ASCLEPIADE ('Ασκλεπιάδης) di Bitinia
Nato a Prusa in Bitinia intorno al 130 a. C., fu allievo della scuola filosofica degli Epicurei; visse in Atene e si recò a Roma nel 91. Fu dapprima maestro di retorica, si diede poi all'esercizio della pratica medica e si acquistò rapidamente una vastissima clientela. Amico di Cicerone, osservatore acuto e critico severo, comprese la necessità di ricondurre i Romani a una vita igienica: prescrisse soprattutto la dieta, la ginnastica, il massaggio, la moderazione nei cibi e nelle bevande, come mezzi essenziali per mantenere la salute e per conseguire la guarigione. Avversò la concezione umoralistica d'Ippocrate e affermò la dottrina atomistica, ritenendo che tutti i fenomeni della vita debbano attribuirsi a leggi meccaniche, considerando che la malattia risieda negli atomi, i quali vivono in continuo movimento fra di loro e sono congiunti da canali, i cosiddetti pori. Celebre è il motto di Asclepiade secondo il quale il medico deve guarire cito, tuto, iucunde (rapidamente, sicuramente, serenamente). Egli è il primo a dividere le malattie in acute e croniche e ad osservare e descrivere magistralmente l'idropisiai il tetano, la malaria. Descrisse e praticò la tracheotomia e fu chirurgo abilissimo; fu certamente il primo tra i medici giunti in Roma a praticare la medicina con concetti razionali e scientifici. Morì novantenne; all'opera sua di eccellente medico si deve il favore che i medici greci cominciarono a godere in Roma. Le sue opere principali sono conservate soltanto in frammenti.
Bibl.: M. Wellmann, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., II, col. 1632 segg.; von Vilas, Der Arzt und Philosoph A., Vienna e Lipsia 1903; M. Wellmann, in Neue Jahrbücher, XXI (1909), p. 864 segg.