MARSO, Ascanio
Nacque a Bologna verso il 1500 da Melchiorre, che ricoprì diversi incarichi al servizio di Carlo V, in particolare come podestà di Pavia nel 1514 e nel biennio 1524-25, pretore di Castellazzo nel 1528 e commissario imperiale a Domodossola nel 1531. Al seguito del padre, il M. studiò diritto a Pavia e forse a Milano. I meriti acquisiti da Melchiorre gli consentirono di trovare un impiego presso il cardinale Marino Ascanio Caracciolo, governatore di Milano. Dal 1537 il M. entrò ufficialmente in servizio come «cancelliero del Consiglio segreto di Milano» (Haas, 1956, p. XVII). La buona qualità dei servigi resi gli permise di guadagnarsi la stima dei superiori e di ricevere delicati incarichi alle dirette dipendenze del nuovo governatore di Milano, Alfonso d’Avalos, marchese del Vasto.
Nel 1548 era a Basilea, ufficialmente in veste di mercante ma in realtà con il compito di controllare i conterranei protestanti rifugiatisi in quella città. Il 9 luglio 1549, accreditato come agente del governatore di Milano, Ferrante Gonzaga, fu inviato nei Grigioni per impedire il rinnovo dell’alleanza tra il re di Francia, Enrico II, e i Signori delle Tre Leghe. La sua missione in realtà consisteva nel prendere tempo nelle delicate contingenze che vedevano intrecciarsi gli interessi del Ducato di Milano, volti al recupero della Valtellina, con quelli di Carlo V, attento a non concedere vantaggi strategici all’avversario francese. La missione non ottenne l’effetto sperato; tuttavia nell’autunno dello stesso anno il M. fu nuovamente inviato per una missione all’estero.
L’agente diplomatico presso i Cantoni svizzeri, Giovanni Angelo Rizio, aveva infatti chiesto di essere richiamato in patria a causa delle condizioni di salute della moglie. Il M. si recò allora a Baden già il 9 settembre, anche se assunse la carica solo verso la fine del mese successivo, quando Rizio inviò una lettera alla Dieta federale, nella quale, comunicando la sua partenza, segnalava quale nuovo incaricato il Marso. Poco dopo, il 31 ottobre, Rizio indirizzò al suo successore una «informatione» sul modo di trattare le questioni diplomatiche con gli Svizzeri, dei quali si diceva «esser difficili e poco sicuri del fine che si desidera per la multiplicità delle persone, con quali in un medemo tempo si ha da negotiare» (Haas, 1956, p. 1). Come avrebbe presto imparato il M., «li negotii» nei Cantoni potevano procedere solo grazie a sostanziali prebende disposte a favore dei più influenti personaggi coinvolti negli affari pubblici. Per questa ragione il M. si sforzò di creare una rete di collaboratori, sulla scorta dei nomi indicatigli da Rizio nell’«informatione», che avrebbero costituito la spina dorsale del partito imperiale, di cui egli era il punto di riferimento.
Il M. prese alloggio a Lucerna, dapprima presso una locanda e poi, dopo l’arrivo della moglie Livia e dei suoi due figli, in una casa privata, grazie anche ai buoni uffici dell’agente pontificio Albert Rosin.
La questione della residenza costituì la prima di una serie di difficoltà che il M. dovette affrontare durante la permanenza a Lucerna. Solo nel giugno del 1550, infatti, ottenne dalle autorità locali l’autorizzazione a risiedere presso una dimora privata, annullando così il precedente obbligo ad alloggiare in una locanda.
Poco prima di ottenere tale concessione, il 17 giugno 1550, il M. si era presentato alla Dieta di Baden per dare risposta ai reclami avanzati dalla Dieta al governatore di Milano riguardanti la tassazione che gravava sui beni in transito verso i Cantoni e la perdita dei privilegi precedentemente in vigore. Il M. recava la risposta dell’imperatore, che giustificava tali gravami con il fatto che il precedente capitolato, del 1532, era ormai scaduto e che si doveva procedere a un nuovo accordo tra il Ducato di Milano e i Cantoni, nel quale fosse chiara l’intenzione di questi ultimi a non assecondare le mire del re francese. Prendevano corpo così, tra reciproche diffidenze, le trattative per la definizione del nuovo trattato di amicizia, le cui prime bozze furono presentate il 10 marzo 1551 dal M. insieme con Rizio.
