assenso
Il termine a., nel significato filosofico originario, risale agli stoici ed è l'atto della mente che aderisce in modo immediato all'evidenza di un'impressione. L'a. è quindi spontaneo, ma implica la volontà e, quanto meno l'impressione è chiara, tanto più nasce la possibilità dell'errore.
Il termine è usato da D. una volta nel Purgatorio e due volte nel Paradiso. In Pg XVIII 63 assume uno specifico significato filosofico : Or perché a questa [voglia dei primi appetibili] ogn'altra si raccoglie, / innata v'è la virtù che consiglia, / e de l'assenso de' tener la soglia. L'affetto dei primi appetibili dell'anima costituisce la ‛ prima voglia ' o disposizione naturale che sta alla base del desiderio di conoscere : " e perché tutti gli altri appetiti e voglie si accordino con questa prima voglia, è innata in noi ‛ la virtù che consiglia e dell'assenso de' tener la soglia '... questa ‛ nobile virtù ' chiamano i teologi ‛ libero arbitrio ' " (B. Nardi, Nel mondo di D., p. 295). Il libero arbitrio, dunque, che è atto della ragione, consiste nel potere che questa ha di vigilare (tener la soglia) sull'a., cioè sull'esercizio della volontà. Più semplicemente, l'uomo è libero in quanto la sua ragione, prevenendo gli appetiti, ha il potere di dettare alla volontà ciò che si deve fare (cfr. Mn I XII).
Nel Paradiso il significato di a. è quello comune di " approvazione ", " adesione ": Li occhi di Bëatrice, ch'eran fermi / sovra me, come pria, di caro assenso / al mio disio certificato fermi (IX 17). Qui l'a. è dato con un cenno esteriore e l'aggettivo caro conferisce a questa approvazione il senso dell'aggradimento da parte di Beatrice. In XII 64 a. esprime l'atto di volontaria adesione - espresso nella formula ‛ volo ' che la madrina pronuncia in vece del neonato -, nella cerimonia del battesimo.
Il termine ricorre più volte anche in Monarchia, nel significato comune; in Ep VII 26 adversum te violare assensum significa " alienarti l'animo che consente, cioè che è ben disposto verso te ".