ASSICURAZIONE (fr. assurance; sp. seguro; ted. Versicherung; ingl. insurance [in generale], assurance [sulla vita])
In ogni epoca - secondo gli usi o i costumi dei popoli e in relazione al grado di civiltà raggiunta - si sono compiuti atti di previdenza e si è provveduto a bisogni futuri ed eventuali; ma molti secoli di preparazione di ambienti e di coscienze dovettero trascorrere prima che l'istituto dell'assicurazione potesse superare gli ostacoli, vincere le prevenzioni e i pregiudizî d'ogni specie ed erigersi finalmente fattore di progresso economico sociale, sulle basi solide che oggi possiede.
Cenni storici.
La storia dell'assicurazione non è quella di una singola scoperta o invenzione, essa risulta dall'insieme delle storie dei suoi rami i quali, sebbene collegati da principî comuni, ebbero tutti origini distinte e si svilupparono in circostanze diverse e particolari.
L'assicurazione sulla vita, che ha scopo così altamente morale e che è atto di saggia previdenza e di buona amministrazione, è più recente dell'assicurazione marittima e dell'assicurazione contro l'incendio. Osservava giustamente l'assicuratore belga Adan, per spiegare tale apparente anacronismo, che "nell'ordine morale, come in quello materiale, ogni operazione non si manifesta che al momento opportuno, quando l'ambiente necessario è preparato a riceverla e quando gli elementi costitutivi siano stati sufficientemente raffinati per produrla e nutrirla". L'assicurazione sulla vita non poteva sottrarsi a questa legge naturale, ed è nata quando furono raggiunte indispensabili condizioni di educazione morale e di tecnicismo, non necessarie a comprendere e a mettere in uso forme assicurative che bisogni più immediati e più materiali avevano fatto apparire di maggiore utilità pratica.
L'assicurazione sulla vita, nel senso in cui oggi è concepita, deve la sua origine alla creazione del calcolo delle probabilità e alla costruzione della tavola di mortalita; essa offre il più largo campo di applicazione alla scienza attuariale.
Gli altri rami di assicurazione ricevono ora anch'essi grande nutrimento dal metodo scientifico, ma il loro sviluppo ne fu indipendente e determinato, come abbiamo già detto, da imperiose necessità della vita corrente più che dal sentimento della previdenza familiare e della solidarietà umana, da cui sono animate le assicurazioni sulla vita.
Si trovano già tracce, sebbene informi, del principio assicurativo, negli usi dei popoli più antichi. Riferisce il Manes che, secondo l'antico diritto indiano, i debitori che dovevano viaggiare in luoghi selvaggi o attraversare foreste pagavano un saggio doppio per i prestiti, di quello ordinario, e se i debitori dovevano attraversare il mare pagavano anche quattro volte il saggio normale.
Nel Talmūd Babilonese si legge che "quando nelle carovane condotte attraverso il deserto moriva un animale senza maliziosa trascuratezza" del proprietario, i carovanieri acquistavano un animale di pari valore e lo consegnavano al danneggiato, al quale però in nessun caso veniva dato l'equivalente in danaro.
Riferisce ancora il Manes che nell'antica Palestina i conduttori di asini avevano stabilito un patto secondo il quale si rimborsavano scambievolmente l'asino perduto per l'azione di briganti o di bestie feroci. Sarebbero queste in embrione forme particolari di assicurazione contro la perdita del bestiame.
Si è molto discusso se lo spirito di previdenza fosse conosciuto dai Romani; è difficile dare una risposta precisa. Essi però diedero importanza alla questione circa la durata della vita umana, questione fondamentale di tecnica delle assicurazioni sulla vita. Il celebre giureconsulto Ulpiano, ministro di Alessandro Severo, ci ha poi trasmesso una valutazione della vita probabile, in dipendenza della questione trattata da lui relativa all'accertamento del valore di un lascito di rendita vitalizia, accertamento che si doveva fare per sapere se vi fosse necessità di effettuare la riserva conosciuta sotto il nome di falcidia.
Vaghe tracce dell'assicurazione sulla vita, alcuni scrittori vollero scorgere nelle società di mutuo soccorso dell'antichità (per es. nei collegia).
Nella storia dell'assicurazione vera e propria si considerano generalmente tre periodi distinti: il primo, dal 1300 al 1700, in cui è creata la polizza di assicurazione e l'assicuratore è rappresentato da una persona singola; il secondo, dal sorgere dell'impresa moderna di assicurazione alla fine del sec. XVIII; il terzo, fino ai giorni nostri, caratterizzato dal continuo, rapido e intenso sviluppo di tutte le forme assicurative, dalla costituzione di numerose imprese mutue e azionarie, da rapporti internazionali fra le imprese dei varî paesi - dovuti questi essenzialmente alla riassicurazione per la quale sorgono speciali imprese - finalmente dall'organizzazione delle assicurazioni sociali e di istituzioni pubbliche di previdenza di ogni specie, basate su rigorosi principî assicurativi.
È del sec. XIX la formazione della scienza attuariale.
Aggiungiamo alcune notizie storiche intorno ai principali rami di assicurazione.
Assicurazione marittima. - La prima forma di assicurazione fu quella marittima, che risale al basso Medioevo. Il fatto è perfettamente logico, ove si pensi all'importanza assunta dal traffico per via di mare sin dall'età delle Crociate, e al desiderio di mettersi al riparo dai rischi gravi che esso comportava. Ed è altrettanto naturale che le forme assicurative abbiano la loro origine nelle città marittime italiane, allora alla testa della navigazione e del traffico europeo. Già nel 1225 a Venezia abbiamo un esempio di assicurazione marittima fino a 1000 lire; ed essendo avvenuto un infortunio, il governo obbligò l'assicuratore a eseguire il pagamento. Lo sviluppo dell'assicurazione a scopo speculativo data tuttavia veramente solo dal sec. XIV. Negli archivî di Firenze e di Genova il Bensa ha scoperto documenti che vanno dal 1300 al 1319; ma un esplicito e definitivo riconoscimento legale dell'assicurazione marittima, combattuta prima, al suo nascere, come cosa immorale e illecita, si ha solo con la legge del 21 ottobre 1369, promulgata in Genova sotto il doge Gabriele Adorno. Con essa (che si trova oggi nel libro Diversorum Negotiorum Comunis Ianuae nell'archivio di S. Giorgio in Genova), sono dichiarati validi i contratti per viam cambi seu assecuramenti. Nello stesso archivio di S. Giorgio si trova anche il registro, ove dal 1410 sono registrate le assicurazioni marittime fatte in Genova, e le indicazioni del premio relativo, che era di soldi dieci per ogni cento lire di capitale assicurato. La prima polizza sarebbe stata redatta a Pisa nel 1381, come indica il Bensa.
Tra i primi codici riguardanti le assicurazioni marittime hanno speciale importanza, oltre la legge del 1369, l'ordinanza di Pisa del 1318, che contiene già norme per regolare diritti e doveri dell'assicurato e dell'assicuratore, e l'ordinanza di Firenze del 1523 che stabilisce per le polizze una determinata forma simile a quella oggi in uso. Il documento ufficiale estero più remoto è l'Ordinanza dei Magistrati di Barcellona del 1435. A queste prime manifestazioni fecero seguito leggi e ordinanze di tutti i paesi del mondo allora noto, giacché dalle città italiane l'istituto assicurativo passò in quelle delle Fiandre e via via negli altri paesi.
L'assicurazione trasporti, a cui si aggiunge più tardi l'assicurazione sulla vita dei mercanti che viaggiavano a bordo, quella dei salarî dei marinai, delle armi e delle vettovaglie, si svolge gradatamente in tutte le città marinare, ove più vasto è il commercio, e si perfeziona in Spagna, in Inghilterra e in altri paesi del nord.
A fianco dell'assicurazione trasporti si venivano, nel frattempo, delineando e svolgendo le altre forme di garanzia, tutte però, o quasi, basate, al loro nascere, più che su atti contrattuali di previdenza, sul giuoco e sulle scommesse, e per vietare gli abusi che ne derivarono, nei Paesi Bassi, ad Amsterdam (1598), a Middelbourg (1600), a Rotterdam (1604), a Genova (1588) e altrove si emanarono ordinanze e statuti che costituirono poi la base di vere e proprie disposizioni legislative.
In Francia notevole è l'ordinanza di Luigi XIV del 1681, riprodotta in gran parte nel codice di commercio napoleonico. Le guidon de la mer, che ricordiamo per la sua importanza storica, è un piccolo volume, compilato, come spiega la prefazione, da due ricchi ed esperti negozianti di Rouen. Esso, che era in uso in Francia nel 1660, e che fu considerato come la più autorevole fonte in materia assicurativa, detta norme e regole riguardanti le assicurazioni marittime e le altre esercitate nel sec. XVI.
In Inghilterra l'assicurazione marittima ebbe inizio per opera di banchieri lombardi, rifugiatisi a Londra tra il sec. XIII e il XIV.
Dal 1700 in poi il grande sviluppo avuto dall'assicurazione marittima si deve al Lloyd, organismo potentissimo e d'importanza mondiale (v. lloyd).
Come nell'Occidente, così nell'Oriente l'influenza italiana si manifesta nel campo assicurativo, e ci è dato ancora attualmente di notare nelle polizze di sicurtà levantine, brani e frasi dell'antica polizza della gloriosa Trieste. La prima compagnia organizzata per esercitare, nel senso vero e proprio, il ramo marittimo, fu fondata in Inghilterra nel 1720.
Assicurazione contro l'incendio. - L'assicurazione contro l'incendio non poteva prestarsi a formare oggetto di operazioni speculative e, per lo stesso suo carattere, ebbe uno svolgimento iniziale diverso da quello delle altre forme di garanzia. Nel sec. XVI l'assicurazione incendio, in alcuni stati tedeschi, fu resa obbligatoria e dette luogo a una imposta speciale che i cittadini pagavano per il risarcimento dei danni prodotti dal fuoco.
Pochi documenti si hanno intorno allo sviluppo dell'assicurazione incendio in Inghilterra, prima della metà del sec. XVII. Un progetto di monopolio per assicurare le case a determinate condizioni, formulato dai cittadini di Londra nel 1628, non ebbe seguito; ma il disastroso incendio del 1666, richiamò l'attenzione sulla gravità del soggetto e ben presto in Londra si organizzarono appositi uffici di assicurazione. Il sistema mutuo fu largamente applicato e una compagnia adottò l'ipotesi tecnica che una casa su duecento bruciasse ogni quindici anni.
Secondo il Walford, la pratica assicurativa contro l'incendo era forse in uso da molto tempo in Italia.
Nel sec. XVIII esistevano numerose compagnie e si era già manifestata la rivalità tra sistema mutuo e sistema a premio fisso. In Amburgo, verso il 1670, fu fondato il primo istituto per l'assicurazione contro gl'incendî degli immobili, la Hamburger Feuerkasse e nel 1684 in Inghilterra si costituì la prima compagnia privata, la Friendly Society Fire Office. Prima del 1720 le assicurazioni marittime e incendio erano organizzate in tutti i grandi centri dell'industria e del commercio.
Assicurazione sulla vita. - Il primo contratto di assicurazione sulla vita fu stipulato nel 1583 a Londra sulla testa di certo William Gibbons, per garantire il pagamento di una somma se la morte dell'assicurato fosse avvenuta entro un anno. Il sinistro accadde e dette luogo a contestazioni e a giudizio di tribunale. Al principio del sec. XVIII, si stipulavano presso molti uffici inglesi assicurazioni sulle nascite; ogni socio pagava una quota fissa per ogni bimbo battezzato finché non ne avesse uno proprio, e allora riscuoteva una somma ritenuta sufficiente all'educazione del figlio.
L'assicurazione cosiddetta dotale era già in uso in Italia fin dal sec. XVI, come risulterebbe da uno statuto fiorentino del 1522, indicato dal Bensa.
Ben presto però le operazioni assicurative, trattate da assicuratori singoli, nel solo intento di trarne largo profitto, furono inquinate da abusi di ogni genere e finirono col degenerare in scommesse, in giuochi e in odiose speculazioni. In un certo periodo di tempo, esse ebbero per oggetto gli eventi più strani; si fecero scommesse sulla longevità dei sovrani e dei principi, sulla gravidanza delle donne, sulla vita di uomini politici, su vittorie e sconfitte ecc. Tale stato di cose provocò le ordinanze e gli statuti a cui già si è fatto cenno e le misure proibitive (assicurazioni marittime), applicate senza distinzione a tutte le forme di garanzia, colpirono come operazione speculativa anche l'assicurazione sulla vita, e ne ostacolarono il progresso.
Il vitalizio, nella storia dell'assicurazione sulla vita, ebbe parte predominante, non solo per la sua applicazione a molteplici questioni finanziarie di differenti tipi (usufrutti, emissione di debiti pubblici, ecc.) ma anche per il contributo di materiale statistico offerto allo studio e all'esame dei precursori della scienza attuariale. I vitalizi si conoscevano fin dai tempi antichi e la regola data da Ulpiano ne è una prova. In un libro pubblicato a Cambridge nel 1683-1686, approvato da Isaac Newton, si considera la durata della vita per stabilire quella degli affitti; in Olanda, nei secoli XVI e XVII essi ebbero gran voga; si riteneva che l'interesse ricavato dalla rendita vitalizia fosse doppio di quello ricavato dalla medesima somma posta in rendita ammortizzabile e non si considerava l'età del vitaliziato. Il sistema, applicato anche a operazioni di finanza pubblica, dette origine ai lavori dell'insigne matematico De Witt.
In Francia l'assicurazione sulla vita subì l'influenza della tontina, specie di operazione vitalizia proposta dall'italiano Lorenzo Tonti, segretario del cardinale Mazarino.
Le tontine, pure essendo condannabili sotto ogni riguardo per il fatto che non rispettano il principio della mutualità, fondamento questo della tecnica assicurativa, ebbero però un merito: quello di avere accumulato interessante materiale statistico per la costruzione della tavola di mortalità dovuta a Deparcieux.
L'assicurazione sulla vita sarebbe rimasta ancora per molto tempo allo stato primitivo, se il calcolo delle probabilità, creato nel 1662 per opera di Pascal e di Fermat, e la tavola di mortalità, costruita con metodo seientifico nel 1693 dall'astronomo Halley, non avessero offerti gli elementi fondamentali del suo congegno tecnico. Il primo abbozzo di tavola di mortalità, in base ai registri mortuarî che in Inghilterra le parrocchie tenevano dopo il 1603, si deve a John Graunt (1662) e a Petty (1662). Quest'ultimo pubblicò un saggio, Duplicate Proportion, in cui si propose di studiare il rapporto che intercede tra la radice quadrata dell'età e la probabilità di raggiungere settanta anni. L'olandese Giovanni De Witt (1671), valendosi del lavoro di Petty, aveva esposto, prima di Halley, il metodo esatto per calcolare un'annualità vitalizia. Halley costruì la tavola di mortalità su dati d'osservazione raccolti dal Neumann e riguardanti la città di Breslavia; tali dati furono da lui ritenuti più idonei allo scopo di quelli che avrebbe potuto offrire Londra, ove agivano fortemente fenomeni migratorî.
Il metodo scientifico, che la dottrina delle probabilità e la statistica della sopravvivenza avevano messo a disposizione dell'assicuratore prima ancora della fine del sec. XVII, non ebbe esatta applicazione che un secolo dopo. Nel 1705 si fondava in Londra la prima compagnia di assicurazioni sulla vita, The Amicable (Society for a perpetual Assurance Office), ma, come altre istituzioni sorte negli ultimi anni del Seicento, non seppe trarre alcun partito dalla scoperta di Pascal e dai lavori di Halley.
Il sec. XVIII, per l'assicurazione sulla vita, segna un periodo speculativo e transitorio; essa si evolve dai tentativi e dai contrasti, dai divieti e dai regolamenti; ricerche di dati statistici si associano a formule legali; dalle antiche associazioni mutue rudimentali che mirano a garantire spese di malattie e di funerali, derivano le prime imprese che tendono ad accertare, su basi positive, i pagamenti e a prevedere gli eventi, e si giunge finalmente all'impresa nel senso moderno della parola. Nel 1762 sorge in Londra l'Equitable con ordinamento inspirato a criterî scientifici e per la prima volta è attribuita la qualifica di "attuario" (actuary) allo specialista incaricato di studiare l'ordinamento tecnico delle compagnie di assicurazioni sulla vita e in generale degl'istituti di previdenza. Il governo inglese riconobbe ufficialmente la qualifica stessa in una legge del 1819 emanata per regolare le società di mutuo soccorso.
L'Italia ebbe il merito di avere, per la prima, divulgati nel mondo i concetti assicurativi che all'estero trovarono, peraltro, ambienti più adatti per il loro accoglimento e sviluppo. È solo nel 1825 che viene fondata in Italia, e precisamente a Milano, la prima società per azioni di assicurazione sulla vita e contro l'incendio. La Compagnia di assicurazione di Milano sul principio trova la via difficile, ma dopo il 1859 si estende gradatamente e si afferma tra le prime compagnie di assicurazione.
Nel Piemonte gl'istituti di previdenza prendono salde radici; Carlo Felice, convinto dei benefici dell'istituto assicurativo per le esperienze dell'Inghilterra, della Germania e della Francia, con sue regie patenti del 13 gennaio 1825 autorizza a funzionare a Torino la Società reale di assicurazione mutua a quota fissa contro i danni degl'incendî; un'altra ne sorge per autorizzazione di Carlo Alberto: la Compagnia anonima di assicurazione contro l'incendio. È da ricordare anche la Società di assicurazioni diverse, sorta in Napoli nel 1825.
Lo sviluppo dei traffici, il propagarsi delle relazioni commerciali, l'incremento della vita economica dei paesi hanno generato nuovi bisogni, nuove esigenze, donde nuove forme di assicurazione si sono venute creando. La vita dell'uomo, il suo lavoro e le sue proprietà hanno così trovato, col funzionamento dell'istituto assicuratore, tutte le protezioni, le quali si concretano nelle varie forme assicurative oggi in uso in tutti i paesi.
Assicurazioni private.
L'assicurazione ha lo scopo di provvedere col minimo costo a un bisogno eventuale. Un evento (rischio) tale che il suo verificarsi provochi una spesa o una diminuzione di ricchezza disponibile, sia col distruggerla, sia con l'impedirne la formazione, è un elemento perturbatore dell'attività economica perché diminuisce la fiducia nei risultati della nostra condotta.
La previdenza, che implica un costo presente per bisogni futuri, di fronte a un rischio può attuarsi con la prevenzione, ossia con l'impedire che l'eventualità temuta si verifichi, o almeno che si estenda quando in parte si è già verificata. Malgrado i progressi della scienza e della tecnica, rimane un campo in cui la prevenzione è impossibile o non conveniente perché troppo costosa, e allora si preparano i mezzi per far fronte al bisogno eventuale. Si risparmia, quando si è in grado di farlo, l'intera somma occorrente come se il bisogno fosse certo, se si pensa che la somma risparmiata avrà un'altra utile destinazione qualora l'evento non si verifichi. Ma ciò non è possibile di fronte ai rischi più gravi.
Si può ridurre il costo al minimo, sostituendo a un elemento isolato una massa di elementi esposti al rischio, ciascuno dei quali concorra a provvedere al bisogno collettivo, quando si sappia che per far fronte a questo basta una frazione della somma che occorrerebbe se tutti fossero colpiti.