La definizione dei rapporti tra il Ducato di Milano e i Cantoni svizzeri era di fondamentale importanza sia sul piano militare sia su quello commerciale. Per quanto riguarda il primo aspetto, lo Stato milanese doveva assicurarsi la neutralità o quanto meno la minore esposizione possibile dei Cantoni svizzeri a favore del re di Francia. Quanto al secondo punto, erano gli Svizzeri a reclamare una serie di facilitazioni, consistenti in concessioni di «tratte», cioè permessi di esportazione, di frumento, di riso e di sale. Tali agevolazioni, indispensabili per la vita dei Cantoni, divenivano anche uno strumento per ottenere da parte milanese migliori condizioni sul piano politico e militare. Punto assai controverso fu quello relativo alla richiesta dell’imperatore di permettere in caso di guerra il passaggio sul suolo svizzero di proprie truppe e armamenti.
La questione fu infine risolta nella primavera del 1552, quando il nuovo trattato fu approvato dalla Dieta a Baden, per essere ratificato da Carlo V a Milano il 1° agosto di quell’anno. I Cantoni conseguirono cospicui vantaggi, riuscendo a differire la soluzione della spinosa questione del passaggio delle truppe; da parte sua l’imperatore aveva almeno ottenuto che gli Svizzeri non potessero concedere che un limitato numero di uomini da arruolare tra le truppe francesi.
Durante il periodo dei negoziati il M. fu affiancato da Rizio, che ebbe una parte principale grazie alla sua esperienza. Non mancarono comunque nei confronti del M. pressioni sotto varie forme. Durante la quaresima del 1551 fu accusato, insieme con la sua famiglia, di aver mangiato carne. Egli si difese, affermando di averlo fatto su disposizione di un medico a fronte del precario stato di salute dei figli e della moglie, e di avere inoltre chiesto l’autorizzazione alle autorità di Lucerna, che non si erano degnate di dargli risposta. A nulla valsero le sue giustificazioni: gli fu intimato di mangiare alla locanda pubblica, dove i suoi comportamenti sarebbero stati adeguatamente sorvegliati. Sulla severità della decisione pesarono i sospetti di eresia già addensatisi sul suo capo, a causa dei frequenti contatti con i protestanti rifugiatisi in Svizzera, oltre all’avversione del partito francese, rilevante a Lucerna e tra i cui esponenti si annoveravano proprio i due scoltetti (amministratori della città) Hans Bircher e Hans Hug, che avevano negato il permesso al M. quando egli l’aveva richiesto.
Tra i nemici del M. c’era un altro esponente del partito francese, Lux Ritter. Non migliori erano i rapporti con i rappresentanti pontifici, in particolare con i nunzi Girolamo Franco, che si suppone abbia avuto un ruolo nella denuncia dell’infrazione quaresimale, e Ottaviano Raverta, vescovo di Terracina, pronto a incitare nel 1557, secondo il M., i Cantoni contro il re di Spagna. A essi il M. poteva contrapporre i suoi referenti, tra i quali spiccavano Heinrich Fleckenstein e Niklaus von Meggen, personalità di spicco e assai influenti a Lucerna. Nel 1551 il M. fu coinvolto in un’altra spiacevole vicenda: fu citato in giudizio per alcuni debiti contratti con una giovane e ricca donna di Lucerna, Elisabeth Kochlin, ma pare che a inoltrare denuncia fosse stato il marito. Vedova di lì a poco, la giovane donna si sarebbe rimaritata con un valletto di camera del Marso.
