BOLIANO, Ascanio
Apostata e avventuriero, nacque a Palermo in un anno incerto, molto verosimilmente intorno al 1570.
Frate cappuccino col nome di fra' Fulgenzio, sembra acquistasse qualche fama quale predicatore in varie corti, ma nel 1608, trovandosi a Bruxelles, gettò l'abito e fuggì in Inghilterra, arrogandosi il nome di Ascanio Spinola e simulando una fervida conversione religiosa. Lettere giunte a Simeon Ruytnick, che fu per vent'anni (1601-1621) zelante ministro della Chiesa fiamminga di Londra, lo denunciarono quale furfante e simulatore, il suo vero nome venne scoperto e il Consiglio reale lo fece incarcerare; ma lo stesso Giacomo I, il re teologo, lo volle esaminare e il 19 genn. 1609 assegnò al suo fidatissimo Robert Cecil conte di Salisbury (1563-1612) l'incarico di trovare una sistemazione all'esule. Con l'appoggio dell'arcivescovo di Canterbury Bancroft e del vescovo di Londra Ravis egli venne pertanto autorizzato a far rivivere nella cappella di Mercer's Hall la Chiesa riformata degli esuli italiani, che s'era sciolta da oltre un decennio per l'impossibilità di trovare un pastore idoneo a succedere al defunto G. B. Aureli.
Abile nel procacciarsi simpatie e denari, il B. predicò a quella esigua comunità, prese in moglie un'inglese, che gli diede due figli, e godette ben presto di casa fornita e di notevoli prebende. Riprese anche spudoratamente il nome degli Spinola, col quale lo vediamo firmare nel 1613 l'Album di Giacomo Castelvetro (British Museum, ms. Harleian 3344, c. 24). Geloso d'ogni possibile concorrente, si mostrò ostile al filosofo Giulio Cesare Vanini e al suo compagno di fuga Giovan Battista Genocchi, quando i due ex carmelitani, nel giugno 1612, giunsero a Londra, e solo a malincuore assistette alla loro abiura e alle loro prediche dal pulpito della sua chiesa. Quando poi quei transfughi, ai primi del 1614, lasciarono trapelare i loro propositi di tornare al cattolicesimo e vennero imprigionati, il B. non esitò a inoltrare all'arcivescovo George Abbott un severo rapporto, trattando il Vanini da uomo mondano e senza religione, dedito al turpiloquio e alla fornicazione. Nel frattempo però, con squisita doppiezza, veniva egli stesso mercanteggiando la propria riconversione tramite l'ex cappuccino ferrarese Camillo Marchetti, chiedendo di essere assolto da ogni fallo mediante abiura nelle mani del nunzio a Parigi ed esigendo "sicurezza" di non venire punito, nonché "modo di vivere competente" al suo rango, dato che in Londra avrebbe lasciato "casa riccamente fornita e intrata d'almeno 800 scudi all'anno"; in cambio offriva la sua promessa di non "mordere" mai più la dottrina cattolica e il pontefice, e di non dare in luce un libro che aveva già pronto, steso per volere dell'arcivescovo di Canterbury "antipapa nell'Inghilterra". Con bella disinvoltura egli si appropriava anche in quella occasione di un altro nome illustre, firmandosi come "Ascanio Caetano apostata".
L'ambasciatore di Spagna in Inghilterra Diego Sarmiento de Acuña, inoltrò questo memoriale a Paolo V il 4 febbr. 1614, appoggiando la richiesta, ma a nome del Sant'Uffizio il card. Giovan Garzia Millini rispose che si trattava del ben noto B. e che il tono della supplica rivelava scarsa mortificazione e troppa diffidenza. Il 14 genn. 1615 si lesse a Roma una nuova intercessione del Sarmiento, che rimase senza esito. Costretto a restarsene a Londra, l'ex frate cercò allora di rafforzare la propria posizione e indirizzò alla Chiesa fiamminga un'esortatoria al fine di ricostituire il coetus o collegio direttivo comune delle tre Chiese degli esuli (la fiamminga, la francese e l'italiana), offrendosi di celebrare la Cena coi ministri delle altre comunità e di ristabilire gli stretti vincoli di un tempo. L'appello rimase inascoltato, non tanto perché la Chiesa italiana doveva contare pochissimi aderenti, quanto per il discredito e i dubbi dottrinali che pesavano sul suo ministro, il quale aspirava evidentemente a guadagnar prestigio ponendosi sullo stesso piano di pastori dotti e integerrimi.
Nel 1616 l'arrivo in Inghilterra di un altro apostata di gran nome, l'arcivescovo di Spalato Marcantonio De Dominis, sembrò dare il tracollo alle ambizioni del B.: roso dalla gelosia per la fama e il favore goduti in corte da quel prelato, egli giunse a fabbricare lettere false attribuite al card. Scipione Borghese, che avrebbero dovuto bollare il De Dominis quale simulatore e spia. Facilmente smascherato, il B. perdette ogni credito e si decise alla fuga: il 7 genn. 1617, aggregandosi in segreto a una comitiva di nobili genovesi che rimpatriava (della quale facevano parte un Grimaldi e uno Spinola), si imbarcò di nascosto a Dover, senza neppure avvisare la moglie e i figli. Da quel momento si perdono le sue tracce.
A detta del residente veneto a Londra (disp. del 27 genn. 1617) quella fuga nocque alla reputazione del De Dominis e degli italiani in genere, accusati di esser pronti a mutar religione non già per motivi spirituali, ma solo per riempirsi la borsa. In realtà era finita l'età delle migrazioni per causa di fede e solo più l'orgoglio, l'insofferenza o l'avidità spingevano i transfughi sulle vie dell'esilio. Tra questi il B. presenta i caratteri deteriori dell'opportunismo deserto di ideali e di scrupoli, della bramosia sfacciata e della subdola malignità.
Fonti e Bibl.: [R. Neale], M. A. De Dominis,his shiftings inreligion, London 1624, p. 16; Calendar of State Papers,Domestic,James I (1603-1610), London 1857, p. 486; Ibid. (1611-1618), London 1858, p. 428; Ibid., Venice, XIV (1615-1617), London 1908, p. 610; S. Ruytnick, Geschiedenissen ende handelingendie voornemelick aengaern deNederduytsche natieende gemeyntenvonende in Engelant, Utrecht 1873, pp. 279-282; F. de Schickler, Les Eglises du refuge en Angleterre, Paris 1892, I, pp. 387 s.; V. Spampanato, Nuovi documenti intorno a negozi e processi dell'Inquisizione, in Giornale crit. della filosofia ital., V (1924), p. 401; E. Namer, Nuovi documenti suVanini,ibid., XIII (1932), pp. 161, 180, 182 s.; G. Spini, Vaniniana, in Rinascimento, I (1950), pp. 77 s., 80, 83 s., 86, 88 s.; Id., Ricerca dei libertini, Roma 1950, p. 122; L. Firpo, La Chiesa italiana di Londra nel Cinquecento, in Ginevra e l'Italia, Firenze 1959, pp. 411 s.; E. Namer, Documents sur la vie de B. C. Vanini, Bari [1965], pp. 75 s., 81 s., 95 s., 99 s.