ASIANISMO
. Conviene, come per l'Atticismo (v.), tener distinto il senso grammaticale da quello retorico di questo termine. Il primo è più antico: già grammatici del periodo ellenistico oppongono al corretto uso attico dei classici le parole correnti nella lingua contemporanea, e chiamano tali espressioni moderne per lo più elleniche o alessandrine, ma talvolta anche "asiane"; in certo modo a buon diritto, poiché esse rappresentano veramente il contributo del linguaggio ionico alla formazione della κοινή (v. greca, lingua). Le testimonianze più antiche si hanno nei frammenti dell'opera sul dialetto attico di un Cratete (sec. II a. C. ?).
Quest'uso grammaticale del termine è, in complesso, raro; quello retorico, più tardo, si diffuse assai più, per quanto entro limiti di tempo assai ristretti. Non si sente parlare di eloquenza asiana prima delle più recenti opere retoriche di Cicerone, il Brutus e l'Orator (46 a. C.), e le testimonianze ciceroniane (Brutus, 51, 325; Orator, 231) mostrano appunto che il termine entrò nell'uso durante le polemiche pro e contro l'Atticismo retorico, e fu coniato (o forse meglio trasferito dall'uso grammaticale a quello letterario) dagli Attici, quale ritorsione contro i loro avversarî, i retori della provincia d'Asia, dove i Romani solevano fare i loro studî, e contro i loro modelli. Secondo Cicerone, che riproduce qui considerazioni degli Atticisti senza farle proprie, caratteristici degli oratori asiani erano tre difetti: l'inserzione di zeppe in servigio del ritmo, lo spezzamento dei periodi in membretti troppo simili a versi, la monotonia delle clausole quantitative, troppo spesso ripetute. In altro luogo aggiunge a questi difetti la ricerca delle sentenze troppo argute e la predilezione per parole di nuovo conio. Cicerone non dissimula che il termine, dettato dall'avversione, calza poco, perché ricerca di arguzie si osservava p. es., in Timeo, ch'era siceliota e non asiano, e d'altro canto non tutti gli Asiani scrivevano asiatico.
Modello e caposcuola dello stile che gli Attici chiamavano Asiano, era Egesia (v.); i rappresentanti più celebri al tempo di Cicerone, tra i Greci i suoi maestri Menecle e Senocle di Alabanda, Eschine di Cnido, Eschilo di Mileto, tra i Romani il suo emulo Ortensio; all'asianismo aveva fatto notevoli concessioni Cicerone stesso giovane nelle orazioni per Quinzio e per i due Rosci.
Ancora sotto Augusto, Cecilio di Calatte scrive "Contro i Frigi" (cioè contro gli Asiati: i Frigi erano tra le popolazioni asiatiche i più infami per mollezze) e "In che cosa la tendenza attica differisca dall'asiatica". Al tempo più tardo di Augusto appartengono i declamatores asiani di cui ci ha conservato i resti Seneca padre. Ma Dionigi di Alicarnasso, specie nel proemio all'opera "Sugli antichi oratori", considera la lotta tra Asiani e Attici come già decisa a favore dei secondi; per Quintiliano tutte queste controversie sono già antiche, morte.
Asianismo retorico è dunque, in altre parole, l'eloquenza ellenistica, quale fu finché non fu regolata ma anche strozzata dalla imitazione degli antichi modelli. Esempî di questo stile greco ce ne restan pochi, perché esso fu sommerso dal classicismo, che sempre più rigoroso si affermò nella letteratura greca, dal sec. I d. C. in poi. Oltre ai frammenti di Egesia, si può citare l'iscrizione di Antioco di Commagene sul Nemrūd Ḍāgh (sec. I a. C.). Ma asiano è in certo modo anche l'Eraclide, autore del libro intorno alle città (sec. III a. C.). Frammenti di retori asiani si trovano anche nel trattato di Gorgia iunior (sec. I a. C.), conservatoci in parte nel rifacimento latino di Rutilio Lupo. Esempî di Asiani più tardi, come si è detto, si hanno in Seneca padre.
Bibl.: L'asianismo lessicale fu scoperto, si può dire, da K. Latte, in Hermes, 1915, 387. Per l'asianismo stilistico, retorico è fondamentale Norden, Die antike Kunstprosa, 126 segg. e passim (ha aggiunto Eraclide al novero il Pasquali, in Hermes, 1913, 212), ma il Norden ha creduto a una sopravvivenza dell'asianismo, il quale era invece già morto al tempo di Quintiliano, come ha mostrato il Wilamowitz in un articolo capitale, Hermes, 1900, i segg. Buona trattazione complessiva in Christ-Schmid, Griech. Lit., II, 348 segg.