DE MARI, Ascanio
Nacque a Tagliacozzo (L'Aquila) nel 1524, secondo la testimonianza di Benvenuto Cellini, che lo dice di tredici anni nel 1537 (Vita, I, cap. XCIII); si ignora il mestiere del padre, di nome Giovanni (Bindi, 1883, p. 163) o Pietro come viene detto in un pagamento al D. del 1548 (Campori, 1864, p. 295). Il Cellini ricorda, al 1540, i "frategli e sorelle e matrigna" del D. senza fornirne i nomi (Vita, II, cap. I). Il D. si trasferì a Roma molto presto, per lavorare nella bottega dell'orafo spagnolo Francesco di Valenza, attivo per la corte papale: è forse da accogliere con qualche riserva la proposta di identificarlo con l'"Ascanio priorale" che negli anni 1530-1533 pagava all'università il giulio annuale dei lavoranti (Bulgari, 1958).
Nel 1537 il giovane si mise al servizio dei Cellini, accompagnandolo nello stesso anno nel primo breve soggiorno francese; durante il ritorno, il D. si ammalò di "quartana" (v. Cellini, Vita, I, cap. XCVIII). Fu lui a provvedere al maestro imprigionato a Castel Sant'Angelo (nel 1538 e '39) andandolo a trovare due volte al giorno per portargli "alcune cose da lavorare", e fu presso la famiglia del D. che il Cellini si recò al termine della prigionia romana.
I rapporti tra maestro e allievo, quali sono descritti in diversi passi della Vita del Cellini (in particolare: I, capitoli XCIII, CVI; II, capitoli LVI, LIX) non furono sempre facili: il D. (sia pure nelle testimonianze di parte fornite dallo stesso Cellini) appare di carattere assai simile a quello dell'artista toscano, pronto al litigio e alle contese più disparate.
Dopo un breve periodo di soggiorno (fino al marzo 1540) a Roma, al servizio del cardinale Ippolito d'Este, e una tappa a Ferrara, il Cellini, il D. e l'altro "garzone" Paolo Taccone (detto Paolo Romano) raggiunsero Parigi, dove presero dimora, al servizio di Francesco I, nel castello di Petit-Nesle, da cui l'appellativo "di Nello" talora dato al D., insieme con le storpiate dizioni "Desmarriz" e "De Maaj" (Rivera, 1931, p. 298; Bindi, 1883, p. 163). Nei cinque anni successivi l'artista, con uno stipendio annuo di 100 scudi d'oro (Cellini, II, cap. XII), rimase nella bottega di Benvenuto; i compiti che egli svolgeva non vengono specificati, né ci è pervenuta nessuna sua opera, però sembra possibile ricavare, sia da brevi accenni dello stesso Cellini, sia da documenti posteriori (De Laborde, 1880, p. 330), come il D. eseguisse soprattutto lavori di oreficeria. In questa veste è molto probabile che abbia collaborato all'esecuzione della celebre saliera per il re Francesco I, oggi nel Kunsthistorisches Museum di Vienna.
Al momento del burrascoso rientro in Italia del maestro (1545) ilD. e Paolo Romano rimasero a Parigi, dapprima per completare alcuni lavori lasciati interrotti dal Cellini, quindi come "orfèvres du Roy, servans le dict seigneur au. son hostel de Nesle" (ibid.), fino alla metà degli anni Cinquanta. Da un documento del 6 ott. 1557risulta che all'epoca l'artista era già sposato con Costanza, figlia di Girolamo Domenico Della Robbia (Roy, 1921, p. 139;Thieme-Becker).
Il servizio presso Francesco I e poi presso Enrico II non impedì al D. di essere saltuariamente attivo per il cardinale d'Este e la sua famiglia, come avvenne nel 1548-1549 (Campori, 1864, pp. 295 s.), un decennio più tardi (ibid., p.296) ed infine nel 1563 (ibid., p. 297)Nel medesimo anno il D., resosi colpevole della morte di un caporale parigino, fu costretto a riparare in Fiandra (Venturi, 1889). p. questa l'ultima notizia documentaria sull'artista, di cui si ignora l'anno di morte. L'affermazione di un suo ritorno a Parigi nel 1566 (Bulgari, 1958) non viene suffragata da alcun riferimento.
Fonti e Bibl.: B. Cellini, La vita [1558-62], in Opere di B. Cellini, a cura di G. G. Ferrero, Torino 1971, I, capp. XCIII-XCVI, XCVIII, CIV, CVI; II, capp. I, III s., VII, XI ss., XXVIII, XLII, XLIX s., LVI, LIX; G. Campori, Documents inédits sur les relations du cardinal Hyppolite d'Este et de Benvenuto Cellini, in Gazette des beaux-arts, XVII (1864), pp. 291 s., 295 ss., L. De Laborde, Les comptes des Bâtiments du Roi (1528-1571), II, Paris 1880, pp. 330-38; V. Bindi, Artisti abruzzesi, Napoli 1883, pp. 163 ss.; A. Venturi, A. di Tagliacozzo, discepolo di B. Cellini, fugge di Francia, in Arch. stor. dell'arte, II (1889), p. 378;L. Gmelin, L'oreficeria medioevale negli Abruzzi, Teramo 1891, p. 41, M. Roy, La fontaine de Diane du Château d'Auet, in Gazette des beaux-arts, s. 5, IV (1921), pp. 136, 139;L. Rivera, Mecenati e artisti abruzzesi a Roma fino a tutto il secolo XVI, in Roma, IX (1931), pp. 298s.; C. Bulgari, Argentieri gemmari e orafi d'Italia, Roma 1958, I, p. 78, U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 90 (sub voce Mari, Ascanio de).