Con le osservazioni statistiche si trova la frequenza, ossia la proporzione fra il numero dei casi in cui un evento si verificò e quello dei casi in cui poteva verificarsi; si dimostra col calcolo delle probabilità, e l'esperienza conferma, che, aumentando il numero delle prove, diventa sempre più probabile che rimanga in limiti piccolissimi rispetto al numero di esse lo scarto fra la frequenza passata e quella che dobbiamo aspettarci (purché le condizioni non cambino).
Su queste premesse è basata l'assicurazione, che consiste nel raccogliere un grande numero di elementi esposti a un rischio e formare coi contributi di ciascuno il fondo necessario a farvi fronte.
Un proprietario di molti terreni in località diverse, sui quali può cadere la grandine, una banca con molti crediti su cui sono possibili delle perdite, possono applicare per proprio conto il procedimento assicurativo (autoassicurazione). L'assicurazione viene organizzata come un'industria quando un'impresa raccoglie una clientela a cui interessa di provvedere a dati bisogni eventuali. L'impresa è l'assicuratore; i suoi clienti si dicono assicurati, mentre si dicono anche assicurate le persone o le cose esposte al rischio; il contributo a carico degli assicurati si dice premio; il verificarsi dell'evento in molti rami, sinistro; la somma da pagarsi a coloro per cui l'evento si verifica, indennizzo.
Se un contratto d'assicurazione rimanesse isolato, si avrebbe un semplice spostamento di rischio: uno dei contraenti si libererebbe dal caso e l'altro vi si assoggetterebbe. ll procedimento economico dell'assicurazione viene attuato solo se l'assicuratore fa un grande numero di contratti.
Oggi un contratto isolato non può aver luogo che per la costituzione di rendita vitalizia secondo gli articoli 1789 seg. del cod. civ. (art. 3 della legge sulle assicurazioni private).
Siccome i mezzi di cui uno dispone per i bisogni della vita sono la sua attività personale e il suo patrimonio, così i rischi a cui si applica l'assicurazione si riferiscono o alle persone (più precisamente ai risultati economici dell'attivita personale), o agli elementi del patrimonio (cose, crediti e aspettative).
I rischi a cui è soggetta l'attività personale sono:
1. l'incerta durata della vita. Il prolungarsi della vita di una persona oltre un dato tempo può provocare il bisogno di spese (di mantenimento, di educazione, di collocamento); il suo cessare prima di un dato tempo può determinare la mancanza del reddito con cui essa avrebbe provveduto al mantenimento di altre persone, al pagamento di un debito;
2. casi della vita, come malattie, invalidità, disgrazie accidentali, disoccupazione.
Dei rischi a cui sono soggette le attività patrimoniali non è possibile dare una classificazione sistematica. Si assicurano quelli dei trasporti (marittimi per primi, poi terrestri e aeronautici); gl'incendî (che possono comprendere anche scoppî di gas, di apparecchi a vapore); i danni arrecati dalla grandine ai prodotti agricoli; malattie e mortalità del bestiame; danni a piante; guasti a macchine, a condutture d'acqua; rotture di vetri; responsabilità civile per danni arrecati ad altri; furti; infedeltà di cassieri; mancata esazione di crediti, in particolare di crediti all'esportazione; pioggia (per la perdita di spese fatte per trattenimenti all'aperto), ecc.
Per il loro ordinamento legislativo si distinguono le assicurazioni in private e sociali: sociali sono quelle pei rischi del lavoro, coordinate con l'assistenza pubblica, su cui ricade il carico della loro mancanza se non sono obbligatorie. Quelle per le malattie come assicurazioni private hanno poco sviluppo perché professionisti, commercianti, proprietarî preferiscono preparare i mezzi con cui far fronte a una malattia col semplice risparmio. Restano invece fra le private le assicurazioni popolari in caso di morte (industrial insurance), senza visita medica, per piccole somme, con premî a rate settimanali o mensili.
Secondo la legge italiana le assicurazioni private comprendono quelle sulla durata della vita, eccettuate quelle esercitate dalla Cassa nazionale delle assicurazioni sociali, dagli istituti di previdenza destinati per legge a trattamenti di quiescenza o di pensione, dalle casse di previdenza riconosciute per decreto reale, dalle società di mutuo soccorso che non assicurino più di L. 1000 di capitale e di L. 400 di rendita annua, dalle aziende che provvedono direttamente a pensioni o a sussidî in casi di morte per il loro personale (art. 2 della legge); quelle per le disgrazie accidentali, esclusi gli infortunî degli operai e dei contadini sul lavoro; quelle pei rischi alle cose e ai crediti.
Sono eccettuate le piccole mutue agrarie regolate dalla legge 7 luglio 1907, n. 526, e dal r. decr. legge 2 sett. 1919, n. 1759.
Non è la natura del rischio che rende applicabile l'assicurazione ma la possibilità (diversa secondo i tempi e i luoghi) di raggiungere le condizioni seguenti:
1. una collettività di elementi esposti a un medesimo rischio,
2. esperienza sufficiente per determinare con una certa approssimazione la probabilità, ossia la frequenza normale dell'evento. Per la durata della vita le osservazioni statistiche hanno raggiunto il più alto grado di precisione;
3. probabilità non molto forte. Se il premio annuo è l'uno per mille o anche l'uno per cento della somma assicurata, si troverà conveniente sobbarcarsi alla spesa certa per evitare quella eventuale; se dovesse superare il 20% si preferirebbe il semplice risparmio;
4. grande numero di assicurati, per rendere minimo lo scarto dalla frequenza normale;
5. distinzione degli assicurati rispetto al rischio, in modo che il verificarsi dell'evento non li colpisca insieme (come diverse merci caricate sullo stesso bastimento);
6. possibilità di classificare gli assicurati applicando premî graduati secondo la probabilità dell'evento, altrimenti, se l'assicurazione fosse libera, affluirebbero di preferenza quelli più gravemente esposti al rischio;
7. limitazione della somma assicurata entro confini tanto più ristretti quanto meno grande è il numero degli assicurati, altrimenti non avrebbe luogo la compensazione fra uno scarto in più negli assicurati per somma maggiore e uno in meno in quelli assicurati per somma minore;
8. difese contro il pericolo che la condotta dell'assicurato (rischio soggettivo) provochi il verificarsi dell'evento. Non occorre affermare in modo assoluto il principio che la colpa dell'assicurato escluda l'indennizzo: infatti avrà tale difesa, spesso difficile a usarsi, spaventando anche gli assicurati in buona fede si opporrebbe al diffondersi dell'assicurazione. Anzi si assicura la responsabilità civile per danni ad altri senza distinguere se derivi da colpa effettiva o solo presunta (come per proprietari d'autoveicoli).
La difesa più efficace consiste nel mantenere l'assicurazione nei limiti del bisogno eventuale: a) escludendo una somma tale da far sospettare una frode (come un'assicurazione di 500.000 lire in caso di morte di un impiegato a 12.000 lire all'anno); b) mettendo una limitazione convenzionale alla somma assicurata (p. es. in caso di malattia); c) limitandola al valore della cosa (o del credito) esposti al rischio, così che in caso di sinistro non si paghi più di quanto occorrerebbe a risarcire il danno: da ciò la denominazione di assicurazioni contro i danni data a quelle relative alle attività patrimoniali, mentre le altre si dissero sulla vita. Questa distinzione è accolta dal codice di commercio (articoli 417 e 449). Invece la legge sulle assicurazioni private contempla nel titolo II quelle sulla durata della vita umana e nel III tutte le altre come assicurazioni contro i danni. Conviene quindi seguire questa classificazione.
Le imprese di assicurazione possono essere: a) associazioni degli stessi assicurati: economicamente queste sono cooperative costituite dalla clientela; legalmente per lo più sono associazioni di mutua assicurazione; talora società anonime cooperative allo scopo principale di assicurare i soci; b) imprese a scopo di lucro, ossia costituite per ottenere un profitto dal capitale impiegato nell'industria assicurativa (devono essere società anonime per l'art. 3 della legge); c) istituti di utilità pubblica, come l'Istituto nazionale delle assicurazioni.
Nel 1927 erano in esercizio in Italia 193 imprese di cui 129 nazionali e 64 estere (nel 1912 erano 188 di cui 107 nazionali e 81 estere).
Delle imprese nazionali 93 erano società anonime ordinarie, 11 anonime cooperative e 25 associazioni mutue; costituite 5 dal 1825 al 1838; 49 fra il 1851 e il 1915; 75 dopo il 1915.
La formazione della clientela (detta produzione), è compiuta da intermediarî (agenti, ispettori) la cui azione suggestiva è più che mai necessaria nell'assicurazione sulla vita che richiede un sacrificio per un evento su cui non si ama fermare l'attenzione. La pubblicità serve di preparazione al loro intervento. Anche le associazioni mutue (salvo le piccole mutue agrarie) si devono valere di questi mezzi per raccogliere soci: la mutualità raramente è spontanea.
Con l'aiuto di esperti (medici, periti) si escludono dalla clientela gli elementi che porterebbero la spesa per gl'indennizzi oltre la misura prevista. La concorrenza indusse ad accettare rischi che in origine si rifiutavano: nelle assicurazioni in caso di morte si sono eliminate molte restrizioni; con certi espedienti si accettano i rischi tarati, cioè le persone non giudicate in buone condizioni di longevità; si assumono assicurazioni senza visita medica.
Un'impresa può raccogliere una clientela internazionale, se questo non nuoce all'omogeneità dei rischi (trasporti, vita, incendî); altrimenti si limiterà al territorio dello stato (grandine) o perfino di un comune rurale per rendere efficace la sorveglianza sui rischi (malattie e mortalità del bestiame).
Per assumere i rischi più rilevanti varie imprese possono accordarsi per ripartirseli in coassicurazione, oppure l'impresa che li assume cede in riassicurazione la parte eccedente quanto vuol tenere a suo carico ad altre, di cui alcune costituite espressamente per le riassicurazioni.
Le prime imprese fondate per esercitare l'assicurazione si trovarono in una condizione pressoché di monopolio: poi il loro numero crebbe in modo da rendere efficace la concorrenza, lo stimolo della quale fece perfezionare l'industria a vantaggio degli assicurati. In questo movimento alle imprese più potenti e meglio attrezzate se ne aggiunsero di deboli; da ciò il bisogno di norme di legge per tutelare gli assicurati incapaci di rendersi conto delle garanzie loro offerte, e la tendenza ad accordi e talora alla concentrazione mediante la fusione di più imprese, passando così dalla concorrenza disordinata a quella organizzata.
Garanzie imposte dalla legge sono soprattutto necessarie per le imprese d'assicurazione sulla vita, che funzionano come istituti di credito a lunga scadenza, raccogliendo risparmî da impiegarsi per rimborsarli poi agli assicurati vecchi o ai beneficiarî dei morti.
In Italia si erano preparati progetti di leggi, sull'esempio di quelle estere, ma essi non erano mai arrivati a essere discussi in parlamento, finché il governo fece votare la legge 4 aprile 1912, con la quale fu creato l'Istituto nazionale delle assicurazioni.
La spesa per l'assicurazione comprende: 1. il costo del rischio, ossia il contributo al fondo per gl'indennizzi; 2. il costo del meccanismo assicurativo, fra cui le spese per la raccolta della clientela e il profitto al capitale vincolato nell'industria assicurativa (gli avanzi rimborsati ai soci da un'associazione di mutua assicurazione non sono un reddito ma un rimborso di spesa risultata eccedente); 3. le tasse sulle assicurazioni (r. decr. 30 dic. 1923, n. 3281).
La convenienza dell'assicurazione non è legata al fatto che il premio richiesto sia il puro costo del rischio: quindi rimane un margine anche per l'applicazione delle tasse; purché siano moderate.
Naturalmente ogni agevolazione serve d'incoraggiamento alla previdenza, e come tale va considerata la detrazione, per l'applicazione dell'imposta complementare sul reddito, dei premî per le assicurazioni sulla vita a favore proprio o della famiglia (art. 8 r. decr. 30 dicembre 1923, n. 3062).
Corsi speciali sulle assicurazioni fanno parte dell'insegnamento superiore. In Inghilterra ne prese l'iniziativa l'Istituto degli attuarî fondato nel 1849; in Germania il primo seminario per le assicurazioni fu fondato nell'università di Gottinga nel 1895; negli Stati Uniti d'America 71 università hanno un corso speciale sulle assicurazioni. In Italia gl'istituti superiori commerciali hanno corsi di matematica finanziaria comprendenti la scienza attuariale (l'università commerciale di Trieste ha un corso speciale di assicurazioni); il politecnico di Milano ha un corso di perfezionamento in ingegneria delle assicurazioni; l'Istituto nazionale delle assicurazioni, a fianco della scuola per gli studî statistici e attuariali dell'università romana, fondò corsi speciali per le discipline statistico-attuariali, giuridico-sociali e mediche in materia assicurativa.
Contratto di assicurazione.
Il diritto delle assicurazioni disciplina l'attività assicurativa, cioè quel complesso di rapporti che nascono da essa e che hanno per obiettivo quello di spostare la sopportazione di un rischio da un patrimonio a un altro che sia tecnicamente organizzato per fronteggiare quel rischio mediante il fondo raccolto con le contribuzioni degli assicurati. Sono pertanto elementi del rapporto assicurativo l'impresa assicuratrice, il rischio, il premio. Intendiamo elementi essenziali, nel senso che la mancanza di qualunque di essi implica l'inesistenza del rapporto assicurativo e la presenza di altra figura giuridica, come il giuoco o la scommessa o altro contratto innominato. Il che è di evidenza intuitiva per il rischio e per il premio, ma è non meno certo per l'elemento impresa: infatti non vi ha industria d'assicurazione se non là dove si è elaborata metodicamente l'assunzione d'una somma di rischi omogenei tale da essere fronteggiata esattamente da una somma di premî. È nella maggior possibile precisione di queste equazioni che consiste uno degli elementi caratteristici dell'attività sistematicamente dedicata alle assicurazioni. La quale caratteristica è comune tanto alle assicurazioni esercitate da società commerciali quanto alle mutue assicuratrici.
Le principali disposiziovi legislative vigenti in materia di assicurazioni private sono: quanto alle assicurazioni marittime, gli articoli 604-641, 924 cod. comm.; quanto alle altre assicurazioni, alle quali esclusivamente si riferiscono i cenni seguenti, gli articoli 3, 6, 131, 145, 176, 177, 239-245, 417-453, 473, 599 cod. comm.; il r. decr. legge 29 aprile 1923, n. 966, sull'esercizio delle assicurazioni, al quale sono soggette tutte le imprese di assicurazioni, di qualsiasi ramo e forma, compreso l'Istituto nazionale delle assicurazioni; il r. decr. 4 gennaio 1925, n. 63, recante il regolamento per l'esecuzione del citato r. decr. legge 29 aprile 1923, n. 966, e costituente con quest'ultimo un vero codice delle imprese di assicurazioni e riassicurazioni; il r. decr. legge 5 aprile 1925, n. 440, con modificazioni al r. decr. legge 29 aprile 1923, ecc.
Mediante il contratto d'assicurazione "un'impresa, costituita per l'esercizio di questi affari, si assume il rischio altrui mediante un premio anticipatamente fissato". Se questa preventiva determinazione del premio non è avvenuta, allora (ben s'intende quando concorrano gli altri elementi) si è di fronte a una mutua assicuratrice, nella quale l'ammontare del premio dipende sempre dai risultati degli esercizî annuali, appunto perché i soci della mutua fronteggiano di anno in anno coi proprî conferimenti la somma dei rischî che in seno alla mutua si sono verificati.
Imperfetta è, al lume delle premesse, la definizione del codice di commercio (art. 417): "l'assicurazione è il contratto con cui l'assicuratore si obbliga, mediante un premio, a risarcire le perdite e i danni che possono derivare all'assicurato da determinati casi fortuiti o di forza maggiore, ovvero a pagare una somma di danaro secondo la durata o gli eventi di una o più persone". Imperfetta, se non altro, perché non vi apparisce come elemento caratteristico la presenza di un'impresa assicuratrice.
Si tratta pertanto - essenzialmente - di un contratto di indennità; eccezion fatta per le assicurazioni sulla vita. Da questa premessa d' importanza assolutamente vitale nascono conseguenze di grande rilievo: per esempio, quella per cui le cose assicurate per l'intero valore non possono essere nuovamente assicurate per lo stesso tempo e per gli stessi rischi (non varrebbe il considerare che per ciascuna assicurazione l'assicurato pagherebbe il corrispettivo del rischio sopportato dall'impresa assicuratrice, versando puntualmente i suoi premî: il precetto negativo dell'art. 426 cod. comm. nasce appunto dal considerare che il limite del diritto dell'assicurato è di veder trasferito in un altro patrimonio il rischio che colpisce il proprio, senza che il contratto possa avere per risultato un incremento patrimoniale conseguente al verificarsi del sinistro: fra indennità e incremento esiste un'antinomia irriducibile); per esempio ancora, deriva da quel fondamentale presupposto la conseguenza ulteriore che se il primo contratto non copre l'intero valore delle cose assicurate, gli assicuratori posteriori rispondono per il valore residuo secondo l'ordine di data dei contratti, mentre la legge aggiunge a questo riguardo (art. 427 cod. comm.) che tutte le assicurazioni contratte nello stesso giorno si reputano contemporanee, e sono valide sino alla concorrenza del valore intero, in proporzione della somma assicurata da ciascuna di esse; anche si ricollega a quel presupposto il precetto legislativo per cui l'assicurazione è nulla se l'assicuratore e l'assicurato (o lo stipulante) conoscevano la mancanza o la cessazione dei rischi o l'avvenimento del danno: mancherebbe per l'appunto di causa quel contratto di assicurazione nel quale l'intenzione dei contraenti non si dirigesse verso il risultato di un'indennità.
Il contratto di assicurazione è un contratto sinallagmatico, aleatorio, unico nonostante la pluralità dei periodi eguali in cui per avventura si divida, d'esecuzione continuativa.
Sinallagmatico: e infatti non una parte sola, ma ambedue le parti assumono obblighi reciproci, incombendo sull'assicurato l'obbligo di pagare il premio e sulla compagnia assicuratrice quello di versare la somma assicurata o la somma corrispondente all'indennità per il sinistro. Che se accade nelle assicurazioni sulla vita che l'assicurato si trovi ad avere limitata la propria obbligazione al solo pagamento del premio del primo anno (il che val quantc dire che l'assicurato può dopo il primo anno sciogliersi liberamente dal contratto) ciò rappresenta una modalità dell'affare, consentanea alla particolare struttura dell'assicurazione sulla vita, ma non toglie il requisito costante della bilateralità. Aleatorio: infatti, tale è il contratto allorquando "per ambedue i contraenti o per l'uno di essi il vantaggio dipende da un avvenimento incerto" (art. 1102 cod. civ.). È questo medesimo testo del codice civile che nel suo capoverso richiama a mo' d'esempio, oltre il prestito a tutto rischio, oltre il giuoco, la scommessa e il contratto vitalizio, anche il nostro contratto. Né la testuale disposizione della legge, "avvenimento incerto", fa mancare il requisito dell'aleatorietà al contratto di assicurazione sulla vita, a motivo della certezza dell'evento "morte". A parte infatti le forme varie di assicurazione nelle quali l'evento non è rappresentato dalla morte ma dalla sopravvivenza, sta di fatto che basta l'incertezza del termine in cui l'evento contemplato si verificherà, per giustificare la presenza dell'alea. Unico: unico esso è infatti per tutta la sua durata ancorché diviso in termini periodici. Questa suddivisione non tocca l'essenza del contratto, ma semplicemente rappresenta una modalità che agevola il pagamento del premio. Di esecuzione continuata: e ciò nel senso che in ciascun momento della sua vita l'impresa ha, verso i suoi contraenti, l'obbligazione di mantenere un patrimonio idoneo al puntuale versamento delle somme assicurate. Si tratta d'un vero e proprio diritto degli assicurati a questa continuativa, costante efficienza del patrimonio della compagnia assicuratrice. Si ricollega a questa esigenza la norma per cui l'assicurato ha diritto di chiedere lo scioglimento del contratto oppure la prestazione di una cauzione, non già soltanto quando l'assicuratore fallisce, ma anche quando esso si mette in liquidazione (art. 433 cod. comm.). Questa è una norma peculiare per le assicurazioni. Per qualunque altra impresa, la messa in liquidazione in sé e per sé non autorizza certo simili pretese da parte dell'altro contraente: ma qui, appunto perché la liquidazione inaridisce quella fonte di alimentazione del fondo premî a cui s'affida disposizione della legge.
