimento dei vari segmenti. È stato il passaggio dalle acque alla terraferma che, nell'ambito di tutta una serie di modificazioni morfologiche e fisiologiche, ha determinato, in conseguenza della necessità di spostare il corpo sul terreno, il differenziamento di due paia di robuste appendici articolate, foggiate tutte su uno stesso piano strutturale (salvo alcune riduzioni successive, quali quelle che si riscontrano nei serpenti e in alcuni Anfibi). Gli arti dei Tetrapodi derivano dalle pinne pari, pettorali e pelviche, dei Pesci, in particolare dalle pinne di un gruppo di Pesci ossei (Osteitti) dal quale hanno avuto origine gli Anfibi: nella struttura di queste pinne, che apparivano costituite da un asse centrale piuttosto corto e formato da pochi elementi in fila sul quale si impiantavano i raggi di sostegno, è facilmente riconoscibile l'impianto dell'attuale arto degli animali terrestri, che tuttavia presenta una mobilità molto maggiore rispetto alle pinne, usate solo per piccoli movimenti. Gli Anfibi sono gli animali che segnano il passaggio della vita sulla terraferma: i loro cingoli, scapolare e pelvico, si fanno cospicui per sorreggere sugli arti il peso del corpo, non più sostenuto dalla spinta dell'acqua; particolarmente robusto diventa il cingolo pelvico, che deve sopportare la maggiore spinta nella deambulazione e che si ancora alla colonna in corrispondenza di una vertebra sacrale. Gli arti presentano già la tipica disposizione a tre segmenti.
Non si conoscono resti fossili di strutture intermedie tra una pinna e un arto: i fossili primitivi di Anfibi hanno già la struttura di veri e propri arti, per quanto ancora rozzi e imperfetti, tali da consentire una locomozione sul terreno lenta e poco efficiente (quelle che ora sono tipiche ossa lunghe, nei primi Anfibi fossili sono ancora molto tozze e le dita sono più numerose, probabilmente perché di recente derivazione dai numerosi raggi delle pinne). Tuttavia è verosimile pensare che tale trasformazione sia avvenuta durante la vita acquatica, come adattamento a una locomozione sul fondo; in effetti, alcuni pesci marini hanno tre raggi delle pinne pettorali modificati in qualcosa di simile a tre dita, molto esili ma capaci di precisi movimenti, che permettono la ricerca del cibo sul fondo. I Pesci antenati degli Anfibi, già in grado di respirare con i polmoni pur vivendo nell'acqua, potrebbero aver utilizzato questi abbozzi di arti per abbandonare i bacini, quando questi si essiccavano, e trovare maggiori estensioni di acque. Paradossalmente, quindi, l'origine degli arti, caratteristici degli animali terrestri, sarebbe legata a un adattamento volto a facilitare la vita acquatica.
È ormai accertato che i Rettili derivano dagli Anfibi; i reperti fossili permettono di distinguere un tipico rettile, con arti ben adattati alla locomozione terrestre, da un anfibio poco svincolato dall'acqua; nel primo caso il corpo tende ad alzarsi dal terreno, mentre nel secondo è ancora piuttosto appiattito. Già negli Anfibi avviene comunque il primo spostamento degli arti, che da una posizione parallela al corpo raggiungono una posizione trasversale, ad angolo retto con l'asse del corpo, con il primo dito in avanti e il segmento intermedio leggermento flesso: l'animale comincia così ad alzare il corpo rispetto al terreno e può procedere, anche se faticosamente, spostando in avanti e indietro le zampe e aiutandosi con piegamenti a destra e sinistra della colonna vertebrale. Successivamente, avviene la rotazione in avanti della mano e del piede, che assumono così nuovamente una posizione parallela all'asse del corpo, con il primo dito rivolto verso l'interno: l'ultimo segmento dell'arto poggia a questo punto interamente sul terreno. Un ulteriore progresso si è realizzato con la capacità di flessione del gomito e del ginocchio, rispettivamente in avanti e indietro. L'insieme di queste modifiche consente al rettile di mantenere nei momenti di riposo una posizione parallela degli arti rispetto all'asse del corpo, mentre durante la deambulazione essi si dispongono perpendicolarmente al corpo, consentendone un sollevamento da terra più o meno accentuato, a seconda che l'animale cammini o corra. Questa disposizione degli arti è stata raggiunta abbastanza presto in alcuni Rettili ed è diventata abituale nei Mammiferi.
