ASIA (IV, p. 839; App. I, p. 170)
Viaggi ed esplorazioni. - Poche regioni sconosciute rimangono ancora in Asia e le macchie bianche si sono andate sempre più restringendo nel corso degli ultimi anni. La seconda Guerra mondiale da un lato ha precluso la possibilità di compiere spedizioni a largo raggio, dall'altro ha ridestato l'interesse per regioni, talvolta poco note, che sono state coinvolte nel conflitto. Le zone per le quali le nostre conoscenze sono tuttora incomplete o sommarie sono l'Arabia meridionale interna che è stata meta di alcuni viaggiatori specialmente inglesi, qualche settore del Tibet e della catena himalaiana, le zone più recondite della Mongolia e alcuni lembi della Siberia settentrionale a oriente della Lena.
Cominciando dall'Anatolia, dati interessanti sulle forme della vita pastorale degli altipiani interni si devono allo studioso svedese J. Frödin, che ha più volte visitato il paese, mentre l'austriaco H. Bobek. nell'estate 1937, ha condotto ricerche di geografia fisica e umana nel Curdistan centrale (vilayet di Van e di Hakari). Per l'Arabia, oltre a un nuovo viaggio di H. von Wissmann, che nel 1939 ha visitato alcune zone poco note del Ḥaḍramūt, va ricordata la visita alla prov. di Hajr della stessa regione compiuta dall'inglese H. Ingrams e soprattutto il lungo viaggio dell'inglese W. Thesiger che, tra l'ottobre 1945 e il febbraio 1946, ha percorso una serie di itinerarî nuovi nella parte meridionale della penisola. In Persia l'austriaco A. Gabriel, facendo seguito a due viaggi precedenti (1928 e 1933), ha visitato (1937-38) il Lut meridionale, raccogliendo una messe notevole nel campo della morfologia desertica e della geografia storica. Nel Lut si distinguono tre grandi bacini, oltre a diversi minori ed a vaste aree idrograficamente indeterminate. Nel complesso le caratteristiche del deserto arido si vanno accentuando dal nord al sud. ll bacino settentrionale è occupato dal Gran Kavir, o deserto del Chorassan, erroneamente indicato su quasi tutte le carte col nome di Dasht-i-Kavir; esso si stende per 400 km. di lunghezza e circa 250 di larghezza massima, mentre il dislivello tra il centro e la periferia è di circa 50 m. Molto più piccolo è il bacino di Tabbas che, insieme al deserto di Bahabad, occupa la parte media della regione di Lut. I caratteri desertici si accentuano ancora nel successivo bacino di Sciahbad, nel quale avviene una continua lotta tra i processi di riempimento ed i processi erosivi. Le aree assolutamente prive di vegetazione abbracciano circa 55.000 kmq. nel Gran Kavir e 49.000 nel bacino di Sciahbad.; altrove il paesaggio assume l'aspetto d'una steppa rada. Negli stessi anni l'inglese J. V. Harrison ha visitato alcune regioni della Persia di SO. e in modo particolare il Pish-i-kuh nel Luristan. A lui si devono pure nuovi dati sulla zona costiera del Makran. Inoltre Sir A. Stein ha continuato le sue ricerche ad un tempo geografiche e storiche, volte a riconoscere gli itinerarî percorsi da Alessandro Magno in Persia. In India notevole interesse ha suscitato il riconoscimento, presso Pondichéry, d'una stazione commerciale romana (Arikamenu), occupata dall'inizio dell'era cristiana al secondo secolo d. C.
Non sono mancate, anche nell'ultimo decennio, le spedizioni alpinistiche all'Himālaya ed al Caracorum, senza tuttavia conseguire risultati tangibili. Una statistica recente ha potuto determinare che sono state finora scalate 26 cime poste al di sopra dei 7000 m., la più alta delle quali (m. 7821) è il Nanda Devi (raggiunta da H. W. Tilman e N. E. O dell). Nel 1939 il noto alpinista inglese E. Shipton ha visitato i ghiacciai Hispar e Biafo nel Caracorum, mentre una spedizione svizzera ha percorso il Garhwal (prov. di Kumaon) e scalato il M. Dunagiri (m. 7061). Nel 1936 il Nanga Parbat, che è la montagna himalaiana dove i Tedeschi hanno esplicato la massima attività, era stata visitata da una nuova spedizione che poté spingersi fino a m. 7300. Nello stesso anno, in un nuovo tentativo di scalata all'Everest, H. W. Tilman si spinse fino a 8325 m.
Per quanto riguarda l'Asia Centrale si è iniziata la pubblicazione d'un Atlante al milionesimo, composto di 54 fogli, nel quale sono raccolti i risultati dei lavori topografici compiuti da Sven Hedin durante la sua ultima spedizione (1927-35), utilizzando tutti gli elementi raccolti in precedenza. Nel 1937 l'inglese J. Hanson-Low ha visitato la zona di confine tra il Tibet e la Cina, allo scopo di studiarne i caratteri geomorfologici e glaciologici. Nel 1939 una spedizione tedesca, guidata dal dott. Schäfer, ha visitato Falung-Phodang, antica capitale del Tibet, mentre nel 1939 G. Tucci ha percorso una serie di nuovi itinerarî, specie tra Gartok e Tsang Po. Va poi ricordato il viaggio del francese A. Guibaut, che ha percorso la grande gola del Saluen tra Songtha e Khinatong visitando pure la valle del Tung, affluente del Min (che si getta a sua volta nello Yang-tze Kiang), la quale attraversa un paese assai accidentato, dove ha trovato la morte il suo compagno di spedizione L. Liotard. Infine, negli anni 1937-38, il tedesco K. Helbig ha visitato nell'lnsulindia le isole Bangka, Billiton, Bali e Borneo.
Di pari passo con queste esplorazioni e ricerche di carattere estensivo, si sono avuti pure molti studî di dettaglio, ai quali hanno partecipato, sempre più intensamente, oltre che scienziati russi per l'Asia sovietica, studiosi cinesi ed indiani, perfezionatisi in scuole europee ed americane. Anche il rilevamento topografico, specie nelle zone che hanno interesse bellico o strategico, è progredito, ma i territorî, rappresentati con carte a grande scala, restano pur sempre limitati in rapporto all'estensione totale del continente. Sono state inoltre pubblicate alcune monografie geografiche su vaste regioni: come quella di G. T. Trewartha sul Giappone (1945), di A. Kolb sulle Filippine (1942), di N. Krebs sull'India Inglese (1939), di G. Fochler-Hauke sulla Manciuria (1941). Va ricordata anche un'opera d'insieme sul continente asiatico di G. B. Cressey (Asia's Lands and Peoples, New York 1944), utile specialmente per la parte regionale. Per altri contributi recenti cfr. E. Migliorini, Pubblicazioni geografiche recenti sull'Asia, in Boll. Soc. geogr. italiana, 1947, pp. 190-202.
Popolazione (IV, p. 885, App. I, p. 170). - L'Asia, con i suoi 1240 milioni di ab. (pari al 55,2% della popolazione di tutta la Terra), ha ora una densità media di 28,9 ab. per kmq. Troviamo in essa due grandi concentrazioni di popolazione: le zone costiere della penisola indiana con gran parte del bacino del Gange e la parte centrale della Cina col Giappone; si tratta di regioni intensamente abitate già da epoca molto antica, e la elevata densità è il risultato d'un lavoro millenario esplicato nel campo agricolo. L'area indiana di popolazione densissima ha per limiti il rilievo himalaiano, le catene periferiche della Birmania e, ad Ovest, le distese desertiche dell'Asia occidentale, mentre la zona cinese di elevata densità è delimitata a occidente da catene montuose, a NO. e a N. da steppe, a SO. pure da catene montuose.
La Mesopotamia e l'Asia Minore costituivano nel passato l'anello di congiunzione tra l'alta densità dell'India e quella dell'Europa, ma le conquiste effettuate da popoli nomadi provenienti da NE. hanno causato la distruzione delle opere irrigatorie, e la densità di popolazione nell'‛Irāq è di appena 9 ab. per kmq. Invece tra l'India e la Cina la popolazione tende ad aumentare rapidamente, cosicché è prevedibile che attraverso l'Indocina (regione monsonica in corso di rapido popolamento), le Filippine e l'Insulindia si vada costituendo una fascia continua ad alta densità. Se anche la Mesopotamia e l'Asia Minore torneranno ad esser popolate come nel passato, una fascia continua ad alta densità si estenderà in futuro dall'Atlantico al Pacifico, parzialmente limitata da deserti posti a N. nella parte orientale ed a S. in quella occidentale di essa.
In questi ultimi anni è continuata la rapida ascesa demografica dell'Asia russa (da 3 milioni nel 1800 a 43 milioni nel 1939) e della isola di Giava (da 9,7 milioni nel 1850 a 49,1 milioni nel 1941); quest'ultima ha visto aumentare molto i suoi abitanti, dopoché sono andate diffondendosi, a spese della foresta equatoriale, le piantagioni europee e le colture alimentari degli indigeni (soprattutto riso, mais, patate). In forte aumento appare anche l'India inglese e la causa deve ricercarsi nella diffusione di norme igieniche e nella diminuzione delle epidemie e delle carestie, attenuate queste ultime dall'esistenza di migliori mezzi di comunicazione. Mentre nel quarantennio che va dal 1880 al 1920 la popolazione era aumentata da 234 a 319 milioni (pari al 26%), nel ventennio successivo (1920-40) è passata a 407 milioni (compresa la Birmania), con un incremento del 28% in soli 20 anni. Anche il Giappone ha visto la popolazione aumentare con un ritmo molto rapido, essendo passato da 33 milioni nel 1873 a 74 nel 1940. Più debole e meno facilmente determinabile, data l'inesistenza di censimenti regolari, è l'incremento della Cina, ormai sovrapopolata e in preda a guerre continue ed a frequenti inondazioni. Invece la Manciuria e la Corea hanno ancora molto spazio disponibile e continuano ad aumentare con un ritmo elevato.