L'assicurazione deve avere un oggetto lecito; non potrebbero certo essere assicurate le merci che costituiscono oggetto di contrabbando vietato dalle leggi dello stato. Appartiene alla disciplina di questo stesso requisito lo stabilire fino a qual punto possano essere oggetto di assicurazione le conseguenze di un agire irregolare e dannoso della persona assicurata o dei suoi dipendenti. Se è lecito assicurarsi contro le conseguenze della propria imperizia o quella dei proprî dipendenti, in sostanza contro le conseguenze di fatti o di stati colposi, però è certo che non formerebbe valido oggetto di un contratto di assicurazione l'indennità per il proprio agire doloso o così gravemente colposo da doversi equiparare a quello. Il diritto obiettivo non consente che possa preordinarsi la formazione di diritti soggettivi in dipendenza della volontaria violazione dei precetti giuridici.
Quanto alle persone che partecipano al contratto di assicurazione è da porre in primo luogo l'assicuratore. Esso può essere persona singola o può essere un'unione di persone; ma questo è puramente teorico. Se in astratto può concepirsi l'esercizio dell'impresa assicuratrice da parte di una persona singola, in pratica invece, per la vastità dei mezzi specialmente finanziarî che sono assolutamente necessarî a causa dell'estensione territoriale a cui si riferiscono i rischi, e soprattutto del vasto periodo di tempo a cui deve riferirsi l'esercizio dell'assicurazione, è normale e anzi necessaria la presenza di una persona collettiva e più precisamente d'una società anonima.
Quanto all'unione delle persone, essa può dar luogo alle società commerciali come alle mutue assicuratrici. Come si esprime lo stesso codice di commercio (art. 239), l'associazione di mutua assicurazione ha per scopo di dividere fra gli associati i danni cagionati dai rischi che sono oggetto della assicurazione. Basta questa definizione per giustificare (v. sopra) come nelle mutue non ci sia un premio fisso determinato a priori. È però da notarsi come esista la tendenza a creare qualcosa di analogo al premio fisso: ma ciò al solo scopo di evitare sorprese, discontinuità, sbalzi repentini in seno alla mutua (mediante la formazione di riserve per fronteggiare l'imprevisto). Va da sé che simili provvedimenti di difesa economica puramente interni non tolgono menomamente il carattere peculiare della mutua. Indifferente è alla mutua, nella quale dunque gli associati sono a un tempo assicuratori e assicurati, che la ripartizione proporzionale dei carichi attivi e passivi fra soci avvenga sotto forma di richiamo e raccolta di quote, oppure di diminuzione proporzionale dell'indennità dovuta ai colpiti dal sinistro, o infine mediante la combinazione di questi due procedimenti.
Esiste, a fianco delle libere unioni di persone (società commerciali e mutue assicuratrici) quell'ufficio pubblico di assicurarazione che ha nome di Istituto nazionale delle assicurazioni. Abrogate con le disposizioni del succitato r. decr. legge 29 aprile 923, n. 966, le norme sul monopolio delle assicurazioni istituito mediante la legge 4 aprile 1912, n. 305, e relativo regolamento agosto 1912, n. 939 (in forza di queste le assicurazioni sulla durata della vita umana erano esercitate in regime di monopolio dall'Istituto nazionale delle assicurazioni, le cui polizze venivano garantite dallo stato), ne è risultato - a grandi linee - questo regime: 1. l'esercizio delle assicurazioni è vietato alle società in nome collettivo, in accomandita a garanzia limitata, e alle persone singole; 2. le assicurazioni sulla vita sono esercitate dall'Istituto nazionale delle assicurazioni e da quelle imprese, nazionali ed estere, che siano state espressamente autorizzate dal ministero competente (dell'autorizzazione sono presupposti la regolare costituzione, un capitale sottoscritto di dieci milioni dei quali almeno cinque versati, in deposito di almeno due milioni di lire alla Cassa depositi e prestiti in numerario o in titoli dello stato, l'approvazione delle tariffe). Le imprese così autorizzate devono cedere all'Istituto nazionale delle assicurazioni una quota parte dei rischi complesso di vigilanza, in quanto il competente ministero compie un accertamento periodico dell'esistenza delle riserve (le riserve matematiche vanno obbligatoriamente costituite, come è prescritto nell'art. 27 della legge, rimanendo abolito il tanto discusso articolo 145 cod. comm.), mentre è minutamente regolato il vincolo sui beni, sui titoli, ecc. Per quanto si riferisce alle assicurazioni danni, è del pari richiesta l'autorizzazione, e si ripete l'esigenza della costituzione di una cauzione a favore degli assicurati, nelle forme degli articoli 27-28 della legge. I bilanci delle imprese private (articoli 36-41) devono essere presentati per l'approvazione al ministero competente; il quale ha vasti poteri d'ispezione, e può eventualmente vietare anche l'assunzione di nuovi affari e può perfino imporre la messa in liquidazione (articoli 42-45). Importa rilevare che le imprese di assicurazione vita, quando non abbiano attività sufficienti a coprire le riserve matematiche, vanno messe in liquidazione mediante decreto reale, nel qual caso sono gestite da un regio commissario liquidatore; i contratti di assicurazione vita sono trasferiti all'Istituto nazionale assicurazioni. Sono avocabili alle imprese sottoposte a liquidazione le disposizioni del codice commerciale relative ai reati in materia di fallimento.
È assicurato colui nel cui nome il contratto di assicurazione è stato stipulato. La stipulazione può avvenire direttamente fra lui e la compagnia, oppure egli può agire mediante mandatario, o finalmente mediante commissionario. In quest'ultima ipotesi è da rilevare che se ben si applica al caso la nozione giuridica del commissionario nel senso che costui assume sopra di sé e per conto altrui gli obblighi derivariti dal contratto, vi ha però una differenza, cioè che dopo il sinistro non è più il commissionario che tratta, ma è l'assicurato che deve necessariamente scoprirsi. Una serie di disposizioni esige e regola la conoscenza dell'assicurato da parte dell'assicuratore, sia nel caso che all'assicurato possano addebitarsi false o reticenti dichiarazioni, sia in quello di sopraggiunti aggravamenti del rischio, sia nel caso che si voglia far valere la negletta custodia delle cose assicurate e via discorrendo.
Può anche stipulare l'assicurazione un gestore di negozî. Nella sua estrema complessità, la vita moderna ha moltiplicato le situazioni in cui per propria iniziativa e nell'interesse altrui si stipulano delle assicurazioni. Così l'impresario di una esposizione assicura tutte le merci e le cose mobili che saranno introdotte per il periodo dell'esposizione nell'ambito territoriale della medesima; così una società di navigazione o un vettore terrestre prende l'iniziativa di assicurare tutti gli oggetti ricevuti per il trasporto, il che rappresenta un coefficiente di sicurezza per il cliente, e quindi una ragione di preferenza per quell'assuntore del trasporto che assicuri un vantaggio consimile. Verificandosi il sinistro, chi ha azione contro l'assicuratore per chiedergli l'indennità è il proprietario delle merci assicurate o in genere l'avente diritto sulle cose a qualunque titolo.
Quanto agl'interessati in concorrenza con l'assicurato, in questa categoria trovano luogo essenzialmente i creditori ipotecarî, che possono essere in vario modo minacciati dal comportamento dell'assicurato. Se le cose soggette a privilegio o ipoteca sono perite o deteriorate (art. 1951 cod. civ.), le somme dovute dagli assicuratori per indennità della perdita o del deterioramento sono vincolate al pagamento dei crediti privilegiati e ipotecarî secondo il loro grado, eccetto che le medesime vengano impiegate a riparare la perdita o il deterioramento. Gli assicuratori però sono liberati qualora paghino dopo 30 giorni dalla perdita o dal deterioramento senza che si sia fatta opposizione.
Il sistema della legge dunque a tale riguardo implica un divieto legale per gli assicuratori di pagare durante trenta giorni, e la libertà loro di pagare successivamente alla scadenza di questo termine, ma condizionatamente all'inesistenza di opposizioni. Sistema che va, per le cose mobili, integrato mediante la disposizione dell'art. 437 cod. comm.: "se l'assicurazione ha per oggetto la perdita o il danno di cose mobili, il pagamento fatto all'assicurato libera l'assicuratore quando non siavi opposizione al pagamento".
Gli agenti delle assicurazioni. - Tali sono, in genere, tutti coloro che procacciano o stipulano a favore o per conto di un'impresa contratti di assicurazione. Possono agire per conto proprio, val quanto dire esercitando in forma autonoma il commercio di procurare contratti di assicurazione, oppure possono essere in modo continuativo alle dipendenze di una compagnia di assicurazione con tutti gli attributi che sono caratteristici degl'impiegati. Altra distinzione utile a farsi è quella fra gli agenti che stipulano e gli agenti che fanno semplice opera d'interposizione, cioè d'avvicinamento degli assicurati alle imprese. Merita attenzione il fenomeno che praticamente accompagna con caratteri d'innegabile imponenza l'attività degli agenti d'assicurazioni, cioè di quelli che s'interpongono per procurare la stipulazione di affari di assicurazione: costoro, cioè, vengono dal pubblico considerati come i procuratori delle rispettive compagnie, talché l'assicurato crede di essere coperto di fronte all'assicuratore, allorquando l'agente gli dà delle assicurazioni, gli spiega delle condizioni incomprese, gli risolve dei quesiti, ecc., mentre per converso le compagnie preferiscono in simili casi tenersi sul terreno del codice civile e tendono a non rispondere dei fatti e delle dichiarazioni di un agente al quale essi non hanno conferito i necessarî poteri. L'antitesi che così viene a crearsi, con effetti pratici d'innegabile rilievo, da qualche moderna legislazione (p. es. la tedesca) è risolta con l'adozione d'una via di mezzo: cioè in via di massima trovano applicazione le prescrizioni del codice civile, e ad es. la notizia che abbia l'agente di una rilevante circostanza non è assimilata alla notizia che ne abbia l'assicuratore; peraltro la legge riconosce certe eccezioni, e in ogni preposizione di agente sono contenute ex lege determinate facoltà (opponibilità di certe dichiarazioni, ricezione di premî quando l'agente è nel possesso di un conto premî emesso dall'assicuratore, ecc.). Tutte le altre dichiarazioni o tutti gli altri fatti dell'agente non sono vincolativi per l'assicuratore, il che però non toglie che egli debba rispondere per il danno che ne è derivato all'assicurato secondo il paragrafo 831 del codice civile germanico.
Quanto alla stipulazione del contratto, in via di principio il modo della formazione è quello descritto in termini generali dall'art. 36 cod. comm. (perfezione del contratto fra assenti col giungere dell'accettazione a notizia del proponente nel termine da lui stabilito o nel termine ordinariamente necessario, ecc.).
Poiché peraltro non può essere posta in dubbio la facoltà dei contraenti di subordinare a ulteriori condizioni l'efficacia del negozio, è da riconoscere validita alle clausole di polizza in virtù delle quali, ad es., il contratto non è perfetto finché la polizza non è consegnata e finché il primo premio non è pagato.
Anche giova aver presente che la compagnia ha il dovere, a tenore dei principî generali, e in virtù della particolare natura del contratto de quo, di non frapporre eccessivo indugio alla risposta di accettazione, perché l'assicurando può essere in questo frattempo colpito dal sinistro.
È stato ritenuto dalla nostra suprema magistratura (8 aprile 1926) che "per la speciale indole del contratto di assicurazione, nel caso di negligente ritardo dell'assicuratore a rispondere alla proposta, costui è tenuto a coprire il rischio, in quanto il proponente, in vista della trattativa in corso, può essere ragionevolmente indotto a cautelarsi altrimenti in rapporto al rischio".
Il contratto di assicurazione è esente da forme. Ciò basta perché la polizza trovi il suo posto nella categoria dei documenti probatorî, non già in quella delle scritture costitutive. Che però l'assicurazione sia esente da forme legali, non toglie che essa possa essere - come è nella pratica costante - un contratto formale per volontà delle parti. In tale ipotesi, è chiaro, le dichiarazioni che le parti si scambiano non hanno il valore della proposta e dell'accettazione in senso tecnico, perché là dove è stabilito che con la sottoscrizione della polizza debba ritenersi venire in vita il contratto, le dichiarazioni che precedono una simile documentazione sono giuridicamente prive di efficacia.
Tutt'affatto diverso quesito da questo, è l'altro sul momento di decorrenza degli effetti dell'assicurazione. Questo momento può precedere come seguire il momento di stipulazione del contratto, e ciò sia legalmente sia convenzionalmente. In particolare, per l'inizio dell'assicurazione (e così anche per la sua cessazione) non si contano le frazioni di giorno, cioè le ore, ma soltanto i giorni interi, o per dirimere le gravi difficoltà della pratica si fa decorrere il momento iniziale dell'assicurazione non dalla mezzanotte ma dal mezzogiorno della giornata d'inizio o di fine, con che si posticipa il momento stesso quando la stipulazione è avvenuta nel mattino e lo si anticipa quando la stipulazione è avvenuta nel pomeriggio.
Che la legge italiana disponga (art. 420 cod. comm.) doversi il contratto di assicurazione fare per iscritto, non significa già, come oramai è generalmente riconosciuto, che la scrittura gli sia essenziale per legge; bensì significa soltanto che non possa ammettersi la prova per testimoni fuorché nei casi in cui è permessa dalle disposizioni del codice civile (art. 53 cod. comm., 1341 cod. civ.). La polizza di assicurazione deve essere datata (e non vi ha bisogno di dire che vitale importanza abbia in questo contratto l'apposizione della data, se non vi ha un diverso momento di decorrenza dell'assicurazione) e deve indicare la persona che fa assicurare, e la sua residenza o il suo domicilio; la persona dell'assicuratore e la residenza o il domicilio di lui; l'oggetto dell'assicurazione; la somma assicurata; il premio di assicurazione; i rischi che l'assicuratore assume a suo carico e il tempo da cui cominciano e in cui finiscono.
Quanto al suo contenuto, il contratto di assicurazione (si abbia presente che può assumere carattere di essenzialità per volontà delle parti, ciò che non avrebbe per disposto di legge) ha degli elementi legalmente essenziali. Tali sono:
1. la determinazione del rischio contro il quale l'assicurato intende difendersi. Il rischio è generalmente definito siccome "un avvenimento futuro e incerto per entrambi i contraenti, onde la obbligazione di risarcimento assunta dall'assicuratore è per necessità subordinata alla condizione che quell'avvenimento succeda". Ma nel sistema della nostra legge non è sempre necessaria l'obiettiva incertezza del sinistro, perocché non è comminata la nullità dell'assicurazione per essersi verificato già prima il sinistro o per essere prima cessato il rischio. L'assicurazione è invece nulla soltanto se l'assicuratore e l'assicurato o la persona che ha fatto assicurare conoscevano la mancanza o la cessazione dei rischi o l'avvenimento del danno. Se il solo assicuratore conosceva la mancanza, o la cessazione dei rischi, la conseguenza è che l'assicurato è esonerato dall'obbligazione del pagamento del premio; se invece la persona che ha fatto assicurare sapeva che il danno era già avvenuto, l'assicuratore non è tenuto all'adempimento del contratto, bensì conserva il diritto al premio (art. 430 cod. comm.).
Se - ben diversa ipotesi questa - il rischio preveduto dal contratto cessa di esistere prima che incominci l'assicurazione, il contratto medesimo deve considerarsi come non stipulato per mancanza d'oggetto (art. 431 cod. comm.).
Quanto alle categorie dei rischi, esse implicano le specie seguenti di assicurazioni contro i danni:
a) assicurazione contro l'insolvibilità del debitore. Nel sistema della nostra legge, se il creditore ha fatto assicurare la solvibilità del suo debitore esiste il diritto nell'assicuratore, prima di pagare la somma assicurata, di esigere che il debitore venga escusso secondo le disposizioni degli articoli 1908, 1909 e 1910 cod. civ. (art. 440 cod. comm.);
b) assicurazione contro i danni del fuoco. Essa comprende tutti i danni cagionati dall'incendio prodotto da qualsiasi causa, esclusa quella dipendente da colpa grave imputabile personalmente all'assicurato, ed esclusi i casi indicati nell'ultimo capoverso dell'art. 434 (danni per rischi di guerra e danni per sollevazioni popolari). Essa comprende altresi i danni derivati da difetto dell'edificio assicurato, ancorché non denunciato, a meno che non si provi la conoscenza che l'assicurato ne avesse nel momento della stipulazione. Sono parificati poi ai danni d'incendio, se non vi è convenzione contraria, i danni derivati alle cose assicurate dall'incendio avvenuto in altro prossimo edificio o dai mezzi impiegati per arrestare o per estinguere l'incendio; le perdite e i danni avvenuti per qualunque causa durante il trasporto delle cose assicurate eseguito allo scopo di sottrarle ai danni dell'incendio; i danni derivati dalla demolizione dell'edificio assicurato eseguita allo scopo di impedire o di arrestare l'incendio; i danni prodotti dall'azione del fulmine, dalle esplosioni o altri simili accidenti, ancorché non ne sia derivato incendio. Quanto alla valutazione dei danni prodotti dall'incendio d'un edificio, secondo la nostra legge essi vanno determinati in base al confronto del valore che l'edificio aveva prima del sinistro con il valore di ciò che resta dopo l'incendio (articoli 441-444 cod. comm.);
c) assicurazione contro il rischio locativo e contro il rischio del ricorso dei vicini. È noto che per l'art. 1589 cod. civ. il conduttore è obbligato per l'incendio quando non riesca a provare che esso è derivato da caso fortuito o forza maggiore o difetto di costruzione, o si è verificato nonostante la diligenza solita ad usarsi da ogni accurato padre di famiglia; oppure non provi che il fuoco si è comunicato da una casa o da un fondo vicino. Non c'è dubbio sulla gravità della situazione creata dalla legge a carico del conduttore mediante questa presunzione, che rovescia l'onere della prova: ora, contro tale responsabilità egli può coprirsi mediante assicurazione. Allo stesso modo, egli può assicurarsi contro il rischio del ricorso dei vicini, cioè per l'ipotesi che i vicini agiscano contro di lui asserendo essere provenuto a loro l'incendio dalla casa di esso conduttore. Nell'una ipotesi e nell'altra la legge ha stabilito (art. 445) che l'assicuratore risponda soltanto dei danni materiali che sono conseguenza immediata e diretta del sinistro (disposizione quest'ultima che è stata sollecitata dal desiderio di stimolare la iniziativa e l'alacrità dell'inquilino);
d) assicurazione dei prodotti del suolo. Essendosi già rilevato che l'assicurazione è essenzialmente un contratto d'indennità, con ciò stesso è stato posto il principio che non possono assicurarsi profitti puramente sperati, perché non può essere colpito da rischio ciò che ancora non esiste. Ora, è stabilita un'eccezione a codesto principio per i prodotti del suolo (art. 446), in ordine ai quali il risarcimento dovuto dall'assicuratore si determina secondo il valore che i prodotti avrebbero avuto al tempo della loro maturità (o al tempo in cui ordinariamente si raccolgono) se il sinistro non fosse avvenuto. Ben s'intende, dalla somma così ottenuta andrebbero dedotte tutte le spese di coltura che avrebbero gravato il prezzo lordo del prodotto;
e) assicurazione contro i rischi dei trasporti terrestri (articoli 447-48 cod. comm.). Il legislatore fu indotto anche qui a introdurre un'eccezione al principio sopra richiamato, in ragione della sempre più intensa attività dei trasporti di prodotti manufatti in lontani paesi. L'assicurazione delle cose trasportate può avere per oggetto il valore di esse con le spese occorrenti sino al luogo di destinazione, e altresì il profitto sperato per il maggior prezzo che esse sono destinate ad avere nel luogo medesimo. Se il profitto sperato non è distintamente valutato nella polizza, esso non è compreso nella assicurazione. Quanto al momento di decorrenza e di cessazione del rischio dell'assicuratore di trasporti, l'inizio è nel momento della consegna per il trasporto e la cessazione è nel momento della riconsegna nel luogo di destinazione, salva sempre una convenzione contraria. La temporanea interruzione del trasporto e il cambiamento della convenuta linea di viaggio o dei modi di spedizione non liberano l'assicuratore dal rischio quando siano necessarî alla esecuzione del trasporto;
2. la determinazione dell'oggetto, cioè della cosa o della persona alla quale l'assicurazione, si riferisce;
3. la determinazione di quale interesse si vuole proteggere (se cioè il diritto di proprietà, o di usufrutto, o altro diritto reale);
4. la determinazione della durata del rapporto d'assicurazione;
5. la determinazione della specie e dell'ampiezza della prestazione dell'assicuratore. Della specie, in quanto occorre sapere se l'assicuratore deve, per esempio, rimettere in pristino la cosa oppure corrispondere in denaro la somma equivalente; dell'ampiezza, in quanto può essere assicurata una somma, oppure può essere assicurato l'indennizzo: nel primo caso è inutile verificare l'entità del danno realmente sopportato. A questo riguardo è chiaro che l'ideale sarebbe raggiunto quando si potessero far coincidere la somma assicurata e il valore assicurato, senza che nei singoli casi si riscontri assicurazione d'una somma superiore oppure di somma inferiore. A questo proposito, è norma della nostra legge che, se non vi fu dolo né frode da parte dell'assicurato nei casi di assicurazione per somma eccedente il valore delle cose assicurate (nel qual caso l'assicurazione non ha effetto riguardo all'assicurato, mentre l'assicuratore in buona fede ha diritto al premio), l'assicurazione è valida sino alla concorrenza del valore delle cose assicurate; l'assicurato non è tenuto a pagare il premio per la somma eccedente, ma deve soltanto un'indennità eguale alla metà del premio e non maggiore del mezzo per cento della somma assicurata (art. 428 cod. comm.).
