Assegno non trasferibile e responsabilità della banca
La questione avente ad oggetto la ricostruzione della responsabilità della banca che paga un assegno non trasferibile, per un errore nell’identificazione, ad un soggetto diverso da quello legittimato quale responsabilità per colpa ovvero oggettiva è stata tradizionalmente dibattuta in dottrina come in giurisprudenza. Al centro della problematica si pone l’interpretazione dell’art. 43, co. 2, l. ass., nonché la funzione svolta dalla clausola di non trasferibilità; sullo sfondo si colloca la problematica della natura della responsabilità della banca. Le Sezioni Unite della Corte di cassazione, nel risolvere il contrasto formatosi sulla questione nella giurisprudenza di legittimità, aderiscono alla tesi per la quale la responsabilità della banca negoziatrice è in dette ipotesi una responsabilità per colpa, sebbene presunta, in armonia con la riconduzione della stessa, operata dalle medesime Sezioni Unite alcuni anni fa, nell’ambito responsabilità da cd. contatto sociale.
Le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno chiarito, risolvendo il contrasto sulla questione che sussisteva all’interno della giurisprudenza di legittimità1, che la responsabilità della banca per il pagamento di un assegno non trasferibile ad un soggetto non legittimato si configura quale responsabilità per colpa e non in termini di responsabilità oggettiva2. Più in particolare, è stato enunciato il principio in omaggio al quale, ai sensi dell’art. 43, co. 2, del R.d. 21.12.1933, n. 1736 del 1933 (l. ass.), la banca negoziatrice chiamata a rispondere del danno derivato, per errore nell’identificazione del legittimo portatore del titolo, dal pagamento dell’assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola non trasferibilità3, a persona diversa dall’effettivo beneficiario, è ammessa a provare che l’inadempimento non le è imputabile, per aver essa assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta dall’art. 1176, co. 2, c.c.
La decisione muove, come evidenziato in motivazione, in coerenza con la sollecitazione dell’ordinanza interlocutoria della Sezione I civile, dalla precedente ricostruzione, operata dalle stesse Sezioni Unite, della responsabilità della banca negoziatrice dell’assegno munito di clausola di non trasferibilità nell’alveo di quella da cd. contatto qualificato, inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni ex art. 1173 c.c. e dal quale derivano i doveri di correttezza e buona fede enucleati dagli artt. 1175 e 1375 c.c.4 Si osserva, infatti, che, in linea di principio, una responsabilità oggettiva può concepirsi solo ove manchi un rapporto in senso lato “contrattuale” fra danneggiante e danneggiato ed il primo sia chiamato a rispondere del fatto dannoso nei confronti del secondo in ragione della particolare posizione rivestita
o della relazione che lo lega alla res causativa del danno, mentre il criterio che presiede alla valutazione della responsabilità da contatto sociale qualificato è quello delineato dagli artt. 1176 e 1218 c.c., ossia quello che caratterizza la responsabilità per colpa, sebbene presunta5. Sullo sfondo della decisione, tuttavia, oltre alla problematica inerente la natura della responsabilità dell’istituto di credito per il pagamento ad un soggetto non legittimato di un assegno non trasferibile, si pone quella della funzione, anche in una prospettiva che abbia riguardo all’evoluzione normativa intervenuta in materia, svolta dalla clausola di non trasferibilità degli assegni.
Mediante la richiamata decisione, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno dunque risolto il contrasto che si era formato nella propria giurisprudenza sull’interpretazione dell’art. 43, co. 2, l. ass. secondo cui «colui che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l’incasso risponde del pagamento»6. La problematicità della questione sul piano interpretativo si correla, sul piano dello stesso diritto positivo, da un lato, al significato, neutro o meno, dell’espressione «colui che paga» ai fini della configurabilità di una responsabilità oggettiva della banca negoziatrice, nonché al coordinamento del richiamato art. 43 con una norma di carattere generale come l’art. 1189 c.c. sull’adempimento liberatorio in favore del creditore apparente e con l’art. 1992, co. 2, c.c. che, in tema di titoli di credito, limita al dolo ed alla colpa grave la responsabilità del debitore che adempie alla prestazione nei confronti del possessore, sebbene non sia il titolare del diritto.