Coefficienti di natalità assai più alti di quelli medî del continente asiatico e della Terra si riscontrano specialmente a Formosa (45,6‰ nel 1937), in Palestina (43,4 nel 1943, con valori assai più elevati per gli Arabi - 52,3 - che per gli Ebrei, 29,1), nella Malesia britannica (41,2 nel 1940), a Ceylon (40,5 nel 1943). Se si tien c0nto che il coefficiente di mortalità è nei medesimi anni - e sempre per 1000 ab., - rispettivamente del 21,3 a Ceylon, del 14,8 in Palestina (rispettivamente 7,7 per gli Ebrei e 19,0 per gli Arabi), del 20,7 in Malesia e del 20,1 a Formosa, risultano per questi paesi coefficienti d'accrescimento molto considerevoli.
La capacità di popolamento per il continente asiatico è stata calcolata da W. Hollste intorno ai 2854 milioni (cioè due volte e mezza la popolazione attuale), ma mentre l'Asia settentrionale offre ancora spazio a molti milioni di uomini (tanto che il suo indice di popolamento è di appena 13,3), l'Asia meridionale ha già un indice di 55, l'Asia anteriore di 75 e l'Estremo Oriente risulta saturo di abitanti.
A questi squilibrî di popolamento, ai quali corrispondono pure squilibrî nella distribuzione delle risorse economiche, si è cercato di far fronte con spostamenti di popolazione, causati pure da motivi politici e religiosi. All'emigrazione, ormai tradizionale, dei Cinesi verso il Siam, la penisola di Malacca, le Indie Olandesi e la Manciuria, e degli Indiani verso Ceylon e la Malesia, si sono aggiunti i movimenti degli Ebrei verso la Palestina, degli Armeni verso la repubblica armena dell'Unione Sovietica, degli Assiri (piccoli gruppi) verso la Siria, dei Turchi (specie dalla Bulgaria) verso la penisola anatolica. La creazione dei nuovi dominions indiani è stata origine di grandi spostamenti tra i territorî attribuiti al Pakistan e quelli venuti a far parte dell'Indūstan. Nell'interno dell'Unione Sovietica sono pure avvenuti alcuni spostamenti di popolazione. Nel 1937-38 la probabilità d'un conflitto armato col Giappone ha consigliato il governo sovietico di trasportare dalla prov. dell'Ussuri e dai confini della Manciuria più di 400.000 coreani che, dopo la guerra russo-giapponese, erano venuti a stabilirsi nei territorî zaristi. Intere famiglie vennero trasportate nella zona del lago Balkash (Kazakstan), in una zona quasi deserta, ricca di miniere di rame. Dopo l'inizio della seconda Guerra mondiale, alla fine d'agosto del 1941, venne abolita la repubblica autonoma dei Tedeschi del Volga e più di mezzo milione di Tedeschi vennero trasportati presso le miniere di carbone di Karaganda (Kazakstan). Nel 1943, soppressa la repubblica autonoma dei Calmucchi, gli abitanti (30.000, per 3/4 donne e fanciulli), vennero portati in Siberia, lungo le rive del fiume Jenissei. In Siberia vennero pure trasportate nel 1944, dalle pendici nord-occidentali del Caucaso - come punizione per aver accolto favorevolmente le truppe tedesche - le popolazioni della soppressa repubblica dei Circassi del Caraciai. La stessa sorte è stata riservata a 200.000 montanari delle repubbliche dei Cabardini e del Daghestan che tuttora sussistono. Dalla Crimea 350.000 Tartari sono stati trasferiti nell'Asia Centrale, mentre la Siberia ha accolto qualche migliaio di Baltici.
Geografia politica. - La struttura politica dell'Asia è andata soggetta, a partire dal 1936, a numerose modificazioni. La tabella sopra riportata rispecchia la situazione attuale, non priva naturalmente di qualche incertezza per quanto riguarda, per es., la Palestina, l'Indocina e le Indie Olandesi (si veda, per maggiori particolari, oltre al paragrafo Storia, qui appresso, le voci dedicate, in questa App., alle singole regioni). In genere si nota che in molti paesi l'elemento indigeno si è andato organizzando verso forme di governo del tutto autonome (Filippine, Birmania, Siria e Libano, ecc.) oppure verso forme che assicurino garanzie costituzionali e diritti politici analoghi a quelli di cui godono gli stati europei (dominions indiani, Ceylon, federazione indocinese, ecc.). La carta politica dell'Asia va perciò continuamente evolvendosi e modificandosi. Un'altra serie di modificazioni e di cambiamenti politici è da mettere in rapporto con la sconfitta del Giappone.
Nel Vicino Oriente il 28 giugno 1939 la Francia ha ceduto alla Turchia il territorio dell'ex-sangiaccato di Alessandretta, che fa parte del mandato siriano (circa 4800 kmq., con 275.000 ab.). In precedenza (2 settembre 1938) era stata ivi costituita la repubblica autonoma del Hatai.
Rodi, con le isole del Dodecaneso, ín seguito all'art. 14 del trattato di pace tra l'Italia e le Nazioni Unite (10 febbraio 1947), è passata, in piena sovranità, alla Grecia.
La Transgiordania, che era stata staccata dal mandato palestinese nel maggio 1923, è ora un regno indipendente.
Col 15 maggio 1948 ha proclamato la sua indipendenza, nella Palestina, lo Stato d'Israele.
Nell'India inglese, in base all'Indian Indipendence Act, a partire dal 15 agosto 1947, sono stati istituiti i due dominions del Pakistan e dell'Indūstan, presso i quali la Gran Bretagna è rappresentata da due alti commissarî. Gli stati indiani, sciolti da ogni vincolo di sovranità della corona britannica, fanno ora parte dell'uno o dell'altro dei due dominions, meno alcuni stati indiani maggiori (per es., Haiderabad), che hanno conservato una certa indipendenza.
L'isola di Ceylon ha cessato di essere una colonia della corona e, a partire dal 4 febbraio 1948, è entrata a far parte, con statuto di dominion, del Commonwealth britannico.
La Birmania, che era stata staccata dall'Impero indian0 il 1° aprile 1937 e costituita in colonia della corona, in seguito al trattato di Londra del 1° ottobre 1947, che regola i rapporti tra Inghilterra e Birmania, è uscita dal Commonwealth. Il 31 dicembre 1947 è entrata in vigore la nuova costituzione, in base alla quale i legami della Birmania con l'Inghilterra sono definiti "di completa libertà, uguaglianza e indipendenza".
Il Siam (che dal 1° luglio 1939 fino al settembre 1945 aveva assunto ufficialmente il nome di Tailandia), nell'accordo stipulato a Tōkyō il 1° marzo 1941 ottenne, in restituzione dall'Indocina Francese (Laos e Cambogia), tutte le terre sulla destra del Mekong a monte di Ztung Treng e inoltre la provincia di Battambang e di Siemreap esclusa Angkor (circa 70.000 kmq. e 800.000 ab.). Il parlamento siamese, nell'ottobre 1946, ha deciso di render nullo l'accordo di Tōkyō e di restituire le province che erano state coattivamente cedute dalla Francia.
In Indocina, la Francia ha riconosciuto (marzo 1946) l'indipendenza del Vietnam (Tonchino e Annam) nel quadro d'una Federazione indocinese (della quale fanno parte, oltre alla Cocincina e al Vietnam, anche il Laos e il Cambogia, retti da sovrani amici della Francia) e in quello più ampio dell'Unione francese. I paesi Moi, inclusi nell'Annam, formeranno invece un territorio associato, essendo a un grado più arretrato di sviluppo.
A partire dal 1° febbraio 1948 si è costituita la Federazione Malese, che comprende 9 sultanati (Selangor, Perak, Negri Sembilan, Pahang, federati dal 1896; Johore, Kedah, Kelantan, Trengganu, Perlis) e inoltre gli stabilimenti di Penang, Malacca e Dindings. Invece Singapore, che faceva parte degli Stabilimenti dello Stretto, diventa una colonia della corona, avente alle sue dipendenze le isole Cocos e Christmas e il sultanato di Brunei.
Sarawak, che era un protettorato britannico, è diventata colonia (1° luglio 1946) e così il Borneo settentrionale (15 luglio 1946), al quale è stata unita l'isoletta di Labuan (che era già colonia britannica).
Quanto alle Indie Olandesi, l'accordo del 15 novembre 1946, stipulato a Cheribou prevede che gli Stati Uniti dell Indonesia (composti dalla repubblica indonesiana - di cui fanno parte Giava, Sumatra, Madura - dal Borneo olandese e dai territorî orientali, cioè Celebes, le isole della Sonda, le Molucche, la Nuova Guinea), a partire dal1" gennaio 1949 formeranno uno stato sovrano su base democratica e federale, nell'ambito dell'Unione olandese-indonesiana, a capo della quale sarà la regina d'Olanda.
Le Filippine - in base alla legge statunitense del 24 marzo 1934 costituiscono, a partire dal 4 luglio 1946, una repubblica indipendente.
La capitolazione del Giappone (2 settembre 1945) ha dato luogo a numerose modificazioni territoriali nell'Asia Orientale. In primo luogo la Cina è stata di nuovo unificata. Nel maggio 1946, dopo quasi 8 anni e mezzo di abbandono, Nanchino è ritornata ad essere la capitale, sede del governo nazionale, emanazione del Kuo-min-tang. Ad esso obbedisce ora tutta la Cina, eccettuata la repubblica comunista di Yen-an. Formosa, che era stata ceduta dalla Cina al Giappone nel 1895, è stata restituita alla Cina nel 1945 insieme con le sue dipendenze (isole dei Pescatori e Spratley). La metà meridionale dell'isola di Sachalin (36.090 kmq. e 415 mila ab.) nel settembre 1945 è entrata a far parte della repubblica russa, insieme con le isole Curili (10.100 kmq. e 4.400 ab.). La corea è occupata, in parte dalla Russia (a N. del 38° N.: 124.000 kmq. e 8,2 milionì di ab.), che vi ha proclamato la Repubblica popolare coreana e in parte dagli Stati Uniti (a S. del 38° N.: 96.000 kmq. e 14,5 milioni di ab.), che tendono a formare uno stato indipendente.
