ascetismo
Purificazione interiore e distacco dal mondo
L'ascetismo è una delle pratiche spirituali attraverso cui gli uomini tentano di migliorare sé stessi e, se sono credenti, di arrivare a Dio. Implica uno sforzo e una tensione di tutte le energie fisiche e psichiche della persona. Si parla di ascetismo sia in campo filosofico sia in campo religioso
L'ascetismo non va confuso con l'astinenza alimentare o sessuale, che faceva parte di una corretta pratica rituale ed era praticata nella religione greca, in quella romana e nei culti orientali. Alla radice della parola c'è il termine greco àskesis che significa "esercizio atletico", "addestramento militare", ma anche "pratica della virtù". Il terreno proprio dell'ascetismo è quello filosofico-religioso. Se i filosofi pitagorici furono i primi a elaborare una versione dell'ascetismo, Socrate è stato spesso rappresentato come un asceta e le filosofie ellenistiche ‒ soprattutto lo stoicismo ‒ prevedevano pratiche ascetiche sia fisiche, mediante rinunce e restrizioni, sia psicologiche, mediante l'allontanamento dalle passioni.
In campo religioso troviamo forti somiglianze nell'ascesi praticata da religioni molto diverse tra loro, quali per esempio il buddismo e il cristianesimo. L'elemento comune è la volontà di superare le apparenze esteriori e distaccarsi dai valori del mondo, avvertiti come falsi. Se si tratta di una fede religiosa trascendente ‒ cioè che rappresenta Dio come qualcosa di superiore, diverso e in opposizione al mondo ‒ l'ascetismo ha lo scopo di ricongiungersi con Dio.
Nel cristianesimo, che riprende dall'ebraismo la fede nella creazione del mondo da parte di un Dio unico, l'ascetismo non sfocia in un atteggiamento di rifiuto del mondo, tranne che in alcune correnti marginali considerate eretiche.
Nell'ebraismo dei due secoli precedenti l'era volgare sono attivi gruppi (gli esseni) che valorizzano l'astinenza sessuale e la separazione dal resto del popolo. In alcuni testi della letteratura ebraica di quel periodo ‒ molto autorevoli, ma che non vennero inseriti nella Bibbia ebraica ‒ il peccato degli angeli ribelli consiste in una contaminazione con le figlie degli uomini, che ha corrotto la natura umana: tali racconti suggeriscono l'idea che l'astinenza sessuale (enkràteia "continenza") consenta di recuperare l'innocenza umana.
Nel Nuovo Testamento l'unica frase di Gesù (Matteo 19,12) che sembra favorevole all'astinenza sessuale va interpretata come richiamo alla provvisorietà dei valori e delle attese del mondo. Ciò non toglie che nei primi secoli del cristianesimo si fossero diffuse correnti fortemente ascetiche (gli encratiti), che tendevano a identificare il messaggio evangelico con la pratica della verginità. Dal 4° d.C. secolo in poi l'ascetismo diventa una delle componenti delle comunità monastiche e si inquadra in una separazione spirituale, prima ancora che spaziale, dal resto della società, dal 'mondo' sentito come lontano dalle autentiche esigenze cristiane.
Il monaco è l'erede del martire, che imita la sofferenza di Cristo e conduce una vita separata dal resto della società e diversa da essa. L'ascetismo trova nuove forme e nuove espressioni con gli ordini mendicanti del 13° secolo, mediante l'inserimento della povertà evangelica nell'ideale di perfezione religiosa e grazie a un atteggiamento missionario verso la società del tempo. L'Umanesimo e la Riforma protestante, sostenendo il primato della fede sulle opere, portarono a una svalutazione delle forme tradizionali di ascetismo.
Gli elevati ideali di fondo non impedirono all'ascetismo di essere a volte connesso con atteggiamenti che oggi consideriamo deteriori, quali la misoginia (il disprezzo verso le donne) o la svalutazione del corpo. Da questo punto di vista, la teologia contemporanea, influenzata dalle conquiste della modernità nel campo dei diritti umani e dell'uguaglianza dei sessi, ha quasi completamente superato questi atteggiamenti per dare all'ascesi contenuti che ne recuperano il senso evangelico.