Per converso, se l'assicurazione contro i danni non copre che una parte del valore della cosa assicurata, l'assicuratore sostiene una parte proporzionale dei danni e delle perdite. Si deve cioè ragguagliare l'indennità a quella che si sarebbe corrisposta a parziale indennizzo nell'ipotesi di perdita totale. Questo è quanto dispone l'art. 425 del codice di commercio.
Da ultimo, nel contratto è essenziale che esista la determinazione della controprestazione dell'assicurato, cioè il premio. Il premio è infatti il corrispettivo del rischio, e tra i due fattori deve esserci un'equivalenza perfetta. Il premio però non è mai il premio puro, cioè quella frazione che insieme con le altre costituisce la somma raccolta per essere devoluta al pagamento delle indennità. Il premio in base al quale l'assicurazione si conclude è il cosiddetto premio lordo, cioè quello che viene calcolato avuto riguardo alla possibilità che l'avvenimento si verifichi in misura più grave di quella prevista, oppure quello che si calcola in vista delle necessarie spese d'amministrazione.
In questa trattazione relativa alla stipulazione del contratto, è imprescindibile aver presente l'obbligo dell'informazione o denuncia. Per la valutazione del rischio è, intuitivamente, necessaria un'esatta descrizione delle circostanze che possono avere influenza sul rischio medesimo. È per l'appunto la difficoltà del controllo diretto della compagnia assicuratrice quella che conferisce a simile elemento un'importanza vitalé. Se la compagnia potesse sempre - e non può, o non può agevolmente - rendersi conto esatto di tutte le modalità influenti sul rischio, forse la disciplina di codeste dichiarazioni di fatto non sarebbe così diffidente e così severa: ma, ripetiamo, quell'impossibilità determina indeclinabilmente la rilevanza decisiva delle dichiarazioni dell'assicurato. Per ciò la legge non ha mancato di disciplinare le conseguenze della mancata o inesatta denuncia, variamente regolandole a seconda che l'imperfezione derivi da dolo o da colpa o, invece, non sia addebitabile a responsabilità dell'assicurato. Nel diritto italiano vige la norma che qualunque dichiarazione falsa o erronea e qualunque reticenza di circostanze conosciute dall'assicurato è causa di nullità dell'assicurazione, quando la dichiarazione o la reticenza sia di tale natura che l'assicuratore non avrebbe dato il suo consenso al contratto, o non lo avrebbe dato alle medesime condizioni, se avesse conosciuto il vero stato delle cose: ché se da parte dell'assicurato vi è stata malafede, allora l'assicuratore ha diritto al premio (art. 429 cod. comm.). Codesta sanzione di nullità dell'assicurazione, ha luogo anche quando in concreto la dichiarazione o la reticenza riguardino circostanze che non hanno influito sul danno o sulla perdita delle cose assicurate (art. 429 capoverso): logica disposizione, questa, poiché difende integralmente il principio dell'equivalenza fra rischio e premio, né consente che, con sicuro turbamento della sua buona economia, l'impresa assicuratrice sia esposta a correre un rischio diverso da quello che ha inteso di assicurare.
Gli effetti or ora desunti dall'art. 429 per l'ipotesi della reticenza non si verificano allorquando la circostanza in questione non era nota allo stesso assicurato: non può infatti concepirsi reticenza di circostanze non note. Quanto invece ai casi di erronea coscienza dell'assicurato, è da ritenere che non gli giovi lo stato soggettivo di buona fede. Si abbia poi presente, a riguardo di questa regola, che gli accertamenti anche i più minuti e i controlli anche più severi della compagnia non dispensano l'assicurato dall'obbligo della veridica e completa dichiarazione.
Si consideri da ultimo che l'obbligo della fedele informazione accompagna il contratto durante la sua intera esecuzione, il che è sancito generalmente da apposite clausole di polizza. Il nostro codice contempla peraltro il fatto in sé medesimo dell'aggravamento dei rischi per ricollegare a esso effetti liberatorî dell'assicuratore: dispone infatti l'art. 432 cod. comm. che l'assicuratore è liberato quando, per fatto dell'assicurato, i rischi vengano trasformati o aggravati col cambiamento di una circostanza essenziale in guisa che l'assicuratore non avrebbe dato il suo consenso, o non lo avrebbe dato alle medesime condizioni, se al tempo del contratto fosse esistito questo diverso stato di cose. Tale disposizione peraltro non si applica se l'assicuratore abbia continuato a eseguire il contratto dopo avuta notizia del cambiamento.
Vi hanno molte ipotesi di fatto nelle quali male soccorrerebbe il contratto di assicurazione se si esaurissero le sue modalità in quelle sino a ora considerate. I magazzini generali hanno evidente interesse all'assicurazione di tutte le merci che in un determinato periodo vi vengono introdotte e altrettale interesse hanno gli spedizioníeri che ricevono e trattengono sia pure per breve tempo le merci loro affidate per inoltro per via terrestre o marittima. Lo stesso si dica dei commissionarî, dei depositarî e via discorrendo. La necessità di ricorrere ad altrettanti contratti di assicurazione quando esiste un movimento così intenso e una così rapida mutevolezza e sostituzione di cose a cose e di partite di merci ad altre partite, determinerebbe una difficoltà di fatto pressoché insormontabile. Si ricorre allora alla così detta polizza flottante. Mediante una sola polizza vengono coperte di assicurazione o per conto proprio o per conto di terzi, con la fissazione di un limite massimo di valore, tutte le cose che successivamente verranno a trovarsi in un certo rapporto con lo stipulante, cominciando l'assicurazione a operare non appena quelle cose entreranno in codesto rapporto. Lo stipulante di volta in volta deve dichiarare con tutta precisione le merci che escono e le merci che entrano nel più volte indicato rapporto. Le compagnie lavorano industriosamente con le clausole della polizza e con pratiche accessorie di documentazione allo scopo di evitare abusi e di essere prontamente e minutamente informate su tutte quelle circostanze che vengano a modificare la consistenza delle cose assicurate.
Dallo svolgimento del rapporto d'assicurazione. - Durante il corso dell'assicurazione sono possibili mutamenti delle condizioni di fatto e di diritto vigenti al momento della stipulazione del contratto:
1. la più importante delle alterazioni riguarda i coefficienti del rischio, al quale riguardo è diritto vigente che:
a) l'assicurato non deve né direttamente né indirettamente determinare un aggravamento del rischio;
b) l'assicurato, saputo appena dell'aggravamento sopraggiunto, deve denunciarlo. Se non lo fa, l'assicuratore ha il diritto, a seconda dei casi, e cioè a seconda dell'intensità dell'aggravamento stesso, anche di ritenersi liberato;
2. una seconda alterazione dei presupposti del contratto è rappresentata dalla sopraggiunta insolvenza di una delle parti, senza che occorra a tale riguardo ripetere il già detto a proposito dell'equiparazione - per l'assicuratore - fra insolvenza e messa in liquidazione. È stabilito nell'art. 433, in relazione alla duplice ipotesi di fallimento dell'assicurato e di fallimento dell'assicuratore, che se l'assicurato fallisce quando il rischio non è ancora finito e l'assicuratore non ha riscosso il premio, questi può chiedere cauzione oppure lo scioglimento del contratto; mentre analogo diritto compete all'assicurato per il caso di fallimento o messa in liquidazione dell'assicuratore.
Per quanto concerne la fine del rapporto assicurativo, va notato che essa può verificarsi per decorrenza del termine espressamente prefisso, oppure per cessazione del rischio (viaggio, esposizione, guerra, ecc.). Non è invece motivo di cessazione del rapporto, in sé e per sé, il verificarsi del sinistro, a meno che esso non abbia determinato la sparizione della cosa assicurata (ed eccezion fatta, naturalmente, per le assicurazioni sulla vita).
Del pagamento dei premî in particolare. - Per ciò che riflette il tempo del pagamento, il premio può essere pagato o immediatamente o periodicamente, cioè in più frazioni eguali. Comunque, anticipatamente; di che si adduce la vera ragione quando si dice che il premio deve formare con l'aumento degli interessi composti il fondo da cui l'impresa trae i capitali assicurati alle rispettive scadenze. Se il premio non è pagato in tempo, le sanzioni sono, di solito, assai più severe di quelle che ordinariamente accompagnano la mora del debitore. Le polizze sogliono o includere la clausola dello scioglimento ipso iure, o dichiarare che per il tempo della mora rimane sospeso l'effetto dell'assicurazione rispetto all'assicurato. Costui è dunque scoperto del rischio se nel frattempo si verifica il sinistro. Naturalmente quest'ultima conseguenza può verificarsi soltanto per il mancato pagamento dei premî successivi al primo: quando il mancato pagamento si riferisce al primo premio dell'assicurazione, secondo clausole di polizza universalmente adottate, e che abbiamo già esaminate, l'assicurazione non ha nemmeno conseguito efficacia giuridica.
Per ciò che riflette il luogo del pagamento, le compagnie sogliono con apposita clausola derogare al disposto della legge in forza del quale il pagamento si deve di regola fare al domicilio del debitore, e stabiliscono che il pagamento dei premî va fatto presso la sede sociale. Siccome però, nonostante questa clausola di polizza che esse impongono nel proprio interesse, di fatto esse mandano i loro agenti presso gli assicurati a riscuotere al rispettivo domicilio lo ammontare dei premî, nasce questione per sapere se questa pratica annulla quella clausola oppure la lascia sopravvivere. E a stessa questione si fa in relazione alla validità della clausola di polizza per cui l'esazione dei premî fatta al domicilio degli assicurati non deroga al patto che rende pagabile il premio nell'ufficio della compagnia. Fu osservato, nel senso dell'inefficacia di quella pratica e di questa clausola, che in tal modo la compagnia tende un tranello alla buona fede degli assicurati: essa, che abituò costoro ad attendere la riscossione dell'agente, non può onestamente rifiutare la somma promessa perché, fidando nell'uso, tardarono il pagamento del premio fino al giorno dell'esazione. È opinione assai plausibile che, pur dovendosi riconoscere le ragioni della convenienza pratica e della tutela della buona fede, dal punto di vista giuridico la soluzione debba essere diversa. La pratica dell'esazione presso l'assicurato è coeva con la stipulazione della contraria clausola di polizza, e nulla riesce a giustificare nell'assicurato l'opinione della originaria inefficacia della clausola medesima.
Il pagamento del premio non è normalmente garantito da alcun privilegio. Invano si ricorrerebbe alla norma dell'art. 1958, n. 7, cod. civ., che attribuisce privilegio alle spese fatte per la conservazione o per il miglioramento dei mobili sopra gli stessi mobili conservati o migliorati: troppo è diversa la natura giuridica del premio da quella di consimili spese. Va fatta eccezione per i crediti di certe casse pubbliche di assicurazione.
Circa la prescrizione del premio, per quanto simile opinione non sia incontroversa, si deve ritenere che anche per esso vale il termine di un anno fissato dall'art. 924 cod. comm. con una formula generale per le azioni derivanti dal contratto di assicurazione. La prescrizione decorre dalla scadenza di ogni singola rata.
Trasferimento dei diritti e dei doveri derivanti dal rapporto di assicurazione. - Conviene a tale riguardo aver presente che di per sé l'alienazione delle cose assicurate non implica che i diritti e le obbligazioni del precedente proprietario si trasferiscano nell'acquirente: così l'art. 439 cod. comm., che fa salvo espressamente il patto contrario. La disposizione del codice è ovvia, perché non si può imporre all'assicuratore, indottosi per avventura alla stipulazione in vista delle qualità personali del contraente, l'accettazione d'un altro e diverso debitore. Le polizze peraltro, con pronto intuito delle esigenze pratiche, non mancano mai o quasi mai di stabilire che il venditore assicurato è obbligato a far assumere dal compratore le obbligazioni nascenti dal contratto d'assicurazione, salvo sempre alla compagnia il diritto di non accettare il nuovo assicurato. E in questo senso dispone qualche legislazione (p. es. la tedesca) rovesciando il disposto dell'art. 439 cod. comm. italiano.
Per quanto riflette la sola cessione dei diritti dell'assicurato essa è possibile, a tenore dei principî generali: si capisce che verso la compagnia rimane invariabilmente debitore il contraente originario. A tale riguardo non è necessario ripetere che la tradizione della polizza dal cedente al cessionario non è che la prova della già perfetta cessione. Non vale in senso contrario che per l'art. 422 cod. comm. la cessione dei diritti verso l'assicuratore "si operi col trasferimento della polizza mediante dichiarazione sottoscritta dal cedente e dal cessionario": poiché, nonostante l'imperfezione testuale di questa norma, rimane fermo il principio generale per cuî il diritto di proprietà si trasferisce col semplice consenso.
Anche il pegno, come la cessione, non ha effetto rispetto ai terzi - e anche questo a tenore dei principî generali - se non a condizione e dal momento della notificazione al debitore, cioè all'impresa, o dal momento dell'accettazione da questa proveniente.
Le ipotesi di trasterimento dei diritti possono così raggrupparsi:
a) Il sinistro può essere stato provocato dallo stesso assicurato. In quanto egli abbia agito con dolo o con grave colpa, l'assicuratore è libero dal debito della prestazione anche nei casi in cui l'assicurazione cadèva sulle stesse conseguenze della colpa.
b) Nelle assicurazioni contro i danni il sinistro deve avere determinato un danno patrimoniale. È a questo punto che nascono gravi difficoltà per la disciplina della causalità fra sinistro e danno: difficoltà che si accrescono per il regolamento della concausalità. Quando l'assicuratore ha assunto un determinato rischio, egli ha diritto di far determinare quali fatti o stati hanno concorso nella determinazione del sinistro, per sceverare dagli altri il coefficiente di causalità che è coperto dalla polizza e non dover pagare per un sinistro di cui non ha assunto il rischio.
c) È normale che l'assicurato debba dare all'assicuratore la immediata notizia del sinistro. Stabilisce l'art. 436 cod. comm. che debba l'assicurato dare la notizia del sinistro entro tre giorni da che esso si è verificato o da che egli ne ha avuto conoscenza. La ragione della norma è ovvia, perché è di sommo interesse per l'assicuratore poter operare accertamenti e controlli circa le cause e l'estensione del sinistro nel momento più vicino possibile all'evento medesimo. Del pari, l'assicurato ha l'obbligo giuridico di adoperarsi le cause: "deve inoltre fare (art. 436) quanto sia in lui per evitare o diminuire i danni". Obbligazione questa che nasce da un elementare dovere di buona fede e che è connaturale al contratto di assicurazione. Allo stesso modo come l'assicurato si adoprerebbe per limitare il danno quando dovesse in definitiva sopportarne egli medesimo le integrali conseguenze, così egli deve analogamente operare se sia coperto da polizza. Sarebbe antisociale e immorale comportamento quello di chi abbandonasse all'azione distruttiva le cose proprie solo per la presenza di un contratto che fa ripercuotere in altri il danno del sinistro.
Allo stesso modo si spiega l'obbligo di veridica dichiarazione del danno: è principio fondamentale che l'assicurazione non deve essere sfruttata come una fonte di lucro. Nelle polizze si trovano severe prescrizioni per il caso di dolosa esagerazione del danno: è da riconoscere la piena efficacia delle clausole relative.
d) L'assicuratore deve, come si è accennato poc'anzi, l'ammontare dell'indennità ordinariamente in denaro. Eccezionalmente può essere oggetto della sua prestazione la restaurazione o ricostruzione dell'oggetto colpito o distrutto. Il risarcimento del danno dovuto dall'assicuratore si determina secondo il valore che le cose assicurate avevano al tempo del sinistro. In caso di danno totale non vi ha certo bisogno di valutazione, a meno che originariamente sia mancata la pattuizione della somma corrispondente, oppure se questa sia stata superiore al valore delle cose assicurate. Invece, è sempre necessaria la stima quando il danno è soltanto parziale. Se l'assicurazione non copriva che una parte del valore della cosa assicurata, l'assicurato sostiene una parte proporzionale dei danni e delle perdite (art. 425). Può essere avvenuta inizialmente una stima delle cose, accettata dall'assicuratore. Verificandosi il sinistro l'assicuratore non può impugnare la stima accettata se non per frode, simulazione o falsificazione. Si ha stima accettata quando la determinazione della somma è avvenuta ad opera delle parti direttamente oppure ad opera di periti a ciò delegati. Si è preteso talora (e vi hanno dato luogo soprattutto certe ipotesi di assicurazione marittima) che il ribasso dei prezzi nel tempo intermedio fra l'assicurazione e il sinistro, tolga gli effetti della stima accettata quali sono fissati dall'art. 435 cod. comm., ma è un errore: l'assicuratore deve pagare secondo la stima accettata, sia che ciò si voglia giustificare allegando che in tal caso l'assicuratore ha assunto anche l'alea dei ribassi, sia che più semplicemente si consideri la volontà delle parti come diretta a una convenzionale fissazione preventiva del danno conseguente alla perdita. Giova non dimenticare che anche l'assicurato corre un rischio per il caso di aumento, medio tempore, del valore delle cose assicurate.
e) Quanto alla prescrizione, si è già accennato che le azioni derivanti dal contratto d'assicurazione si prescrivono col decorso di un anno; questo termine decorre dal momento in cui avviene il fatto da cui deriva l'azione (art. 924 codice commerciale, primo e ultimo capoverso).
