assenteismo
L’essere frequentemente o abitualmente assente dal luogo di lavoro da parte di un lavoratore durante l’orario lavorativo, in mancanza di motivi oggettivamente fondati. In casi estremi può costituire giusta causa per il licenziamento. Si manifesta secondo diverse modalità, quali un ricorso ripetuto a permessi per malattia o ad aspettative per motivi personali. Il tasso di a. fornisce una misura del fenomeno ed è calcolato come il rapporto fra le ore di assenza e l’orario di lavoro potenziale su un determinato periodo di riferimento (mese, trimestre, anno). Il valore di tale tasso è strettamente connesso alle tipologie di assenza esaminate e alla ricostruzione dell’orario di lavoro che si prende a riferimento per misurare le assenze stesse. Le organizzazioni datoriali generalmente considerano tutte le assenze, mentre quelle sindacali ne escludono alcune, per es. quelle dovute a scioperi o ad assemblee sindacali autorizzate. La stima del tasso di a. rappresenta un dato fondamentale per le imprese al fine di valutare i costi a esso connessi e quindi determinare le misure volte a una diminuzione del fenomeno. Un livello elevato di a. è infatti causa di inefficienze organizzative, di una contrazione dei livelli produttivi e conseguentemente di aumenti nei costi unitari di produzione. Le cause dell’a. sono varie e possono essere legate al comportamento individuale, a quello delle imprese, alle condizioni di lavoro; in generale, l’a. cresce a fronte di un deterioramento delle relazioni fra lavoratore e azienda. Può essere ridotto, da un lato, attraverso un aumento dei controlli diretti da parte dell’impresa, e dall’altro attraverso la creazione di un contesto che agisca sui fattori motivazionali dei lavoratori, per es. politiche di formazione e valorizzazione professionale, mobilità interna e carriera retributiva legata alla performance individuale.