Dai Rettili si sono staccati successivamente due rami evolutivi indipendenti, che hanno dato origine agli Uccelli e ai Mammiferi. L'arto anteriore degli Uccelli si è trasformato in ala, che mantiene l'omero, l'ulna e il radio, ma presenta sostanziali modifiche nell'ultimo tratto, nel quale le ossa metacarpali sono fuse e dove sono presenti solo tre dita rudimentali. Il differenziamento dell'ala comporta, quando l'animale non vola, la postura bipede, con un adeguato adattamento del cingolo pelvico e ancora una volta con modificazioni che interessano il piede, nel quale sono presenti generalmente quattro dita, tre dirette in avanti e una indietro. Bisogna osservare, a questo proposito, che le ali degli Uccelli e quelle degli Insetti, sono strutture analoghe e non omologhe perché non presentano somiglianze strutturali fondamentali che indichino un antenato comune: sono state infatti acquisite indipendentemente in conseguenza di adattamenti specifici a uno stesso ambiente, quello aereo.Nei Mammiferi troviamo arti più o meno specializzati, con differenze localizzate prevalentemente a livello dell'ultimo tratto, quello che poggia sul terreno. L'arto meno specializzato è quello plantigrado, caratteristico anche dell'uomo, che appoggia tutto l'ultimo tratto sul terreno e conserva cinque dita. Due tipi di specializzazione portano all'adattamento al salto e allo scavo: nei canguri, per es., l'arto posteriore si allunga per l'accrescimento del quarto dito, che è l'unico a dare la spinta nel salto; nelle talpe, tipici animali scavatori, invece, l'omero è accorciato e la mano acquista una forma a paletta, per smuovere la terra. Nelle grosse scimmie antropomorfe si ha una specializzazione particolare della mano, adattata alla vita arboricola: nell'orango, per es., il pollice è rudimentale e le prime falangi delle altre quattro dita sono incurvate, in modo che l'animale possa appendersi ai rami orizzontali con minore sforzo; questi animali più che camminare si arrampicano e gli arti restano liberi di muoversi in tutte le direzioni.
Se in alcuni Mammiferi le pressioni selettive hanno portato a sviluppare arti dotati di maggiore efficienza nello scavare o nel correre, in altri queste stesse forze hanno originato la trasformazione degli arti in ali atte al volo o in pinne per nuotare. Gli arti anteriori dei pipistrelli, Mammiferi volatori, sono infatti divenuti organi di volo, con un'ampia membrana alare estesa in particolare fra le dita, che sono molto allungate, mentre l'arto posteriore è notevolmente più corto e presenta dita libere e munite di artigli. Nei Mammiferi marini, come balene e delfini, omero, ulna e radio sono molto corti e le ossa carpali e metacarpali sono appena riconoscibili; le dita sono generalmente cinque, ma il secondo e il terzo possono allungarsi, aumentando così la flessibilità della pinna; gli arti posteriori sono atrofizzati e si notano solo i residui del cingolo pelvico.Nell'uomo sono riconoscibili le stesse ossa che si ritrovano negli altri Mammiferi. Tuttavia, la stazione eretta, rendendo liberi gli arti anteriori dalla necessità di partecipare alla deambulazione (v. braccio), ha consentito il progressivo affinamento delle loro funzioni e quindi il conseguente sviluppo di un'eccezionale manualità. Lo sviluppo della stazione eretta ha comportato molte modificazioni nella struttura scheletrica e muscolare degli arti, che si è riflessa in differenze anatomiche molto evidenti se si confronta lo scheletro dell'uomo con quello degli altri Mammiferi che si sorreggono su quattro arti. Gli arti posteriori diventano inferiori e hanno uno sviluppo maggiore, dovendo sorreggere tutto il peso del corpo; quelli anteriori diventano superiori e si trasformano in organi di presa, grazie all'evoluzione di un organo altamente differenziato quale è la mano. Permane tuttavia una corrispondenza fra arti superiori e inferiori, per numero, forma e disposizione delle ossa, a dimostrazione del fatto che essi sono omologhi e derivano da quelli di un antenato comune con deambulazione quadrupede.