Secondo il primo orientamento affermatosi nella giurisprudenza della Suprema Corte, la responsabilità contemplata dall’art. 43 l. ass. avrebbe carattere oggettivo7. Tale posizione è stata argomentata, al fine di giustificare la deroga rispetto all’operare del regime più favorevole dettato in generale per i titoli di credito dall’art. 1992, co. 2, c.c., in ragione del rapporto cambiario che sorge tra la banca ed il prenditore, rispetto al quale la responsabilità dell’istituto di credito che paghi a chi non è legittimato, e in particolare, nel caso di assegno «non trasferibile», a persona diversa dal prenditore, non comporta un obbligo di risarcimento del danno verso il legittimato, non venendo in rilievo un’obbligazione risarcitoria quanto l’obbligazione cambiaria originaria, che non è stata validamente adempiuta e che pertanto deve essere ancora adempiuta con un nuovo pagamento a favore del legittimato, senza che assuma rilevanza, in tale ipotesi, la difficoltà di identificazione del presentatore del titolo8. Questa impostazione interpretativa, disattesa dopo un decennio9, e per un lungo periodo, dalla stessa Suprema Corte, è stata in seguito nuovamente riaffermata nella giurisprudenza di legittimità10, all’interno della quale si è evidenziato che l’art. 43, co. 2, l. ass. disciplina in modo autonomo il pagamento dell’assegno non trasferibile, con deviazione sia dalla regola generale che libera il debitore che esegua il pagamento in buona fede in favore del creditore apparente (art. 1189 c.c.)11, operante per i soli titoli a legittimazione variabile, sia da quella dettata per i titoli di credito dall’art. 1992, co. 2, c.c., poiché la falsificazione dell’assegno pone in crisi il presupposto dell’incontroversa legittimazione cartolare. Ne deriva che, in caso di pagamento di un assegno bancario non trasferibile in favore di chi non era legittimato, la banca non è liberata dall’originaria obbligazione finché non paghi al prenditore esattamente individuato a prescindere dalla sussistenza dell’elemento della colpa nell’errore sulla identificazione dello stesso prenditore, trattandosi di ipotesi di obbligazione ex lege12. A riguardo, si è osservato che, del resto, ipotizzare l’eventualità di un pagamento liberatorio a persona diversa dal beneficiario effettivo implicherebbe l’impossibilità, per quest’ultimo, di giovarsi dell’ammortamento, escluso dall’art. 73 l. ass. per l’assegno bancario con clausola “non trasferibile”13. In dottrina, a sostegno di tale tesi è stato osservato che l’art. 43, co. 2, l. ass. sancisce una regola di responsabilità di chi esegue il pagamento che prescinde dalla colpa nell’identificazione del presentatore, dando «oggettivamente ai due soggetti implicati dalle alee di manomissione dell’assegno, il traente (o il richiedente nell’assegno circolare) e il beneficiario, la sicurezza del pagamento»14: in sostanza, le esigenze di sicurezza sottese alla clausola di intrasferibilità, renderebbero ragione dell’enunciazione, da parte della norma, di una responsabilità obiettiva del banchiere per rischio professionale15.
Secondo un altro orientamento, invece, la responsabilità della banca negoziatrice che «paga» un assegno non trasferibile ad un soggetto diverso da quello legittimato si configura come responsabilità per colpa. Tale tesi è stata sostenuta dalla giurisprudenza di legittimità per circa un trentennio, periodo nel quale è stato più volte ribadito l’assunto secondo cui, se il pagamento dell’assegno bancario non trasferibile è eseguito in favore di chi si legittima sul piano cartolare come prenditore dell’assegno, colui che ha effettuato il pagamento ne risponde verso il prenditore, ai sensi dell’art. 43, co. 2, l. ass., soltanto se non ha usato la dovuta diligenza nell’identificazione del presentatore dell’assegno poiché tale disposizione, quando sancisce la responsabilità per il pagamento di chi paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore, si riferisce non alla persona fisica del prenditore, ma alla legittimazione cartolare e, quindi, non comporta una deroga ai principi generali in tema di identificazione del presentatore dei titoli a legittimazione nominale16. Peraltro, negli anni più recenti, nonostante la riferita “svolta” in senso più rigoroso della stessa Suprema Corte nel 1999, l’impostazione volta a ritenere necessaria la colpa per la configurabilità della responsabilità della banca negoziatrice per il pagamento di un assegno non trasferibile ad un soggetto non legittimato è stata nuovamente avallata da alcune pronunce di legittimità che hanno posto in risalto l’esigenza, sia per la banca trattaria che per quella negoziatrice dell’assegno, di una valutazione in concreto sull’uso della diligenza richiesta al bancario medio, sulla base delle sue conoscenze, essendo applicabili all’attività bancaria le disposizioni di cui agli artt. 1176, co. 2, e 1992, co. 2, c.c.17 In dottrina, a sostegno di tale soluzione, si è osservato che la responsabilità della banca in tema di assegno non trasferibile non può e non deve essere aggravata rispetto alle regole generali previste in tema sia di titoli di credito (art. 1992 c.c.) che di obbligazioni (art. 1189 c.c.)18. In particolare, prendendo le mosse da una presunta coincidenza dell’espressione «risponde del pagamento» di cui al citato art. 43, con quella di «resta cambiariamente obbligato», si è evidenziato che la responsabilità derivante dall’inesatto pagamento di un assegno non trasferibile rientra, quale fattispecie particolare, nel più generale principio dettato dall’art. 1992 c.c. in materia di titoli di credito19.
