ASPRO
I Romani chiamarono asperi nummi le monete uscite di fresco dalla zecca, che in italiano si dicono ruspe, e l'aggettivo, passato in greco in età bizantina, finì col designare ogni sorta di monete d'argento, e di qui in greco moderno ἄσπρος ha preso il significato generale di "bianco". Questo vocabolo divenne poi nel Levante il nome generico delle monete d'argento turche; anche infatti la parola corrispondente turca, āqcèh, ha per radice āq, che significa bianco. Di qui la difficoltà di precisare la qualità delle monete così chiamate. Si ha infatti memoria di aspri che equivalevano alla dramma o al perpero; con l'andare del tempo, tuttavia, il nome rimase a designare soltanto la piccola moneta che valeva un terzo di parà, o la centoventesima parte della piastra, della quale seguì naturalmente le fluttuazioni. Discesa la piastra, negli ultimi tempi dell'impero ottomano, a 22 centesimi di lira oro, l'aspro non poteva che essere nominale, come era già diventato la più piccola delle monete di rame negli ultimi due secoli; ed oggi esso è completamente abbandonato anche come moneta di conto. Per le continue relazioni di commercio col Levante, l'aspro era molto conosciuto in Italia e nelle altre regioni d'Europa.
La prevalenza di questa moneta nell'Oriente fece sì che gli stati confinanti, o che avevano commerci o possessi colà, dessero tal nome alle loro monete, o ne creassero delle somiglianti. Aspro si chiamò il mezzo gigliato dei Gran Maestri dell'ordine di S. Giovanni di Gerusalemme, coniato a Rodi nei secoli XIV e XV, che pesava all'incirca due grammi. La repubblica di Venezia ordinò, nel 1481, i conî degli aspri ad uso della Tana, alla foce del Don, dove teneva un console; la moneta relativa però non si conosce. La repubblica di Genova coniò a Caffa (Teodosia) aspri per le sue colonie, che si chiamarono cafiati e anche baricati, perché fatti a imitazione di quelli del khān tartaro Baraka o Berke, dell'Orda d'oro (1256-1266), del quale riproducevano la tamghā o sigla da un lato, mentre dall'altro avevano il castello genovese. Qualche decina d'anni fa il re Vittorio Emanuele III, allora principe ereditario, trovò nel museo di Pietroburgo l'unico esemplare finora noto di una moneta di nove aspri di buon argento, coniata dalla repubblica di Genova nel 1677, per esportare in Levante.
Ad aspro si ricongiunge forse anche la parola asprione, con Ia quale si trovano designati i soldi d'oro in un papiro ravennate dell'anno 38 di Giustiniano.
Bibl.: Corpus Nummorum Italicorum, III; Du Cange, Glossarium; E. Martinori, La Moneta, Roma 1915; N. Papadopoli, Le monete di Venezia, I, Venezia 1893; G. A. Zanetti, Nuova raccolta, ecc., II, Bologna 1777.