ASPROMONTE (A. T., 27-28-29)
Nome col quale nell'uso popolare si designa la parte meridionale della Calabria; non documentato nella letteratura classica, ricorre già frequente nei secoli XV e XVI, applicato in senso stretto, più conforme alla tradizione locale, alla parte più elevata dell'estremo massiccio calabrese; in senso più largo, diffuso fra i geografi, a tutto il territorio compreso fra il Tirreno, lo Stretto di Messina, lo Ionio e limitato verso nord dal Petrace, tributario del Tirreno, e dal suo affluente Calabro, dal Platì e dal Careri, tributario dell'Ionio; fra il Calabro e il Platì si abbassa una soglia (Piano di Zervò, 1100-1200 m.) su cui passa dall'uno all'altro versante la carrozzabile S. Cristina d'Aspromonte-Platì. Entro questi limiti l'area dell'Aspromonte è di circa 1650 kmq.
Il blocco principale del massiccio è costituito da gneiss e micascisti arcaici, ma verso la periferia, specialmente ad ovest e a sud, appaiono anche formazioni sedimentarie delle ere secondaria e terziaria, arenarie, calcari, marne e argille dell'Eocene e del Miocene, che costituiscono un paesaggio di molli colline, e poi argille, sabbie e conglomerati del Pliocene e del Pleistocene marino, che salgono sui terrazzi più elevati fino all'altezza di 1200 m. Interamente costituito da rocce arcaiche è il nodo culminante, che presenta forme dolci e cupoleggianti e raggiunge i 1956 m. nel Montalto, la vetta più elevata di tutta la Calabria vera e propria; di qui o più propriamente dalla Portella Materazzi, poco più a sud-ovest, irraggiano in tutte le direzioni numerosi contrafforti: su uno di essi, diretto a nord-est (M. Cannavi, 1681 m., M. Scorda, 1569 m.), corre lo spartiacque principale tirreno-ionico; altri scendono a ventaglio verso lo Stretto o verso l'Ionio; più brevi sono quelli diretti verso il Tirreno, designati talora localmente col nome di serse. Quasi tutti scendono assai ripidamente sul mare, sicché in tutto l'Aspromonte la fascia costiera pianeggiante, la spiaggia vera e propria, manca o è molto ristretta, salvo là dove si protendono i depositi alluvionali dei maggiori corsi d'acqua. Questi sono rappresentati da torrenti precipiti o da fiumare, molto attive nel lavorio di erosione, le cui valli, spesso notevolmente incassate, dividono l'uno dall'altro i singoli contrafforti. Ma dal punto di vista morfologico la caratteristica più saliente dell'Aspromonte è data dalla presenza di terrazzi scaglionati a quattro livelli sovrapposti, tutto in giro sui diversi settori, e detti genericamente Piani d'Aspromonte; in senso più proprio questo nome spetta tuttavia ai più estesi ripiani che si trovano sotto la zona culminale, a nord-est, verso il Tirreno; del resto ognuna delle maggiori spianate ha il suo nome particolare. Tali terrazzi corrispondono a fasi successive di sollevamento della regione e sono dovuti, secondo l'opinione prevalente, all'abrasione marina: i sedimenti pliocenici e pleistocenici che vi si trovano sopra servono a datarne la formazione. All'abbassamento che si ebbe verso la fine del Terziario e alla conseguente invasione del mare pliocenico, si riportano i terrazzi più elevati sotto il Montalto, a circa 1100-1300 m. (Piani di Aspromonte veri e proprî, Campi di Reggio, Campi di S. Agata, di Ammusa, ecc.). Poi cominciò il sollevamento: verso il principio del Pleistocene il mare era a circa 700 m. sul livello attuale, quota alla quale si ha un'altra serie di piani, meno ampî e più interrotti di quelli del livello superiore; altre due serie ancora, con spianate sempre più brevi, di emersione più recente, si trovano più in basso (vedi per più ampî ragguagli sull'origine dei piani le voci calabria; italia).
