COZZAGLIO, Arturo
Nacque a Tremosine (Brescia), il 19 marzo 1862 da Eugenio e da Giovanna Fasani. Come l'amico Gian Battista Cacciamali, il suo entusiasmo per le scienze naturali, e la geologia in particolare, venne stimolato dalla collaborazione alle ricerche di G. Ragazzoni. Nel corso del sec. XIX le scienze naturali vantavano a Brescia una tradizione di studi geologici che risalivano al periodo del soggiorno di G. B. Brocchi; questi aveva anche orientato gli interessi del padre di G. Ragazzoni verso la mineralogia e la geologia applicata allo sfruttamento delle risorse minerarie della Val Trompia.
Caratteristica precipua della scuola geologica bresciana, oltre a quella di essere costituita di naturalisti dilettanti ed autodidatti, era di unire una spiccata curiosità scientifica ad una attenzione per le applicazioni pratiche delle osservazioni geologiche. Dei due allievi del Ragazzoni, il Cacciamali ed il C., il primo fu certo il più noto in ambito scientifico nazionale ed internazionale, colui che sviluppò al massimo grado gli interessi teorici della scuola, mentre il secondo si fece continuatore degli orientamenti pratici dell'insegnamento del maestro.
Conclusi gli studi primari, il C. completò la formazione scientifica con la matematica, l'idraulica, il disegno tecnico. Iniziava nel contempo una collaborazione con l'impresa dell'ingegnere A. Trebeschi, svolgendo egli stesso ardite progettazioni ingegneristiche. La strada per Tremosine, da lui interamente progettata, resta testimone delle sue spiccate capacità tecniche ed imprenditoriali. Al pari del Ragazzoni, anche il C. si occupò del problema di valutare la possibilità di sfruttamento delle risorse minerarie della provincia bresciana; concluse una serie di studi al riguardo, osservando che solo un regime di stretto protezionismo economico avrebbe potuto rendere conveniente estrarre il ferro dalle miniere della Val Trompia (Sulle condizioni geologiche dei giacimenti di ferro della Val Trompia, Brescia 1920; Le miniere di ferro della Val Trompia, in Atti del I Congresso minerario nazionale, Torino 1921, pp. 97-115).
L'attenzione per le dimensioni pratiche dei rilevamenti geologici non impedì al C. di condurre ricerche originali sulla stratigrafia e la tectonica del territorio benacense. Sin dai primi studi sulla riviera bresciana del lago di Garda del 1891 e sulla Val Camonica del 1894, egli pose al centro delle proprie ricerche il problema dell'eteropia tra le due rive, la bresciana e la veronese, del lago. Secondo le sue prime conclusioni, la sostanziale differenza stratigrafica tra il territorio delle due rive poteva spiegarsi assumendo l'esistenza di una antica regione giurassica a strati uniformi, costretta a ripiegarsi di fronte ad un nucleo dolomitico, il monte Baldo, dominante la riva veronese. La questione, dunque, si presentava a suo avviso come "non più meccanica che geologica". Le prime memorie del C. erano caratterizzate da una descrizione accurata e minuziosa del territorio esaminato. L'interpretazione di fondo veniva introdotta con grande cautela: "ogni lago, ogni valle, ogni monte ha la sua origine... l'ipotesi che vuole spiegar tutto è ingenua o è superba", scriveva nel 1895 (Paesaggi di Val Camonica. Impressioni e studi, Brescia 1895, p. 196).
In una memoria del 1897, scritta per le celebrazioni del centenario di A. Stoppani, precisava le matrici epistemologiche della propria diffidenza nei confronti delle pretese generalizzanti delle teorie scientifiche. Egli ammetteva che in ogni attività scientifica entrassero in gioco, quasi inevitabilmente, "soggettività e nozione"; tuttavia, era anche convinto che fosse compito dello scienziato verificare il più attentamente possibile ogni aspetto dell'ipotesi esplicativa avanzata, e notare con grande cura le eccezioni, i fenomeni che mostravano aspetti difficilmente conciliabili col quadro teorico proposto.