Nel giugno del 1552 il M. chiese di essere congedato dal suo incarico; fu allora che la Dieta si risolvette a chiedere al governatore di Milano di mantenerlo nel suo ufficio, vista la fiducia che si era guadagnato nell’espletamento delle sue mansioni. Alla fine del 1552 il M. spostò la sua residenza ad Altdorf, nel Cantone di Uri.
Continuò in seguito a difendere gli interessi dell’imperatore e del Ducato di Milano, comparendo a più riprese nelle Diete federali. Tra i suoi principali scopi c’era quello di impedire l’invio di aiuti alla Francia, questione che si fece più cogente nel corso del 1555; alle sue richieste i rappresentanti dei Cantoni rispondevano lamentandosi delle limitazioni al commercio imposte da Milano e denunciando il mancato rispetto delle clausole del trattato di amicizia. Nel 1556 il M. fu confermato nel suo incarico da Filippo II re di Spagna, in qualità di rappresentante della Spagna e di Milano. Continuò a prendere posizione sull’invio di truppe a favore del re di Francia e a causa delle sue continue rimostranze, nel corso del 1557, la Dieta prese in esame l’ipotesi di un suo rinvio a Milano, senza però giungere a iniziative concrete. Le dispute continuarono nel corso dell’anno seguente, appesantite dalla questione della definizione dei confini tra Stabio e Arcisate. Il nuovo governatore di Milano, Gonzalo Fernández de Córdoba duca di Sessa, infine, lo richiamò nel maggio del 1559 sostituendolo con Marcantonio Bossi. L’esperienza maturata motivò le autorità milanesi a inviarlo nuovamente nel 1564, al seguito del maresciallo Sancho de Londoño, nei Grigioni per altri negoziati volti a impedire una lega tra i Cantoni e la Francia. La missione, nonostante si fosse riusciti a promuovere moti popolari contro l’ipotesi di alleanza, non ebbe successo. In seguito il M. tornò alle sue mansioni di segretario presso la Cancelleria ducale, dove risulta attivo fino al 1567.
Il M. morì, probabilmente a Milano, intorno al 1570.
Una questione spinosa legata alla sua permanenza in Svizzera fu costituita dai suoi rapporti con i protestanti. Come aveva avvertito in una lettera inviata a Milano nel 1551, in un contesto come quello svizzero per svolgere a dovere i compiti ai quali era stato destinato «mi convien star bene con tutti et molte cose finger et fare ch’in Italia et massime a Milano me ne guarderei» (cit. in Chabod, p. 364). Frequenti furono i suoi contatti con l’ex vescovo di Capodistria, Pietro Paolo Vergerio. Già nel novembre del 1549 aveva inviato al gran cancelliere Francesco Taverna il Catalogo de’ libri… condannati e scomunicati per hereteci… di Vergerio, seguito nel gennaio successivo da un nuovo scritto di Vergerio Del matrimonio de preti e delle monache, insieme con altre opere proibite. Le conseguenze furono serie: il primo segretario della Cancelleria milanese, Agostino Monti, lo riprese duramente. Il M. rispose ridimensionando la portata degli scritti spediti e assicurando che in futuro si sarebbe astenuto da ulteriori invii. Nel gennaio del 1550 era con Vergerio a Zurigo, per ricordargli gli obblighi di riconoscenza contratti in anni di consuetudine con Ferrante Gonzaga e il cardinale Ercole Gonzaga, per i quali ci si aspettava da lui, chiamato a predicare nei Grigioni, un’azione atta a favorire la restituzione della Valtellina. Mantenne i contatti con Vergerio, il quale gli donò, nel 1553, il suo trattato sulla messa. Tra gli altri esponenti del movimento riformatore, ebbe contatti e scambi epistolari con Martino Muralto – al quale affidò nel 1558 i suoi due figli per studiare a Zurigo –, Johannes Blasius, Heinrich Bullinger, Konrad Pellikan, Josia Simler. A causa dell’ampio ventaglio delle sue conoscenze venne sospettato egli stesso di eresia, una prima volta nel corso del 1552, a ridosso della vicenda svoltasi durante la quaresima. In quell’occasione Taverna scrisse a Rizio per avviare una sorta di indagine, dalla quale il M. dovette uscire senza danno. Più che una convinta adesione alle dottrine dei riformatori, lo muovevano un interesse e una curiosità intellettuale, sorretti da uno spirito tollerante e sostanzialmente aperto al confronto. Nell’ottobre 1554 scriveva a Milano a Taverna per impetrare la grazia in favore dell’eretico cremonese Giovanni Battista de’ Gaspari, suo amico. I sospetti nei suoi confronti non erano, però, del tutto fugati, anche a causa delle strumentalizzazioni operate dai cattolici del partito filofrancese. Nel corso del 1558 il nunzio apostolico nei Grigioni Paolo Odescalchi lo denunciò all’Inquisizione come sospetto eretico, ma il M. fu prosciolto dalle accuse nel 1560.