L'Aspromonte è compreso fra le isoterme di 16° e 18°; a Reggio la temperatura media annua è di 17°6; ma diminuisce naturalmente col crescere dell'altezza e dovrebbe essere di 5° circa sul Montalto, dove di regola la neve si trattiene da novembre a giugno. Le precipitazioni, portate in generale dai venti di sud, sono di circa 550 mm. annui a Reggio e in genere non superano i 600 nella zona costiera e subcostiera ma raggiungono certo i 1200-1500 nella zona culminale (circa 1300 mm. a Oppido); esse cadono prevalentemente d'inverno; l'estate (giugno-ottobre) è invece caratterizzata da lunga e persistente siccità. Le piogge cominciano, violente e abbondanti, in autunno, arrecate di solito dai venti di scirocco e levante. I corsi d'acqua, brevi e impetuosi, sono perciò asciutti almeno per sei mesi dell'anno (aprile-settembre); scendendo con fortissime pendenze, specialmente nel ripido gradino sottostante ai piani più elevati, si affondano in forre grandiose e selvagge, e negli gneiss e scisti poco resistenti esercitano potentemente la loro azione erosiva, per cui nelle impetuose piene invernali si caricano di enormi quantità di detriti; hanno perciò letti larghissimi, ingombri di sfasciume. I più importanti sono il Petrace, la Fiumara di Catona, il Calopinace, la Fiumara di Melito, l'Amendolea, l'Aposcipo e la Fiumara di Platì.
L'Aspromonte è forse il territorio italiano più battuto da terremoti. Quello, veramente catastrofico, del 1783, colpì particolarmente la zona tra Palmi e Reggio e rovinò parecchi abitati dalle fondamenta, sicché taluni furono ricostruiti in altra situazione, altri terremoti rovinosi furono quelli del 1857, del 1883, del 1905 e poi l'ultimo del 1908.
Nella zona litoranea fin verso i 300 m. di altitudine predominano le colture intensive; tra queste ha il primo posto, dal punto di vista del rendimento, l'agrumeto, irrigato con derivazioni da acque correnti, o da pozzi, o anche con vasche di raccolta delle acque piovane; in alcune aree esso è foltissimo e rigoglioso. Coltura speciale della sezione fra Scilla e il C. Spartivento è quella del bergamotto da essenza. Agli agrumi si associano alberi da frutto - mandorli, peschi, fichi, gelsi bianchi, ecc. - e anche, specialmente nei dintorni dei maggiori centri, ortaglie (pomodoro, lattuga), poi cereali e leguminose. Man mano che si sale verso la collina, ai frutteti si associano sempre più frequentemente i campi di cereali, ma specialmenti vigneti e uliveti; questi, che si spingono talora fino a 650 m., sono di alto fusto, con esemplari tra i più grandi e prosperi d'Italia. Frequente è anche il castagno, coltivato un po' dovunque, sia per il frutto, sia per il legname, che si utilizza variamente (pali telegrafici, casse da agrumi, doghe). Un vivaio forestale per rimboschimento, specie con castagni, si trova sui Piani di Aspromonte. Ma in tutta la zona dei piani più elevati prevalgono il pascolo e il prato; vi si pratica perciò, nei mesi estivi, la pastorizia, sia con vacche, sia con pecore e capre. Il bestiame nei mesi invernali soggiorma invece di preferenza in talune regioni collinose più basse dove, prevalendo formazioni argillose terziarie sterili e ingrate, la coltura è scarsa. Alla pastorizia si associa, nella regione dei piani elevati, la coltura estensiva del grano e delle patate, praticata da contadini che vi salgono nel cuore dell'estate per fare al tempo stesso il raccolto dell'anno precedente e le nuove seminagioni; essi abitano in dimore temporanee, dette pagliare, talora aggruppate in piccoli villaggi, interessanti per gli aspetti primitivi della vita che vi si conduce. Ma tutta la parte più elevata dell'Aspromonte era un tempo un'unica foresta, di pini (Pinus laricio, quello stesso che predomina nella Sila), di abeti bianchi (Abies nebrodensis) e di faggi. Ormai vaste aree sono state diboscate, specialmente nel versante orientale e nel meridionale, allo scopo di ricavare traverse per ferrovie e anche per fare carbone; l'industria del carbone è ancora abbastanza attiva. Il faggio sale fino alle più alte vette, battute dal vento, dove mostra forme nane e contorte; l'abete si arresta più in basso e prima ancora il pino.
