ASSENZA
(dal lat. absentia; fr. absence; sp. ausencia; ted. Abwesenheit, Verschollenheit; ingl. absence)
Diritto. - Come istituto regolato dal codice civile italiano (lib. I, tit. 111) a imitazione del codice francese, l'assenza è, secondo un concetto che risale al diritto romano, qualificata dal fatto che una persona sia scomparsa in modo da non sapersi se essa sia ancora viva (ita absit ut ignoretur ubi sit et an sit: Dig. XXIII, 2, de ritu nuptiarunt, 10). Il codice civile, nel provvedere agl'interessi dell'assente e anche di altre persone, le quali abbiano determinati rapporti con lui, distingue un'assenza presunta e un'assenza dichiarata.
È presunto assente colui che ha cessato di comparire nel luogo del suo ultimo domicilio o della sua ultima residenza, senza che se ne abbiano notizie. Verificandosi questo fatto, il tribunale, sulla istanza degli eredi presunti o di altri interessati o del pubblico ministero, provvede a nominare chi rappresenti l'assente (in giudizio, ecc.) e prende gli altri provvedimenti che siano necessarî alla conservazione del suo patrimonio. Qualora l'assente avesse lasciato un procuratore, il tribunale provvede soltanto per gli atti che il procuratore stesso non fosse autorizzato a compiere (art. 21). Trascorso un certo tempo di assenza presunta, ossia senza che la persona sia comparsa o se ne sia avuta una qualche notizia, gl'interessati, e fra questi particolarmente i presunti eredi, possono domandare al tribunale che l'assenza sia dichiarata (art. 22 segg.). Il tempo è di sei anni o di tre, secondo che l'assente abbia lasciato o no un procuratore per amministrare. Il tribunale, riconosciuta l'ammissibilità della domanda, ordina che siano assunte informazioni, e poi, passati inutilmente almeno sei mesi, dichiara l'assenza. Tanto il provvedimento che ordina di assumere informazioni, quanto la sentenza che dichiara l'assenza, debbono essere pubblicati nelle forme che la legge determina (articoli 23 e 25).
Gli effetti della dichiarazione di assenza si verificano dopo altri sei mesi dall'esaurimento di tutte le formalità di pubblicazione, e sono di notevole importanza (art. 26 segg.). Si fa, in gran parte, quello che si farebbe se la persona fosse morta. Il tribunale, sempre ad istanza degl'interessati, ordina l'apertura del testamento dell'assente. Lo stesso tribunale può autorizzare, in via provvisoria, l'esercizio di quei diritti, che, particolarmente a favore dei successori testamentarî o legittimi, deriverebbero appunto dal fatto della morte di lui: è questo l'atto che il codice qualifica come immissione nel possesso temporaneo dei beni dell'assente. La legge peraltro subordina codesta immissione a certe garanzie, e ad essa impone certi limiti nell'interesse dell'assente, che potrebbe ritornare e avrebbe diritto di riprendere il suo. Le garanzie sono principalmente queste: a) obbligo di prestare cauzione da parte di coloro che vengono immessi nel possesso; b) obbligo, negl'immessi, di procedere all'inventario dei beni mobili e alla descrizione degl'immobili; c) necessità, per gl'immessi, di fornirsi dell'autorizzazione del tribunale per qualunque atto che ecceda la semplice amministrazione. I limiti si riferiscono al godimento delle rendite. E qui bisogna distinguere secondo la qualità degl'immessi nel possesso, cioè secondo il grado del vincolo che li unisce all'assente, e secondo la durata dell'immissione. Il godimento della totalità delle rendite si ha quando gl'immessi sono gli ascendenti, i discendenti e il coniuge, e quando l'immissione, anche se l'immesso è un estraneo, dura da oltre trent'anni. Negli altri casi dev'essere riservata una parte delle rendite, che appunto varia secondo il grado di parentela e la durata dell'immissione, ed è minore per i parenti più prossimi e per coloro che da più lungo tempo sono immessi nel possesso.
Quando da trent'anni duri l'immissione nel possesso temporaneo, oppure siano passati cento anni dalla nascita dell'assente e da tre anni non se ne abbiano notizie, il tribunale, sull'istanza delle parti interessate, pronuncia l'immissione nel possesso definitivo (art. 36 segg.). Con questa sentenza del tribunale sono sciolti i vincoli, tolte di mezzo tutte le garanzie e tutte le limitazioni al godimento delle rendite; gl'immessi conservano però di fronte all'assente l'obbligo di restituirgli, qualora egli ritornasse, il patrimonio nello stato nel quale si trova. L'assente, in caso di ritorno, prende quindi ciò che è rimasto; se i suoi beni sono stati alienati e il prezzo è stato impiegato nell'acquisto di altri beni, prenderà questi in sostituzione dei primi.
