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ASCENSORE

di Michele Lo Presti - Enciclopedia Italiana (1929)
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ASCENSORE (fr. ascenseur; sp. ascensor; ted. Aufzug; ingl. lift e am. elevator)

Michele Lo Presti

Apparecchio destinato alla traslazione verticale di persone o di cose (assumendo in quest'ultimo caso più esattamente il nome di montacarico) fra i varî piani di un edificio.

Gli ascensori e i montacarichi si distinguono (secondo la maechina che li aziona) in idraulici, a trasmissione, idroelettrici e semplicemente elettrici. Solo per piccoli carichi, inferiori a 25-30 kg., si fanno elevatori a mano, per vivande, documenti, ecc.

Un ascensore è costituito di una macchina motrice, di una piattaforma o cabina per il collocamento dei carichi, degli organi per trasmettere e comandare l'ascesa, la discesa e l'arresto della cabina, e infine dei dispositivi di sicurezza.

Dai primitivi e semplici tipi idraulici a stantuffo tuffante e a piccolissima velocità, l'industria è giunta ai moderni ascensori elettrici di grande perfezione sia per la semplicità delle manovre di comando, sia per la sicurezza di funzionamento, sia per la velocità di spostamento, sia infine per l'eleganza e il decoro degli impianti e delle cabine.

La fig. 1 rappresenta uno schema semplice - il sistema a pistone - per l'azionamento diretto di un ascensore idraulico, nel quale la cabina è sollevata dalla spinta idraulica esercitata su uno stantuffo tuffante. In questi vecchi tipi la manovra si eseguiva con volantino al piano inferiore per mezzo di una fune, che, passando per la cabina, permetteva che la manovra venisse fatta anche dalle persone che stavano in essa. L'opportuna circolazione dell'acqua in pressione era disciplinata da un distributore che è illustrato nella fig. 2. A seconda della disposizione dello stantuffo, la cabina sta ferma (A), sale (B), discende (C). Alla manovra a volantino o a fune, abbastanza rudimentale e poco adatta per essere eseguita dai passeggeri, è stata sostituita la manovra elettrica a bottoni.

Gl'impianti a stantuffo tuffante ad azionamento diretto potevano essere installati solamente dove fosse possibile praticare sotto alla cabina alla fermata inferiore un foro profondo almeno quanto la salita dell'impianto. Questi ascensori non si potevano usare per salite superiori ai 10 m., perché per dislivelli superiori i pistoni risultavano troppo lunghi.

La relazione fra la pressione del cilindro e i carichi è ovviamente stabilita dall'eguaglianza:

in cui P è la pressione sullo stantuffo; Q il carico utile; p il peso proprio e ρ un termine che tiene conto dell'attrito e dell'accelerazione delle ma sse.

Il peso proprio e l'accelerazione delle masse vanno compensate mediante opportuni contrappesi e con la regolazione della controspinta variabile dell'acqua.

Nella fig. 3 è rappresentato un ascensore idraulico a comando indiretto, nel quale la cabina non è più sollevata direttamente dallo stantuffo, ma per mezzo di funi o catene che si svolgono su pulegge animate di moto rotatorio, trasformandosi così (per mezzo di dentiera e pignone) la traslazione dello stantuffo che sviluppa il lavoro di sollevamento. Un vantaggio di questo sistema è che la macchina di sollevamento può essere montata verticalmente od orizzontalmente a seconda dello spazio disponibile. La fig. 4 mostra una macchina di sollevamento verticale di un ascensore idroelettrico con rinvio a puleggia e fune di sollevamento. Il gruppo idroelettrico di manovra applicato alla macchina è sviluppato nella fig. 5. Due elettrocalamite (1,2), che si comandano con bottoni dalla cabina, sollevano un sistema di distribuzione a cassetto (3,4), che permette di aprire o chiudere i cilindri nei quali scorrono gli stantuffi (5,6) di entrata e di uscita dell'acqua. In tal modo la pressione dell'acqua, esercitandosi sopra l'una o l'altra delle due facce degli stantuffi, li muove in guisa da mettere in comunicazione il condotto (7) dell'acqua in arrivo con il tubo di alimentazione (8) della macchina per la salita, o quest'ultimo con lo scarico (9) per la discesa, o, infine, di chiudere tanto l'efflusso quanto l'afflusso: ciò per le fermate.

La velocità delle cabine negli ascensori idraulici varia fra 0,300,50 m./sec. in quelli a comando diretto, e arriva fino a 1,5 m./sec. in quelli a comando indiretto. I rendimenti sono migliori negli ascensori a comando diretto e sono compresi fra 0,60 e 0,70; sono un po' più bassi (0,55÷0,67) in quelli a comando indiretto.

L'installazione di ascensori e montacarichi idraulici si può fare solo dove sia disponibile acqua a una data pressione. Essa, per la possibilità di congelamento, è pericolosa nei paesi dove la temperatura nella stagione invernale raggiunga gradi troppo bassi.