Nei boschi dell'Aspromonte esiste ancora il lupo, e d'inverno, specie quando infuria a lungo la neve, la sua discesa fino agli abitati è tutt'altro che rara.
Sulla vetta del Montalto si aderge una grande statua in bronzo al Redentore, ricinta da cancellata; lì presso è il rifugio estivo di un eremita. A oriente della vetta, nella valle della Fiumara Bonamico, è il celebre santuario di S. Maria di Polsi o Madonna della Montagna, cui si recano in agosto numerosissimi i pellegrini da tutta la Calabria ed anche dalla Sicilia. A nord-ovest della vetta, sopra i Piani d'Aspromonte, all'inizio della pineta, è un modesto monumento che ricorda il luogo dove Garibaldi fu ferito il 29 agosto 1862; si mostra anche un pino a cui si vuole che il generale, ferito, si appoggiasse.
L'Aspromonte non ha abitati stabili al disopra di 900 m., se si eccettuino le cantoniere, le case forestali e il sanatorio per i tubercolotici al Piano di Zervò (1163 m.). Il più alto villaggio è Roccaforte del Greco, sul versante sud, sdraiato su un pendio fra 850 e 935 m.; sullo stesso versante a circa 800 m. è Bova superiore, a 725 m. Gherio, a 700 S. Lorenzo; sul versante occidentale Cardito a 750 m., sul versante sud-orientale Africo a 686 m.; sul versante nord-ovest, a 675 m., S. Stefano, che, al pari di altri villaggi di questo versante (S. Alessio, Sant'Eufemia, S. Cristina) più vicini ai Piani d'Aspromonte e al Montalto, porta l'appellativo aggiunto d'Aspromonte.
Alla mancanza di abitati permanenti si accompagna la scarsezza di strade nelle zone più elevate, le quali non hanno che mulattiere utilizzate dai carbonai e dai pastori. Del resto anche parecchi dei centri abitati interni, specialmente sul versante sud e sud-est, sono tuttora privi di rotabili. Ora peraltro sono in costruzione alcune strade destinate ad aprire l'accesso anche alle aree più elevate; è anzi già ultimata quella che da Melito sale a Bagaladi, poi si inerpica verso nord fino alla Croce del Romeo (1408 m.; cantoniera), indi corre sulle pendici del M. Basilicò (1709 m.) fino alle Gambarie, e di qui scende a S. Stefano d'Aspromonte, a Laganadi e a Gallico. Alle Gambarie (1300 m.), vasta radura pianeggiante fra il bosco, si innestano altre due strade in costruzione: una che, passando sotto la vetta del Montalto, per S. Maria di Polsi va a S. Agata del Bianco, e un'altra che, passando per il monumento a Garibaldi, va a Delianuova. Saranno così accessibili anche al traffico turistico zone che conservano ancora boschi superbi, acque fresche e abbondanti e offrono magnifici panorami; le Gambarie diventeranno tra breve un importante soggiorno estivo. L'unica ferrovia che risalga i fianchi dell'Aspromonte è finora quella che partendo da Palmi, raggiunge Seminara e nel 1928 fu prolungata fino a Sinopoli (502 m.) sul versante nord.
