ASINOU
Il toponimo A., collegato dubitativamente con l'antica città di Asine fondata sull'isola di Cipro nel sec. 11° a.C. dagli abitanti dell'omonima città dell'Argolide (Stylianu, Stylianu, 1985), non corrisponde oggi a un nucleo abitato ma soltanto alla chiesa della Panaghia Phorbiótissa, che sorge isolata alle pendici orientali dei monti Tróodos, presso il villaggio cipriota di Nikitari.Le vicende storiche della chiesa sono note in massima parte dalle iscrizioni affrescate all'interno: venne fondata nel 1105-1106, durante il regno di Alessio I Comneno (1081-1118), da Nikephoros Magistros Ischyrios (il Forte), raffigurato sopra la porta meridionale (l'affresco originale è stato ridipinto nel sec. 19°) mentre offre, con l'intercessione della Vergine, il modellino della chiesa a Cristo. L'identificazione di questo personaggio con Nikephoros Euphorbinos Katakalon, figlio di un governatore di Cipro e genero dell'imperatore Alessio I Comneno (The Church of Asinou, 1933), accettata da parte della critica successiva, è stata recentemente respinta (Mango, 1976).La chiesa faceva parte del monastero τῶν Φοϱβίων (appellativo di incerta derivazione: probabilmente da ϕοϱβή, 'pascolo', oppure dall'euphorbium, una pianta diffusa nella regione), come attestano sia un'iscrizione della fine del sec. 12° nel nartece (affresco con S. Giorgio a cavallo) sia, indirettamente, l'affresco nella lunetta sopra la porta occidentale raffigurante la Vergine Phorbiótissa, che, seppure ridipinto, appartiene alla fase originaria (Mango, 1969), sia infine una nota marginale di un manoscritto conservato a Parigi (BN, gr. 1590; Darrouzès, 1953), ove sono riportati anche alcuni nomi di egumeni tra cui un Nikólas, identificabile forse con lo stesso fondatore Nikephoros (Stylianu, Stylianu, 1973), morto nel 1115.L'edificio nella sua fase originaria dell'inizio del sec. 12° era costituito da una semplice aula mononave absidata e voltata a botte, divisa all'interno in tre campate da pilastri e costolonature trasversali; probabilmente alla fine del sec. 12° venne aggiunto il nartece con terminazioni (settentrionale e meridionale) absidate e cupola centrale su pennacchi; successivamente (entro il sec. 14°) i pilastri furono rinforzati e collegati da arcate a sesto acuto, mentre all'esterno furono aggiunti dei contrafforti. La chiesa di A. è nota soprattutto per la sua estesa decorazione pittorica - parzialmente restaurata nel 1965-1966 (Winfield, Hawkins, 1967) - all'interno della quale si possono distinguere diverse fasi, in parte datate e in parte di controversa cronologia. Gli affreschi del 1105-1106, sopravvissuti nella zona del bema (Comunione degli Apostoli, Padri della Chiesa, Annunciazione, Ascensione, scene della Vita di Maria, S. Maria Egiziaca e S. Zosimo) e nella campata occidentale (Dormizione della Vergine, scene della Vita di Cristo, i Quaranta martiri di Sebaste, Ss. Costantino ed Elena, santi monaci), costituiscono un esempio, qualitativamente piuttosto notevole, della pittura bizantina della prima età comnena, i cui caratteri stilistici peculiari sono un accentuato linearismo e una semplificazione delle forme, accompagnati da vivo senso ritmico e armonia compositiva. Essi sono stati messi in stretto rapporto (Winfield, 1972) con altri affreschi ciprioti (S. Giovanni Crisostomo di Koutsovendis, Panaghia di Trikomo) che riflettono in diversa misura l'arte di Costantinopoli, ma di quest'ultima essi vengono tuttavia considerati un'interpretazione provinciale (Muriki, 1980-1981), capace peraltro di mediare modelli bizantini verso l'Occidente medievale (Demus, 1970). Lo stile dei primi affreschi di A. è stato anche riconosciuto in una serie di icone conservate nel monastero di S. Caterina al Sinai ed eseguite probabilmente da artisti ciprioti (Weitzmann, 1975). Di rilievo talune novità iconografiche nelle scene della Comunione degli Apostoli e della Dormizione della Vergine (Sacopulo, 1966; Megaw, 1974; Hadermann-Misguich, 1985). Intorno al 1300 sono stati recentemente collocati (Hatfield Young, 1985) altri affreschi della chiesa tra cui la Pantánassa (Vergine Regina) tra arcangeli nell'abside, il pannello votivo di Anastasia Saramalina e quello con la Vergine in trono con il Bambino e donatori, ambedue nel nartece: particolarmente interessanti gli ultimi due per gli evidenti influssi occidentali, rilevabili soprattutto nel vestiario e nelle acconciature. Al 1332-1333, come testimonia un'iscrizione sopra la porta d'ingresso, risale la decorazione del nartece con scene del Giudizio finale, mentre a un'epoca non molto posteriore, probabilmente la seconda metà del sec. 14°, viene attribuita la ridipintura dell'intera campata centrale (due graffiti del 1446 e 1450 forniscono un terminus ante quem; Stylianu, Stylianu, 1985) con scene della Vita di Cristo, figure di santi, martiri, ecc., di spirito popolaresco caratterizzato da una vivace gamma cromatica.
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