Nei Mammiferi, gli arti si sviluppano come aggregati di particolari cellule embrionali, dette mesenchimatiche, sulle pareti laterali del corpo. Si formano dapprima noduli di cartilagine, che rappresentano i primi abbozzi dei cingoli e degli arti e poi si aggiungono altre cellule cartilaginee, che completano il primo abbozzo; ben presto inizia l'ossificazione per sostituzione di queste cellule con tessuto osseo.Nella specie umana, gli arti si originano molto precocemente: già alla 4a settimana, in embrioni di 5 mm, si possono osservare i primi abbozzi, sotto forma di gemme. Compare per prima la gemma dell'arto superiore, tra la regione cervicale e quella toracica, in seguito quella dell'arto inferiore, nella regione lombosacrale, all'altezza dell'impianto del cordone ombelicale. Le gemme, accrescendosi, assumono una forma a paletta, che diventa sempre più peduncolata, e verso la 5a settimana si formano i primi abbozzi cartilaginei dei vari segmenti dell'arto. In seguito, alla 6a-7a settimana, con l'allungamento dell'abbozzo, si possono distinguere prima due e poi i tre segmenti definitivi. Le parti terminali degli arti appaiono slargate a ventaglio per consentire lo sviluppo dello scheletro delle dita, che si separeranno in seguito alla formazione e all'approfondimento di quattro solchi. Le dita all'inizio dell'8a settimana sono corte e ancora palmate; alla fine della stessa settimana appaiono allungate quelle della mano e staccate quelle dei piedi.
A 12 settimane compaiono i centri primari di ossificazione in quasi tutte le ossa degli arti, mentre quelli secondari compaiono dopo la nascita. Nelle settimane successive, gli arti continuano il loro allungamento, quelli inferiori più lentamente di quelli superiori, che anche alla nascita appariranno più lunghi. Nel corso del successivo differenziamento, le sporgenze del gomito e del ginocchio, inizialmente dirette entrambe verso l'esterno, ruotano in direzione opposta, per assumere la posizione definitiva con gomito e ginocchio piegati rispettivamente in avanti e indietro. Questo cambiamento è giustificato da motivi funzionali: intorno allo scheletro osseo degli arti si dispongono le masse muscolari, che si possono dividere in due gruppi, a seconda che vengano impiegate per i movimenti di flessione, che avvicinano la parte terminale dell'arto al corpo, o di estensione, che la allontanano; ora, per le necessità funzionali dell'arto superiore, soprattutto per la prensione, è necessario che la massa muscolare flessoria sia disposta anteriormente, mentre nell'arto inferiore, destinato alla locomozione, la massa deve essere dislocata posteriormente.Raggiunta l'architettura definitiva, la struttura degli arti risponde nelle linee generali alle funzioni cui essi sono destinati. Tuttavia, anche nell'uomo si possono notare modificazioni che sono la risposta ad adattamenti a condizioni ambientali diverse. Così, nei climi freddi è vantaggioso avere arti relativamente corti rispetto al busto, in modo da sviluppare un maggior volume in rapporto alla superficie corporea e limitare la dispersione di calore; il contrario avviene nelle aree tropicali dove abbondano i longilinei, con i segmenti scheletrici degli arti relativamente lunghi rispetto al busto. A conferma di ciò si può confrontare il femore di eschimesi e lapponi, lungo in media 40 cm, e quello dei nilotici, lungo 47 cm, differenza che rappresenta un buon adattamento rispettivamente al clima freddo e al clima caldo-secco.
e. giavini, Embriologia comparata dei Vertebrati, Napoli, SES, 1989.
w.j. hamilton, j.d. boyd, h.w. mossman, Human embriology, Cambridge, Heffer and Sons, 1945 (trad. it. Padova, Piccin-Nuova libraria, 19774).
f. martini, Fondamenti di anatomia e fisiologia, Napoli, SES, 1994.
a.s. romer, t.s. parson, Anatomia comparata dei Vertebrati, Napoli, SES, 19872.
k. schmidt-nielsen, Animal physiology, London, Cambridge University Press, 1975 (trad. it. Padova, Piccin-Nuova libraria, 1988).
g. spedini, Antropologia evoluzionistica, Padova, Piccin-Nuova libraria, 1997.