Per la Manciuria, che avrebbe dovuto esser sgombrata dai Russi e ridiventare cinese, dopo un breve periodo di larvata indipendenza (1932-45), un accordo tra Cina e URSS (agosto 1945) dispone la gestione in comune della ferrovia orientale cinese e della ferrovia sudmanciuriana, l'utilizzazione in comune della base navale di Port Arthur, la costituzione di Dairen in porto franco internazionale. Anche il Kuan-tung, in affittanza al Giappone fino al 1997, è stato restituito alla Cina nel 1945.
La Mongolia Interna, la quale aveva proclamato la sua indipendenza nell'aprile 1934, subì fortemente l'influenza giapponese e istituiti i governi autonomi del Chahar e del Sui-yüan, nel dicembre 1937, venne creato il consiglio federale della Mongolia Interna, che assunse il nome ufficiale di Meng Kiang (436.800 kmq. e 5.400.000 ab., capit. Hohohoto). Ora vi è stata riaffermata l'autorità della repubblica cinese.
La Mongolia Esterna, in seguito ad un plebiscito che ha avuto luogo nel 1945, si è proclamata indipendente. Essa si era staccata, fin dal 1912, dalla Cina e dal 1924 si reggeva sotto forma di repubblica popolare, fortemente influenzata nelle sue istituzioni dall'URSS.
Al margine NE. della Mongolia, la repubblica di Tannu Tuva comprendente il bacino superiore del Jenissei, indipendente dal settembre 1921, nel 1945 è stata aggregata alla repubblica russa.
Invece il Sin-kiang, in seguito al trattato cino-sovietico del 14 agosto 1945, è ritornato alle dipendenze della Cina, essendosi le autorità sovietiche disinteressate di esso.
Infine, nell'Unione Sovietica la repubblica russa ha ceduto alla Georgia la repubblica autonoma di Kabardia-Balkaria e la repubblica autonoma di Karačaev. Sono state abolite le repubbliche dei Calmucchi (ottobre 1945) e dei Ceceni-Ingusci (fin dal 1943)
Condizioni economiche (IV, p. 875; App. I, p. 170). - L'economia asiatica ha subìto il contraccolpo della seconda Guerra mondiale che ha chiuso per alcuni anni agli scambî i mercati orientali ed ha visto occupati dai Giapponesi alcuni dei territorî più ricchi di piantagioni e miniere (Indonesia, Indocina, penisola di Malacca). La produzione agricola, rispetto alla produzione totale, continua ad essere elevata per il riso (95,7%), il tè (99%), il caucciù (97%), la juta (96,2%) e per alcune piante oleose, come la soia (90,2%), la colza (92,4%), il sesamo (90,3%), le arachidi (73%), la copra (79%), la canfora, la cannella, il pepe. La palma da olio, che dava finora frutti spontanei, è stata diffusa in questi ultimi anni in piantagioni regolari nell'isola di Sumatra (92.000 ha. nel 1940 con una prod. di 230.000 t. di olio; 1930: 48.000 t.). La coltivazione del tè si è andata diffondendo, oltre che nei paesi tradizionali (India, Cina, Ceylon, Indie Olandesi, Giappone) anche nel Caucaso occidentale, dove occupa 50.000 ha. in Grusinia, a N. della valle del Rion (di contro a soli 15.000 ha. nel 1930). La coltura del cotone è passata nell'Asia Russa (specie nell'Uzbekistan, con centro Taškent, nel Fergana e lungo il corso del Syr-darja) da 690.000 ha. nel 1913 a 2, 1 milioni nel 1940, con una produzione di 870.000 t. di fibra di cotone (Stati Uniti: 2,4 milioni). Per i bozzoli e per la seta l'Asia continua a mantenere di gran lunga il primato, con il 94,9% della produzione mondiale (media anni precedenti la seconda Guerra mondiale: 402.200.000 kg. - dei quali 100.000.000 Cina e 19.700.000 URSS - su una produzione totale di kg. 521.900.000). Nel campo minerario l'Asia mantiene il primato per i minerali di stagno (69,6%) e di tungsteno (65,6); inoltre partecipa per valori considerevoli alla produzione di carbone (23,8) e di petrolio (17,9), attribuendo all'Asia tutta la produzione dell'Unione Sovietica. Per il petrolio, ai giacimenti già noti si sono venuti ad aggiungere quelli dell'Arabia Sa‛ūdita (pozzi di Abu Hadriya e di Damnan), il cui prodotto sarà convogliato al Mediterraneo mediante un oleodotto di 1600 km., che metterà capo al litorale palestinese.
L'industria, specie quella tessile (tessuti di cotone, manufatti di juta, rayon), meccanica e siderurgica, ha continuato a progredire in Turchia, India, Asia russa e Giappone. Ma la guerra ha poi arrestato lo sviluppo industriale di quest'ultimo paese; la commissione per l'Estremo Oriente ha infatti suggerito di lasciare al Giappone una capacità massima di 2 milioni di t. di ferro e di 3,5 di acciaio all'anno; la capacità degli elettrogeneratori verrà ridotta in modo da non superare 2,1 milioni di kW. Nel campo della produzione chimica sono stati fissati i quantitativi massimi per il cloro, per la soda caustica, per la soda Solvay, coll'intesa che verranno smontati e distribuiti ai vincitori tutti gli impianti che portano a superare la produzione fissata.
L'Unione Sovietica ha dedicato grandi cure ai suoi territorî artici. Fondato nel 1928 l'Istituto Artico, qualche anno dopo venne creato l'Ufficio superiore della navigazione artica (Glavsevmorput), il quale ha provveduto a creare un servizio normale di navigazione nei mesi estivi. È stata anche creata una flotta polare e una serie di porti artici allo sbocco dei maggiori fiumi: Novyj Port sull'Ob, Porto Dickson sul Jenissei, Port Tiksi sulla Lena. Son sorte anche piccole cittadine industriali, come Igarka sul Jenissei a 600 km. dal mare, passata da 43 ab. nel 1928 a 20.000 nel 1938. Per l'approvvigionamento di tali centri vengono studiate e prodotte nuove varietà di cereali e di ortaggi, atte a prosperare in climi rigidissimi.
Comunicazioni ferroviarie, stradali ed aeree (IV, p. 882; App. I, p. 171). - Alla fine del 1936 l'Asia poteva contare su 166.000 km. di ferrovie, cifra che corrisponde ad una densità di 0,4 km. ogni 100 kmq. e di appena 1,4 km. ogni 10.000 ab. In seguito sono state costruite varie linee, di cui saranno ricordate le principali.
Nella Russia, paese per il quale si hanno in molti casi notizie imprecise e frammentarie, si è in primo luogo provveduto al raddoppio della ferrovia transiberiana, per valorizzare il territorio della Siberia orientale, compreso tra il lago Baikal e la costa del Pacifico, dove sono stati creati nuovi centri industriali, come Komsomolsk sull'Amur. Dato che l'antica linea, per più di 1500 km., corre ad appena 80 km. dalla frontiera cinese, si è provveduto a costruire una nuova linea (km. 4000) la quale si stacca dalla transiberiana presso Traishet a SE. di Krasnojarsk e, toccando Ustkuts sulla Lena, passando a N. del Baikal attraverso regioni montuose in precedenza quasi inesplorate, raggiunge Komsomolsk, da dove prosegue fino al porto di Sovietskaja Gavan', sul canale di Tartaria. Alcuni raccordi collegano la nuova linea alla transiberiana; i tre principali sono il tronco Kkabarovsk-Komsomolsk lungo l'Amur, il tronco che segue la valle della Bureja e quello da Dambuti a Tigda.
Varie nuove linee sono state costruite nel Vicino Oriente. Nel luglio 1940 con l'apertura del tronco tra Balgi e Tell Kučük (nell'‛Irāq) è stata ultimata l'importante linea ferroviaria di Baghdād (o ferrovia del Tauro), la cui costruzione era stata cominciata nel 1903 per iniziativa tedesca. Con un tragitto di 2400 km. essa unisce Haidar Pascià (sul Bosforo, di fronte a Istanbul) con Bassora (sul Golfo Persico). Il 26 agosto 1938 è stata aperta al traffico la ferrovia transiranica, che congiunge il Golfo Persico al Caspio. Essa misura 1394 km., di cui 84 costituiti da gallerie (in numero di 224) e 9 di ponti. Si è pure iniziato il lavoro per collegare Teherān con Tabriz e con Meshhed. Verso Tabriz è già stato aperto il tronco Teherān-Kazvin-Zingian (km. 315) e verso Meshhed la Teherān-Semnah-Damghān-Sharud (km. 314).
Nella primavera 1942 è stato aperto il tronco ferroviario che collega Tripoli di Siria con Caifa, permettendo agevoli comunicazioni tra la Turchia asiatica, la Siria, la Palestina e l'Egitto lungo la costa mediterranea. Nel gennaio 1940 è stata pure aperta la nuova strada (225 km.), che unisce Ismailia (sul Canale di Suez) a Gerusalemme, traversando la penisola di Sinai. In Turchia, oltre a varie altre linee che in territorio asiatico formano una rete di 7500 km., è stato inaugurato il tronco che unisce Diyarbekir a Batman, tronco della ferrovia che dovrà giungere fino al confine iracheno.
