ASCIDIO (dal gr. ἀσκίδιον, "piccolo otre"; fr. ascidie; sp. ascidia; ted. Blattschlauch; ingl. pitcher)
L'ascidio è un caso di metamorfosi della foglia di cui il lembo, interamente o in parte, perde la sua forma normale laminare, distesa in un piano, per assumere quella concava di coppa, di tubo, di otre o altra simile, dando origine a una cavità più o meno ampia, che comunica con l'esterno per mezzo di un'apertura che è la bocca dell'ascidio.
Così definito, l'ascidio tipico è soprattutto caratteristico di quelle curiose piante dette carnivore (v.), nelle quali si è sviluppato in rapporto alla funzione particolarissima della "carnivoria", cui esse si sono adattate per procacciarsi un supplemerito di alimentazione azotata con la carne di animaletti (specialmente insetti), che riescono a catturare e a sfruttare mediante i loro ascidî, tappezzati opportunamente sulla parete interna di ghiandole secernenti un succo acido digerente, analogo a quello dello stomaco degli animali. In senso morfologico generale tuttavia sono ascidî, per quanto imperfetti, tutti i lembi fogliari che, sia pure in piccola misura, assumono forma concava, come quelli di Cotyledon umbilicus (v. fig. a pagina seguente), che hanno forma di calice o di coppa molto allargata. Ascidî di tal genere sono più comuni di quanto non si creda, anche in piante, come i tigli e le magnolie, a foglie normalmente piane, che eccezionalmente possono sviluppare qualche foglia ascidiata, ma di cui certi individui, spettanti probabilmente a varietà ascidifera della pianta, ne producono a centinaia.
Gli ascidî sono stati distinti dal Morren in due categorie: semplici o monofilli e doppî, a seconda che concorrono a formarli una sola o più foglie. L'ascidio tipico, monofillo, trae sostanzialmente origine dalla concrescenza dei due lobi basilari del lembo. Se i margini interni di tali lobi sono fra loro vicini, allora, saldandosi insieme, non alterano la forma piana del lembo, che diventa solo peltata; ma se quei margini divergono molto l'uno dall'altro, allora, accostandosi per saldarsi insieme, costringono il lembo a prendere la forma concava di cartoccio o tubo, tanto più stretto, quanto più i lobi distavano tra di loro.
In ogni ascidio tipico sono da distinguersi tre cose: un mezzo per attirare gli animali; un apparecchio destinato a imprigionare gli animali attirati, impedendo che essi possano uscirne attraverso l'apertura da cui sono entrati; e infine un dispositivo che determina la dissoluzione degli animali morti nella cavità dell'ascidio e l'assorbimento dei prodotti disciolti. Nelle "carnivore", piante appartenenti a svariate famiglie nostrane ed esotiche, ma che in complesso sono scarse di numero, gli ascidî hanno forme diverse, ma caratteristiche della pianta cui appartengono.
1. Ascidî in forma di vescichette od otricelli presentano tutte le specie del genere Utricularia, di cui alcune (U. vulgaris, U. minor) vivono anche da noi nelle paludi e risaie soprattutto del nord e del centro della penisola, e quelle del genere Genlisea del Brasile. Nelle Utricularia l'otricello, di poco più di 1 mm. di lunghezza, ha la bocca chiusa da un battente elastico che cede a una pressione esercitata dall'esterno, ma non in senso opposto; perciò gli animaletti, entrati in questa sorta di trappola, non possono più uscirne.
2. I generi Nepenthes, Cephalotus, Dischidia hanno ascidî a guisa di urne o tazze o bicchieri, che nei primi due presentano un coperchio fisso in posizione obliqua per proteggere l'apertura dall'acqua piovana. Nella Dischidia rafflesiana, epifita dell'India e dell'Australia, i grossi ascidî sacciformi con stretta apertura fungono da serbatoi di concime, in quanto contengono acqua, detriti e molti cadaveri ed escrementi soprattutto di formiche, di cui beneficiano le radici della pianta, che vi penetrano dentro ramificandosi abbondantemente.
3. La famiglia delle Sarraceniacee, tutte esotiche (Sarracenia, Darlingtonia, Heliamphora), ha invece ascidî tubulosi, a cartoccio o cornucopia, più o meno lunghi (in Darlingtonia californica sino a 60 cm.) e con la bocca più o meno protetta da una cupola o coperchio. V. anche carnivore, piante.
Bibl.: F. Delpino, Sulle piante a bicchieri, in N. Giorn. Bot. It., 1871, p. 174; C. Darwin, Insectivorous Plants, Londra 1875; E. Faivres, Structure et usage des urnes des Nepenthes, in Mém. de l'Acad. des Sc. de Lyon, XXII, 1877; O. Beccari, Malesia, I-III, Genova-Firenze-Roma 1877-1890; K. Goebel, Insektivoren, in Pflanzenbiol. Schilderungen, XII, Marburgo 1891-93; A. Kerner v. Marilaun, La vita delle piante, trad. ital., Torino 1892; H. De Vries, Specie e varietà, trad. ital., Palermo 1905.