In definitiva, secondo l’orientamento suffragato dalle Sezioni Unite, la responsabilità della banca negoziatrice per il pagamento di un assegno non trasferibile ad un soggetto non legittimato costituisce una responsabilità da contatto sociale per colpa, sebbene presunta, secondo la regola generale di cui all’art. 1218 c.c., che l’istituto di credito può superare, mediante una sostanziale inversione dell’onere probatorio, dimostrando di aver correttamente adempiuto agli obblighi di protezione di cui alla l. ass., senza che possa essere imputato alla stessa l’inadempimento delle obbligazioni di identificazione del prenditore e di raffronto delle sottoscrizioni previste ex lege.
Questa affermazione si pone in linea di continuità con la ricostruzione in termini contrattuali della responsabilità della banca negoziatrice che paga male l’assegno non trasferibile, atteso che il modulo aquiliano, in alcune sue speciali declinazioni, è in grado di concepire forme di responsabilità aggravata o oggettiva fondate sul concetto della responsabilità di posizione o su quello del rischio di impresa. Né, sotto altro profilo, può trascurarsi che la lettura dell’art. 43, co. 2, l. ass. offerta dalle Sezioni Unite è coerente con la circostanza che la clausola di non trasferibilità ha ormai smarrito la propria funzione originaria di tutela del traente, in quanto la stessa è divenuta sostanzialmente obbligatoria per tutti gli assegni di una qualche rilevanza stante le esigenze, di carattere pubblicistico, della normativa antiriciclaggio, rispetto alle quali non assumerebbe più specifica valenza una responsabilità “rafforzata” dell’istituto di credito, nei rapporti tra le parti private20, che ha costituito l’argomento fondamentale, rispetto alla neutralità dell’art. 43, co. 2, l. ass.21, per intendere lo stesso quale fonte di una responsabilità oggettiva del banchiere che paga ad un soggetto diverso da quello legittimato22.
Il problema si incentra, quindi, nell’individuazione della misura concreta della diligenza richiesta alla banca che negozia l’assegno nell’identificazione del portatore del titolo, in virtù «dell’incertezza che regna circa i criteri da seguire per ritenere sufficientemente attendibile tale identificazione»23.
A riguardo, quanto alla portata della prova liberatoria posta a carico dell’istituto di credito sembra ineludibile la considerazione della natura pericolosa dell’attività che si sostanzia nel fornire servizi di pagamento e che renderebbe opportuno, pur nella ricostruzione in termini contrattuali della responsabilità della banca, un regime analogo, sotto tale profilo, a quello richiesto dall’art. 2050 c.c.24
1 L’ordinanza interlocutoria mediante la quale il procedimento è stato rimesso al Primo Presidente, ai fini dell’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, atteso il contrasto di giurisprudenza sulla questione, è Cass., 17.5.2017, n. 12379.
2 Cass., S.U., 21.5.2018, n. 12477.
3 L’art. 43 l. ass. è applicabile anche all’assegno circolare ed al vaglia cambiario della Banca d’Italia, in virtù del rinvio operato, rispettivamente, dagli artt. 86, co. 1, e 100 della predetta legge.
4 Cass., S.U., 26.6.2007, n. 14712, in Giur. it., 2008, 1150 ss., con nota di Cottino, G., Dalle Sezioni unite alle Sezioni semplici: precisazioni (e dubbi) in tema di responsabilità per il pagamento di assegno bancario (trasferibile e non) a soggetto non legittimato ad esigerlo.
5 Nella stessa ordinanza interlocutoria, le Sezioni Unite erano state sollecitate circa l’opportunità di effettuare un coordinamento tra le conclusioni cui sono pervenute le Sezioni Unite, ossia la riqualificazione della responsabilità della banca negoziatrice in termini contrattuali, ed il precedente dibattito riguardante la natura oggettiva o meno della responsabilità di cui all’art. 43, co. 2, l. ass.