Quanto alle comunicazioni stradali la guerra ha dato impulso alla costruzione di molte nuove arterie, aventi carattere strategico oppure indispensabili per provvedere ai rifornimenti delle truppe. La Cina, dopoché i Giapponesi ebbero occupato alcuni dei suoi porti meridionali, si è trovata nella necessità di provvedere ai rifornimenti alimentari e bellici attraverso la Birmania. Da Lashio, capolinea settentrionale della ferrovia a scartamento ridotto che parte da Rangoon (aperta già nel 1901) è stata costruita (e aperta al traffico nel novembre 1938) una nuova strada (1164 km.) che, passando per Nam Khan e Talifu, mette capo a Yunnanfu (ora Kuen Ming). Era anche in progetto la costruzione d'una linea ferroviaria che da Lashio avrebbe dovuto giungere al Yünnan, ma di essa è stato costruito soltanto qualche tronco.
Merita menzione pure la galleria subacquea (km. 8), aperta nel 1941 tra Shimonoseki nell'isola di Hondo e Maji nell'isola di Kiushiu (Giappone), la quale sarà percorsa pure da convogli ferroviarî (linea Tōkyō Nagasaki).
La rete aerea ha subìto modificazioni di vario genere, in conseguenza degli avvenimenti politici. Nell'Unione Sovietica le linee aeree continuano a trovare largo impiego per lo stato ancora arretrato delle comunicazioni ferroviarie e per la necessità di superare grandi distanze. Condizioni favorevoli ai trasporti aerei si presentano pure nella Cina. L'India, l'Indocina, l'Indonesia sono collegate all'Europa da linee celeri, che abbreviano di molti giorni il viaggio, evitando la traversata del Mar Rosso. Lungo la rotta Mediterraneo-Medio Oriente-Golfo Persico ed anche più a settentrione, attraverso l'Europa centro-orientale e la Turchia volano gli apparecchi diretti all'Estremo Oriente, alle Indie Olandesi e all'Australia (linee inglesi e olandesi). Scomparse le linee giapponesi, si assiste all'espansione aeronautica dell'America (Pan American World Airways), che esercita linee per Shanghai, Manila, Calcutta, Tōkyō.
Storia.
Asia Anteriore. - L'Asia Anteriore limitata dal Mediterraneo orientale, dal Mar Rosso, dal Golfo Persico, dal Hindukush afghano, dal Caspio e dal Mar Nero (dovrebbe chiamarsi Vicino Oriente, ma da qualche tempo si suol dire, impropriamente, Medio Oriente, la quale denominazione ha assorbito anche le espressioni di Levante e Vicino Oriente) nel decennio 1938-48 ha visto gli sviluppi della questione araba, anche in rapporto con gli Ebrei di Palestina, la cresciuta pressione russa sui territorî turchi e persiani, un arretramento delle posizioni britanniche, il ritiro della Francia dai paesi del Levante (Siria e Libano) e una partecipazione sempre più attiva e decisiva degli Stati Uniti d'America.
La seconda Guerra mondiale ha accelerato gli sviluppi iniziati a seguito della prima e causato squilibrî e nuovi tentativi di equilibrio anche in questa parte del mondo. A uno sguardo d'insieme appare che le zone nevralgiche della situazione politica non sono più a sud (Canale di Suez, Mar Rosso) come nel 1936-38, ma piuttosto a nord (Dardanelli, Caucaso, Mar Caspio), pur restando a sud punti di attrito e situazioni incerte (Palestina, ritiro delle truppe inglesi dall'Egitto) che vanno maturando.
La questione araba ha attraversato nuove fasi. Il Libano e la Siria hanno conseguito la completa indipendenza negli anni 1941 -45 in circostanze favorevoli offerte dalla guerra mondiale. Il mandato britannico in Palestina è cessato il 15 maggio 1948; la spartizione del paese in due stati, uno arabo e uno ebraico, deliberata dalle N.U. nel novembre del 1947, non è stata accettata dagli stati arabi, che il 15 maggio invasero la Palestina venendo a guerra con gli Ebrei. La Transgiordania, elevata a regno nel 1946 è diventata uno stato arabo indipendente, ma molto strettamente legato per accordi con la Gran Bretagna. Sei stati arabi (Libano, Siria, ‛Irāq, Egitto, Arabia Sa‛ūdiana, Yemen, quest'ultimo dal 1947) fanno parte delle N.U. ed hanno la possibilità di far sentire la loro voce nei consessi internazionali come mai era avvenuto prima d'ora; la Transgiordania non è stata ammessa nelle N.U. per il veto della Russia, la quale ritiene che non abbia tutti i requisiti dell'indipendenza. I sette stati arabi, seguendo una linea politica già tracciata dalle origini del loro risorgimento tendente a una sempre maggiore unione, si sono accordati con il protocollo di Alessandria del 7 ottobre 1944 per formare una Società degli stati arabi o Lega araba alla quale hanno effettivamente dato vita con la firma del patto del Cairo del 22 marzo 1945.
Non è da attendersi dalla Lega (per la cui azione v. araba lega, in questa App.) un processo di unificazione dei paesi arabi e neppure di una confederazione, essendo troppo sensibili le differenze e i contrasti; ma notevole potrà essere ancora in avvenire la sua influenza nell'appoggiare rivendicazioni nazionalistiche, sia nei paesi prettamente arabi, sia in quelli di cultura araba e di religione musulmana anche fuori dell'Asia come nell'Africa settentrionale, dalla quale partono verso la Lega appelli di fraternità e di solidarietà.
A nord degli stati arabi la repubblica di Turchia ha continuato nello sforzo di modernizzazione e di occidentalizzazione avviate dal primo presidente Atatürk (morto nel 1938), favorendo la formazione di una coscienza nazionale; ha migliorato la sua attrezzatura economica, fondato industrie, perfezionato le comunicazioni sia per la difesa militare, sia per le esigenze civili ed economiche. Durante la seconda Guerra mondiale la Turchia, mantenendosi neutrale, si è salvata da rovine materiali e da scosse interne, agendo con accortezza diplomatica tra le parti contendenti; ma alla fine della guerra ha dovuto affrontare una difficile situazione internazionale che si riassume nella pressione della Russia, tendente ad ampliare a sud e ad ovest la sua fascia di sicurezza, e nell'opposto sforzo dell'occidente, guidato dall'America, di contenere tale espansione nei limiti di un equilibrio mondiale. Mentre, aiutata dall'America, resiste alla pressione russa, la Turchia cerca di stabilire buoni rapporti con i vicini arabi e ha già concluso accordi di collaborazione con l'‛Irāq e la Transgiordania. La questione di Alessandretta, ceduta alla Turchia dalla Francia nel 1939, è ancora di ostacolo allo stabilimento di cordiali relazioni con la Siria. La Persia si trova in condizioni analoghe a quelle della Turchia per le stesse ragioni. La Russia la invase nel 1941 insieme con gli Alleati e, al momento di ritirarsi, nel 1945, fece sorgere nell'Azerbaigian persiano (Tebriz) un movimento autonomista e secessionista aiutato da elementi dell'Azerbaigian caucasico (Baku), che mise a dura prova l'autorità del governo centrale di Teherān. Il moto fu represso militarmente nel 1946, ma le relazioni russo-persiane restano tese; l'imposizione russa di un accordo per la concessione di una zona petrolifera nelle provincie settentrionali è stata annullata dal voto contrario del parlamento (maǧlis) persiano e la Persia si è mostrata disposta ad accettare aiuti americani per superare la sua crisi e migliorare gli armamenti.
L'Afghānistān ha risentito meno delle vicende della guerra mondiale e si mantiene in equilibrio tra l'influenza russa e britannica. Il sorgere del nuovo stato di Pakistan alle sue frontiere orientali pone il problema delle future relazioni tra di loro nella zona di incontro tra l'Asia Anteriore, l'India e il lontano oriente.
I paesi del Vicino Oriente sono divisi da differenze notevoli di ambiente, razza, interessi economici, politici e dinastici; ma sono uniti da vincoli di religione, di cultura e di tradizioni per cui sono portati a collaborare, soprattutto quando siano in gioco comuni interessi. Qualche aggruppamento si è avuto in passato e altri sono stati effettuati recentemente. Per il passato conviene ricordare: l'alleanza araba tra ‛Irāq, Arabia Sa'ūdiana e Yemen stretta nel 1936 e il Patto orientale o di Sa'dabad firmato a Teherān nel 1937 tra Turchia, ‛Irāq, Persia e Afghānistān. Non può dirsi che tali patti abbiano avuto qualche efficacia pratica al di là della formale enunciazione della volontà di procedere d'accordo nell'interesse dei paesi contraenti; in pratica la seconda Guerra mondiale non diede occasione all'applicazione dei principî enunciati, ed ogni paese seguì la politica che il momento suggeriva ad ognuno particolarmente; si deve alla sagacia politica britannica se il Vicino Oriente, fuor che nell'episodica rivolta irachena del 1941, secondò più l'azione degli Alleati che quella dei loro avversarî. Attualmente, oltre la Lega araba, va rilevata la tendenza a ricostituire una specie di patto orientale con la cooperazione, in parte già in atto, tra gli stati della Lega araba e la Turchia, alla quale potrebbe unirsi la Persia assillata da preoccupazioni simili a quelle della Turchia. Un simile patto non potrebbe essere che in funzione antirussa; in situazioni mutate da quelle di oggi potrebbe formarsi un blocco asiatico autonomo con politica asiatica indipendente. Un pitl limitato programma ha il progetto della Grande Siria, che dovrebbe conglobare Libano, Siria, Transgiordania e Palestina e, a detta dei Sionisti e degli Arabi più moderati, risolverebbe il problema sionista, accogliendo in un grande stato arabo un'utile e attiva minoranza ebraica.
La recente costituzione in India (dal 15 agosto 1947) di due nuovi stati indipendenti, entrati a far parte dei dominions del Commonwealth britannico, avrà forse conseguenze a non vicina scadenza anche sull'Asia Anteriore.
