assedersi
In If XV 35 s'incontra la forma ‛ m'asseggia ' (se volete che con voi m'asseggia), che la maggior parte dei commentatori e dei lessici riconduce ad ‛ assedere ', " sedersi ", " mettersi a sedere ". Lo Scartazzini (Enciclopedia), pur ponendo in lemma ' assedere ', fa notare che " Alcune uscite di questo verbo prendono la loro forma dall'inusitato Asseggere ", forma riportata in esponente per questo esempio nelle Concordanze di Wilkins-Bergin, ma non attestata nei vocabolari. Il Petrocchi, presa in esame la proposta del Penco (Nota dantesca, in " Il Fanfulla della domenica " XXVII [1905] 41) favorevole alla variante mi affeggia (ricondotta erroneamente ad ‛ affiggersi '), afferma che m'asseggia, " che dà un senso assai soddisfacente ", è voce del verbo ‛ assidere ' (v.).
Per quanto riguarda l'esatto valore semantico del verbo, pressoché tutti i commentatori, a partire dal Boccaccio, che chiosa " ristea ", sentono concordemente implicita nell'azione del mettersi a sedere anche quella del fermarsi ad ascoltare, " come solevano in vita maestro e discepolo " (Del Lungo; e anche Mattalia, il quale sottolinea il tratto di delicata cortesia di D., che, alla quasi timida proposta di Brunetto Latini di tornare indietro con lui, per stare un poco in sua compagnia, contrappone subito l'offerta di fermarsi entrambi e mettersi a sedere, forse per desiderio di alleviare in qualche modo la pena del suo maestro: non la pena del fuoco che, seduto e fermo, sarebbe stata maggiore, ma, se mai, l'umiliazione di Brunetto che teme che D. non voglia trattenersi con lui).