Ha luogo l'assicurazione per conto altrui quando si assicura in proprio nome un interesse altrui: l'assicurato e il destinatario dell'indennità sono due persone diverse. L'assicurato, nonostante la presenza d'un beneficiario, è l'esclusivo e diretto responsabile verso la compagnia delle obbligazioni nascenti dal contratto. Può darsi che il destinatario dell'indennità non sia noto nel momento dell'assicurazione, o perché non è in quel momento identificabile (futuri mittenti di oggetti o merci alla mostra o all'esposizione) o perché si trova opportuno di non indicarlo (ad es. prevedendosi il cambiamento di proprietario delle cose assicurate). Si stipula allora l'assicurazione con la formula "per conto di chi spetta". Generalmente questa forma di assicurazione è quella medesima delle polizze flottanti, cosicché, all'incertezza della persona dell'assicurato, si associa quella della cosa assicurata.
Caratteristiche del tutto speciali ha il contratto per l'assicurazione sulla vita. Questo, come è evidente, non è un contratto d'indennità. Esso è stato correttamente definito siccome quel contratto, per cui l'assicuratore assume il rischio di corrispondere una rendita o di pagare un capitale in proporzione del premio calcolato sulla durata probabile della vita dell'assicurato, all'assicurato stesso o a una terza persona. È stipulante o contraente chi contrae l'assicurazione, è assicurato quegli la cui vita è assicurata cioè la cui sorte determina gli eventi del contratto, è beneficiario colui che avrà diritto all'esazione della somma o della rendita.
Che non si tratti di un contratto d'indennità, importa che non possa verificarsi la surrogazione personale della compagnia agli eredi dell'assicurato nell'azione contro il terzo che fu autore della morte. Importa, ancora, che non esistano le norme proibitive circa la pluralità delle contemporanee assicurazioni che vedemmo vigenti a proposito dell'assicurazione contro i danni.
a) Si distinguono le assicurazioni pel caso di morte dalle assicurazioni per il caso di sopravvivenza. È una forma intermedia e combinata quella dell'assicurazione mista. La prima implica che il pagamento della somma o della rendita abbia luogo per il caso di morte dell'assicurato, e può essere assicurazione temporanea (se l'assicurato muoia entro un certo tempo) come assicurazione per la vita intera (qualunque sia l'epoca della morte). La seconda (caso di sopravvivenza) implica che il capitale o la rendita debbano corrispondersi se in un prestabilito momento futuro l'assicurato sopravviva. Fioriscono le sottoforme più varie nel seno di questa categoria. Si vanno creando anche da noi, a somiglianza di quanto accade all'estero, le assicurazioni cosiddette dotali, in favore di un nato per procurargli un capitale nel giorno della sua maggiore età o in altr'epoca determinata nel contratto. In Francia da poco tempo talune società praticano assicurazioni di nuzialità e di natalità, aventi per scopo il versamento di un capitale o di una rendita in caso di matrimonio o di nascita di figli. La terza categoria, quella dell'assicurazione mista, può dirsi la prevalente nella pratica degli affari d'assicurazione: un determinato capitale o una determinata rendita vengono versati, sebbene ordinariamente in varia misura, tanto nell'ipotesi che entro un determinato periodo di tempo l'assicurato venga a morire, quanto nell'ipotesi della sua sopravvivenza oltre quel determinato momento.
b) Del contratto di assicurazione è caratteristica la struttura unitaria, che certo non viene meno quando l'assicurato deve periodicamente una frazione del premio in luogo di pagarlo in una volta sola. Il premio è sostanzialmente uno solo e sta a fronteggiare il rischio secondo un calcolo matematico condotto sulle probabilità della morte e della vita, desunte dalle tavole di mortalità. Che le frazioni del premio da pagarsi periodicamente non siano, come dovrebbero essere, tenui nella prima fase e forti via via nelle fasi ulteriori in misura diretta del crescere del rischio, è una pura apparenza: infatti, il premio viene bensì fissato in una misura costante, ma codesta misura è la risultante di una compensazione fra il di più che dovrebbe pagarsi nel periodo del rischio maggiore e il meno che dovrebbe pagarsi nei periodi del rischio minore. Quel tanto che nei primi anni l'assicurato versa al di là di quello che dovrebbe versare, cioè al di là dell'entità del rischio, è devoluto a fronteggiare i rischi degli anni futuri, per i quali il premio pagato dall'assicurato diverrebbe inadeguato. Delicatissima operazione - e decisiva per le sorti dell'industria assicurativa - è quella per cui si procede alla determinazione della riserva matematica.
c) L'assicurazione sulla vita può essere stipulata anche sulla vita di un'altra persona. Il legislatore si è preoccupato di non creare la possibilità d'una colpevole propensione del beneficiario verso la morte dell'assicurato, e questo spiega la disposizione per cui l'assicurazione contratta sulla vita di un terzo è nulla se il contraente non abbia alcun interesse all'esistenza di questo (art. 449 del codice di commercio).
d) Anche qui sussistono i doveri di veridica e completa informazione che abbiamo constatato incombere sull'assicurato per l'art. 429 cod. comm. Anche qui l'assicuratore è liberato quando per fatto dell'assicurato il rischio subisca un aggravamento del genere considerato nell'art. 432: dispone infatti l'art. 451 cod. comm. che i cambiamenti di residenza, di occupazione, di stato e in genere di vita per parte dell'assicurato non fanno cessare gli effetti dell'assicurazione se non hanno i caratteri indicati nell'art. 432 e se l'assicuratore dopo avutane notizia non chiese lo scioglimento del contratto. In caso di scioglimento l'assicuratore deve restituire all'assicurato la terza parte del premio.
e) Molteplici sono, a prescindere dall'ipotesi di rescissione, le operazioni possibili sulla polizza in corso di assicurazione. Le polizze, ad es., regolano minutamente l'ipotesi della riduzione della assicurazione per il caso che l'assicurato cessi dal pagamento dei premî. In questa ipotesi si verificherebbe un indebito arricchimento della compagnia quando questa si trattenesse tutte le somme incassate. Né d'altra parte si potrebbe riconoscere un diritto attuale all'assicurato di percepire senz'altro la somma corrispondente alla sua quota individuale di riserva. In tali ipotesi si calcola qual è il medio valore attuale dell'obbligazione verso l'assicurato, cioè qual'è la riserva individuale relativa alla sua polizza: su questa base si calcola il capitale ridotto che la compagnia dovrà pagare a seadenza. D'altra parte, generalmente le polizze riconoscono agli assicurati anche il diritto di riscatto. È, per così dire, una specie di diritto unilaterale di recesso, che l'assicurato fa valere in confronto della compagnia. La compagnia non restituisce una somma che rappresenti il valore attuale della sua obbligazione, cioè la sua riserva individuale, ma opera su tale somma la detrazione delle spese di stipulazione del contratto, di amministrazione, gli ammortamenti, e, generalmente, un'ulteriore percentuale di cui è controverso il carattere di clausola penale. Anche è regolata molto spesso l'ipotesi che l'assicurato abbia bisogno di una sovvenzione garantita dalla polizza: sono facilitazioni mediante le quali le compagnie, sia pure con la più rigorosa difesa del proprio interesse, cercano di stimolare lo spirito di previdenza, e di vincere a perplessità e la titubanza degli assicurandi.
f) La polizza di assicurazione per il caso di morte non copre di regola il rischio del suicidio o in genere della morte addebitabile alla volontà dell'assicurato: codesto evento libera l'assicuratore, a meno che non sia stato consumato in stato d'infermità mentale. Del pari l'assicuratore è liberato quando è l'assicurato che sopprime il terzo sulla cui vita l'assicurazione era stata stipulata. È principio posto dall'art. 450 cod. comm. che l'assicuratore non è tenuto al pagamento della somma assicurata se la morte della persona che ha fatto assicurare la propria vita sia avvenuta per effetto di condanna giudiziaria, di duello o di suicidio volontario, ovvero abbia per causa immediata un crimine o un delitto commesso dall'assicurato e di cui egli poteva prevedere le conseguenze avvenute. In questi casi l'assicuratore trattiene il premio, salvo patto in contrario.
g) Merita considerazione l'ipotesi della designazione originaria e successiva del beneficiario. Per definire i lineamenti giuridici del negozio che in tal modo si pone in essere, si è fatto ricorso all'idea di un contratto a favore di terzi della categoria prevista nell'art. 1128 cod. civ., tosto scartandola per manifesta inesistenza degli estremi ivi contemplati; si è successivamente dichiarato che si tratta di un nuovo e diverso contratto a favore di terzi, di cui la non piena ma sostanziale disciplina è contenuta nell'art. 453. La particolare struttura di questo negozio, per non poter il terzo fruire del diritto assicuratogli se non dopo la morte dell'assicurato, ha fatto configurare la designazione dello stipulante siccome revocabile. È, dunque, questo principio che correlativamente limita l'efficacia giuridica dell'accettazione del terzo. Non si nega che la designazione del beneficiario riesca a creare a favore del terzo un diritto proprio, ma la specialità dell'istituto assicurativo fa propendere verso la facoltà della revoca per tutta la durata del contratto (a meno che a ciò non repugni nei casi concreti la sostanza della convenzione di cui si tratta, come se si fosse attualmente voluto stipulare una donazione a favore di un terzo, oppure garantire un creditore fra gli altri, ecc.). Si tratta dunque di un diritto sottoposto a condizione risolutiva, e la condizione risolutiva è la revoca dello stipulante. Conseguenza di siffatto riconoscimento è che il diritto relativo si trasmette agli eredi del beneficiario in caso di premorienza o commorienza di questo. Coerentemente dispone l'articolo 453 che in caso di morte o di fallimento (ma bisogna riconoscere che lo stesso accade anche fuori dell'ipotesi del fallimento in senso proprio) di colui che fece assicurale sulla propria vita o sulla vita di un terzo una somma da pagarsi ad altra persona ancorché sua successibile, i vantaggi dell'assicurazione restano a esclusivo beneficio della persona designata nel contratto.
Non pare discutibile che il diritto di revoca appartenga alla categoria dei diritti personali, che non possono essere esercitati mediante azione surrogatoria dai creditori.
Le soluzioni adottate dal codice all'art. 453 escludono che esso abbia considerato come una donazione la designazione del terzo beneficiario. E invero, non si verifica l'assottigliamento del patrimonio dell'assicurato: ci sarà piuttosto donazione per l'ammontare dei premî. E infatti la seconda parte dell'art. 453 dichiara che sono salve, rispetto ai versamenti fatti, le disposizioni del codice civile che riguardano la collazione e la riduzione nelle successioni e la revocazione degli atti in frode dei creditori.
h) Il credito nascente dal contratto dell'assicurazione sulla vita, in quanto si trovi tuttavia nel patrimonio dell'assicurato, e cioè non sia stato oggetto di irrevocabile disposizione da parte dell'avente diritto, può essere alienato. Così, quel diritto può essere oggetto di cessione: se già fosse avvenuta la designazione del terzo beneficiario, la cessione implicherebbe la tacita revoca della designazione. Del pari quel diritto può essere oggetto di donazione e di disposizione testamentaria.
Per parte loro possono i creditori agire con l'azione revocatoria.
Circa il grado di determinatezza che deve avere la designazione del terzo, può dirsi che si tratta prevalentemente di una questione di fatto. Bene spesso l'assicurazione è contratta genericamente a favore dei figli, o a favore degli eredi, o a favore degli eredi legittimi. È prevalente opinione che simili disposizioni debbano avere la loro integrale efficacia.
Tecnica delle assicurazioni.
La tecnica delle assicurazioni considera, in relazione all'equilibrio finanziario e alla finalità dell'impresa, l'applicazione del principio di mutualità all'assunzione e limitazione dei rischi, alla liquidazione dei sinistri, alla determinazione e al calcolo degl'impegni.
Consideriamo un evento fortuito che possa colpire un elemento o un individuo di una data collettività. Il rilievo statistico che in una successione di prove o di esperienze può farsi del numero di volte che l'evento stesso si è manifestato, permette di misurarne la frequenza e quindi, entro certi limiti di speciale approssimazione, anche la probabilità. Affinché il resultato sia utilizzabile e meritevole di fiducia rispetto a pratiche applicazioni, bisogna che si ammetta un campo d'osservazione e d'esperienza sufficientemente omogeneo e abbastanza ampio. Esempî teorici numerosissimi di eventi casuali sono citati e studiati in ogni trattato anche elementare di statistica e di calcolo delle probabilità.
Scelta la frequenza stessa come base per prevedere i resultati di esperienze future, si è in grado di constatare gli scarti che indubbiamente si manifesteranno rispetto alla previsione, nel corso di nuove successioni di prove, e gli scarti stessi, come si sa dalla teoria delle probabilità, saranno soggetti a una legge matematica che fissa i limiti probabili della loro portata, del loro carattere e del loro significato.
Fenomeno assicurativo è generalmente un evento economicamente dannoso, e l'assicurazione applica, o almeno cerca di applicare fin dove sia possibile, la frequenza prevedibile del fenomeno, da cui dipende l'assicurazione, al calcolo del premio. La frequenza fissata dall'assicuratore non è quasi mai ricavata da rigorose esperienze statistiche e spesso si deve, per necessità, stabilire su base empirica di pochi dati sperimentali, appoggiandosi molto all'intuito e ai criterî di analogia. Se l'assicurazione riguardasse elementi omogenei e l'evento, dal quale essa dipende, fosse perfettamente determinato e fortuito, ci troveremmo di fronte a uno schema assimilabile a quello teorico delle estrazioni a sorte e gli scarti dalle previsioni si verificherebbero nel senso tracciato dal calcolo delle probabilità. L'organismo delle assicurazioni si presenta invece, specialmente per alcuni rami d'attività, in condizioni molto diverse da quelle offerte dalla teoria.
L'assicurazione sulla vita è la sola che abbia un fondamento scientifico, essendo la sola che allo stato attuale della tecnica possa disporre di uno strumento rigoroso atto a determinare con sufficiente approssimazione la frequenza del fenomeno di mortalità e di sopravvivenza. In tutti gli altri rami di assicurazione contro i danni prodotti da eventi fortuiti a cose o a persone, non si riscontrano i requisiti necessarî, oppure manca la possibilità di un'applicazione abbastanza rigorosa dei principî della statistica e del calcolo delle probabilità.
I cosiddetti rischi, o meglio gli elementi o il complesso di elementi (case di abitazione, fabbriche, navi, campi di grano, ecc.) che l'assicurazione protegge risarcendo il danno totale o parziale ad essi prodotto dall'evento fortuito (incendio, naufragio, grandine, ecc.) contro cui l'assicurazione stessa vien fatta, non sono mai uguali fra loro, né sono classificabili in modo semplice e sistematico, tale cioè da permettere rilievi statistici che sia possibile interpretare secondo i concetti della teoria.
Anche in un medesimo rischio si rilevano parti componenti che offrono diversissima resistenza contro l'azione dell'evento esula quel concetto di omogeneità che sarebbe pur necessario per poter fare affidamento, nelle applicazioni, sulla dottrina delle probabilità. L'assicuratore segue certe norme che, pur essendo empiriche, trovano ampio riscontro nelle direttive seguite dalla teoria; si crea così per ogni ramo di assicurazione una tecnica speciale che ha lo scopo di scegliere, limitare, amalgamare e proteggere i rischi, affinché l'ambiente si avvicini più che sia possibile a quello che ipoteticamente dovrebbe essere per rendere facile l'applicazione dei principî statistici. Gli assicuratori, senza essere matematici, essendo guidati dall'intuito e dalla visione netta dei loro interessi, riescono, salvo rare eccezioni dovute a imperdonabili eccessi o per negligenza o per ignoranza, a ottenere buoni resultati e a dare, nel corso dei successivi esercizî, sufficiente stabilità agli utili industriali delle loro aziende.
La selezione dei rischi e le norme cautelari contemplate dalle condizioni di polizza o di contratto hanno lo scopo di ricondurre praticamente, agli effetti cioè economici dell'assicurazione, lo svolgimento del fenomeno alla pura casualità. Ritenuto un fenomeno di carattere assicurativo, spetta all'assicuratore di premunirsi contro abusi, frodi, inganni tendenti a trasformare, nell'interesse del contraente o del beneficiario, l'assicurazione in una speculazione.
Tecnica delle assicurazioni sulla vita.
La tecnica delle assicurazioni sulla vita ha per fondamento i principî della scienza attuariale di cui essa è la più rigorosa e più vasta applicazione. I fenomeni demografici formanti oggetto dell'assicurazione sulla vita propriamente detta, sono la mortalità e la sopravvivenza, e solo in alcune categorie di assicurazioni complementari è considerata l'invalidità. Altri fenomeni di carattere demografico formano anche oggetto di assicurazioni, non trattate però da imprese private e incluse invece in ordinamenti di istituti di previdenza, società di mutuo soccorso, casse pensioni, assicurazioni sociali.
Categorie di assicurazioni. - Un capitale pagabile alla morte di persona designata, di determinata età, in qualunque epoca essa avvenga, costituisce il tipo classico dell'assicurazione sulla vita, chiamato assicurazione a vita intera. Un capitale pagabile alla scadenza di un certo periodo di tempo, a condizione che sia in vita una persona di determinata età attuale, costituisce altro tipo classico di assicurazione sulla vita chiamato a capitale differito.
L'assicurazione a vita intera è un'assicurazione in caso di morte, quella a capitale differito è un'assicurazione in caso di vita.
L'assicurazione in caso di morte, pagabile a condizione che la morte della persona assicurata avvenga entro un certo periodo di tempo prestabilito, dicesi temporanea.
Gli accresciuti bisogni economici e sociali, il rapido sviluppo della scienza attuariale, lo spirito d'emulazione nel campo della concorrenza, gli interessi delle aziende anche mutue, hanno favorito e determinato la creazione di numerose forme assicurative consistenti tutte in combinazioni diverse delle forme fondamentali in caso di morte e di vita. Fra le forme o categorie di assicurazioni sulla vita, quella che ha ottenuto e ottiene ovunque larga applicazione pratica è la cosiddetta assicurazione mista, la quale risulta dalla combinazione di una temporanea e di una a capitale differito. Consiste propriamente nel pagamento di un capitale all'assicurato stesso, se in vita allo spirare di un termine convenuto, oppure al beneficiario immediatamente dopo la morte dell'assicurato, se questa avviene entro detto termine.
Tra le operazioni delle imprese di assicurazione sulla vita sono anche inclusi i vitalizi, e le rendite vitalizie immediate e differite; vale a dire le assicurazioni di rendite pagabili durante la vita di una persona, con decorrenza immediata o decorrenza dalla scadenza di un termine convenuto di tempo, detto differimento.
Le assicurazioni sulla vita possono anche stipularsi su due o più persone; per consuetudini si dice su due o più teste, e si distinguono in relazione al pagamento del capitale assicurato, che può essere fatto immediatamente dopo il primo o il secondo...... o dopo l'ultimo caso di morte che si verifichi nel gruppo di persone designate. Si hanno assicurazioni su due teste al primo e al secondo caso di morte.