La concentrazione delle ricerche su di un territorio ben delimitato, il cui studio era compatibile con le proprie esigenze professionali, e l'interesse teorico della stratigrafia e della tectonica benacense, gli permisero di intervenire nei dibattiti orogenetici dei primi decenni del sec. XX, proponendo il risultato delle proprie indagini come un esempio con cui mettere alla prova le teorie proposte da geologi (francesi e svizzeri), e riprese in Brescia dal suo amico Cacciamali, il primo sostenitore delle nuove teorie orogenetiche in Italia. Tra il 1884 e il 1906, alcuni geologi francesi e svizzeri, tra cui M. Bertrand, Hans Schardt, M. Lugéon e E. Argand, sottomisero a critica radicale la concezione orogenetica che faceva riferimento a spostamenti verticali, affondamenti e sollevamenti, come a classi di fenomeni in grado di spiegare la tormentata stratigrafia alpina. Le nuove teorie delle nappes de charriage (falde di carreggiamento) di Schardt, della tectonique de poussée (tectonica di spinta) del Lugéon, e le nappes de recouvrement (falde di ricoprimento) di Argand ponevano invece in risalto le intense compressioni e gli scivolamenti orizzontali, che provocavano dei coricamenti, dei ripiegamenti a tappeto nella stratigrafia di intere regioni (vedi G. Cacciamali La geologia bresciana alla luce dei nuovi concetti orogenici [estr.], Brescia 1911, pp. 10 s., 21, e Diz. biogr. d. Ital., sub v. Cacciamali). Il congresso geologico di Vienna del 1903 vide il trionfo delle nuove concezioni, nella formulazione proposta dal Lugéon. La comunità geologica internazionale avvertì immediatamente la portata delle nuove teorie. La letteratura e le ricerche orografiche vennero completamente modificate dalle teorie dei carreggiamenti. Come il C. ebbe a scrivere nel 1922 (Significato e limiti dei fenomeni di carreggiamento osservati nelle Prealpi bresciane, in Commentari dell'Ateneo di Brescia per l'anno 1922, pp. 68-160) "di fronte a queste idee che diventavano sempre più suggestive, tutto il nostro lavoro parve un momento invecchiare, e forse mai come allora sentimmo incombere sul nostro pensiero geologico, quasi con urgenza, il momento di rinnovarsi per non morire" (p. 70).
Fedele ai principi esposti nelle sue prime memorie, il C. si mise al lavoro sul territorio della provincia di Brescia, e sulle rive del lago di Garda in particolare, per verificare la portata esplicativa delle nuove teorie. Le conclusioni cui giunse costituivano una sorta di compromesso tra le vecchie teorie di sollevamento -sostenute anche dal suo vecchio maestro, il Ragazzoni - e la teoria delle falde di carreggiamento. Nelle Note preliminari sul sistema glaciale del lago di Garda (ibid., 1914, pp. 140-155), il C. sottolineava con forza che la peculiare stratigrafia benacense non permetteva facili generalizzazioni, e concludeva che "un vario complesso di fenomeni prese parte a questa grandiosa e svariata distribuzione di elementi". Non negava i grandiosi e inaspettati fenomeni messi in luce dalla teoria delle falde di carreggiamento, ma sosteneva che la nuova teoria da sola non riusciva a rendere conto di tutti i dettagli stratigrafici del territorio benacense. La passione teorica del Cacciamali, il quale, secondo il C., "spinto da una vera ed intensa visione interiore, prendeva lo spunto da fatti insufficienti, integrava e concludeva" (Significato e limiti, p. 71), correva il rischio di sostituire una "visione" ad un'altra, senza produrre un approfondimento nella conoscenza del territorio benacense.