Nella primavera del 1947 si tenne a Nuova Delhi una conferenza asiatica alla quale presero parte i delegati di tutti i paesi del continente; in essa Jawāharlāl Nehrū, presidente della conferenza e, di lì a poco, capo del governo della libera India, dichiarò che gli Asiatici rifuggono da ogni nazionalismo e sono favorevoli alle N.U. e alla formazione di un mondo unito, ma soggiunse che l'India si fa promotrice di un movimento d'unione tra i paesi del continente asiatico. In verità l'Asia è appena entrata ora nella fase dei nazionalismi, dopo essere stata a ciò preparata dall'esperienza e dall'esempio dell'occidente, e la solidarietà asiatica è, più che un sentimento supernazionale, un'arma di polemica e di propaganda nell'interesse dei popoli singoli e di quelli che aspirano ad acquistare una posizione preminente. L' India di oggi e dell'immediato domani sembra, meglio della Cina, destinata ad assumere l'eredità del Giappone nel movimento panasiatico.
Non va dimenticato tuttavia che l'Asia (e specialmente il Vicino Oriente) ha scarsa libertà d'azione, trovandosi stretta nell'antagonismo tra l'URSS e l'occidente europeo ed americano.
La Russia negli ultimi anni non solo ha accresciuto il potenziale militare e il prestigio politico con espansioni territoriali e la vittoria nella seconda Guerra mondiale, ma per altre vie ha aumentato le possibilità di influenza nel Vicino Oriente. Tra l'altro è da considerare che essa dal 1921 ad oggi ha sviluppato pur russificandole e sovietizzandole, le nazionalità del Caucaso. I Turchi azeri dell'Azerbaigian caucasico costituiscono una repubblica sovietica federata e hanno in Baku un centro di grande attività industriale e anche culturale con una università e una accademia delle scienze; gli studî turchi vi sono coltivati insieme con gli studî arabi e persiani; anche l'arte ha fatto progressi e spesso si ispira a motivi orientali; da Baku partì nel 1926 il movimento per la latinizzazione dell'alfabeto turco che, con modificazioni, influì sull'introduzione dell'alfabeto latino in Turchia due anni dopo. In Armenia, se le notizie di varia fonte non ingannano, il progresso materiale e tecnico degli ultimi venti anni è stato tanto notevole da trasformare il paese ed allettare al ritorno migliaia di Armeni viventi all'estero. In Georgia il capoluogo di Tiflis è centro di studî e di ricerche favorito dalla locale accademia delle scienze. Situate ai confini della Turchia e della Persia, le tre repubbliche caucasiche dell'Azerbaigian, dell'Armenia e della Georgia forniscono elementi per la propaganda nei vicini paesi e dànno argomenti e pretesti a movimenti di infiltrazione e a rivendicazioni anche territoriali al servizio della politica russa. Si è visto nel 1945-46 come gli Azeri di Baku abbiano avuto una parte attiva nel suscitare e guidare il movimento di secessione dell'Azerbaigian persiano e del Kurdistān, e da Erivan e da Tiflis sono partite le richieste per la restituzione dei distretti di frontiera anatolici di Kars e Ardahan, e anche più in là, nella cosiddetta Armenia turca e nella inesistente Georgia turca. Anche la politica religiosa seguita negli ultimi anni, durante la guerra e dopo, dal governo sovietico verso la chiesa ortodossa russa e armena e verso i musulmani gli ha fatto guadagnare qualche simpatia in ambienti interessati del Vicino Oriente.
Tra i fatti più significativi è da segnalare la visita fatta a Gerusalemme nel 1945 dal patriarca russo ortodosso Alessio, che arrivò fino in Egitto e fu ricevuto dal re Fārūq. Nel 1946 si tenne a Ečmiadzin in Armenia un congresso nazionale ecclesiastico armeno per l'elezione del nuovo patriarca armeno ortodosso e il governo sovietico agevolò il viaggio di diciassette delegati da tutte le parti del mondo. Qualunque possa essere la verità sulla politica religiosa dei sovieti, sta il fatto che le sue manifestazioni hanno impressionato i fedeli ortodossi e che quella politica, con la concomitanza della vittoria militare, ha elevato il prestigio russo nel Levante; e non mancano preti ortodossi armeni o greci che persino in America svolgono propaganda a favore della Russia, ricollegandosi, dopo una breve parentesi aperta dalla rivoluzione dell'ottobre 1917, a una corrente panortodossa o panrussa che ha radicate tradizioni.
Anche nel mondo musulmano la Russia cerca di riacquistare simpatie e nel 1947 ha mandato una delegazione di musulmani dell'URSS in Arabia Sa‛ūdiana ed in Egitto per ristabilire relazioni con gli enti religiosi e culturali musulmani.
L'ideologia comunista non trova aderenti numerosi nel Vicino Oriente sia perché manca il terreno adatto, sia perché i governi locali non ne permettono la diffusione; tuttavia, qualche effetto essa ha avuto in centri operai e in ambienti intellettuali: in Turchia, in Persia e nel Libano. Nel complesso però la propaganda sovietica nel Vicino Oriente non si esplica tanto nel dar vita a partiti comunisti (solo nel Libano ne esiste uno) quanto nel dar impulso a organizzazioni operaie e soprattutto nell'atteggiarsi a vindice dei popoli oppressi e sfruttati dal capitalismo occidentale.
L'Occidente, benché abbia perduto terreno, è ancor oggi attivo in queste regioni con la sua influenza, diretta o indiretta, materiale e morale, e ha una funzione da compiere a beneficio di quei popoli e nel proprio interesse. L'Occidente europeo ha abbandonato posizioni di predominio in varie parti; la Francia ha lasciato il Levante; l'Inghilterra ha ridotto le basi in quasi tutto il territorio, dall'India alla Palestina e all'Egitto, e si preoccupa di difendere gli interessi economici nella Persia meridionale e nel golfo Persico, mentre tiene saldo piede nell'Arabia meridionale. All'eclissi dell'influenza europea fa riscontro l'accresciuto intervento americano che è avvertibile in Persia e in Turchia, nel golfo Persico e nel Mediterraneo orientale. Anche nella questione della Palestina gli Stati Uniti hanno portato contributi decisivi, prima associandosi alla Gran Bretagna in una inchiesta, poi facendo deferire il problema alle N.U., quindi facendo approvare da queste (nel novembre 1947, d'accordo con la Russia e con il plauso degli Ebrei) un progetto di spartizione e proponendo la sospensione del progetto (nel 1948, invece, con il parere contrario della Russia e con il biasimo degli Ebrei d'America e di tutto il mondo). Infine, nel maggio 1948, hanno riconosciuto insieme con l'URSS lo Stato d'Israele. Invece l'Inghilterra si è astenuta dal riconoscere il nuovo stato, sostenendo visibilmente gli Arabi contro gli Ebrei nei primi scontri armati del maggio-giugno 1948.
È in corso nel Vicino Oriente, come in tutto il mondo antico, in Europa come in Asia, l'antagonismo tra le due forze attualmente preponderanti: l'americana e la russa. La Russia tende a un'espansione in nome di una sicurezza che non trova facilmente limiti; l'America vigila alla difesa degli estremi baluardi contro quello che teme sia un piano di sovietizzazione di tutta l'Europa e di tutta l'Asia e, come aiuta la Grecia sul confine con la Bulgaria, la Iugoslavia e l'Albania, appoggia la Turchia e la Persia a contenere la pressione russa sul Mar Nero, sul Caucaso e sul Caspio. La Russia ha posizioni di vantaggio territoriali, l'America ha abbondanza di mezzi e va perfezionando nell'esperienza i sistemi di una nuova politica mondiale.
Culturalmente il Vicino Oriente è stato preparato da circa un secolo ad accogliere il concorso e l'insegnamento dell'occidente. Vi sono centri di cultura francese (in Egitto, nel Libano, con l'università cattolica dei gesuiti a Beirut) e inglese (in Egitto e in tutti i paesi arabi; il British Council ha sezioni attive in Turchia ed in Persia) e americana (università protestante di Beirut, College dei gesuiti a Baghdād, una facoltà al Cairo). Dal canto loro i paesi del Vicino Oriente hanno dato impulso a istituzioni culturali, assimilando metodi di studio occidentali; le università di Istanbul, Ankara (dal 1936), Cairo, Alessandria (dal 1941), Damasco, Baghdād, Teherān (dal 1934), Kabul, e le due di Beirut provvedono alle esigenze della istruzione superiore, giovandosi anche dell'opera di insegnanti europei (molti ebrei tedeschi dopo il 1935 furono assunti presso le università di Istanbul e di Ankara). L'università ebraica di Gerusalemme è diventata centro importante di studî semitici, anche arabi. Accademie scientifiche, linguistiche, storiche e letterarie sono sorte dal 1930 in poi in Turchia, in Egitto, in Persia e in Afghānistān; si fanno scavi archeologici, si pubblicano testi sviluppando il lavoro di esplorazione e di ricerca iniziato da archeologi ed orientalisti europei nel secolo scorso. Ancora notevole è il numero di studenti del Vicino Oriente che frequentano le università e gli istituti di specializzazione europei ed americani; ma la Guerra mondiale con le sue conseguenze ne ha diminuito l'afflusso e modificato le mete; la maggior parte, infatti, si indirizza verso l'America, specialmente per gli studî tecnici superiori.
L'economia del Vicino Oriente, prevalentemente rurale, è suscettibile di graduale miglioramento. Dei trenta milioni di abitanti dell'oriente arabo circa venti sono rurali; l'aumento della popolazione e la scarsità dell'area coltivabile (trenta milioni nell'oriente arabo costituito dal Fertile Crescent [cioè Libano, Siria, Palestina, Transgiordania e ‛Irāq, una specie di arco intorno al deserto di Siria], e dall'Egitto, senza tener conto della penisola araba) richiedono un perfezionamento dei metodi di coltura, l'estensione della irrigazione e la migliore ripartizione e assegnazione delle terre, l'elevazione del tenore di vita e delle condizioni sanitarie dei lavoratori agricoli e la lotta contro il flagello delle locuste. Analoga è la situazione in Turchia ed in Persia. Vi sono anche possibilità di impianti industriali come è stato fatto in Turchia, in Persia, in Egitto e in Palestina prima e durante la seconda Guerra mondiale per la favorevole congiuntura; la necessità di attività industriali è sentita più che altrove in Egitto, dove si ha già una eccedenza di due milioni di lavoratori rurali.