Se il pagamento del capitale deve farsi alla morte dell'assicurato, a condizione che sia sempre in vita altra persona designata, l'assicurazione si dice di sopravvivenza.
Il premio di assicurazione dipende dall'età dell'assicurato e in alcuni casi particolari anche dalle speciali condizioni di rischio che il cliente presenta per esercizio professionale azzardoso o per precedenti morbosi. Il premio può essere unico, pagabile cioè per una volta tanto, oppure annuale, frazionato secondo i casi in rate semestrali, trimestrali o mensili, e pagabile per un determinato periodo di tempo oppure per tutta la durata del contratto vitalizio o temporaneo. Il premio che l'assicurato corrisponde alla compagnia si dice premio di tariffa. La quota che per i rischi speciali si corrisponde in più del premio normale di tariffa si dice soprapremio. La tariffa di un'impresa o compagnia di assicurazione sulla vita, messa a disposizione degli agenti e dei produttori e anche della clientela, è un insieme di prospetti contenenti i premî che si devono corrispondere per assicurare un capitale unitario (100 lire o 1.000 lire) nelle differenti forme di assicurazione ammesse normalmente dalla compagnia. Il premio di tariffa è costituito di due parti, l'una destinata a coprire il rischio a cui è esposto l'assicuratore, l'altra a sopperire alle spese amministrative e produttive dell'impresa e a procurare un utile industriale eventualmente a fronteggiare scarti sfavorevoli dalle previsioni. La parte strettamente necessaria a coprire il rischio si dice premio puro o matematico e si calcola secondo i metodi insegnati dalla scienza attuariale. L'altra parte del premio di tariffa si dice caricamento o margine, che in pratica risulta generalmente composto di una percentuale del premio puro e di una quota costante per ogni unità di capitale assicurato. Metodi rigorosi per calcolare il margine eliminerebbero alcune anomalie che spesso appaiono dal confronto di alcune tariffe della medesima compagnia, quando non siano state calcolate scientificamente e con grande attenzione.
Sistema finanziario. - Le compagnie di assicurazione sulla vita applicano premî fissi e il loro ordinamento è basato sul sistema finanziario detto di capitalizzazione, sistema ottimamente rispondente alle esigenze pratiche della mutualità e a quelle scientifiche della tecnica attuariale.
I premî cosiddetti naturali, che per diversi anni furono da alcune compagnie, specialmente degli Stati Uniti di America, adottati per le assicurazioni in caso di morte, non sono uniformi e dipendono dai coefficienti di mortalità corrispondenti alle consecutive età dell'assicurato sono relativamente bassi ad età giovane, ma diventano poi proibitivi ad età matura, in modo che l'applicazione pratica del premio naturale finisce con l'eliminare il vantaggio economico dell'assicurazione. Se il premio naturale dovesse rimanere fisso, vale a dire costante nelle successive età dell'assicurato, sarebbe necessario di ridurre annualmente, in ragione inversa dell'incremento dei coefficienti di mortalità, il capitale assicurato in caso di morte.
Il sistema finanziario su cui si basa l'ordinamento delle assicurazioni a premio naturale è detto di ripartizione. Il premio naturale corrisponde in ogni esercizio finanziario dell'impresa al rischio che essa corre, precisamente come accade nelle assicurazioni contro i danni alle cose. I premî naturali furono aspramente combattuti da insigni attuarî e procurarono amare delusioni a clientele inesperte.
Tavole di sopravvivenza e saggio di interesse. - Sono gli elementi fondamentali per il calcolo dei premî puri dell'assicurazione sulla vita e per l'ordinamento tecnico dell'impresa. La scelta della tavola di sopravvivenza e del saggio d'interesse teorico deve essere fatta dopo un accurato preventivo esame delle condizioni d'ambiente dell'impresa che esercita le assicurazioni sulla vita a scopo di semplice mutualità, o a scopo industriale.
Tavole di sopravvivenza. - Appartengono a due grandi categorie: tavole ricavate dall'esperienza diretta di imprese di assicurazione pubbliche o private e tavole di popolazione ricavate invece dai risultati statistici dei censimenti. Non sono in generale utilizzabili per le assicurazioni le tavole d'insieme ricavate dalle osservazioni relative a tutta la popolazione di un determinato stato o di una determinata regione.
Gli assicurati nelle forme a vita intera e mista, e in genere gli assicurati nelle forme che considerano prevalentemente capitali da corrispondersi in caso di morte, sono sottoposti a visita medica, e, solo quando l'esame sanitario abbia dato favorevole resultato, si concede l'emissione della polizza. Gli assicurati in caso di vita per capitali o rendite differite, pur non essendo sottoposti a esame sanitario, stipulano i contratti reputando di possedere buone condizioni di salute, e tale presunzione appare ancora più efficace nei casi di vitaliziati che versano a fondo perduto un capitale per garantirsi una rendita vitalizia immediata.
Selezione medica e selezione naturale, la prima voluta dall'impresa, la seconda spontanea, conferiscono speciali requisiti e caratteristiche al fenomeno demografico di sopravvivenza degli assicurati sulla vita, come rilievi statistici permettono di constatare e misurare.
L'Istituto nazionale delle assicurazioni sulla vita, in mancanza di adatte esperienze italiane ricavate dal materiale statistico delle imprese, adottò la tavola del censimento italiano 1901 (maschi), come base dell'ordinamento tecnico. Le imprese private hanno invece tariffe basate su esperienze straniere: inglesi, francesi e austriache.
L'efficacia della selezione è graduale anche per differenti classi di assicurazioni appartenenti tutte a rischi in caso di morte. Per i casi di vita non sarebbe opportuna l'applicazione di una tavola di sopravvivenza dedotta dalle osservazioni fatte su assicurati in caso di morte e ancora meno lo sarebbe se la si volesse estendere ai vitaliziati. Dal materiale di osservazione ricavato dalla pratica esperienza di imprese di assicurazione si possono dedurre tavole distinte per sesso, per categoria di assicurazioni e per età iniziale. Tre sono i tipi di tavole di sopravvivenza che allo stato attuale della tecnica assicurativa si costruiscono correntemente:
1. tavole d'insieme, ricavate senza tener conto delle speciali condizioni dell'ambiente in rapporto con la selezione medica e naturale.
2. tavole anche d'insieme, ricavate dalle osservazioni di assicurati in un periodo statistico che escluda i primi cinque o dieci anni di polizza;
3. tavole a doppia entrata per età dell'assicurato alla data della polizza e per anni di polizza. I coefficienti di sopravvivenza nei primi anni dell'emissione della polizza sono nettamente influenzati dalla selezione. Ma dopo un certo periodo di tempo tendono a confondersi praticamente con quelli delle tavole dei tipi precedenti. Le tavole del terzo tipo diconsi scelte.
Saggio d'interesse. - Il saggio medio d'interesse è soggetto a variazioni nel tempo e, mentre alla fine del secolo scorso i congegni tecnici delle assicurazioni sulla vita si dovettero trasformare dal saggio d'interesse del 4% al 3½% in Italia e in Francia, oggi, per le mutate condizioni dei mercati finanziarî, possiamo considerare tariffe e ordinamenti tecnici basati sopra saggi d'interesse maggiori del 4%. Occorre procedere con grande cautela nel modificare o trasformare il coefficiente finanziario contemplato nei premî delle assicurazioni sulla vita. I tentativi fatti per applicare alle assicurazioni sulla vita saggi di interesse variabile, valutati a priori come base di previsione, non hanno ottenuto ancora risultati pratici.
Il saggio d'interesse realizzato è determinato dal rendimento dei capitali confrontaio con l'ammontare dei fondi impiegati durante l'esercizio; esso si calcola spesso mediante la formula:
dove I è il cumulo degl'interessi ottenuto nel corso dell'esercizio; A e B sono rispettivamente i fondi netti dell'impresa al principio e alla fine dell'esercizio stesso.
Riserva matematica e solvibilità. - L'assicurazione sulla vita è operazione delicata per gl'interessi economici e morali che ad essa si collegano. Gli assicurati devono essere garantiti che i loro risparmî, affidati a compagnie di assicurazione sulla vita, saranno saggiamente amministrati ed efficacemente tutelati. L'ordinamento tecnico costruito su base razionale è indispensabile a garantire le condizioni di equilibrio finanziario dell'azienda. Alla fine di ogni esercizio, anche quando non ne faccia obbligo speciale la legislazione in materia assicurativa, le compagnie procedono all'inventario degl'impegni relativi ai contratti emessi e ancora in corso. Le condizioni economiche e finanziarie dell'azienda sono così accertate in base a un bilancio tecnico che corrisponde alla valutazione aprioristica degl'impegni in corso (metodo prospettivo), oppure in base alla capitalizzazione dei premî puri incassati, dedotte le quote teoricamente assegnabili alla mutualità (metodo retrospettivo: v. attuariale matematica).
L'equilibrio finanziario è così determinato dalle "riserve matematiche" il cui ammontare è eguale alla differenza, alla data dell'inventario, dei valori degl'impegni reciproci tra assicuratore e assicurati. Il calcolo delle riserve matematiche rappresenta il compito di maggiore responsabilità affidato all'attuario della compagnia.
La riserva matematica è considerata individualmente per ciascun contratto, ma per rendere più spedito e meno laborioso il conteggio numerico si raggruppano le polizze che si trovano in condizioni simili, rispetto all'età degli assicurati e alle durate o differimenti dei contratti. Ciascun gruppo è considerato agli effetti del calcolo aritmetico come costituito da una sola polizza. Si fa largo uso delle macchine calcolatrici e le grandi compagnie, ad esempio l'istituto nazionale delle assicurazioni, adottano macchine statistiche e schede forate per la classificazione delle polizze o per il calcolo delle somme dei capitali assicurati e delle riserve matematiche corrispondenti ai differenti gruppi. Esistono pure metodi di calcolo più rapidi che permettono di ottenere valori approssimati delle riserve matematiche, ma tali metodi si usano per controllare i risultati ottenuti mediante i procedimenti rigorosi.
L'ammontare delle riserve matematiche costituisce la partita più importante del passivo patrimoniale di ogni compagnia di assicurazione sulla vita. Lo sviluppo della compagnia è accompagnato da un progressivo rapido incremento delle riserve matematiche. Se la mortalità fra gli assicurati e il reddito dei capitali impiegati corrispondono alle ipotesi contemplate in tariffa, e se inoltre le spese d'amministrazione e di produzione, inerenti alle polizze emesse, si mantengono entro i limiti assegnati dal margine dei premî, l'equilibrio finanziario dell'azienda tecnicamente è garantito.
Utile delle compagnie di assicurazione sulla vita. - L'utile di una compagnia di assicurazione sulla vita proviene: a) da scarti favorevoli fra mortalità verificata e preveduta; b) da rendimento dei fondi maggiore di quello corrispondente al saggio teorico di interesse; c) da spese inferiori a quelle computate nel margine della tariffa.
Alcuni metodi speciali furono escogitati allo scopo di tener conto nella riserva matematica della spesa iniziale sostenuta dall'impresa per acquistare il contratto, spesa dovuta a provvigioni e ad assegni speciali pagati ad agenti e produttori (metodo Zillmer e Sprague), ma quasi generalmente le compagnie bene amministrate evitano di adottare metodi tendenti a indebolire l'edificio delle riserve matematiche, anche quando si tratta di metodi teoricamente esatti.
Una compagnia d'assicurazione sulla vita può essere insolvente pur continuando per molti esercizî a presentare utili di bilancio. L'insolvenza allo stato potenziale si verifica quando le riserve matematiche non corrispondono alla realtà delle condizioni di lavoro dell'azienda e sono in modo assoluto deficienti. Il disavanzo latente, in tal caso, cresce rapidamente e finisce poi per manifestarsi con tutte le sue dolorose conseguenze. La possibilità di tali situazioni giustifica pienamente le rigorose disposizioni legislative riguardanti la vigilanza sulle imprese di assicurazione sulla vita, che tutti gli stati hanno emanate, in senso più o meno restrittivo. Condizione essenziale per eliminare certi pericoli di insolvenza è la rigida applicazione dei principî attuariali.
La partecipazione degli assicurati agli utili dell'impresa, propria delle società mutue, può, sotto determinate condizioni, essere adottata anche dalle società a capitale azionario. Si distingue l'utile generale di bilancio da quello delle singole categorie di assicurazione e a questo si fanno partecipare gli assicurati con polizze stipulate a condizioni speciali. In Inghilterra la partecipazione agli utili è largamente diffusa, adottata si può dire da tutte le imprese, e i risultati che si ottengono annualmente sono considerati come indici caratteristici della bontà del lavoro e della prosperità della compagnia.
Alcune condizioni di polizza di carattere tecnico. - Il contratto sul quale siano stati pagati alcuni premî acquista generalmente un valore di riduzione e di riscatto. Il capitale ridotto è quella parte del capitale assicurato che l'impresa s'impegna di corrispondere alle stesse condizioni originarie, quando il contraente abbia smesso di pagare i premî stipulati in polizza. Il valore di riscatto invece è quanto spetta all'assicurato che voglia rescindere il contratto.
La compagnia non può mai, a meno che non voglia esporsi a perdita certa, accordare come valore di riscatto l'intero ammontare della riserva matematica e in alcuni casi non può neppure ammettere il riscatto senza esporsi ai danni di particolari antiselezioni. Di regola il riscatto non è concesso sulle polizze in caso di vita. L'ammontare del riscatto è calcolato empiricamente ed è uguale a una frazione della riserva matematica. Gli assicurati che riscattano non si rendono sempre conto della necessità in cui si trovano le compagnie di fissare il valore di riscatto d'una polizza in misura minore del cumulo dei premî pagati (in alcuni casi, un terzo). In realtà dal cumulo stesso deve essere prelevato quanto tecnicamente fu destinato al pagamento dei sinistri o al rimborso delle spese sostenute, in proporzione al capitale assicurato.
Le compagnie emettono polizze anche a favore di assicurati che presentano rischi speciali o extra rischi, facendo loro pagare un sopra-premio. I rischi speciali dipendono da differenti circostanze: dal soggiorno all'estero (zone insalubri), da professioni rischiose o malsane, da imperfezioni fisiche dell'assicurato, oppure da casi di malattia ereditaria, verificatisi nella famiglia dell'assicurato.
Da qualche tempo le imprese hanno particolarmente esaminato il rischio che presentano le persone non risultate idonee all'assicurazione, per esito negativo dell'esame sanitario. L'argomento è stato più volte oggetto di accurato studio da parte di medici e di attuarî, ma la difficile questione non avrebbe pratica soluzione, senza una benintesa solidarietà fra tutte le imprese. In Italia nell'anno corrente è stato creato un consorzio per l'assicurazione sulla vita dei rischi tarati, al quale partecipano, con l'Istituto nazionale, quasi tutte le imprese che esercitano nel nostro paese il ramo di assicurazione sulla vita.
Assicurazioni popolari. - Le assicurazioni sulla vita, anche di carattere privato, possono distinguersi in due classi: ordinarie, e industriali o popolari. Le seconde costituiscono un ramo a sé, per il quale è ormai dimostrata la necessità di operare attraverso congegni produttivi diversi da quelli proprî delle assicurazioni ordinarie.
Una distinzione ben definita tra assicurazione ordinaria e industriale non si può fare dal punto di vista strettamente tecnico, poiché per le une e per le altre valgono i medesimi principi attuariali. La differenza risiede nell'importanza del capitale o della rendita vitalizia assicurabile su ciascuna testa; nel modo di raccogliere o d'incassare i premî, che per la forma popolare sono prevalentemente settimanali o anche mensili; nelle condizioni di accettazione dei contratti, che per le assicurazioni industriali o popolari prescindono in generale dalla visita medica. L'ambiente delle assicurazioni industriali demograficamente è diverso da quello ordinario e non sarehbe consigliabile per i due rami di adottare i medesimi strumenti statistici. Le tariffe dei premî sono differenti e l'estensione della tariffa ordinaria all'esercizio di assicurazioni popolari, potrebbe pregiudicare il buon esito dell'impresa.
Le assicurazioni popolari, specialmente all'estero, sono organizzate da speciali imprese con metodi amministrativi differenti da quelli delle ordinarie imprese di assicurazione sulla vita. Esse hanno ottenuto negli Stati Uniti d'America larghissimo sviluppo, tanto da assumere un carattere paragonabile a quello delle assicurazioni sociali. Sviluppo altrettanto notevole hanno ottenuto in Inghilterra.
Le assicurazioni di carattere collettivo che le imprese possono concedere a favore di gruppi di operai, o d'impiegati, hanno pure grande importanza per lo sviluppo e per il progresso della previdenza, ma esse sono distinte dalle assicurazioni popolari, che hanno invece prevalente carattere individuale.
Assicurazioni contro l'invalidità. - Le imprese di assicurazione sulla vita accettano spesso il rischio d'invalidità, come complemento di quello dell'assicurazione sulla vita. Di regola si concede all'assicurato l'esonero dal pagamento del premio a partire dalla data dell'invalidità; ma in alcune forme speciali si concede pure una rendita fino alla scadenza del contratto, o fino a una determinata età dell'assicurato, misurata in base all'interesse annuale corrispondente a un capitale pari a quello fissato in polizza per l'assicurazione principale.
Le assicurazioni contro l'invalidità, propriamente dette, sono invece di dominio delle assicurazioni sociali o di particolari istituzioni di previdenza, società di mutuo soccorso, casse pensioni.
L'assicurazione sulla vita, come elemento integratore di operazioni di credito ipotecario, è stata applicata su larga scala. Il problema delle case operaie ha trovato pratiche soluzioni nell'abbinamento dell'assicurazione in caso di morte con l'ammortamento finanziario progressivo oppure costante del capitale corrispondente al valore attribuito alla casa. Il medesimo procedimento potrebbe valere per il credito agrario. Le forme di assicurazioni che si applicano ad operazioni di tale tipo sono la mista e la temporanea.
Assicurazioni contro i danni.
Assicurazione contro i danni d'incendio. - È diretta al risarcimento dei danni prodotti dall'incendio a oggetti, merci, case, stabilimenti, beni patrimoniali, ecc.
L'incendio è, in generale, fenomeno nettamente fortuito e, se la sua frequenza, entro certi limiti e rispetto a determinate classi di rischio, presenta nel tempo una certa stabilità, le circostanze nelle quali l'incendio agisce sono tanto diverse da rendere improbo, e forse inefficace, uno scrupoloso esame matematico, tendente a costruire schemi teorici ai quali riferire i casi della pratica, in modo analogo a quanto invece si può fare nelle assicurazioni sulla vita con l'uso delle tavole di sopravvivenza. Il rischio inoltre è uniforme e il sistema finanziario dell'impresa non esige la creazione di riserve matematiche. Un esercizio è indipendente dagli altri e in ciascuno le imprese hanno sufficiente massa di rischi, per numero e per ampiezza, da poter fare affidamento sul principio della media annuale. Sono affidate all'intuito e all'esperienza dei dirigenti le regole e le disposizioni per l'assunzione dei contratti, la limitazione dei rischi e la liquidazione dei danni.
L'incendio si manifesta e si propaga; alla frequenza dell'incendio si aggiungono come elementi del fenomeno l'intensità e la velocità di propagazione, le quali dipendono, essenzialmente, dalla natura del rischio. In generale gl'incendî producono danni parziali, essendo limitato il numero dei casi in cui si verifica la distruzione completa degli oggetti e degli enti assicurati.
