ASBURGO
Dinastia di probabile origine alsaziana, che da feudale divenne poi regia e imperiale; la rapida ascesa sia politica sia culturale degli A. iniziò nel corso del sec. 13° per arrivare poi in successivi momenti storici a un ruolo di vastissima portata. Nel corso del Medioevo essi ampliarono con tenacia il loro ambito territoriale, all'inizio modesto, presentandosi come generosi promotori delle arti, sia pure con indubbi fini politici.I possedimenti che questa famiglia di conti aveva nell'Alsazia meridionale e nella Svizzera settentrionale erano senz'altro considerevoli, ma non sarebbero bastati a fornire una base per una organica politica dinastica. Tanto più importante fu perciò il fatto che nel 1282 il re Rodolfo abbia potuto investire i suoi figli dei titoli ducali d'Austria e di Stiria, ritornati, dopo la morte del suo avversario Prêmysl Ottocaro II di Boemia, all'impero. Il fulcro del potere asburgico si spostò così nell'area sudorientale dell'impero, dove nel corso del sec. 14° si ebbero altre acquisizioni (Carinzia e Carniola nel 1335, Tirolo nel 1364, Trieste nel 1382). Nel sec. 15° cominciò infine a dare i suoi frutti anche l'abile politica matrimoniale degli A.: Alberto V e il figlio Ladislao ressero rispettivamente - anche se per poco tempo - le corone di Boemia e di Ungheria e Massimiliano I ottenne, tramite la moglie Maria di Borgogna, se non proprio l'intera eredità di Carlo il Temerario (m. nel 1477), almeno la sua ricca parte nei Paesi Bassi.Era nelle abitudini dei principi medievali attestare e confermare le proprie pretese di dominio con fondazioni religiose. Gli A. non fecero eccezione: Rodolfo fondò nel 1280, in segno di gratitudine per la sua vittoria su Prêmysl Ottocaro II di Boemia, un convento femminile a Tulln (Austria Inferiore), noto però solo da antiche riproduzioni (Wagner-Rieger, 1979, p. 105); il figlio Alberto I promosse la costruzione del coro 'a sala' dell'abbazia di Heiligenkreuz, consacrata nel 1295, e nel 1304 iniziò la costruzione del nuovo coro di St. Stephan a Vienna. Dopo l'assassinio di Alberto da parte di un nipote, la vedova Elisabetta fondò nel 1311 nell'Argovia svizzera il monastero di Königsfelden, a ricordo dello sposo e della sua tragica fine. Ancor più impegnata nell'attività edilizia fu la generazione successiva: Federico il Bello, l'avversario di Ludovico il Bavaro, fondò nel 1314 la certosa di Mauerbach e nel 1327 il monastero agostiniano di Vienna; sua moglie, Isabella d'Aragona, fece erigere la cappella di St. Ludwig presso i Minoriti di Vienna e il fratello più giovane, Ottone, fondò nel 1327 l'abbazia cistercense di Neuberg. Il più attivo committente fu però il fratello Alberto II, che visse più a lungo degli altri (fino al 1358): durante il suo regno si ebbero il completamento del coro di St. Stephan (1340) e della chiesa degli Agostiniani a Vienna, nonché la costruzione della navata della chiesa dei Minoriti nella stessa città e la posa della prima pietra del grande coro 'a sala' dell'abbazia cistercense di Zwettl (1343); Alberto II fondò inoltre nel 1330 la certosa di Gaming. La committenza dei duchi per gli edifici menzionati non è sempre definibile in modo preciso, ma colpisce il fatto che nella maggior parte dei casi sia stato realizzato un tipo particolare di ambiente: una sala a tre navate che sembra anticipare gusti tardogotici. Al tempo stesso si osserva in queste chiese una ripresa di tipologie precedenti, come nel caso di alcune soluzioni planimetriche relativamente antiquate (Wagner-Rieger, 1979, p. 122). Si è perciò supposto che gli A. abbiano voluto con piena consapevolezza presentarsi nei territori recentemente acquisiti come i garanti di tradizioni locali, con un atteggiamento parzialmente storicistico, inteso a superare più rapidamente le iniziali opposizioni degli Austriaci alla dinastia straniera.Questa ripresa di elementi stilistici