assicurare
. Il verbo è presente dieci volte nelle opere dantesche, otto in poesia (sempre in rima) e due nella prosa della Vita Nuova, accompagnato di solito dalla particella pronominale ‛ mi ' e ‛ ti ' in funzione di complemento oggetto. In Pd XXIV 103 Dì, chi t'assicura / che quell'opere fosser?, vale " render certo ", mentre in Vn V 3 mi confortai molto, assicurandomi che lo mio secreto non era comunicato lo giorno altrui per mia vista, equivale a " farsi certo ", " accertarsi ". In If XXVIII 115 se non che coscïenza m'assicura, ha piuttosto il senso di " render fiducioso ", " rassicurare ", come in molti esempi di scrittori antichi (Brunetto Latini, Cavalcanti). Valore affine ha in Pd IV 133 Questo m'invita, questo m'assicura con reverenza, donna, a dimandarvi d'un'altra verità, dove piega tuttavia al significato di " dar coraggio, ardimento ". V. anche Fiore XXXVIII 14.
Altrove è da intendersi come " rinfrancarsi ", " rassicurarsi ", accezione già attestata in Brunetto e Guinizzelli: ond'io, assicurandomi, cominciai a parlare così con esso (Vn XII 4). In questa linea semantica a. si inserisce nel passo di Pd XXV 34, dove s. Giacomo esorta D., abbacinato dallo splendore di lui stesso e di Pietro, a rinfrancarsi e a sollevare il capo: Leva la testa e fa che t'assicuri: " hoc dicit quia erat terrefactus nimio splendore dictorum apostolorum " (Benvenuto; si confronti il v. 27).
In Fiore LX 7 e CCIV 4, il verbo assume più propriamente il valore di " prender coraggio, ardire ".
Discussa è l'interpretazione di a. in Rime XCI 106 digli ch'è folle chi non si rimove / per tema di vergogna da follia; / che que' la teme c'ha del mal paura, / perché, fuggendo l'un, l'altro assicura; annota il Pazzaglia: "digli che è folle chi, per tema di vergogna, non abbandona la propria follia (peccato o errore)... che l'unica vergogna da temere è quella che proviene dal male, poichè chi fugge il male si procaccia sicuramente il suo contrario, ossia il bene ". Diversa è la proposta del Pernicone, per il quale D. nei vv. 105-106 spiega il motivo di quanto ha detto prima (si comporta da folle colui che non si libera da una follia per tema di vergogna), " affermando che vero timor di vergogna c'è in colui che, avendo paura del male, lo evita, e perciò si assicura contro la vergogna ". Questa interpretazione suppone che l'un si riferisca a ‛ male '; l'altro, con valore neutro, a vergogna.