Il rischio d'incendio non è omogeneo che in rare occasioni, esso risulta quasi sempre composto di elementi che presentano diversità di resistenza e di permeabilità, e che, in caso di incendio, influiscono vicendevolmente, gli uni sugli altri, a determinare, in misura più o meno grande, l'ampiezza dei danni. Così i fabbricati influiscono sul rischio delle cose mobili, merci, macchine, in essi contenute, e le cose influiscono a loro volta sul rischio dei fabbricati che le contengono. Inoltre un rischio qualunque subisce l'influenza di altri rischi contigui o vicini.
Procedimenti tecnici rigorosi, sebbene sostenuti autorevolmente, non furono mai ammessi in pratica negli ambienti assicurativi, ove statistiche compilate in modo semplice e sommario, sono ritenute sufficienti a mettere in rilievo i risultati industriali e a suggerire le opportune modificazioni da introdursi per disciplinare meglio la classificazione e la valutazione dei rischi.
Assicurazione contro gl'infortunî e le malattie. - Nel campo delle imprese private le assicurazioni infortunî sono distinte nelle seguenti classi:
1. Assicurazioni di persone contro i danni prodotti da disgrazie accidentali o da malattie. Questo secondo ramo potrebbe essere considerato insieme alle assicurazioni sulla vita.
2. Assicurazioni di proprietà e di beni personali, anche non materiali, contro i danni prodotti da eventi fortemente dannosi quali, ad esempio, i furti, la rottura dei cristalli e dei vetri, l'infedeltà dei dipendenti. A questa classe appartengono numerose forme, alcune delle quali, per il loro carattere eccezionale e anche per la loro stranezza, non potrebbero essere accettate da tutte le ordinarie compagnie di assicurazione.
3. Assicurazioni di responsabilità civile per garantire all'assicurato il rimborso dei risarcimenti pecuniarî, che egli, come civilmente responsabile a termine di legge, dovesse pagare per danni arrecati a persone e a cose in conseguenza di un evento accidentale, imputabile a lui stesso o ai suoi dipendenti, e connesso al rischio considerato dall'assicurazione.
I contratti o polizze di assicurazione possono riguardare forme singole delle tre classi indicate o combinazioni delle forme stesse.
Le assicurazioni contro gl'infortunî degli operai sul lavoro fanno parte delle assicurazioni sociali e la loro gestione è andata a speciali organi, cioè alla Cassa nazionale di assicurazione per gl'infortunî sul lavoro, e ai sindacati.
Assicurazioni trasporti. - L'assicurazione trasporti, in tesi generale, comprende tutte le assicurazioni contro le perdite e i danni che colpiscono le merci e i mezzi di trasporto; ma in pratica, per ragioni diverse, le assicurazioni trasporti per via di mare sono considerate separatamente dalle altre riguardanti trasporti per via di terra e di acque continentali.
Assicurazioni agricole. - a) Assicurazione contro i danni della grandine. Questa assicurazione ha per oggetto il risarcimento dei danni materiali cagionati dalla percossa della grandine alla quantità di prodotti campestri ottenibili nell'annata da determinati terreni. È un'assicurazione di utile sperato, poiché il risarcimento dovuto all'assicurato si determina secondo il valore che i prodotti avrebbero avuto al termine della loro maturità. b) Assicurazione contro la mortalità del bestiame. Ha lo scopo di riparare, mediante risarcimento, il danno derivante ai proprietarî di bestiame dal fatto che questo, in seguito a malattie o infortunî, muoia o debba essere abbattuto, o perda del suo valore. Si estende in generale al grosso bestiame (animali equini e bovini) e al bestiame minuto (animali suini, ovini e caprini).
Assicurazioni di credito. - Sotto la denominazione di assicurazione di credito o contro l'insolvibilità del debitore sono comprese molteplici forme che contengono differenze notevoli, sia tecniche, sia economiche. Alcune riguardano il credito interno e altre il credito estero o più precisamente il commercio d'esportazione all'estero.
L'istituto nazionale delle assicurazioni.
Di questo ente (creato con legge 4 aprile 1912, n. 305) non si può parlare se non toccando di tutto il regime italiano delle assicurazioni sulla vita, nel quale esso ha avuto, fin dalla sua fondazione, parte preminente ed essenziale.
La prima allusione ufficiale alla creazione dell'istituto fu fatta alla Camera dei deputati il 6 aprile 1911, dal Presidente del consiglio dell'epoca, in un discorso programma. Egli accennò all'istituzione di un monopolio di stato dell'assicurazione sulla vita, da esercitarsi da un istituto nazionale di assicurazioni, i proventi del quale avrebbero dovuto essere devoluti per intero alla cassa per l'invalidità e la vecchiaia dei lavoratori.
Il 3 giugno 1911 il ministro di Agricoltura, industria e commercio presentava alla Camera dei deputati il relativo disegno di legge. La relazione ministeriale al disegno di legge illustrava ampiamente le ragioni che consigliavano la profonda riforma del regime assicurativo italiano. L'istituto al quale l'esercizio del monopolio doveva essere affidato avrebbe dovuto essere una vera e propria impresa di carattere industriale non differente dalle altre simili che per la sua qualità di ente di stato anziché di società anonima o mutua; dotato quindi di autonomia completa riguardo alla gestione, agli organi amministrativi, ai diritti e doveri degli impiegati. Il nuovo istituto doveva proporsi innanzi tutto di "allargare il campo dell'assicurazione vita fino ai più numerosi strati della popolazione, alle classi lavoratrici, cercando di proporre forme di previdenza convenienti ai redditi e ai bisogni della parte più cospicua della popolazione italiana". Si osservava come nessuna industria si presti a essere esercitata dallo stato più dell'assicurazione sulla vita umana, nella quale la funzione del capitale è trascurabile, tutto è preveduto, le insidie del caso sono ridotte al minimo e la fiducia è primo elemento di successo.
Dopo ampia e appassionata discussione alla Camera e al Senato, prolungatasi nelle due sessioni parlamentari del giugno-luglio 1911 e del febbraio-marzo 1912, il parlamento approvò un disegno di legge contenente, nei confronti di quello primitivamente proposto, emendamenti notevoli su taluni punti essenziali, e che divenne legge dello stato il 4 aprile 1912.
La legge stabiliva che le assicurazioni sulla durata della vita umana, in tutte le loro possibili forme, fossero esercitate in regime di monopolio dall'Istituto nazionale delle assicurazioni, con sede in Roma, personalità giuridica e gestione autonoma, posto sotto la vigilanza del Ministero di agricoltura, industria e commercio. L'ordinamento dell'istituto doveva essere disciplinato da uno statuto organico da approvarsi con decreto reale, sentito il Consiglio di stato, e l'istituto stesso amministrato da un consiglio di amministrazione composto di 9 membri, nominato con decreto reale promosso dal ministro di Agricoltura, industria e commercio, sentito il Consiglio dei ministri. Dei 9 membri, 4 dovevano essere funzionarî dello stato, 4 liberi cittadini, non appartenenti al parlamento, di provata capacità tecnica e amministrativa nel campo del credito e della previdenza, e il direttore generale della Cassa nazionale di previdenza. Al consiglio di amministrazione erano affidate la proposta e le eventuali modificazioni dello statuto organico dell'ente e le deliberazioni: a) sulla istituzione di uffici, sedi, agenzie; b) sulle tariffe dei premî e le condizioni di polizza; c) sulle proposte di contratti collettivi di assicurazione; d) sui regolamenti interni; e) sulla gestione e l'impiego dei fondi; f) sugli accantonamenti per la riserva matematica e le riserve di garanzia; g) sui bilanci; h) su tutti gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione e aventi particolare importanza per l'azienda. Era previsto anche un collegio di sindaci in conformità con le disposizioni del codice di commercio.
Le tariffe e le condizioni di polizza dovevano essere approvate con decreto reale, previa approvazione del Ministero di agricoltura industria e commercio.
La legge prescriveva inoltre la compilazione annuale d'un bilancio amministrativo e contabile e d'una relazione del collegio dei sindaci e la compilazione triennale di un bilancio tecnico.
Le riserve tecniche e ogni altra disponibilità patrimoniale dell'istituto dovevano essere investite, con divieto di qualsiasi altro impiego: 1) in titoli del debito pubblico consolidato del Regno d'Italia; 2) in altri titoli emessi o garantiti dallo stato italiano; 3) in cartelle degl'istituti di credito fondiario; 4) in anticipazioni su pegno di titoli di cui ai nn. 1, 2, 3; 5) un acquisto sia per cessione sia per surrogazione di annualità dovute dallo stato; 6) in prestiti su proprie polizze di assicurazione; 7) in immobili urbani posti nel regno, liberi da ipoteche e da oneri di ogni sorta, in misura non superiore al 10% della riserva; 8) in sovvenzioni a impiegati dello stato edegli enti autarchici contro garanzia della cessione del quinto dello stipendio. Qualsiasi altro impiego doveva essere autorizzato per decreto reale.
Le polizze dell'istituto, dotate dalla completa garanzia dello stato italiano, non potevano essere assoggettate a pignoramento o sequestro, salve le disposizioni dell'art. 453 del codiee di commercio.
Le polizze emesse dalle imprese private operanti in Italia prima della promulgazione della legge rimanevano pienamente in vigore. Su richiesta delle imprese nazionali ed estere di assicurazione sulla vita l'istituto poteva accettare la cessione dei loro portafogli per il complesso dei contratti vita da esse stipulati nel Regno prima del 31 dicembre 1911, a condizione che le imprese cedenti versassero, o assicurassero con valide garanzie, le corrispondenti riserve matematiche. Per effetto di queste cessioni l'istituto si sostituiva all'impresa cedente negl'impegni e nei diritti verso ciascuno degli assicurati.
Le compagnie e le imprese di assicurazione che al 31 dicembre 1911 esercitavano legalmente nel regno l'assicurazione sulla vita potevano, con decreto reale, essere autorizzate a continuare le loro operazioni per non oltre 10 anni a partire dal novantesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge, purché adempissero a diverse condizioni; in primo luogo quella di cedere all'Istituto nazionale il 40% di ogni rischio assunto dopo l'entrata in vigore della legge.
Gli utili dell'istituto, prelevate: a) una quota non inferiore al 70% destinata alla riserva ordinaria; b) la quota destinata a norma dello statuto alla riserva di garanzia e ad ogni altra eventuale riserva; c) la quota di compartecipazione per il personale amministrativo e tecnico e per i produttori, in misura non superiore al 5%, dovevano essere devoluti per intero alla Cassa nazionale di previdenza per l'invalidità e la veechiaia degli operai.
L'Istituto nazionale delle assicurazioni iniziava la sua vita giuridica e la sua attività il 10 gennaio 1913 con un apporto di 119.137 contratti per un capitale di L. 762.789.560 e con un patrimonio netto di L. 151.267.782, derivanee dalla cessione dei portafogli di 25 aziende assicurative, di cui 10 nazionali e 15 estere. Approfittavano invece dell'autorizzazione a proseguire per un decennio la loro attività in concorrenza con l'istituto due imprese italiane e 9 estere, fra le quali le due triestine, le Assicurazioni Generali e la Riunione di Sicurtà.
Su proposta del consiglio di amministrazione approvata con decreto reale, e in conformità delle ipotesi fatte negli studî che accompagnavano la proposta di legge per il monopolio, le tariffe dei premî dell Istituto nazionale furono calcolate sulle basi tecniche seguenti: saggio d'interesse del 3,50%, tavola di mortalità della popolazione generale italiana desunta dai risultati del censimento 10 febbraio 1901 e dal numero dei morti nel quadriennio 1899-1902; soltanto per le rendite vitalizie immediate furono adottate annualità ottenute per interpolazione delle tavole R. F. (Rentiers Français) e delle tavole dei vitaliziati inglesi elaborate nel 1893 dall'Istituto degli attuarî di Londra. Nonostante un caricamento opportunamente calcolato per spese di acquisizione, amministrazione, ecc., e di un ulteriore margine, tali tariffe presentavano vantaggi non trascurabili in confronto di quelle praticate dalle imprese private operanti in Italia. E tuttavia le condizioni di polizza stabilite erano abbastanza liberali prevedendosi: a) la riattivazione entro un anno delle polizze sospese per mancato pagamento del premio, col solo onere degli interessi maturati al saggio legale commerciale; b) la concessione di equi valori di riduzione e di riscatto per le polizze sospese dopo il pagamento di tre annualità di premio; c) la concessione di prestiti a interesse relativamente modesto sulle polizze aventi un valore di riscatto; d) il pagamento dell'intero capitale assicurato in caso di morte per duello o suicidio un anno dopo l'emissione della polizza; e) la facoltà, senza obbligo di soprappremio, di viaggiare e soggiornare, in tempo di pace, in tutti i paesi d Europa, nelle colonie italiane, nell'Egitto fino alla seconda cataratta del Nilo, in Algeria, in Tunisia, in Terrasanta, in tutti i paesi dell'Asia e dell'Africa posti sul Mediterraneo, nelle regioni dell'America poste al disopra del 33° grado di latitudine nord, nella Repubblica Argentina, nell'Uruguay, nella Colonia del Capo, nelle colonie inglesi dell'Australia nella Russia asiatica, nell'Arcipelago giapponese; f) la copertura senza soprappremio, dei rischi connessi col servizio militare nel Regno, anche volontario (compresa la morte incontrata nella repressione di assembramenti, rivolte, insurrezioni) e del rischio di morte in guerra o in seguito a ferite, per le polizze in vigore da oltre un anno all'atto della dichiarazione di guerra.
L'attività dell'istituto nel primo anno di vita fu assorbita in prevalenza dal lavoro di organizzazione della direzione generale, di creazione delle agenzie generali, stabilite in tutti i capoluoghi di provincia e dalla definizione dei contratti con le imprese private che avevano decisa la cessione del proprio portafoglio. Ma anche il lavoro di produzione diede subito risultati lusinghieri, superiori certo a quelli che si sarebbero potuti attendere nello stato di perplessità che le polemiche intorno al nuovo regime assicurativo italiano e all'ente statale dovevano aver creato nella coscienza dei risparmiatori. Basti accennare che la produzione dell'istituto nel suo primo esercizio fu più che tripla di quella di tutte le altre imprese che avevano continuato le operazioni, considerate insieme.
A breve distanza dall'inizio dell'attività dell'istituto il mondo intero fu sconvolto dallo scoppio della guerra mondiale. Nella crisi generale che questa provocò in ogni campo, in quello sociale come in quello economico, poté bene apparire quale saldezza di organizzazione e quale vitalità l'ente statale avesse raggiunto nella sua brevissima esistenza: ché non soltanto esso non fu sommerso dagli eventi, ma poté porsi a disposizione dello stato per imprese di mole e importanza veramente eccezionali, quali l'emissione e l'amministrazione di 5 milioni di polizze gratuite a favore dei combattenti, l'emissione di alcune centinaia di migliaia di polizze di assicurazione connesse con il V e il VI prestito nazionale, l'assicurazione generale dei rischi di guerra in navigazione, dalla quale ultima derivarono al tesoro italiano utili cospicui, e più tardi la riassicurazione di tutti i rischi ceduti da imprese private di ogni genere.
Con fenomeno generale, comune a tutte le imprese assicurative italiane ed estere, e ovvio del resto nelle sue ragioni, la produzione di contratti vita subì nel periodo bellico una flessione sensibile; nel 1917 si avevano però segni indubbî di ripresa e nel 1918 le operazioni assicurative congegnate con l'emissione del V prestito nazionale, fecero fare alla produzione dell'ente di stato un balzo di alcune centinaia di milioni.
Il primo decennio di vita dell'Istituto nazionale delle assicurazioni deve considerarsi quasi come un ciclo chiuso, svoltosi in condizioni di assoluta eccezione per il mercato assicurativo italiano in particolare e per l'economia mondiale, e nel quale per di più l'andamento della mortalità fu gravemente perturbato, oltre che dalla guerra, dall'influenza epidemica del 1918.
Le cifre della tabella precedente illustrano bene il lavoro compiuto e la situazione dell'ente assicurativo di stato alla fine di esso.
L'attività dell'Istituto nazionale delle assicurazioni in regime di monopolio vero e proprio avrebbe dovuto iniziarsi nell'aprile del 1923, alla fine del suo decimo anno di vita. Ma molto prima di questo termine era sorto un intenso movimento per una riforma completa che ritardasse l'applicazione o trasformasse il concetto della legge 4 aprile 1912. E la riforma venne. Il regime transitorio decennale fu prorogato di tre mesi, e successivamente il governo nazionale dallo studio delle condizioni e caratteristiche del mercato assicurativo italiano desunse la necessità di un ordinamento nuovo.
ll decreto-legge 29 aprile 1923 (convertito in legge con legge 17 aprile 1925, n. 473, e modificato con r. decr.-legge 5 aprile 1925, n. 440, convertito in legge con legge 11 febbraio 1926, n. 254) è ispirato ai seguenti concetti fondamentali:
a) abolizione del monopolio con l'ammissione al libero esercizio, sotto determinate garanzie, delle imprese private nazionali ed estere;
b) conservazione dell'Istituto nazionale delle assicurazioni, le cui polizze sono garantite dallo stato e a cui è riservata l'importantissima funzione di regolatore del mercato assicurativo italiano;
c) obbligo alle compagnie private di cedere all'Istituto una quota parte di ogni rischio assunto, per quel che riguarda il portafoglio italiano.
In grazia di questa cessione all'Istituto si conserva veramente il carattere d'istituzione preposta al mercato assicurativo italiano, gli si affida un controllo effettivo sul lavoro delle compagnie private, contratto per contratto, senza menomamente intralciare l'attività di esse, si evita di esporlo alla concorrenza in condizioni d'inferiorità per le limitazioni che alla sua azione derivano dalla sua natura di ente pubblico e dai suoi fini eminentemente nazionali e sociali. Tuttavia l'obbligo della cessione è mitigato nella misura e reso sempre più tenue col decorrere del tempo; la quota parte dei rischi che deve essere ceduta all'Istituto è del 40% nei primi 10 anni, del 30% nel decennio successivo, del 20% nel terzo decennio e del 10% in seguito.
In applicazione agli accennati concetti, il decreto-legge 29 aprile 1923 modifica in alcune parti la struttura e il funzionamento dell'Istituto nazionale, conferendo al consiglio di amministrazione autorità e autonomia anche maggiori e rendendo la gestione più agile e sciolta. Lo stato interviene soltanto nella nomina, per decreto reale, del consiglio stesso, del collegio dei sindaci e del direttore generale.
Il decreto-legge dispone che del consiglio di amministrazione facciano parte: a) il direttore generale dell'istituto, come membro di diritto; b) un rappresentante per ciascuno dei Ministeri dell'economia nazionale e delle finanze; c) otto membri scelti fra persone che abbiano dato prova di speciale competenza tecnica e amministrativa. È tolta quindi, rispetto alla legge 1912, la limitazione riguardo ai membri del parlamento e ridotta a metà la partecipazione dei funzionarî dello stato.
L'amministrazione dell'istituto rimane autonoma: il decreto stabilisce soltanto che le eventuali decisioni del consiglio sulle modifiche dello statuto organico e sulle tarifle e le condizion di polizza siano sottoposte all'approvazione del Ministero dell'economia nazionale.