precedenti come pure la conservazione di antiche opere d'arte, erano legate a ragioni chiaramente politiche e ideologiche e si manifestarono con estrema chiarezza nei figli di Alberto II; quando infatti sotto Rodolfo IV (1358-1365) si iniziò la costruzione della navata gotica di St. Stephan, venne conservata la facciata occidentale romanica dell'edificio precedente, compresa la tribuna dei Babenberg, e si integrò questa parte nella nuova facciata come simbolo di una continuità storica. Si tramanda che Alberto III (1365-1395) abbia fatto decorare il proprio casino di caccia a Laxenburg, presso Vienna, con statue di marmo portate dal castello in rovina dei Babenberg sul Leopoldsberg, opere dunque che già allora potevano essere antiche di duecento anni (Lhotsky, 1945, p. 29). A ciò fu spinto non tanto da ragioni di economia, quanto dal fatto che queste figure gli dovettero apparire particolarmente significative sia per la loro antichità sia per il loro valore di collegamento con la dinastia precedente. Su incarico di Alberto III fu altresì redatto a Praga nel 1368 l'evangeliario dei duchi austriaci chiamato, dal nome del copista e miniatore, Evangeliario di Johann di Troppau (Vienna, Öst. Nat. Bibl., 1182), la cui decorazione si ispirò consapevolmente a esemplari tardoantichi e altomedievali. Si può supporre che Alberto volesse una sorta di pendant al carolingio Evangeliario dell'Incoronazione, usato dai re e dagli imperatori tedeschi (Schmidt, 1967).Come dimostrano gli esempi menzionati, il mecenatismo degli A. nel tardo sec. 13° e nel 14° non si limitò solo a promuovere la costruzione di monasteri e chiese, ma si estese anche alla commissione di sculture e pitture, per lo più immagini dei fondatori o di monumenti funerari con figure, generi dunque che, almeno marginalmente, potevano servire anche per la propaganda dinastica. Nelle quattro statue a grandezza naturale un tempo collocate presso i pilastri dell'altare maggiore della chiesa conventuale di Tulln erano raffigurati non solo i veri e propri fondatori della chiesa, il re Rodolfo e la moglie, ma anche il nuovo sovrano, il duca Alberto I, con la moglie Elisabetta. Degne di nota sono anche la bella lastra sepolcrale di Rodolfo I a Spira e quella della sua prima moglie, Anna, a Basilea (Schramm, Fillitz, 1978, nrr. 1-2); sembra che il ritratto funerario di Rodolfo, eseguito nel 1290, riproduca - stando almeno a quanto riferisce un cronista del sec. 14° - ogni piega del volto del vecchio sovrano; esso costituisce dunque la prima testimonianza, proveniente dai paesi d'Oltralpe, di un ritratto non più idealizzato, ma già tendente a una somiglianza fisica (Die Zeit der frühen Habsburger, 1979, nr. 195).Successivamente fu il duca Rodolfo IV a essere particolarmente attivo nella committenza di opere di scultura. Sulla facciata occidentale e nei portali laterali della navata di St. Stephan egli fece raffigurare non meno di tre volte, come fondatori, se stesso e la moglie Caterina di Boemia; alla medesima epoca risalgono l'imponente tomba della coppia ducale, all'interno della cattedrale, e altre quattro statue di personaggi identificabili con i genitori di Rodolfo e di Caterina. Al visitatore della chiesa viene dunque insistentemente ricordato il ruolo svolto dalla dinastia in questa costruzione. Le opere menzionate e le altre sculture di questa prima fase edilizia vennero eseguite da un gruppo di scultori costituitosi intorno al 1360, nel quale lavoravano, accanto a maestri locali, anche altri artigiani che Rodolfo, a quanto sembra, avrebbe chiamato dai cantieri della famiglia degli architetti Parler della Francia settentrionale e della Germania meridionale (Kosegarten, 1966; Schmidt, 1977-1978). Artisti pertinenti a questa 'bottega' potrebbero aver anche disegnato i due splendidi sigilli rotondi di Rodolfo, che vanno considerati tra le opere migliori della