Durante la sua permanenza nei Cantoni il M. ebbe modo di approfondire le proprie conoscenze attraverso la consultazione di manoscritti, opere a stampa e cartografiche sulla Svizzera, a partire dagli autori classici fino ai contemporanei. Le cognizioni così ottenute consentirono al M. di procedere alla stesura, tra il 1557 e il 1558, di un memoriale manoscritto dal titolo Discorso de i Sguizzeri, preceduto da un altro manoscritto intitolato De costumi et ordini de gli Svizzeri (l’esemplare conservato presso la Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat., 5887, porta il titolo Ascanii Marsi ligae, capitulationes et obligationes Helvetiorum inter se et exteros factae, sermone Italico), entrambi pubblicati da Leonhard Haas (1956). Il Discorso fu parzialmente tradotto in tedesco da Renward Cysat nel 1588. In esso il M. opera una generale descrizione del Paese, partendo dai suoi caratteri fisici e confini naturali, per passare poi a esaminare le caratteristiche delle popolazioni locali e le loro abitudini sociali. Alcune note si soffermano sull’attualità, considerando per esempio «l’avaritia di questa natione» (cit. in Haas, 1956, p. 41), intesa come l’abitudine recentemente acquisita di pretendere pensioni e riconoscimenti in denaro per i servigi da rendere all’imperatore o al re di Francia. Una specifica considerazione è rivolta alle capacità belliche delle popolazioni locali e alla quantità di soldati che esse avrebbero potuto approntare in caso di conflitti. Non manca una parte dedicata a narrare le vicende storiche che avevano portato alla formazione dei tredici Cantoni, dei quali si fornisce una dettagliata descrizione, con particolare attenzione al funzionamento delle istituzioni di rappresentanza. Il De costumi contiene riferimenti relativi a una serie di trattati, a partire dalla Lega dei tre Cantoni del 1315 fino agli accordi con Carlo V del 1552. Lo scritto, incentrato su questioni di politica estera, riprende le considerazioni già espresse da Rizio, sulla cui «informazione» era in parte ricalcato, circa la difficoltà e incertezza dei negoziati con gli Svizzeri. La causa è individuata nell’elevato numero dei responsabili delle decisioni e nell’intricata rete di relazioni, dalle quali ognuno di loro dipendeva. Altre informazioni sono riservate alle vicende storiche dei Cantoni e alle loro relazioni con gli altri Stati.
Fonti e Bibl.: T. von Liebenau, A. M., in Boll. stor. della Svizzera italiana, III (1881), pp. 79-83, 106-109, 127-130, 154-159; Bullingers Korrespondenz mit den Graubündnern, 1533-1575, a cura di T. Schiess, I, Basel 1904, pp. 151 s.; L. Haas, La vie d’un envoyé de Charles-Quint à Lucerne. Le chevalier A. M., in Annales Fribourgeoises, XLI (1953), pp. 27-32; L. Haas, Der Discorso dei Sguizzeri des Asconio Marso von 1558 mit verwandten Texten, Basel 1956; F. Chabod, Lo Stato e la vita religiosa a Milano nell’epoca di Carlo V, Torino 1971, ad ind.; B. Braun, Die Eidgenossen, das Reich und das politische System Karls V., Berlin 1997, pp. 557-559.