Quanto ai rapporti giuridici di carattere personale, l'assenza produce taluni effetti, particolarmente per quel che riguarda i figli minori dell'assente, anche nel caso in cui la patria potestà non possa essere esercitata neppure dalla madre (articoli 46 e 47); ma rimane intatto il vincolo matrimoniale, che si scioglie soltanto con la morte. Per questo riguardo, l'assenza di uno dei coniugi produce solamente l'effetto, che, se il coniuge dell'assente contrae un nuovo matrimonio, questo non può essere impugnato finché duri l'assenza (art. 113). Peraltro, in qualche caso, sarebbe giusto (e in ciò tutti concordano ormai) che l'autorità giudiziaria, invece della semplice dichiarazione di assenza, potesse pronunciare la dichiarazione di morte dello scomparso. È questo un istituto che già esiste in alcuni codici (particolarmente in quelli a tipo germanico: Todeserk lärung), e che sarà molto probabilmente introdotto nella riforma del nostro codice civile. Intanto provvedimenti legislativi in questo senso sono stati già emanati in occasione di terremoti e di guerre (v., da ultimo, il decreto legge 15 agosto 1919, n. 1467).
Bibl.: Scritti recenti, alcuni dei quali con numerose indicazioni bibliografiche: Commissione reale per il dopo guerra, Studi e proposte della 1ª sottocommissione: Dell'assenza e della presunzione di morte (relat. A. Ascoli), Roma 1920; L. Rossi, Sulle riforme del codice civile (Relazione e discorso parlamentare), Torino 1923; A. Oviglio, Relazione sul disegno di legge 10 febbraio 1923, in Atti parlamentari della Cam. dei deputati, legislat. XXVI, sess. 1921-23, p. 3; Discorsi al Senato, nelle tornate 22, 23, 24 novembre 1923, dei senatori Del Giudice, Polacco, Scialoja, Mortara e del ministro Oviglio, in Atti parlamentari del Senato del Regno, legislat. XXVI, 1ª sess., Discussioni, p. 5531 segg.; R. Luzzatto, L'istituto dell'assenza e la sua riforma, Ferrara 1924; id., Per una legge sulla scomparsa e sull'accertamento (indiretto) dei decessi, in Riv. dir. commerc., XXIII (1925), i, 441; G. Brunetti, La dichiarazione giudiciale di morte dello scomparso, in Scritti giur. varii, IV, 6, Torino 1925; G. B. Castioni, Sorte del matrimonio in caso di morte presunta (a proposito della riforma dell'istituto dell'assenza), Milano 1925; F. Vassalli, Il matrimonio dell'assente e dello scomparso, in Arch. giur., XCVI (1926), 3; R. De Ruggiero, La dichiarazione di morte per gli scomparsi in guerra, Napoli 1920; id., Istituzioni di dir. civile, 4ª ed., Messina 1926, p. 372 segg.; M. Dini, Riformiamo l'istituto dell'assenza!, in Studi senesi, 1926, fasc. 4-5; D. Callegari, L'assenza e la dichiarazione giudiciale di morte nella riforma del codice civile; in Riv. dir. civ., 1924, fasc. 1 e 2; id., In tema di assenza e di scomparsa, in Riv. ital. per le scienze giuridiche, 1927, fascicoli 2 e 3.
Medicina. - La cosiddetta assenza epilettica fa parte delle manifestazioni del piccolo attacco epilettico (petit mal épileptique), e consiste in brevi ma totali sospensioni della coscienza, con o senza movimenti automatici, seguite da amnesia.
L'ammalato colpito da un'assenza epilettica s'arresta improvvisammte nei suoi discorsi o nelle sue occupazioni, assume un atteggiamento rigido, fissa lo sguardo, impallidisce. Spesso piccoli movimenti o tremiti scuotono le labbra, le palpebre, la lingua, gli arti; le pupille sono dilatate e rigide. Ciò non dura che pochi secondi, un mezzo minuto al più; poi ritorna la coscienza, e l'ammalato riprende il discorso o la sua occupazione al punto in cui li aveva lasciati, quasi senza essersi accorto di nulla.