sfragistica gotica (Kletler, 1927, tavv. I, II; Schmidt, 1977-1978, pp. 185-188).La prima grande testimonianza di una produzione pittorica di ispirazione asburgica si ebbe nel corso del secondo quarto del sec. 14°, sempre nel territorio svizzero della dinastia: le undici vetrate del coro della chiesa conventuale di Königsfelden, donate da diversi membri del casato, rientrano ancora oggi fra i cicli più interessanti e meglio conservati della pittura su vetro tedesco-meridionale dell'epoca (Maurer, 1954; Schmidt, 1986a). Solo a partire dagli anni quaranta del sec. 14° si hanno notizie di pitture eseguite in Austria su incarico degli Asburgo. I primi impulsi si ebbero probabilmente ancora una volta per iniziativa di Alberto II, che offrì in dono due paliotti ricamati con programmi iconografici cristologici per Königsfelden e la certosa di Gaming, dei quali l'uno si è conservato in originale e l'altro è noto attraverso un'antica incisione in rame (Maurer, 1954, pp. 279-295; Fritzsche, 1983, pp. 127-138), e inoltre le vetrate di quest'ultima chiesa. I vetri vennero prodotti da una importante officina attiva all'epoca anche per la cattedrale di St. Stephan e per la chiesa di Maria am Gestade di Vienna, nonché per il santuario di Strassengel in Stiria (Frodl-Kraft, 1962; Bacher, 1979); è inoltre probabile che le vetrate di Gaming non siano state le uniche prodotte da questa officina per incarico del duca. La pittura su vetro raggiunse in Austria il suo culmine ca. quaranta anni dopo, sotto Alberto III e i suoi successori. Tra il 1390 e il 1420 fu eseguito un gran numero di cicli di vetrate strettamente collegati dal punto di vista stilistico: per la cappella ducale di St. Stephan, per il coro di Maria am Gestade di Vienna, per le cappelle dei castelli di Wiener Neustadt e di Ebreichsdorf, per la chiesa di S. Erhard nella Breitenau (Stiria), per il coro della chiesa conventuale di Viktring (Carinzia), per la cappella del vescovo di Frisinga a Klosterneuburg (Frodl-Kraft, 1962; 1972). Tutte queste committenze sono da riferire o a membri della casa ducale o a personaggi a essa vicini, tanto che si è parlato a buon motivo di una 'bottega ducale' che aveva evidentemente la sua sede principale a Vienna.Molto più scarse sono in Austria le testimonianze della pittura su tavola del sec. 14°, ma due delle più importanti sono anch'esse in rapporto con gli A.: il ritratto di Rodolfo IV (Vienna, Dom-und Diözesanmus.) e la pala d'altare di Castel Tirolo (Innsbruck, Tiroler Landesmus. Ferdinandeum). Il ritratto a mezzo busto di Rodolfo potrebbe essere stato eseguito al più tardi intorno al 1365 e rappresenterebbe quindi uno dei più antichi ritratti 'autonomi' dell'arte occidentale; la pala fu donata da Alberto III e dal fratello Leopoldo III intorno al 1370-1372 (Oberhammer, 1948). Le due opere mostrano di aver subìto l'influsso della coeva pittura praghese e furono forse realizzate addirittura da artisti boemi; tanto Rodolfo IV quanto Alberto III erano infatti sposati con le figlie dell'imperatore Carlo IV di Lussemburgo, che risiedeva a Praga, e il già menzionato Evangeliario di Johann di Troppau dimostra quanto i duchi austriaci sapessero apprezzare la pittura allora fiorente alla corte praghese.Agli ultimi anni del regno di Alberto III sono riferibili anche gli inizi di una locale scuola viennese di miniatura, di cui è possibile seguire la produzione senza soluzione di continuità fin verso il 1480. I suoi esponenti, anche se non esclusivamente attivi per gli A., furono però così frequentemente al loro servizio che anche in questo caso si è ritenuto di poter parlare di una 'bottega di corte' (Gotik in Österreich, 1967, p. 149ss.). La testimonianza più antica conservatasi è una traduzione tedesca del Rationale divinorum officiorum destinata ad Alberto III (Vienna, Öst. Nat. Bibl., 2765); il corredo illustrativo di questo manoscritto