Lo sviluppo raggiunto dalla distribuzione dell'energia elettrica e dalla costruzione dei motori elettrici ha fatto sì che agli ascensori idraulici e idroelettrici si vanno oggi sostituendo quasi universalmente gli ascensori e montacarichi elettrici. Essi si adoperano per qualunque carico e qualunque corsa, per persone e per cose sole o accompagnate dal conduttore. Le velocità che si hanno negli ascensori sono assai variabili e dipendono dai servizî cui sono destinati.

I montacarichi adibiti a esclusivo trasporto di merci, quali si impiegano nei depositi, nelle fabbriche ecc., hanno portate che si spingono anche fino a 40 tonn.; la loro manovra si effettua dall'esterno e possono avere o no arresto automatico ai varî piani; hanno generalmente velocità limitata. In questi montacarichi è piuttosto difficile ottenere fermate precise. Maggiore facilità d'uso hanno i montacarichi con conduttore; essi vengono comandati dall'interno della cabina.

Gli ascensori per persone hanno portate comprese fra i 225 e i 1500 kg., e sono ormai molto diffusi nelle case private e nei pubblici uffici. Le velocità ordinarie non superano 2 m./sec., ma per lunghi percorsi si adottano talvolta velocità maggiori con motori a velocità variabile, ordinariamente due velocità con motori a due avvolgimenti, per avere l'avviamento e l'arresto con velocità moderata, normalmente uguali alla metà di quella ordinaria di sollevamento. A ogni persona in un ascensore è generalmente assegnato un mq. di superficie di cabina e 75 kg. di peso. A seconda della maggiore o minore signorilità degli edifici, gli ascensori si collocano in appositi cavedî laterali o nel vano stesso delle scale.

La manovra degli ascensori elettrici è resa assai facile e completamente automatica; la vecchia manovra a fune ha ceduto il posto a quella a leva o a bottoni. In quest'ultimo caso è applicato in cabina un quadretto con un bottone per ogni piano; la manovra si riduce a chiudere bene le porte e premere il bottone che corrisponde al piano desiderato.

Tutti i tipi di motori elettrici trovano applicazione negli argani per gli ascensori, e quelli a corrente continua, e quelli a corrente alternata monofase e trifase e, attualmente, anche i motori asincroni autocompensati.

Le figure 6 e 8 rappresentano un argano elettrico Stigler per montacarichi. È un argano a vite senza fine con riduzione di velocità fra tamburo e motore. Sul giunto del motore-vite senza fine è calettato un freno, che può essere a nastro o a ceppi; esso viene aperto da un elettromagnete, quando si manda la corrente nel motore, e si chiude, quando essa si toglie.

Nella fig. 7 è rappresentata una macchina per ascensore a corrente trifase con piccole portate e velocità moderate. Per questi impianti si usano motori trifasi in corto circuito o con avviamento automatico (ad anelli), cioè con resistenze interne, che vengono escluse per mezzo di contatto centrifugo dopo l'avviamento. L'inserzione del motore per i due sensi di rotazione avviene per mezzo di due interruttori elettromagnetici applicati al muro in vicinanza della macchina. Per non avere larghezze di tamburi eccessive e spostamenti di funi troppo forti, per grandi salite le funi di trazione non sono fissate sul tamburo, ma scorrono per semplice aderenza sulle sue gole. Nell'argano della fig. 9, che la Stigler costruisce per impianti di pozzi profondi da 100 a 140 m. e per portate di 4000 kg. con m. 0,40 per secondo di velocità, è rappresentato anche un meccanismo di rinvio per grandi profondità.

Le macchine che sono destinate a servizî molto intensi, come quelle degli ascensori pubblici di Genova e quelle che si usano in America, con forti salite a grande velocità e molte fermate, hanno sul blocco solo il freno elettromagnetico, mentre tutti gli apparecchi elettrici di comando sono raccolti in armadî separati.

Le cabine sono quasi sempre sospese a funi metalliche (in sostituzione di catene o cinghie) in numero di 2 o 4 e anche più negli impianti con grandi portate. La sospensione delle cabine richiede degli apparecchi di sicurezza per ovviare ai pericoli della rottura degli organi di sostegno o dell'eccessiva velocità.

Nella fig. 10 è rappresentata l'intelaiatura d'una cabina (di costruzione Stigler) con la sua sospensione e con i dispositivi di sicurezza, il cui funzionamento si compie nel modo seguente.

Le cabine sono racchiuse in un telaio di ferro contenente apparecchi di sicurezza. Ogni telaio di ferro è composto di due traverse inferiori (1), due traverse superiori (2), quattro tiranti verticali (3), e tiranti inclinati (4), collegati fra loro. Le due funi di trazione (5 e 6) sono attaccate a un bilanciere (9) mediante nodi conici piombati (7 e 8). Questo bilanciere è attraversato da un grosso perno (10) e porta le due traverse superiori (2) e, per mezzo di queste, tutta la cabina.