La polemica tra il C. e il Cacciamali fu uno dei momenti di maggiore vitalità scientifica all'interno dell'ateneo di Bresci, sui cui Commentari entrambi i geologi pubblicarono le proprie Memorie, con toni di certa asprezza. Il Cacciamali riconobbe alte la fondatezza delle osservazioni e il C. a supporto della propria cautela teorica ma rinfacciò all'amico di non fornire alcuna organica spiegazione alternativa. In due memorie pubblicate nel 1932 e 1934 il C. propose la propria interpretazione dell'eteropia benacense. In quella Del sollevamento empirico tra l'Adda e l'Adige, in Commentari... 1933, pp. 69-106, ammise la validità delle nuove teorie per quel che concerneva l'orogenesi delle Alpi. Tuttavia si diceva anche convinto che alle spinte orizzontali seguirono delle spinte magmatiche verticali, che sollevarono intere regioni. Dunque, una spiegazione soddisfacente della stratigrafia e della tectonica delle Alpi e delle rive del Benaco doveva tener conto di due ordini di fenomeni, verificatisi in tempi successivi, e responsabili della notevole complessità della stratigrafia benacense.
Nel necrologio che il C. scrisse del Cacciamali ribadiva le ragioni del proprio dissenso dalle teorie dell'amico, ma riconosceva il valore delle sue ricerche e scoperte.
Il C. fu anche autore di memorie e monografie sulle escavazioni idroglaciali; in quella del 1914 (Note preliminari ... ) criticò la teoria secondo cui la massa del ghiacciaio era responsabile dell'erosione delle valli, e sostenne invece la teoria dell'ultraprofondamento delle valli glaciali, provocato dal violento scorrere delle acque compresse tra il ghiaccio e il terreno; la memoria è di notevole interesse anche per l'uso di metafore e analogie tratte dalle teorie idrodinamiche applicate alle tecniche ingegneristiche.
Il C., profondamente attaccato alla propria terra, da cui, anche per ragioni professionali, si mosse raramente, si occupò pure dei ritrovamenti preistorici della regione benacense, e portò alla luce una importante stazione preistorica nel suo villaggio natale, Tremosine.
Morì il 16 maggio 1950 a Tremosine.
Del C. ricordiamo: Osservazioni geologiche sulla riviera bresciana del lago di Garda, in Boll. della Soc. geol. ital., X (1891), pp. 249-308; Conoidi e bradisismi in Val Camonica, in Riv. mensile del Club alpino ital., XII (1893), pp. 361-64, 394 s.; Note esplicative sopra alcuni rilievi geologici in Val Camonica, in Giornale di mineral., V (1894), pp. 23-43; Paesaggi di Val Camonica. Impressioni e studi, Brescia 1895; Antonio Stoppani e la sua missione in Italia, ibid. 1897; La Madonna del Monte Castello in Tignale sul lago di Garda, ibid. 1897; L'aspetto geologico della Riviera benacense da Salò a Limone, in Comm. d. Ateneo di Brescia per l'a. 1915 (1916), pp. 87-222; Sulla origine neogenica della Valle Trompia e della Valle Camonica, ibid., pp. 143-167; Di alcuni avanzi della vecchia pieve di Tremosine, in Brixia sacra, XII (1921), pp. 161-164; Cosa sono i laghi italiani?, in Il Lago degli italiani, VI (1928), pp. 5-8; Problema geologico-tecnico della presa d'acqua potabile per la città di Brescia, in Commentari... per l'anno 1934, pp. 55-102; G. B. Cacciamali, ibid.., pp. 429-440; Scoperta di nuove stazioni preistoriche nel Bresciano. Stazione di Tremosine (lago di Garda), ibid., pp. 97-107.
Fonti e Bibl.: Necrol. in Commentari… per l'anno 1950, pp. 200-203; I. Zaina, Nel centen. della nascita del geologo A. C., ibid. (1963), pp. 157-166; Scienziati bresciani, in Storia di Brescia, III, Brescia 1961, pp. 1016-1020; M. Cappelletti Alippi, Cacciamali G. B., in Diz. biograf. degli Ital., XV, Roma 1972, pp. 798-801.