fu realizzato in momenti diversi a partire dal 1385-1390 e fu completato solo verso il 1405. Le mani di alcuni miniatori che vi lavorarono sono riconoscibili anche in altri codici; uno di questi maestri, Nikolaus, fu attivo a Vienna fin verso il 1430. Anche lo stile di queste miniature rivela un influsso boemo, evidente soprattutto negli elementi decorativi, mentre le figure dipendono piuttosto da modelli francesi. La circostanza non è casuale, dato che a Vienna anche nella scultura e nella pittura su tavola di stile gotico internazionale appaiono rielaborate con eccezionale abbondanza suggestioni provenienti dall'Europa occidentale.Una discordia tra Alberto III e il fratello Leopoldo III aveva portato, già nel 1379, a una divisione dei territori asburgici: gli 'Albertini' conservarono l'Austria Superiore e Inferiore con Vienna, mentre i 'Leopoldini' ottennero i territori rimanenti (Stiria, Carinzia, Carniola, Tirolo e i territori lungo il Reno superiore). Solo dopo l'estinzione della linea albertina (1457) e dopo i conflitti armati tra i diversi membri del ramo leopoldino fu possibile alla fine del sec. 15° riunificare sotto Massimiliano I i territori asburgici. Queste circostanze politiche ebbero anche un'incidenza storico-artistica perché, a partire dal tardo sec. 14°, assunsero rilievo altre città sedi di corti ducali, come per es. Innsbruck in Tirolo o Graz in Stiria; qui si dispiegò una vivace attività edilizia che riguardò soprattutto i castelli e i palazzi dei rispettivi sovrani asburgici. Anche le altre arti ebbero però ampio sviluppo: quasi tutti questi duchi possedevano anche preziosi codici miniati e pitture su tavola, come altari domestici e ritratti; in Tirolo fiorì inoltre, sotto il dominio del duca Sigismondo (1446-1490), l'arte del conio e della lavorazione di armature.I massimi centri del mecenatismo asburgico continuarono a essere, anche nel sec. 15°, Vienna e Wiener Neustadt, che fungeva talora da residenza dei sovrani. Di Alberto V, che a partire dal 1411 resse come duca l'Austria e dal 1437-1438 ebbe anche la corona reale tedesca, boema e ungherese (morì però nel 1439), si conserva un libro di preghiere riccamente illustrato (Vienna, Öst. Nat. Bibl., 2722); l'illustratore di questo manoscritto, detto il Miniatore di Alberto, fino al 1450 ca. fu a capo della 'bottega' viennese. È invece oggi dimostrato che il c.d. Albrechtsaltar - il capolavoro della pittura viennese dei tardi anni trenta - fu donato non dal re ma da un ricco borghese (Der Albrechtsaltar, 1981, pp. 9, 16ss.). Intorno al 1425 Alberto fece risistemare la vecchia cappella nel castello di Vienna; le chiavi di volta realizzate all'epoca e adorne di figure sono opere relativamente tarde di un Gotico internazionale di alta qualità.Di tutti gli A. del sec. 15° fu però senza dubbio Federico V (il futuro imperatore Federico III) a lasciare la più ricca eredità artistica. Nato nel 1415, egli assunse appena ventenne il potere in Stiria, Carinzia e Carniola; dopo la morte precoce del cugino, il re Alberto, fu eletto nel 1440 re di Germania e nel 1452 venne incoronato imperatore. Nell'insieme governò l'impero con fortuna alterna per più di mezzo secolo. Una particolare caratteristica del suo mecenatismo, è rilevabile nel fatto che egli fece apporre agli edifici eretti o restaurati per sua volontà - e a tutte le altre opere d'arte che aveva o donato o acquistato per sé - il motto sibillino aeiou (Lhotsky, 1971, pp. 164-222). Questo vale tanto per le sue grandi donazioni di pale d'altare del 1447 e del 1449 (Friedrich III. Kaiserresidenz Wiener Neustadt, 1966, nrr. 234, 235) quanto per i monili, gli arredi liturgici e i libri di ogni specie (Schramm, Fillitz, 1978, nr. 88ss.).Federico rivela come committente di edifici, tratti molto originali (Feuchtmüller, 1966; Wagner-Rieger, 1972). Come gli A. della prima metà del sec. 14°, unisce