Per un ineguale allungamento delle funi o per la rottura di una di esse, il bilanciere (9) si sposta e per mezzo delle due sporgenze esterne fa alzare una delle leve (11 e 12); questo movimento viene trasmesso ad altre due leve (13 e 14) per mezzo di un albero (15). I tiranti (16 e 17) si sollevano, e con essi i quattro cunei (18), che a loro volta premono contro le guide (19), producendo la fermata quasi istantanea della cabina.

Un secondo apparecchio ferma la cabina, quando questa durante la discesa oltrepassi la velocità normale. Una funicella (20) viene collegata per mezzo della leva (14) all'albero sul quale sono fissate le due leve (11 e 12), cosicché la funicella viene trascinata dal movimento della cabina, producendo la rotazione del cosiddetto apparecchio a pendolo. La carrucola (21) di questo apparecchio è provvista alla sua periferia di risalti e scanalature che imprimono un movimento oscillatorio al pendolo (22) situato di fianco alla carrucola (21); questo pendolo è disposto in modo che solo nel caso di un determinato aumento di velocità della cabina, l'estremità di quello può uscire di più dalla corrispondente scanalatura della carrucola (21), producendone l'arresto, mentre la cabina continua la discesa. Allora la funicella (20) per mezzo della leva (14) solleva i cunei d'arresto (18), arrestando la cabina.

Un terzo apparecchio consiste nel telaio (23). Sotto la cabina è applicata un'intelaiatura in legno, controbilanciata da leve e contrappesi (24) e collegata ai cunei d'arresto (18). Se il telaio della cabina urta, nella sua discesa, contro un impedimento qualunque trovantesi nel pozzo di percorso, il telaio si alza e con esso i cunei d'arresto (18), producendo la fermata istantanea della cabina. I quattro pattini (25) tengono la cabina entro le guide.

I tiranti (16 e 17) che alzano i cunei (18) sono in comunicazione con quattro interruttori applicati alle pareti della cabina, in modo che viene interrotta immediatamente la corrente di manovra appena uno dei quattro cunei incomincia ad alzarsi. Interrompendo la corrente di manovra, s'interrompe anche la corrente del motore, e la macchina si ferma: cioè, entrando in funzione uno degli apparecchi di sicurezza della cabina, si ferma contemporaneamente ogni movimento della macchina. Robuste squadre di ferro, fissate in alto e in basso alle guide, impediscono poi che la cabina oltrepassi la sua posizione di fine corsa in alto e in basso.

Un impianto di ascensore elettrico è mostrato nella fig. 11. Si tratta di un ascensore che ha le seguenti caratteristiche: corsa m. 9,2 per tre piani, peso kg. 250, velocità 0,50 : 0,60 m./sec., corrente monofase, potenza HP 2,5. Le porte ai piani e quelle della cabina sono munite di chiusura di sicurezza, affinché possano venire aperte soltanto quando la cabina si trovi in corrispondenza a una di esse, sia cioè impedito il funzionamento dell'ascensore se una di esse è aperta.

Nella fig. 12 è rappresentato uno schema Stigler d'un circuito elettrico per impianto trifase con manovra a bottoni in cabina e rimando ai singoli piani. Il fondo della cabina è mobile e aziona diversi contatti per i quali s'impedisce (1) la manovra della cabina dall'esterno se qualcuno vi si trova, si accende (2) automaticamente la luce, quando una persona grava col suo peso sul fondo stesso, e si accende contemporaneamente una lampadina ai piani con l'indicazione "occupato".

Per mettere in moto la cabina, chiuse le porte, si preme un bottone, e si chiude così un circuito di corrente; su questo circuito la corrente è mandata in un elettromagnete (3) che libera il freno, in un altro (4), che comanda i contatti del piano corrispondente al bottone premuto, e in una terza calamita di manovra (5 o 6) per la discesa o per la salita.

Gli altri simboli dello schema sono: (7) motore, (8) linea principale, (9) interruttore totale alla macchina, (10 e 11) valvole per la corrente motrice e per la manovra, (12 e 13) reostato d'avviamento, (14) contatto ritardatore per la manovra, (15) contatto alla macchina per le lampadine, (16) "occupato", (16 e 17) rompi-arco e interruttore per la corrente motrice, (18) interruttori reciproci, (19 e 20) morsetti per il pozzo e per la cabina, (21 e 22) interruttore di fine corsa e piano inclinato, (23 e 24) bottoni di chiamata e di rimando, (25) interruttori degli apparecchi di sicurezza.

Bibl.: L. Rousselet, Mécanique, électricité et construction appliquées aux appareils de levage, Parigi 1908-1913; H. Bethmann, Les appareils de levage, Parigi 1914; E. Pacoret, Appareils de levage, Parigi 1922; Manuale enciclopedico dell'ingegneria moderna compilato da sessanta ingegneri per cura della Soc. accad. Hütte, 2ª ed., ital. a cura di C. Rossi, Milano 1926; M. Foerster, Manuale del costruttore, trad. ital. con aggiunte di C. Albertini, Milano 1919; v. anche i Cataloghi della casa Stigler.

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