ASENET (ebraico 'Āsĕnath: i Settanta 'Ασε[ν]νέϑ; la Vulgata Aseneth)
Figlia di Potifera (Putifare) sacerdote di On, e moglie di Giuseppe a cui partorì Manasse ed Efraim (Genesi, XLI, 45-52) Il nome, di tipo egiziano, consta di due parti, di cui la seconda corrisponde certamente al nome della dea egiziana Neth, nota nel pantheon egiziano come associata al dio Amon; la prima parte invece (As-) è dubbia, essendo interpretata da alcuni come "dimora" "sede", e da altri come complemento di attribuzione. Nel primo caso "dimora di Neth": nel secondo "appartenente a Neth".
Libro della preghiera di Asenet. - Libro apocrifo dell'Antico Testamento. La Genesi (XLI, 45), narra che Faraone diede a Giuseppe "in moglie Asenet, figlia di Potifera, sacerdote di On". Su questo fatto gli antichi Ebrei ricamarono non poche leggende; una delle più graziose ci è stata conservata nel Libro della preghiera di Asenet, di cui ecco un breve sunto:
Asenet è una vergine di diciotto anni, "snella, fiorente, più bella di tutte le vergini del paese"; vive in una torre, con sette compagne vergini, in una totale separazione da tutti gli uomini. I suoi genitori vorrebbero sposarla a Giuseppe, diventato primo ministro di Faraone, ma essa rigetta con sdegno tale proposta: non vuole andare sposa a uno "straniero, figlio di un pastore di Canaan", scacciato dalla casa paterna e imprigionato per la sua cattiva condotta. Il solo a cui darebbe la sua mano è il figlio primogenito di Faraone, il futuro re d'Egitto. Frattanto Giuseppe, percorrendo l'Egitto per raccogliere il grano nella previsione degli anni di carestia, arriva a Eliopoli. Asenet lo vede e s'innamora di lui. Ma Giuseppe, memore della raccomandazione di suo padre Giacobbe di guardarsi da tutte le donne straniere, consente che gli sia presentata solo dopo dichiarazione di Potifera che Asenet è vergine. In ogni modo, Giuseppe rifiuta di baciarla, perché essa adora gl'idoli; tuttavia la benedice. Asenet si rinchiude nella sua torre, si veste di nero, distrugge gl'idoli e fa severa penitenza per sette giorni. L'ottavo giorno, dopo una lunga preghiera, riceve la visita del "duce supremo dell'esercito di Dio Altissimo" (l'angelo Michele), il quale le fa gustare un misterioso favo di miele. "Adesso", le dichiara poi l'angelo, "hai mangiato il pane di vita, hai bevuto il calice dell'immortalità, sei stata unta dell'olio dell'incorruzione". Quindi la benedice e sparisce. In quel mentre, le si annunzia il prossimo ritorno di Giuseppe. Riccamente vestita, gli va incontro; il matrimonio è subito celebrato in presenza di Faraone.
Una seconda parte narra la presentazione di Asenet a Giacobbe quando il patriarca viene in Egitto con i suoi figli, e il tentativo del figlio primogenito di Faraone di rapire Asenet coll'aiuto di Dan e di Gad. Ma Beniamino, Simeone e Levi la proteggono, e il figlio di Faraone, ferito nella mischia, muore. Anche Faraone muore, e Giuseppe diventa re d'Egitto.
Senza alcun dubbio l'insieme della leggenda è di origine giudaica. Anzi lo scopo principale di tutto questo racconto aggadico è di risolvere la difficoltà che sorgeva, per i Giudei posteriori, dal matrimonio di Giuseppe con una donna pagana. Sotto la sua forma presente, l'apocrifo pare cristiano (così Batiffol e James), benché non tutti gli argomenti apportati in proposito siano pienamente convincenti. Il Batiffol mette la composizione del libro al sec. V d. C.; ma è più fondata l'opinione del James il quale dichiara che la versione siriaca è del sec. VI, e che lo scritto originale risale probabilmente almeno al sec. III.
Il libro fu primitivamente redatto in greco, ma esiste anche in siriaco, in armeno e in latino. Lo fece conoscere nell'Occidente Vincenzo da Beauvais, nel suo Speculum Historiale, I, capp. 118-124.
Bibl.: A. Fabricius, Codex pseudepigraphus V. T. (1723), I, p. 774 segg., dà la versione latina di Vincenzo da Beauvais e un frammento del testo greco.
Il testo greco, completo fu pubblicato, su quattro mss., da P. Batiffol, Studia Patristica. Études d'ancienne littérature chrétienne, Parigi 1889-1890, fasc. i e 2, pagg. 39-87; la versione latina, su due mss., ibid., fasc. 2, pp. 89-115. - Sulle versioni siriaca, armena, paleoslava, etiopica, araba, cfr. ibid., fasc. i, pp. 3-7; Schürer, Geschichte des jüdischen Volkes, 4ª ediz., Lipsia 1909, p. 402.
Una versione inglese fu fatta da E. W. Brooks, Joseph and Asenath (Translations of early documents), Londra 1918; una versione tedesca, da P. Riessler, Altjüdisches Schrifttum, Augsburg 1928, pp. 497-538; cfr. ibid., p. 1303 segg.; una versione francese, da Migne, Dictionnaire des Apocryphes, I, Parigi 1856.
Su questo apocrifo, cfr. M. R. James, art. Asenath, in Hastings, Dictionary of the Bible, I, Edimburgo 1898, p. 162 segg.
Su un altro apocrifo, La preghiera di Giuseppe, più volte citato da Origene e di sapore gnostico assai spiccato, cfr. lo stesso M. R. James, The lost Apocrypha of the O. T., Londra 1920, pp. 21-31.