L'Aspromonte non ha finora risorse minerarie utilizzate: presso Agnana si trova della lignite di qualità mediocre; a S. Eufemia della magnetite, a Bova e altrove filoni di solfuri metallici. Ma in sostanza le uniche industrie sono quelle connesse con l'agricoltura e con l'utilizzazione, ormai sempre meno importante, del bosco. Perciò la popolazione si addensa di preferenza nelle zone più intensamente coltivate. Sul versante che guarda lo stretto di Messina, la zona fra il mare e 700 m. di altezza ha una densità che si avvicina a 400 ab. per kmq., e quella fra il mare e 300 metri supera i 600; anche nel versante tirreno, o di nord-ovest, la densità, nella zona fra il mare e 300 metri, supera i 300 ab. per kmq.; il versante orientale, o interno, è molto più spopolato perché la densità supera di poco i 40 ab. per kmq. e raggiunge i 70 circa nella zona bassa (sotto i 600 m.). Al centro della zona più fittamente coltivata e abitata è Reggio di Calabria, che si estende sempre più lungo la marina, e con le località vicine, aggregate nel 1927 (Pellaro, Gallico, Catona, Villa S. Giovanni), forma un comune di oltre 125.000 abitanti (v. reggio); la zona marittima, fitta di abitati, continua anche oltre lo stretto, sul Tirreno; quivi i maggiori centrí sono Scilla (7000 abitanti), Bagnara (11.000 ab.) e Palmi (15.000 ab.), che veramente è in alto, a 250 m., ma sviluppa sulla spiaggia una florida marina. Invece sulla costa meridionale i soli centri marittimi notevoli sono Melito di Porto Salvo (7000 ab.) e Bova Marina (1500 ab.). Nell'interno i centri maggiori sono sul versante settentrionale, fra 300 e 500 m.: Seminara (6500 ab.), S. Eufemia d'Aspromonte (6000 ab.), Oppido Mamertina (11.000 ab.), Sinopoli (4000 abitanti), Delianova (6500 ab.). Sul versante occidentale e su quello meridionale, i centri sono quasi tutti sopra i 400 m.; non mai lungo le fiumare o presso i fondovalle, ma su pendii, talora assai ripidi, o su cocuzzoli isolati. Così Calanna (2500 ab.), S. Stefano in Aspromonte (2500 ab.), Motta S. Giovanni (6000 ab.) sul versante occidentale; S. Lorenzo (6000 ab.), Condofuri (4500 ab.), Bova Superiore (2500 ab.), Roccaforte del Greco (2100 ab.), ecc.
Nella regione interna dell'Aspromonte e specialmente sul versante meridionale e occidentale, la parlata greca era nei secoli passati ancora ovunque diffusa, e manifeste, frequentissime tracce ne restano tuttora nella toponomastica. Oggi essa sopravvive, nell'uso familiare degli abitanti, soprattutto in alcuni paesi del versante meridíonale, nel bacino della Fiumara Amendolea, come Bova, Condofuri, Roccaforte, Roghudi, mentre altrove, p. es. a Podargoni, si vuole che permanga anche un tipo etnico-greco abbastanza puro. Queste sopravvivenze greche dovrebbero, secondo alcuni linguisti, risalire ancora all'evo classico, ma vedi sotto la voce italia il paragrafo dedicato ai dialetti non italiani.
Bibl.: C. Maranelli, La distribuzione della popolazione nel gruppo dell'Aspromonte, Roma 1901.
Storia. - Dopo il 20 maggio 1862 la discussione sulla Questione romana si era violentemente riaccesa, in seguito alle dichiarazioni di Napoleone III al ministro Thouvenel, alle controdichiarazioni di 25 cardinali e di 224 vescovi, al discorso di Rattazzi alla Camera italana.
Il 28 giugno Garibaldi giunse a Palemio, e appena partiti i principi reali che vi si trovavano, cominciò ad agire da dittatore, a pronunziare discorsi violenti, a bandire infine, a Marsala (19 luglio), la spedizione su Roma.
Il Rattazzi, che già aveva fatto annunziare da un giornale ufficioso il proposito d'impedire qualsiasi spedizione su Roma, sostituì al Pallavicino, rivelatosi incapace a dominare gli eventi, il generale Cugia con pieni poteri, per impedire ogni manifestazione. Se non che, la convinzione che il governo di Torino, come nel '60, dicesse una cosa e ne volesse un'altra, si era ormai diffusa e nulla valeva a correggerla. Garibaldi raccoglieva armi ed armati nella Ficuzza e si disponeva a partire. Invano re Vittorio Emanuele, in un proclama emanato il 3 agosto, firmato da tutti i ministri, si sforzava, con parole che non ammettevano diversa interpretazione, di reprimere il movimentoi assicurando che a tempo debito avrebbe fatto sentire la sua voce; invano il parlamento si mostrava consenziente con la corona. Garibaldi, il quale non vide che altro era aver di fronte i Borboni, altro toccare il papa, non volle ascoltare nessun consiglio di moderazione e, organizzati i suoi nella cosiddetta Legione romana, ordinò alla medesima di mettersi in movimento e di portarsi nella parte orientale dell'isola. Il Cugia con le forze di cui disponeva avrebbe potuto impedire ai garibaldini di raggiungere la loro meta, ma, non interpretando bene gli ordini che gli venivano da Torino, o, come altri crede, non sapendo come regolarsi tra il ministro della guerra, che gli diceva di essere inesorabile, e il Rattazzi, che lo esortava a procedere con moderazione per dar tempo ai ribelli di rinsavire e disperdersi, non riuscì a impedire la marcia, che era il compito col quale si trovava in Sicilia. Così Garibaldi poté senza grandi difficoltà giungere a Catania e prenderne possesso, mentre le autorità costituite si allontanavano (19 agosto). Allora, nel momento in cui in ogni parte d'Italia si rinnovavano frequenti le dimostrazioni al grido di "Roma o morte", fu proclamato lo stato d'assedio, i generali Cialdini e La Marmora furono investiti di pieni poteri, il primo per la Sicilia e il secondo per Napoli, e alcune navi si recarono a bloccare l'isola per non lasciarne uscire Garibaldi. Da parte sua, Napoleone III, dopo aver mandato una squadra a Civitavecchia, dichiarò che non avrebbe abbandonato il pontefice.