tendenze del tutto moderne ad altre già tipiche in precedenza; in ogni caso appare ben prudentemente consapevole della dignità di alcune tipologie architettoniche ricche di tradizione. Le sue principali opere in campo architettonico sono la costruzione del duomo di Graz nel 1438-1464, il compimento della navata di St. Stephan a Vienna e l'ampliamento del castello di Wiener Neustadt. Accanto alla facciata occidentale di quest'ultimo, Federico fece costruire nel 1449-1460 una grande cappella, la cui fronte, sul lato del cortile, costituisce la c.d. Wappenwand, 'parete degli stemmi', decorata con sculture (Schramm, Fillitz, 1978, nr. 104). Nella parte inferiore essa racchiude una statua di Federico che ha però subìto nella seconda guerra mondiale gravi danni; il suo autore, di indubbio rilievo, opera sotto il diretto influsso del grande scultore svevo Hans Multscher. La statua della Madonna che corona la Wappenwand potrebbe invece essere opera di un maestro brabantino (Schmidt, 1986b).È di autore olandese anche il secondo grande progetto scultoreo commissionato da Federico: la propria tomba in St. Stephan a Vienna (Wimmer, Klebel, 1924; Hertlein, 1977). Nel 1467 l'imperatore incaricò del lavoro Nikolaus Gerhaert di Leida, che vi attese fino al 1473, anno della sua morte, ultimando di propria mano almeno la lastra di copertura con l'immagine giacente dell'imperatore. Affine stilisticamente, anche se meno significativa, è la lastra tombale della moglie di Federico, Eleonora del Portogallo (m. nel 1467) nel Neukloster di Wiener Neustadt (Schramm, Fillitz, 1978, nr. 113). In fatto di architettura e di scultura, l'imperatore seppe dunque scegliere, per progetti di rappresentanza, i principali artisti del suo tempo.Molto più conservatore e al tempo stesso più modesto sembra il suo gusto in campo pittorico (Gotik in Österreich, 1967, pp. 157ss., 172ss.). Nei tardi anni quaranta il già menzionato Miniatore di Alberto lavorò con i suoi aiutanti a due splendidi manoscritti di inusitata grandezza destinati a Federico: un libro d'ore in tedesco e una Legenda aurea in latino (Vienna, Öst. Nat. Bibl., 1767 e 326); l'elemento più progressista di questa bottega fu il miniatore di Ratisbona Martino opifex, che l'imperatore seppe però trattenere a Vienna solo per poco tempo. Dai primi anni sessanta fino a dopo il 1470 sembra che abbia ricoperto la funzione di miniaturista di corte il c.d. Maestro dei libri di scuola, che deve il suo appellativo alla circostanza di avere decorato - oltre ad altri codici - anche tre libri di scuola per il giovane Massimiliano (Vienna, Öst. Nat. Bibl., 2289, 2368, Ser. nov. 2617). Anche questo maestro proviene evidentemente dalla tradizione della 'bottega' di Vienna e si ispira alla pittura viennese su tavola degli anni quaranta-cinquanta; al contrario i suoi successori al servizio di Federico furono due artisti stranieri: il salisburghese Ulrich Schreier e il Maestro del breviario di Federico III, di origini morave, così chiamato per un manoscritto oggi conservato a Monaco (Bayer. Staatsbibl., Germ. 68). Ambedue presentano uno stile relativamente antiquato; si servono infatti per lo più del repertorio di forme del Gotico internazionale, quando non copiano le figure più moderne delle incisioni del Maestro E.S. o di Martin Schongauer.Nelle sue committenze artistiche Federico III rimase fedele fino all'ultimo al gusto gotico, mentre il suo grande avversario, Mattia Corvino, in Ungheria, fu più incline ad accogliere le nuove tendenze rinascimentali chiamando al suo servizio artisti italiani. Con la morte di questo imperatore la partecipazione degli A. alla storia dell'arte medievale ha termine. Massimiliano (1493-1519), suo figlio e successore si avvicinò piuttosto, per le sue qualità di politico e mecenate, al tipo del 'principe rinascimentale'.
Bibl.:
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