I mezzi per l'industrializzazione, oltre che da capitali locali potranno essere forniti dall'estero. Durante la seconda Guerra mondiale il Vicino Oriente conseguì benefici notevoli per crediti derivanti da forniture di mezzi e manodopera agli Alleati. Alla fine della guerra la Gran Bretagna era debitrice all'Egitto ed al Sudan per 470 milioni di sterline, all'‛Irāq per 100 milioni, alla Palestina per 150 milioni; accordi finanziarî sono stati conclusi nel 1947 con l'Egitto e l'‛Irāq per la rateizzazione di questi crediti. In Persia e in maggior misura in Turchia crediti americani sono destinati non solo a rafforzare il potenziale militare, ma anche a migliorare le condizioni economiche.
Altra fonte importante di redditi per l'economia del Vicino Oriente sono le concessioni petrolifere: il petrolio persiano, iracheno ed arabo è diventato uno dei fattori principali della politica e dell'economia nell'Asia Anteriore. La Gran Bretagna ha interessi prevalenti nella Persia meridionale e nell'‛Irāq; la Francia partecipa nella misura del 23,75% al petrolio di Mossul; gli Stati Uniti predominano nel Golfo Persico. Si attribuisce ad essi l'intenzione di intensificare lo sfruttamento dei petrolî del Vicino Oriente e economizzare le riserve in patria. Altri campi non ancora sfruttati si trovano nella Persia settentrionale lungo le coste del Caspio, e sono oggetto di mire della Russia. I maggiori proventi delle imprese petrolifere toccano al capitale americano, inglese, francese, olandese e internazionale e ai governi interessati direttamente nelle società; tuttavia la Persia, l'‛Irāq, l'Arabia Saūdiana e i sultani del Golfo Persico ricevono percentuali sul petrolio estratto o lavorato e agevolazioni per l'acquisto del petrolio per il consumo interno, altri paesi ricevono compensi per il transito degli oleodotti sul loro territorio; inoltre è da considerare il provento dell'impiego di manodopera e di lavori adatti a promuovere iniziative economiche e a curare l'incivilimento e il miglioramento delle comunicazioni e delle colture agricole (v. anche Petrolio, in questa App.).
Bibl.: R. Brockelmann, Geschichte der islamischen Völker und Staaten, Monaco-Berlino 1939; A. Giannini, L'ultima fase della questione orientale, 2ª ed., Milano 1941; F. Taeschner, Geschichte der arabischen Welt, Heidelberg 1944; E. Migliorini, Pubblicazioni geografiche recenti sull'Asia, in Boll. Soc. geogr. italiana, luglio-ottobre 1947, pp. 190-202; E. Rossi, Documenti sulla origine e gli sviluppi della questione araba (1875-1944), Roma 1944; D. Warriner, Land and Poverty in the Middle East, Londra 1948; A. Bonn, The Economic Development of the Middle East, Londra 1945; Cyrus H. Gordon, Lands of the Cross and Crescent, Ventnor 1948; A. H. Hourani, Minorities in the Arab World, Londra, 1947; L. Veccia Vaglieri, Il petrolio nel Vicino Oriente, in Oriente Moderno, XXI, 1941; Phl. Price, Soviet Azerbaijan, in Journal of Central Asian Society; Oriente Moderno, XVIII-XXVIII, 1938-48; Cahiers de l'Institut d'Études de l'Orient contemporain, I-X, 1945-48.
India ed Asia Centrale. - Il grande subcontinente indiano, aperto verso il mare, separato dal resto dell'Asia da montagne impervie o da centinaia di km. di zone semidesertiche, ha avuto ed ha una storia a sé, scarsamente influenzata dagli avvenimenti del continente. È perciò che la storia dell'India è tuttora principalmente storia dei suoi avvenimenti interni; né le sue lotte politiche hanno avuto profonda influenza sulle ideologie della rimanente Asia. D'altra parte gli avvenimenti indiani fino al 1947 sono stati intimamente connessi (sia pure in senso ostile) con gli sviluppi e le peripezie del Commonwealth britannico. Con la raggiunta indipendenza, i rapporti con gli altri territorî asiatici dovrebbero sensibilmente aumentare, anche se ferree leggi geografiche legano l'economia indiana alle vie del mare piuttosto che alle vie terrestri. Non è questo il luogo per ricordare le vicende della lotta per l'indipendenza indiana (v. india, in questa App.). Basti menzionare che dopo l'effimero esperimento costituzionale del 1937-39 la lotta riprese, mantenendosi più o meno nel campo della non-violenza, per tutto il periodo della seconda Guerra mondiale, ottenendo alla fine di essa il risultato sperato. Ma il prezzo fu ben caro, perché i musulmani indiani, nel frattempo, avevano trovato la loro via in tutt'altra direzione, orientandosi verso la formazione di un loro organismo statale separato.
Il 15 agosto 1947 con una cerimonia solenne i due stati indiani (Unione dell'India e Pakistan) davano inizio alla loro vita. Uno dei primi atti fu lo scambio di rappresentanze diplomatiche con quasi tutti i paesi dell'Asia e con le principali potenze europee ed americane. L'India si inseriva così anche formalmente nella vita internazionale. All'interno la crisi di assestamento fu profonda e dolorosa. Si ebbe una lunga serie di violenze e di aggressioni ai danni delle minoranze, che causarono decine di migliaia di vittime cacciando dalle loro case milioni di persone. La vittima più illustre di questa crisi fu Gandhi, assassinato a Delhi il 30 gennaio 1948 da un fanatico ortodosso indù. Con la morte del padre spirituale dell'indipendenza indiana si chiude per l'India l'epoca della lotta per l'indipendenza e si apre un nuovo periodo: quello della sua vita nazionale, sia pure divisa in due organismi separati. Nel settembre 1948 si svolse la breve campagna per costringere lo stato di Haiderabad ad entrare nell'Unione.
L'abbandono delle posizioni inglesi in India trasse con sé un riassestamento di tutte le relazioni con i paesi minori circostanti. Il Nepal, sempre rimasto indipendente, cominciò cautamente a riformare le sue antiquate istituzioni ed entrò in relazioni diplomatiche, oltre che con l'Inghilterra anche con altre nazioni. Il Bhutan rimase come prima chiuso ad ogni straniero. Cevlon, con mezzi pacifici e dopo aver mantenuto sempre rapporti cordiali con l'Inghilterra, ottenne lo stato di dominion. La Birmania, sconvolta profondamente dalla guerra ed in cui erano penetrati a fiotti le nuove ideologie di provenienza giapponese prima e sovietica poi, non poteva assolutamente ritornare allo stato di colonia. Dopo un breve quanto necessario periodo di assestamento e ricostruzione, la sua indipendenza fu riconosciuta, ed ai primi del 1948 la repubblica birmana cominciò a vivere pur mostrando chiaramente non pochi e preoccupanti sintomi di immaturità e di turbolenza. Nel complesso tutta l'Asia centro-meridionale si è organizzata negli ultimi anni in una serie di stati indipendenti, dove l'influsso politico britannico è molto diminuito, mentre si vedono i primi sintomi di influsso sovietico; l'influenza economica inglese vi lotta accanitamente contro la crescente penetrazione americana.
Il Tibet dopo la morte del 13° Dalai-Lama nel 1933 si trovava sotto una reggenza di alti dignitarî ecclesiastici, la quale riuscì a tenere il paese abbastanza tranquillo durante il lungo interregno. Il suo compito fu facilitato anche dalla morte del Tashi-Lama, avvenuta nel Ts'ing-hai (Kuku nor) meridionale il 30 novembre 1937; esule in Cina dal 1924, il secondo dignitario della chiesa lamaista rappresentava ancora un potenziale pericolo per i suoi intrighi appoggiati dal governo cinese. Dopo lunga ricerca, la nuova incarnazione fu ritrovata in un bambino che possedeva i necessarî requisiti; il 14° Dalai-Lama salì al trono in forma solenne a Lhasa il 22 febbraio 1940, ed assunse il titolo di ạJam-dpal-ṅag-dbaṅ-blo-bzaṅye-śes-bstan-ạdsin-rgya-mts'o. Alla cerimonia presenziò, oltre alle missioni britannica e nepalese già da tempo a Lhasa, una missione ceinese, che poi lasciò un residente nella capitale; furono così ristabiliti i buoni rapporti tra la Cina ed il Tibet, interrotti dal 1910. Durante la guerra il governo tibetano concesse facilitazioni per il traffico carovaniero tra l'India e la Cina, ed una missione tibetana partecipò nel 1945 ai festeggiamenti per la vittoria a Delhi, recandosi quindi in Cina. Ma la dichiarazione dell'indipendenza dell'India ebbe come conseguenza un sensibile indebolimento dell'influenza inglese.
Nell'Asia Centrale la fine della guerra ha portato con sé un certo rifiorire della potenza cinese, più per l'indebolimento dell'azione politica delle potenze europee che per accresciuta forza propria. Dopo il fallimento dell'ultima insurrezione musulmana, il Sin-Kiang (Hsin-chiang, Turkestan cinese) era governato dall'alto commissario Shêng Shih-ts'ai. Praticamente indipendente dal governo cinese, egli era fortemente appoggiato dall'URSS, la cui influenza politica ed economica gradualmente si estendeva nel paese. Sembrava che il Sin-kiang si avviasse a diventare un protettorato russo, quando questo sviluppo fu bruscamente interrotto dalla Guerra mondiale. L'URSS, impegnata a fondo in Europa, dovette rallentare e quindi interrompere la sua pressione sul Sin-Kiang. Ne approfittò il governo cinese il quale nel 1944, dopo lunghe trattative, riuscì a persuadere Shêng Shih-ts'ai ad abbandonare il paese accettando un portafoglio nel governo di Ch'ung-k'ing; la regione fu quindi posta sotto la diretta autorità della repubblica. La perdita dell'autonomia fu causa di una seria ribellione, con epicentro nell'Altai e nella vallata dell'Ili. Tuttavia nella primavera del 1948 la rivolta poteva sembrare quasi domata, parte con la forza e parte con opportune concessioni, quali la nomina a governatore (con poteri poco più che nominali) di Ma‛sūd Ṣabrī, un musulmano del Sin-Kiang.