Malgrado tali preparativi, Garibaldi abbandonò Catania, andando a prendere terra a Melito. Ma il presidio di Reggio Calabria si oppose alla sua avanzata. Garibaldi si ritrasse sulle alture di Aspromonte, anche per sfuggire ai tiri delle navi. Intanto, il Cialdini, accerchiati i luoghi dove Garibaldi si era ritirato, ordinava al colonnello Pallavicino di inseguire l'ex-dittatore, di attaccarlo risolutamente qualora accettasse il combattimento, e, ottenuta la vittoria, d'imporgli la resa a discrezione. E così avvenne. Il 29 agosto le truppe regolari circondarono il campo degl'insorti. In principio, i garibaldini opposero resistenza, ma in seguito Garibaldi, ferito, ordinò si cessasse il fuoco. Rimasero sul terreno 5 soldati dell'esercito regolare e 24 feriti, 7 dei garibaldini e 20 feriti. Intimata la resa, Garibaldi cercò di sottrarsi all'arresto, ma poi si diede prigione, e fu trasportato con gli altri a Scilla, dove venne imbarcato per La Spezia e rinchiuso nel Varignano.
Intanto la repressione continuava. In Sicilia, dopo la partenza di Garibaldi, il maggiore Villata, avuti nelle mani alcuni volontarî disertori dalle file dell'esercito, li fece passare per le armi. Il La Marmora ordinò l'arresto di varî deputati, tre dei quali furono catturati. Ma, raggiunto lo scopo d'impedire la spedizione su Roma, si discusse se concedere immediatamente l'amnistia a coloro che si erano compromessi, ovvero giudicarli e liberarli dopo che fosse intervenuta la sentenza. Prevalse il primo concetto, e Garibaldi e gli altri prigionieri furono liberati (5 ottobre). Dall'amnistia rimasero esclusi i disertori.
Bibl.: F. Guardione, Aspromonte, 2ª ed., Palermo 1923; id., Appendice alle Memorie di Aspromonte, Palermo 1926; V. Visalli, Aspromonte, Messina 1907, che dispensano da molte altre citaz. Vedi anche Aspromonte, Ricordi storico-militari del march. Ruggiero Maurigi, Napoli 1863; Thaon di Revel Genova, Umbria e Aspromonte, Milano 1894; G. Leti, Roma o morte, Roma 1895; O Roma o morte. Dal Volturno ad Aspromonte, Memorie del col. G. Bruzzesi raccolte e ordinate da Giunio Bruzzesi, Milano 1907; G. Gonni, La marina militare nella campagna garibaldina di Aspromonte, in Rass. stor. del Risorgimento, IX (1922), pp. 591-612.
Per la parte diplomatica, cfr. ***, Sulla via di Roma. Da Aspromonte a Mentana, in Nuova Antol., i gennaio 1900; F. Fava, Un dissenso La Marmora-Boncompagni in due lettere ined. (nov. 1862), in Rassegna storica del Risorgimento, II (1915), pp. 668-88.
Per la ferita di Garibaldi cfr. E. Albanese, La ferita di Garibaldi ad Aspromonte, Milano 1907; G. Astegiano, in Il Risorgim. Ital., VI (1913), pp. 724-62 e P. Parente, ibid., pp. 1056-72.