6 L’espressione «colui che paga», di cui all’art. 43, co. 2, l. ass., si intende riferita non solamente alla banca trattaria ma anche alla diversa banca terza negoziatrice alla quale un assegno venga girato per l’incasso da un proprio cliente e che provveda, poi, a monetizzarlo in favore di quest’ultimo (Cass., 3.7.1990, n. 6778). In sostanza, gli obblighi di accertamento gravanti su ogni banca al momento del pagamento dell’assegno bancario devono essere ridistribuiti tra i due istituti, giratario e trattario, a seconda della struttura della fattispecie, sicché, se da un lato spetta al solo istituto trattario, in quanto unico depositario del modello di confronto, controllare la conformità della firma di traenza allo specimen, dall’altro l’obbligo di procedere all’identificazione personale del presentatore del titolo deve incombere soltanto alla banca negoziatrice (Segreto, A.-Carrato, A., L’assegno, Milano, 2001, 316).
7 V., tra le altre, Cass., 22.2.2016, n. 3405; Cass., 25.8.2014, n. 18183; Cass., 31.3.2010, n. 7949.
8 Cass., 7.10.1958, n. 3133.
9 In particolare da Cass., 9.7.1968, n. 2360, in Banca borsa, 1968, II, 495, con nota di Molle, G., Clausola “non trasferibile” e responsabilità di pagamento, ed in Giust. civ., 1968, 1774, con nota di Gualtieri, G., Responsabilità della Banca per pagamento di assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore.
10 Tale revirệment si deve, in particolare, a Cass., 9.2.1999, n. 1098, in Giust. civ., 1999, I, 3021, con nota di Schermi, A., Assegno non trasferibile e responsabilità del banchiere.
11 Nel senso dell’operatività, invece, anche nella fattispecie in esame, della regola generale espressa dall’art. 1189 c.c., cfr. Oppo, G., Cancellazione di clausole preclusive della circolazione cambiaria, in Riv. dir. comm., 1953, II, 54 ss.
12 V., tra le altre, Cass., 21.2.2017, n. 4381; Cass., 19.7.2016, n. 14777; Cass., 25.8.2006, n. 18543.
13 Cass., 22.2.2016, n. 3405.
14 Cottino, G., Notarelle su un tema controverso: l’art. 43 legge assegni, in Riv. dir. impr., 2005, 3 ss.
15 Per questa posizione v. anche, tra gli altri, Bianchi D’Espinosa, L., Pagamento di assegno “non trasferibile” e identificazione del prenditore, in Giust. civ., 1958, 1839 ss.; Gualtieri, P., Responsabilità della banca per il pagamento di assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore, ivi, 1968, 1774 ss.
16 Cass., 9.7.1968, n. 2360, cit., cui adde Cass., 5.7.1978, n. 3317; Cass., 25.1.1983, n. 686; Cass., 3.4.1992, n. 4087; Cass., 18.8.1997, n. 7658; Cass., 9.9.2004, n. 18173.
17 Cfr. Cass., 26.1.2016, n. 1377, la quale ha sottolineato che ne deriva l’insufficienza della mera rilevabilità dell’alterazione, occorrendo che la stessa sia riscontrabile ictu oculi, attraverso un attento esame diretto, visivo o tattile dell’assegno da parte dell’impiegato addetto, che non deve essere un esperto grafologo ma in possesso di comuni cognizioni teorico-tecniche, ovvero anche tramite mezzi e strumenti di agevole utilizzo e reperibilità, senza che debba ricorrersi ad attrezzature tecnologiche sofisticate e di difficile e dispendioso reperimento.
18 Lener, R., Assegno non trasferibile e ipotesi di pagamento a persona diversa dal prenditore, in Foro it., 1986, I, 2891.
19 Buttaro, L., Sulla diligenza della banca nella identificazione del portatore di un assegno “non trasferibile”, in Banca borsa, 1959, II, 301 ss.
20 Cfr. Dolmetta, A.A., Assegno non trasferibile e “responsabilità” della banca nel sistema dei servizi di pagamento, in Riv. dir. civ., 2016, 1542 ss., il quale osserva che, in sostanza, nella prospettiva della funzione propria della clausola, il sopravvenire della normativa antiriciclaggio ha determinato un mutamento «per la via indiretta dei contenuti del precetto di cui all’art. 43, comma 2, l. ass., nel senso che, se la funzione originaria della clausola richiedeva specificamente la posizione di una responsabilità della banca di stampo elevatissimo, quando pure oggettiva, attualmente le cose non stanno più così».
21 Così Schermi, A., Assegno non trasferibile, cit., 3023.
22 Cfr., per tutti, Cottino, G., Notarelle, cit., 9 ss.
23 Martorano, F., Identificazione e buona fede nella circolazione dei titoli di credito, in Banca borsa, 1954, II, 307.
24 In arg., Dolmetta, A.A., Assegno non trasferibile, cit., 1542 ss.