Estremo Oriente. - L'ultima fase della storia dell'Estremo Oriente può essere teoricamente suddivisa in quattro distinti periodi, i quali si ricollegano tutti ad importanti eventi bellici, che hanno avuto profonde ripercussioni sulla vita di questa parte del continente asiatico. Il primo periodo va dal 1931 al 1937, il secondo dal 1937 al 1941, il terzo dal 1941 al 1945 ed il quarto dal 1945 al 1948. L'inizio delle operazioni militari in Manciuria, lo scoppio del conflitto nippo-cinese, l'estensione della seconda Guerra mondiale all'Estremo Oriente e la capitolazione del Giappone costituiscono, dunque, i punti di partenza di ogni periodo.
Primo periodo (1931-37). - Al momento dell'elaborazione delle 21 domande presentate dal Giappone alla Cina il 18 gennaio 1915, i dirigenti responsabili della politica estera dell'impero del Sol Levante avevano già definito le grandi linee di quel programma noto poi sotto il nome di "Ordine nuovo nella più grande Asia Orientale". Tale programma prevedeva in via preliminare la soluzione del problema cinese (Manciuria e Cina), soluzione che, garantendo strategicamente il fianco continentale ed assicurando alcuni mezzi (parecchie materie prime ed alimenti) indispensabili alla condotta della guerra, avrebbe consentito poi l'inizio dell'attesa marcia verso sud. I trattati di Pechino del 25 maggio 1915 avevano assicurato detta soluzione sul piano diplomatico-giuridico, ma gli eventi successivi videro la graduale inapplicazione di tali convenzioni stipulate con il concorso di una situazione politica eccezionalmente favorevole. L'azione di restaurazione dell'influenza cinese in Manciuria iniziata nel 1925 da Chang Tso-lin mediante una immigrazione annuale di 1 milione di lavoratori dall'Ho-pei e dallo Shan-tung, veniva ripresa e proseguita, dopo il 1928, ancora più risolutamente dal di lui figlio Chang Hsüe-liang, specialmente con la costruzione di ferrovie concorrenti a quelle giapponesi. Di qui una forte reazione negli ambienti militari dell'impero del Sol Levante, reazione che, coincidendo con la grave depressione economica successiva alla crisi del 1929, la quale già per suo conto aveva notevolmente indebolita la consistenza di quella corrente fino ad allora prevalente, che ricercava la soluzione dei problemi interni nell'espansione pacifica e nella conquista dei mercati, finì per imporre al governo di Tōkyō una nuova linea di condotta. Il 18 settembre 1931 lo stato maggiore giapponese chiudeva dunque la parentesi diplomatico-economica aperta nel gennaio 1915 e iniziava risolutamente quella fase militare che avrà termine soltanto con la capitolazione del 14 agosto 1945.
Il 18 settembre 1931 una bomba scoppiata nei pressi di Mukden sul binario della ferrovia della Manciuria meridionale aveva interrotto il traffifico per mezz'ora. Il comando militare colse l'occasione per decidere di prendere misure immediate "per proteggere gli interessi ed i diritti del Giappone". Il giorno stesso veniva occupata Mukden e, nel giro di poche settimane, tutta la Manciuria era nelle mani dei soldati del Tennō. Il governo cinese, pur rifiutando di negoziare con Tōkyō pendente l'occupazione militare, non dichiarò la guerra e si limitò a replicare col boicottaggio delle merci giapponesi e ad appellarsi alla Società delle nazioni. Il boicottaggio provocò nuovi incidenti a Shanghai, ove il 26 gennaio 1932 i Giapponesi iniziarono l'occupazione del sobborgo di Chapei procedendo poi all'assalto dei forti di Wu Sung ed acconsentendo solo il 5 maggio alla firma di un armistizio locale. Intanto, in Manciuria, con l'appoggio degli emissarî di Tōkyō, veniva organizzato un movimento per l'indipendenza delle provincie nord-orientali, movimento che sboccherà nelle dichiarazioni del 18 e 28 febbraio 1932 e nella costituzione del governo del Man-chu kwo, la cui reggenza verrà affidata al principe mancese Pu-Yi, l'ex-imperatore della Cina detronizzato nel 1912 (9 marzo). Il nuovo stato, la cui indipendenza verrà riconosciuta ufficialmente dal Giappone il 24 agosto, non sarà praticamente che un protettorato nipponico. L'accordo nippo-mancese del 2 settembre 1932, nel dare un regolamento stabile ai rapporti tra i due paesi, si ispirerà per molti aspetti alle domande del 1915, mentre, nel marzo del 1933, anche il Jehol sarà riunito al Man-chu kwo. Intanto, a Ginevra, la Società delle nazioni prendeva a cinque riprese (20 settembre, 24 ottobre, 9 dicembre 1931, 6 dicembre 1932, 24 febbraio 1933) in esame l'azione giapponese e decideva di non riconoscere né in linea di fatto né in linea di diritto l'esistenza del nuovo stato e di chiedere il ritiro delle truppe del Tennō. Ma si trattava di una misura puramente formale e platonica, che ebbe la sola conseguenza di portare all'uscita dell'impero del Sol Levante dall'istituto ginevrino (27 marzo 1933).
L'atteggiamento moderato del governo cinese di fronte alle iniziative di Tōkyō era dettato, sia dalla coscienza della debolezza propria e della limitata assistenza che le grandi potenze occidentali avrebbero potuto o voluto apportargli, sia dal desiderio di non compromettere l'energica azione intrapresa all'interno per il rafforzamento dello stato e della sua economia. Effettivamente i progressi compiuti durante il periodo in esame furono assai notevoli. Se la politica dell'"unificazione" e della restaurazione dell'autorità del governo centrale non raggiunse i suoi obiettivi che sul finire del 1936, quando, cioè, l'URSS, preoccupata per il patto anticomintern, impose ai comunisti cinesi la riconciliazione col governo nazionale, l'opera di ricostruzione e rimodernamento dello stato aveva avuto inizio concretamente fin dal 1932 con buoni risultati nel campo industriale, finanziario, agricolo, educativo, sociale e costituzionale. Mentre la Cina stava dandosi un nuovo volto, il Giappone proseguiva nelle sue azioni di penetrazione militare nell'Ho-pei, nella Mongolia interna e nella Cina del nord, per mantenere costante la sua pressione sul governo nazionale che si rassegnò a concludere degli armistizî locali (tregua di Tang-Kow del 31 maggio 1933, accordo Ho-Umazu del 29 maggio 1935, convenzione Chin-Doidara del giugno 1935) senza però rinunciare alle proprie prerogative né raccogliere gli inviti di Tōkyō ad una più stretta collaborazione politica ed economica (discorsi di Hirota del gennaio ed agosto 1935).
Intanto, anche nel Siam, nell'Indocina francese ed in Birmania, nuovi fermenti scuotono le fondamenta del regime tradizionale. Nel Siam, l'azione dei rifugiati politici provenienti dall'India, dalla Cina e dall'Indocina, esercita notevole attrazione sugli ambienti intellettuali e militari di Bangkok, mentre la crisi economica del 1929-30 provoca serie difficoltà. Il 24 giugno 1932 il "Comitato del partito del popolo" effettua, coll'appoggio delle forze armate, un colpo di stato e stabilisce un regime provvisorio, preludio alla costituzione del 10 dicembre, ispirata, al pari della legge sull'amministrazione del dicembre 1933, ai principî delle democrazie occidentali. Il sovrano, Rama VII, cercherà di reagire sciogliendo nel 1933 l'assemblea e riprendendo provvisoriamente l'esercizio del potere legislativo, ma la minaccia di un nuovo colpo di stato lo costringerà tosto a ripristinare la costituzione. Il 2 marzo 1935 egli finirà per abdicare in favore del nipote minorenne Amauda Mahidol.
In Indocina, la crisi economica aggravò il preesistente malessere sociale determinato dalla disuguale distribuzione delle nuove fonti di ricchezze create dall'amministrazione francese. Ne approfittarono il "partito nazionale annamita" (analogo al Kuo mint'ang cinese) ed il "partito comunista indocinese" per condurre, specialmente nel 1930 e 1931, energiche azioni parallele, ma distinte. Il movimento di rivolta assume rapidamente vaste proporzioni e miete largamente vittime, soprattutto tra gli indigeni. Esso sarà soffocato solo nel 1932, dopo che i tribunali avranno pronunciato oltre 1800 condanne.
Pure, per la concomitanza di interessi economici della metropoli e politici locali, il regime costituzionale delle Filippine subiva pacificamente una profonda trasformazione in seguito alla legge del 20 marzo 1934, che accordava alle isole uno statuto analogo a quello di dominion inglese, con una piena autonomia negli affari interni, essendo riservati agli Stati Uniti solo quelli inerenti alla difesa ed ai rapporti con l'estero. Per il 1944 era prevista la piena indipendenza.
