DANIELE, Arturo
Figlio di Luigi e di Maria Angiola Ciomei, nacque a Lucca l'8 agosto 1878. Dopo gli studi classici, si laureò in farmacia presso l'università di Pisa nel 1900. L'attività professionale - dapprima alla farmacia del manicomio, dove egli conobbe L. Viani e P. Nomellini - si avviò, solamente per poco tempo, in teso contrasto con la vocazione alla pittura e gli ideali di una vita impegnata fino all'ultimo nell'approfondimento interiore, come nella speculazione estetica ed in quella economico-politica. Visse per la massima parte nell'isolamento del proprio studio a Lucca, se si eccettuano un breve soggiorno nel 1906-07 a Firenze e alcuni contatti a Milano; qui, ormai in tarda età, cedendo alle insistenze di amici, espose nel 1940 alla galleria Salvetti (cfr. G. Arioli, in Arte cristiana, XXVIII[1940], pp. 102-105) e nel 1942 alla galleria Ranzini (catal. con presentaz. di B. Butori): sono le sue uniche personali.
Il D. morì a Lucca il 15 agosto 1944.
I suoi primi quadri, Il bacio, Bohème (conservati in una collezione privata a Lucca), denunciano un inizio nell'ambito tradizionale del verismo romantico o di un sobrio naturalismo; in Bimba con il cappello, inoltre, si sottolineano con pennellate vivaci gli effetti della luce all'aperto. In Bohème, datato 1905, è da notare la firma A. Speziale, usata molto raramente e non riscontrabile in altri dipinti conosciuti. Nello stesso periodo la grande tela del Venerdì santo (cm 176 × 350; Lucca, collez. priv.) assume rilevante importanza per le premesse di una tematica nuova, anticonformista e di contenuto simbolico-religioso, che avrà ulteriori svolgimenti quando l'evoluzione verso le incerte forme del divisionismo gli consentirà un'espressione più ampia e ricca di significati allusivi: con quest'opera, comunque, il D. prende le distanze dalla pittura locale di derivazione accademica, non agitata da grandi problemi.
Il passaggio a una seconda fase si ha negli anni intorno alla prima guerra mondiale, cui il D. partecipò come volontario nel corpo della sanità; nei suoi scritti (non pubblicati e conservati tutti presso la figlia Giulia Daniele, a Firenze) c'è traccia dell'orrore dei morti, dei feriti, mentre affiora un'ansia di giustizia che troverà sfogo in convinzioni sociali utopistiche o in teorie economiche egualmente astratte, come l'hallesismo del genovese Agostino Maria Trucco. Molti bozzetti documentano uno studio insistente nella scia del postimpressionismo; dipinge a puntini, a tratti, e, più spesso, stendendo direttamente il colore con la spatola per ottenere determinati effetti e riflessi.
Con il 1919, a guerra finita, il tondo Fari sull'acqua (propr. del comune di Lucca) fa il punto di una situazione abbastanza aggiornata in senso modernista, capace di sfruttare opportunamente le tendenze divisioniste e di avvicinarsi, per l'insolito spettacolo dei riflettori, alle istanze dei futuristi di pochi anni prima; se non che il particolare mondo del pittore, le preoccupazioni filosofico-umanitarie, un'intensa e forse non ortodossa attesa religiosa contribuiscono a mantenerlo entro una visione di tipo idealistico-simbolico. Basti ricordare alcuni titoli di opere: La vostra tomba è un'ara, Sepolcro di guerra, Natività, I magi, tutte del 1919-21.
Nel 1924, coerentemente ai suoi principi e in seguito a polemiche apparse sulla stampa locale per il suo stile definito "pittura in pillole", il D. rifiutò di partecipare ad una collettiva di artisti lucchesi, organizzata dall'Istituto di belle arti. Selezionava intanto la propria tavolozza, riducendola alle tonalità degli azzurro-violetto-bleu e dei rosa-arancio-rosso, contrasto di luce e ombra da intendersi anche in senso morale.
Realizzò allora alcuni grandi quadri: Il viatico del povero (cm 141 × 254; Lucca, coll. privata), preceduto da interessanti studi di particolare, ed il Gesù sulle acque, inviato, ma non esposto, alla XIII Biennale di Venezia. Successivamente, nel ciclo dedicato all'Isola dei morti, la luce dilaga in gamme più rosa e diafane con chiara allusione ad una condizione di esistenza non più fisica.
Una terza fase si scorge dalla fine degli anni '20 in poi, caratterizzata da una ricerca più ariosa e intensa del colore. Abbandonate definitivamente le penombre bluastre, la luce trionfa esaltata in accensioni quasi mosaicistiche nei dipinti ispirati alle Storie di s. Francesco, nei Paesaggi e, con una nuova delicatezza di rapporti, nelle nature morte. Il comune di Milano acquistò per la propria Galleria d'arte moderna Il bacio di Giuda. L'ultimo quadro, Caino e Abele (coll.G. Daniele, Firenze), lasciato non finito, è ancora una violenta esplosione di colori nella natura.
La pittura di D., nonostante l'ansiosa ricerca tecnica e il desiderio di novità, rimane dunque legata agli svolgimenti del tardo Ottocento italiano, da F.P. Michetti a G. Previati, in cui egli cala una visione personale e mistica, che dovrebbe tradursi in una luminosità della materia al di là delle conquiste dell'impressionismo. Ed è ancora, secondo il taglio della sua personalità, una visione un po' nebulosa e spiritualista: accanito lettore della Bibbia, tutto infatti prende in lui il tono della parabola e dell'aforisma evangelico.
Gli sono state dedicate alcune mostre retrospettive a Lucca: nel 1945 (con 120 opere), nel 1954 e nel 1968.
Fonti e Bibl.: Mostra postuma delle opere di A. D. (catal.), Lucca 1945 (recens. di M. Nardi, in IlTirreno, 5 luglio 1945; di G. Ardinghi, in La Gazzetta del Serchio, 9-10 luglio 1945); G. Juon, Ricordo di A.D., in Il NuovoCorriere, 28 febbr. 1954 (recens. della mostra, 1954); E. Borelli, A.D. (catalogo della mostra, con bibliografia), Lucca 1968 (recens. di M. Rocchi, in La Nazione, 25 maggio 1968; di G. Arrighi, in La Provincia di Lucca, VIII [1968], 2, pp. 83-88); Id., Arte a Lucca 1900-1945 (catal.), Lucca 1978, ad Indicem.