Secondo periodo (1937-41). - Nell'estate del 1937 il Giappone abbandona le limitate operazioni militari con le quali, durante l'ultimo quinquennio, era penetrato nella Cina del nord e, prendendo ancora una volta lo spunto da un modesto incidente locale, si impegna in una grande guerra per abbattere o quanto meno sottomettere il governo di Ch'ang Kai-shek. Le ragioni di questo comportamento sono di vario ordine. Iniziando nel 1931 la fase militare, lo stato maggiore nipponico aveva indubbiamente in animo di realizzare l'intero programma delle 21 domande e, solo per evidenti considerazioni di opportunità tattica, si era risolto a scindere in due tempi un'operazione che, sul piano diplomatico, aveva potuto essere effettuata in una sola volta. La scelta del momento per il secondo tempo dipese peraltro dalla necessità di prevenire l'attuazione da parte del governo cinese dei piani di rinnovamento e di ricostruzione già in pieno svolgimento. Una Cina industrializzata, riarmata e moralmente cosciente delle proprie forze avrebbe costituito un serio ostacolo all'espansione dell'impero giapponese. E, poiché il tempo avrebbe giocato a sfavore di Tōkyō, era opportuno non attardarsi oltre, tanto più che la situazione internazionale, dopo l'impresa etiopica, il riarmo della Germania e l'inizio della guerra civile in Spagna, offriva ampie possibilità di manovra, mentre il fallimento delle trattative condotte a Nanchino nell'aprile del 1937 per stabilire una "cooperazione economica" aveva confermato la volontà di Ch'ang Kai-shek di respingere ogni compromesso.
Senza accennare ai particolari della campagna militare iniziata il 7 luglio 1937 (v. cino-giapponese, guerra, App. I, p. 433) è opportuno qui ricordare alcune importanti manifestazioni politiche del governo nipponico che ne svelano i propositi. Il 20 agosto 1937 il primo ministro Konoe affermava la necessità di addivenire a una soluzione "integrale" dei rapporti nippo-cinesi, di stabilire nella Cina del nord una amministrazione "strettamente legata" al Giappone e di eliminare nella stessa Cina centrale "l'antinipponismo". Il 2 settembre H. Arita auspicava uno stato di cose per cui la Cina fosse governata da uno statista "in rapporti amichevoli" con Tōkyō. Al momento dell'attacco su Nankino il Giappone enuncia le sue richieste: conclusione di un accordo economico che consentisse una importante partecipazione nello sfruttamento delle risorse della Cina, revisione della tariffa doganale, autonomia della Mongolia interna, creazione di una zona smilitarizzata nella Cina del nord, adesione al patto anticomintern. Tali richieste vengono rinnovate da F. Konoe il 22 dicembre 1938 con la sola differenza che in esse non si parla più della Mongolia, mentre si precisa la necessità di sostituire al governo di Ch'ang Kai-shek un regime disposto a collaborare coi Giapponesi, i quali dovrebbero avere il diritto di commerciare nell'intero territorio cinese e di mantenervi temporaneamente delle guarnigioni in determinate località. Ma Ch'ang Kai-shek non deflette dalle proprie posizioni, mentre Wang Ching-wei il 31 dicembre 1938 dichiara accettabili le proposte di Tōkyō (che si riallacciano strettamente alle 21 domande) ed abbandona Ch'ung K'ing. Il 30 marzo 1940 egli costituirà a Nanchino un governo centrale della repubblica cinese e concluderà il 30 novembre un accordo con Tōkyō in base al quale il Giappone dovrà rispettare la sovranità della Cina, che, da parte sua, si associerà nella lotta contro il comunismo, aprirà l'intero suo territorio al commercio giapponese, senza accordare però ai sudditi del Tennō l'extraterritorialità, e consentirà all'esercito nipponico di tenere guarnigioni nella Cina del nord, nella Mongolia interna e nei principali porti fino a due anni dopo il termine della guerra contro Ch'ang Kai-shek.
Favorito intanto, prima dalla crisi europea e poi dall'inizio della seconda Guerra mondiale, il Giappone precisa sempre più chiaramente il contenuto del proprio programma per instaurare un "Ordine nuovo nella più grande Asia Orientale" ed ostacola con ogni mezzo il commercio europeo nei territorî occupati, di cui tende a organizzare il monopolio dello sfruttamento economico. Ma il governo di Ch'ung-K'ing non disarma e continua nella sua tenace resistenza, alimentata dagli aiuti anglo-sassoni e sovietici e condotta instancabilmente anche nelle retrovie avversarie. Lo stato maggiore giapponese esita a gettare nella lotta tutto il grosso delle sue forze che intende riservare per l'eventualità di nuove iniziative militari e cerca piuttosto di migliorare le proprie posizioni nella speranza di conseguire il successo decisivo sul piano politico. Intanto tutto l'Estremo Oriente vive giornate di tensione e di febbrile attesa.
Gli eventi militari europei subito si ripercuotono sul continente asiatico. Il 20 giugno 1940 il governatore generale dell'Indocina dovrà concedere il controllo giapponese su tutte le operazioni di transito verso la Cina. Gli accordi militari del 4 e del 22 settembre 1940 stabiliranno il diritto delle forze armate del Tennō di utilizzare aeroporti, basi di operazioni, vie di comunicazioni in Indocina alla cui "difesa", in forza della convenzione del 29 luglio 1941, collaboreranno anche dal settore meridionale. Il 3 maggio 1941 il trattato franco-tailandese consacrerà la cessione delle provincie settentrionali della Cambogia al governo di Bangkok, mentre, nell'ottobre del 1940, Tōkyō negozierà direttamente con il governatore generale dell'Insulindia la concessione di forniture di materie prime.
Terzo penodo (1941-45). - L'attacco di Pearl Harbour (7 dicembre 1941) estenderà la seconda Guerra mondiale all'Estremo Oriente, ma, per il Giappone, l'evento significherà piuttosto l'inizio di quella marcia verso i mari del sud da tempo preordinata. La decisione dello stato maggiore nipponico si inquadra perfettamente nel programma elaborato fra il 1913 ed il 1914. L'ordine dei tempi è stato scrupolosamente mantenuto. Manciuria e Cina in via preliminare. L'impresa del Man-chu kwo era stata realizzata compiutamente; quella della Cina, sebbene definita formalmente (trattato di Nanchino del 30 novembre 1940) lo era solo per metà dal punto di vista sostanziale. La scelta del momento per l'inizio dell'ultimo tempo si presentava peraltro assai controversa. Una corrente capeggiata dal principe Konoe, e probabilmente appoggiata anche dall'imperatore e dall'ammiragliato, propugnava una politica di attesa che avrebbe consentito un consolidamento delle nuove posizioni prima di intraprendere l'attacco finale. Lo stato maggiore propendeva invece per un'azione immediata, sia in vista della situazione diplomatica internazionale eccezionalmente favorevole (tripartito, accordo di non aggressione con l'URSS, conflitto in occidente evolventesi in favore dell'Asse), sia in considerazione del fatto che le misure di embargo decretate dagli Stati Uniti sugli acquisti giapponesi del petrolio (26 luglio 1940), dell'acciaio (10 ottobre 1940) e della gomma (maggio 1941) avrebbero a lungo andare paralizzato le possibilità offensive del Giappone. Il 16 ottobre 1941 la corrente bellicista aveva il sopravvento, Konoe si dimetteva ed il generale H. Tojo diveniva primo ministro. La decisione era presa.
Tralasciando i particolari delle trattative diplomatiche nippo-americane, iniziate il 12 maggio 1941 e durate fino all'attacco di Pearl Harbour, e delle operazioni militari, che consentirono all'impero del Sol Levante di conquistare in meno di quattro mesi territorî per un totale di 8 milioni di kmq. con una popolazione di 450 milioni di abitanti e alle Nazioni Unite di arrestare prima e respingere poi le armate del Tennō (v. guerra mondiale, in questa App.), qui preme soprattutto accennare allo sconvolgimento apportato dall'azione giapponese all'intero sistema politico dell'Estremo Oriente. I successi iniziali delle forze armate nipponiche hanno gravemente compromesso il prestigio delle potenze occidentali. Le popolazioni indigene assistono dapprima all'esaltazione della missione dell'impero del Sol Levante nella più grande Asia Orientale; quindi, col declinare delle fortune militari giapponesi, al potenziamento dei varî partiti nazionalistici. Alla vigilia della capitolazione, il gabinetto di Tōkyō procederà infine, qua e là, alla proclamazione di indipendenze e di autonomie (v. indocina; indonesia, in questa App.).
Quarto periodo (1945-48). - La resa del 14 agosto del 1945 segna l'inizio di un nuovo capitolo, non ancora compiuto, della storia dell'Estremo Oriente. Al di là dei mutamenti territoriali ispirati al principio di ritornare allo statuto anteriore alla guerra nippo-cinese del 1894, mutamenti non ancora giuridicamente consacrati dal trattato di pace con il Giappone, il quale resta tuttora da stipulare, si assiste a quel risveglio collettivo delle genti indigene che, fin dall'inizio del XX secolo, era stato preannunciato dagli scrittori europei. La Birmania, l'Indocina, l'Indonesia, le Filippine acquistano nuovi ordinamenti costituzionali, che vanno dall'indipendenza piena (Filippine, Birmania) al regime di dominions (Indocina, Indonesia) e di indipendenza potenziale (Corea). La Cina si libera dai vincoli principali dei trattati "ineguali", la potenza del Giappone è stroncata, l'influenza politica della Gran Bretagna, dell'Olanda e della Francia, ultime depositarie dell'antica dominazione europea, è al suo tramonto. Un nuovo equilibrio, imperniato sulla lotta delle influenze dell'URSS e degli Stati Uniti d'America è in via di formazione. L'intero Estremo Oriente appare in movimento per il raggiungimento di mete oggi appena delineate.
Bibl.: P. Renouvin, La Question d'Extrême Orient, Parigi 1946; C. A. Buss, War and Diplomacy in Eastern Asia, New York 1941; C. Avarna di Gualtieri, La politica giapponese del "Nuovo ordine", Messina 1940; G. Cora, Il Giappone e la più grande Asia orientale, Firenze 1939; C. Zoli, L'ultimo conflitto cino-giapponese (1937-40), Firenze 1940; H. S. Quigley, Far Eastern War, 1937-41, Boston 1942; Manabendra Nath Roy, Revolution and Counter-revolution in China, Calcutta 1946; Report of the Joint Committee on the Investigation of the Pearl Harbour Attack, Washington 1947.