Quanto agl'investimenti patrimoniali, la nuova legge concede maggiore ampiezza e libertà, togliendo per gl'impieghi immobiliari la limitazione al 10% delle riserve e consentendo, oltre quelle previste dalla legge 1912, le forme seguenti: a) azioni della Banca d'Italia, dell'Istituto italiano di credito fondiario e delle Ferrovie reali sarde; b) mutui garantiti da prima ipoteca sopra beni immobili situati nel Regno e nelle colonie, per somma non eccedente la metà del valore degli immobili stessi debitamente accertato, e in mutui debitamente garantiti per incoraggiare le costruzioni edilizie urbane e rurali; c) mutui a provincie e comuni e ai loro consorzî, ai consorzî di bonifica, d'irrigazione e per le opere idrauliche, con le stesse garanzie stabilite per la Cassa depositi e prestiti, o partecipazione al capitale costituito di enti pubblici, previa autorizzazione dei ministri delle Finanze e dell'Economa nazionale, delle riserve dei contratti stipulati nelle corrispondenti valute e di ogni altra riserva prescritta per l'esercizio all'estero; e) partecipazioni a imprese assicurative nazionali ed estere, di qualsiasi natura, sulla vita e contro i danni, in misura non superiore al 5% delle riserve e dei fondi patrimoniali; f) depositi in numerario presso la Cassa depositi e prestiti, istituti di credito o casse di risparmio ordinarie e postali nei limiti del 5% delle riserve.
La produzione è affidata ad agenti generali, con agenzie istituite per deliberazione del consiglio, non soltanto nei capoluoghi di provincia, ma in tutti i centri in cui la presenza di esse appaia opportuna. Le agenzie generali sono concesse dal consiglio in base a un capitolato d'appalto, ma possono anche essere gestite direttamente in economia. Gli agenti generali organizzano nella zona loro assegnata la produzione e amministrano il portafoglio servendosi di agenti locali, produttori, e anche, eventualmente, dei titolari degli ulfici postali, dei notai, dei segretarî e impiegati comunali e di altre persone ed enti autorizzati dal consiglio di amministrazione. Il personale produttore è retribuito normalmente con provvigioni proporzionate al numero e all'entità degli affari conclusi. Gli agenti generali sono tenuti all'istituzione di agenzie locali in tutti i capoluoghi di circondario e di mandamento e nei comuni di qualche importanza, secondo le norme stabilite nei capitolati. Si cerca di ottenere anche per questa via la massima diffusione della previdenza e un largo frazionamento dei capitali assicurati.
Il pagamento dei premî e la riscossione delle somme assicurate possono essere effettuati, oltre che presso le agenzie e la direzione generale dell'istituto, presso gli uffici postali del regno e delle colonie designati dal ministro dell'Economia nazionale d'accordo col ministro delle Comunicazioni.
Circa la cessione delle quote di rischio da parte delle imprese private, la legge e i successivi regolamenti stabiliscono che entro 30 giorni dalla data di autorizzazione all'esercizio in Italia, tali imprese comunichino all'Istituto nazionale delle assicurazioni un esemplare di ciascun tipo di contratto e le corrispondenti tariffe approvate dal Ministero dell'economia nazionale. Esse debbono poi, entro 30 giorni dalla data di perfezionamento di ciascun contratto, rimettere all'Istituto l'originale della polizza accompagnato dalla quietanza del premio pagato, della proposta di assicurazione, del rapporto medico, ecc. Le quote cedute godono, come le polizze emesse direttamente dall Istituto la garanzia dello stato italiano. La cessione è fatta verso una corrispondente aliquota del premio, depurata della quota parte delle spese di acquisto, in misura non mai superiore al 3% del capitale assicurato ne a 70% del premio del primo anno. Per gli anni successivi l'aliquota del premio da corrispondersi alle imprese private viene depurata delle spese d'incasso in misura non mai superiore al 5% del premio annuo. Il controllo dell'Istituto sul lavoro delle compagnie si concreta appunto, oltre che nella verifica di ogni rischio assunto, nelle indicate limitazioni per le spese di acquisto, evitando che la concorrenza si svolga sulla base di una lotta di provvigioni che, aumentando i costi, risulta a tutto danno degli assicurati.
Il decreto-legge 29 aprile 1923 prescrive ancora la compilazione annuale di un bilancio da presentarsi al parlamento, insieme con la relazione del consiglio di amministrazione e del collegio dei sindaci, dal ministro dell'Economia nazionale, e la compilazione quinquennale di una relazione tecnico-statistica da comunicarsi anch'essa al parlamento e contenente (art. 22 dello statuto organico): a) il confronto delle frequenze osservate e le probabilità dei rischi presunte nel calcolo delle riserve matematiche; b) il confronto del saggio di rendimento del patrimonio effettivamente realizzato e il saggio d'interesse presunto nel calcolo delle riserve; c) il confronto fra le spese di acquisto, di gestione del portafoglio e d'incasso dei premî e le entrate all'uopo disponibili.
Lo statuto organico dell'istituto (approvato con r. decr. 20 maggio 1926, n. 933) ha portato talune importanti modificazioni alle norme e ai criterî secondo i quali le attività sono segnate in bilancio. Esso dispone infatti: a) che gl'immobili siano riportati per il minore dei due prezzi di acquisto e di mercato, quest'ultimo determinato in base a stima da fare alla fine di ogni triennio; b) che i titoli siano segnati in bilancio per il loro valore effettivo (invece che al prezzo d'acquisto) non superiore al prezzo di compenso alla chiusura di ciascun esercizio (fanno eccezione a questa norma i titoli consolidati posseduti dall'istituto per una cifra cospicua, rappresentando essi la copertura degl'impegni presi con la emissione dei contratti abbinati al V e VI prestito nazionale e al prestito del Littorio; tutte le valutazioni relative a questi contratti sono stabilite sulla base del prezzo di emissione); c) che per i titoli redimibili il prezzo di bilancio non superi mai il valore di rimborso; d) che le eventuali plusvalenze di un esercizio rispetto ai prezzi di bilancio dell'esercizio precedente, vadano a costituire un fondo di oscillazione valori, destinato a copertura di eventuali svalutazioni di esercizî successivi. Gli eventi e le condizioni del mercato dei titoli nel 1925 e nel 1926 hanno dimostrato l'opportunità di tali disposizioni prudenziali. Le situazioni nuove e le difficoltà gravissime create dalla guerra nel campo economico hanno indotto, anche nei paesi in cui la previdenza sulla vita è più solidamente organizzata e meglio progredita, a considerare gl'investimenti patrimoniali come una delle parti più importanti e delicate della gestione delle aziende assicurative, per la necessità di realizzare un reddito sufficientemente elevato su impieghi di assoluta sicurezza e il più possibile al riparo di disastrose svalutazioni.
Va notato che fin dal 1917 apparve al consiglio di amministrazione dell'Istituto nazionale, che era ed è tuttavia arbitro della questione, l'oppertunità di elevare il saggio teorico d'interesse per la valutazione delle riserve matematiche dal 3,50 al 4,50%, in armonia con le condizioni createsi nel mercato finanziario italiano; tale saggio teorico è ancora assai prudente, atteso che il rendimento effettivo dei fondi dell'istituto non è mai sceso al disotto di quella cifra e dal 1918 in poi si è mantenuto superiore al 5,50%. Le basi demografiche per il calcolo e le riserve sono invece rimaste immutate, essendosi dimostrate perfettamente soddisfacenti e avendo consentito in tutti gli esercizî, tranne nel 1918, e specialmente negli ultimi, utili cospicui di mortalità.
Della maggiore libertà, e in particolare della facoltà d'investimenti in azioni di altre imprese assicurative, l'Istituto si è valso subito per creare, nel 1923, con la collaborazione delle maggiori imprese italiane, una nuova società, Le Assicurazioni d'Italia, per l'esercizio dei rami elementari. Moltissime imprese assicurative private esercitano infatti, insieme col ramo vita, uno, o più spesso, diversi rami elementari. Posto in un ambiente così organizzato, l'ente statale sarebbe venuto a trovarsi in condizioni di grave inferiorità se la sua azione avesse dovuto essere limitata rigidamente all'esercizio del ramo vita; e d'altra parte non era opportuno abbinare nell'ente stesso il lavoro del ramo vita con quello dei rami elementari. Già nel 1922 l'istituto (autorizzato con apposito decreto) aveva contribuito per un terzo al capitale di una potente società di riassicurazioni, l'Unione italiana di riassicurazione, la quale ha ripreso attraverso le necessarie trasformazioni e in un ambiente meglio appropriato, quel lavoro di riassicurazione che l'Istituto aveva per alcuni anni esercitato in condizioni disadatte. Nel 1927 poi, l'istituto entrò a far parte del nuovo Consorzio per l'assicurazione dei rischi tarati, e concorse per una quota importante alla costituzione del capitale della Società italiana di assicurazione crediti, destinata ad assicurare i rischi ordinarî della solvibilità, mentre per la garanzia del rischio politico è stato previsto l'intervento dello stato attraverso uno speciale comitato costituito presso l'ente statale stesso.
L'istituto esercita in sostanza anche quell'importante funzione di ordine economico che era scopo non ultimo della sua creazione, ed è uno dei più vasti serbatoi del risparmio nazionale, che viene indirizzato verso gl'investimenti più sicuri e che rappresentano insieme un contributo al miglioramento e al progresso del paese. Nel primo quinquennio dell'applicazione della nuova legge, una parte notevole degl'investimenti patrimoniali è stata diretta al finanziamento di opere d'interesse nazionale: costruzioni ferroviarie, bonifiche, mutui a provincie e comuni per opere igieniche e case popolari, partecipazione alla costituzione di enti promossi dal governo, quali la Banca per il lavoro e la cooperazione, il Consorzio di credito per le opere pubbliche, l'Azienda generale dei petrolî, l'Istituto per il risorgimento delle Venezie, l'Istituto per le case degli impiegati dello stato, il Consorzio nazionale di credito per il miglioramento agrario. L'impiego in immobili, favorito dalle maggiori compagnie d'ogni paese, ha avuto largo sviluppo; l'istituto è stato così dotato di sedi degne nelle principali città d'Italia. Specialissima menzione merita la sede della direzione generale in Roma, grandioso palazzo, solennemente inaugurato il 28 ottobre 1927.
Nel nuovo regime l'Istituto ha organizzato il lavoro all'estero avendo di mira più che finalità industriali, il vantaggio dei connazionali nelle regioni verso le quali è più larga la corrente dell'emigrazione italiana. In Egitto, in Tunisia, nell'Asia Minore, in Palestina, in Turchia, in Grecia, in Albania, in Francia esso ha istituito delle agenzie proprie. Nel Brasile e in Argentina in attesa di attuare un lavoro diretto, per il quale sono state iniziate trattative, l'istituto ha partecipato con contratti di riassicurazione al lavoro d'importanti compagnie sorte sotto la sua diretta influenza.
L'Istituto ha iniziato nel 1925 l'esercizio delle assicurazioni popolari, assicurazioni senza visita medica, per somme modestissime, con frazionamento mensile del premio, diffuse nei paesi anglosassoni per diecine di milioni di polizze e che erano pressoché sconosciute fra noi. L'esercizio di questa forma è difficile e costoso, ma implica quella diffusione della previdenza che è la finalità prima dell'ente statale. La penetrazione dell'idea assicurativa è molto ardua in Italia, per ragioni economiche, sociali, culturali, psicologiche. L'Istituto nazionale si è perciò attribuito un compito che nessuna impresa privata assumerebbe: la preparazione psicologica delle masse. Quest'opera non può essere compiuta se non da un'istituzione con orizzonte più vasto e finalità più elevate che non siano gl'interessi economici immediati.
L'educazione alla previdenza deve essere iniziata, come ogni altra forma di educazione, nell'infanzia e nella prima giovinezza, e il lavoro per la penetrazione e la diffusione dei contratti popolari è stato iniziato infatti nella scuola, grazie alla fervida collaborazione delle autorità, e col vivo consenso del Ministero dell'educazione nazionale. Tutta la nuova, geniale organizzazione sindacale e corporativa dello stato italiano offre poi allo sviluppo della previdenza attraverso la polizza popolare, un ausilio formidabile, il valore del quale è già dimostrato dalle cifre della produzione 1927, in cui appunto gli accordi con i sindacati hanno permesso di raccogliere importanti contratti cumulativi.
I risultati ottenuti nei primi tre anni di lavoro, dedicato principalmente alla preparazione degli animi e delle forze di coloro che debbono farsi banditori di questa forma, superano le aspettative più fiduciose: si tratta di 121.025 polizze emesse per L. 242.625.548 di capitali assicurati, con un capitale medio di L. 2.000 circa per polizza. Grande conforto deriva anche dal ritmo rapidamente ascendente della produzione: 6.025 contratti nel 1925; 23.095 nel 1926; 91.945 nel 1927.
L'Istituto cura assiduamente anche la parte culturale delle sue funzioni, poiché nelle grandi aziende non si può prescindere dalle conoscenze scientifiche e teoriche, fondamento e condizione necessaria all'elevazione nel campo della pratica.
Le maggiori imprese assicurative estere hanno istituito, da lunghi anni, veri e proprî laboratorî statistici, che rappresentano il collegamento fra la scienza e la vita quotidiana. Scopo primo dell'attività statistica è la compilazione d'una tavola di mortalità sulle osservazioni dei proprî assicurati; per la sua costituzione e per le sue prerogative, l'impresa di stato è a questo riguardo in una condizione di privilegio; la raccolta dei dati necessarî è stata già predisposta, ma le risultanze di soli 15 anni di osservazioni compiute in un ambiente relativamente ristretto, e perturbate per di più dagli effetti della guerra e dell'influenza epidemica, appaiono insufficienti per conclusioni serie e attendibili.
Centro del mercato assicurativo italiano dal punto di vista degli affari, l'Istituto si avvia a esserne anche il centro intellettuale.
Nel 1927 fu deciso d'istituire presso la sede dell'Istituto corsi integrativi della Scuola di scienze statistiche e attuariali dell'Università di Roma, per promuovere lo studio delle discipline speciali riguardanti le assicurazioni. L'Istituto, che già è stato fra gli enti sovventori della scuola, ne completerà gl'insegnamenti con questi corsi extra-universitarî e con cicli di conferenze, istituirà borse di studio, metterà a disposizione degli studenti e dei tecnici la propria biblioteca e il proprio materiale di esperienza pratica.
Per le sue qualità, prerogative, caratteristiche, e in primo luogo per l'ampia attività che svolge, l'ente assicurativo di stato è divenuto parte essenziale della vita della nazione alla quale partecipa intimamente, come in più di un'occasione si è dimostrato.
Le statistiche internazionali dicono chiaramente che esso è assurto a tale importanza, da sorpassare di gran lunga le altre aziende assicurative dell'Europa continentale. In 15 anni di vita vissuta nel periodo più burrascoso e grave che la storia ricordi, soprattutto per le ripercussioni economiche, l'istituto italiano ha superato, proprio quando gli sono venuti meno le prerogative e i privilegi monopolistici, compagnie italiane ed estere anche secolari, circondate da universale considerazione. Nelle cifre della tabella in calce si riassume l'attività dell'azienda nel primo quadriennio del suo secondo periodo di vita. Esse dimostrano che la garanzia offerta dallo stato alle polizze dell'Istituto è puramente nominale. Allo stato anzi è derivato dall'attività di questo ente, un fondo che alla fine del 1926 aveva raggiunto L. 115.837.423.
Per il 1927 le prime valutazioni indicano una produzione di 180.000 polizze per L. 1.750.000.000 di capitali assicurati, comprese le popolari di cui si è già fatto cenno e L. 300.000.000 circa di contratti connessi col prestito del Littorio. Appare dunque come nel corso d'un quinquennio la produzione dell'ente assicurativo di stato si sia assai più che quadruplicata per numero di contratti, mentre è quasi triplicata per l'ammontare dei capitali assicurati. A questi successi ha contribuito senza dubbio, pure attraverso le oscillazioni inevitabili, il risanamento della situazione economica e finanziaria dell'Italia culminato nel dicembre 1927 con la rivalutazione e la stabilizzazione della lira. A differenza di quanto è avvenuto in epoca recentissima in altri paesi, la produzione dell'Istituto nazionale non ha avuto nessuna flessione nel lungo periodo durante il quale la stabilizzazione è stata preparata e attuata. Ove si consideri, poi, che una parte importante del presente portafoglio dell'istituto è stata sottoscritta nel periodo di massimo deprezzamento della nostra valuta, si vede quale vantaggio reale la rivalutazione rappresenti per gli assicurati.
L'Istituto nazionale delle assicurazioni ha, dunque, corrisposto pienamente agli scopi essenziali della sua creazione, poiché ha offerto ai cittadini italiani il modo di assicurarsi a eque condizioni, ha allargato il campo della produzione sino alle classi lavoratrici, ha esercitato un valido controllo sulle imprese private, senza intralciarne l'attività, ha posto a disposizione dello stato una forza finanziaria di sempre più larga portata, diventando uno dei maggiori coefficienti della prosperità nazionale e dell'elevazione economica e morale del popolo.
Assicurazioni sociali.
L'espressione "assicurazioni sociali" è usata in contrapposto a quella "assicurazioni private", e sta a significare quel complesso di provvedimenti legislativi che tendono a proteggere, contro i casi di mancanza o d'incapacità al lavoro, coloro per i quali il lavoro appunto è la fonte unica o principale del reddito.
Caratteristiche delle assicurazioni sociali in confronto delle private sono la natura del rischio, il campo d'applicazione, i modi con cui si esplica l'intervento dello stato.
I rischi cui provvedono le assicurazioni sociali sono tutti e soltanto quelli che minacciano la continuità del lavoro, e ordinariamente si distinguono in rischi di origine fisiologica o di origine economica. Appartengono alla prima categoria le malattie, tra le quali talvolta si assegna un posto a parte a quelle professionali, gl'infortuni sul lavoro, la maternità, l'invalidità, la vecchiaia, la morte alla seconda categoria la disoccupazione involontaria per mancanza di lavoro. In corrispondenza a questi rischi si hanno altrettante forme di assicurazioni sociali, ma tutte si propongono di riparare integralmente o parzialmente il danno economico subito dal lavoratore e dalla sua famiglia, per la perdita del guadagno o per le maggiori spese incontrate; perciò, a differenza di quanto avviene nelle assicurazioni private, la misura delle prestazioni non è liberamente prestabilita dall'assicurato; ma fissata dalla legge o dai regolamenti.
Inoltre nelle assicurazioni sociali la funzione preventiva ha somma importanza (secondo alcuni, prevalente importanza) accanto alla funzione compensativa. Un'evoluzione notevole a questo riguardo si osserva durante gli ultimi decennî negli ordinamenti e nel funzionamento delle assicurazioni presso i maggiori stati.
Il campo d'applicazione delle assicurazioni sociali è andato ormai allargandosi a quasi tutti i lavoratori: il principio della obbligatorietà dell'assicurazione si trova accolto per la prima volta in alcune provvidenze adottate già dall'inizio del sec. XIX a favore delle persone occupate in professioni particolarmente rischiose (marinai, minatori, ferrovieri); vennero poi le prime leggi di assicurazione generale le quali però si riferivano soltanto agli operai delle industrie e dei commerci; più tardi vi furono compresi anche i lavoratori agricoli; da ciò la denominazione di assicurazioni operaie, che troviamo usata prevalentemente negli ultimi decennî del secolo scorso. Con l'estensione ai lavoratori a domicilio, agl'impiegati, ai lavoratori indipendenti, venne introdotta l'espressione "assicurazioni sociali", ormai generalmente usata.
Vi sono esempî (Svezia, legge 1913 sulle pensioni di vecchiaia e invalidità) di assicurazioni obbligatorie estese a tutti i cittadini di uno stato; a una tale assicurazione più propriamente conviene il nome di "assicurazione nazionale"; che però si applica in Inghilterra anche a un'assicurazione limitata ai salariati (National insurance act, 1912).
Infine è peculiare delle assicurazioni sociali l'intervento dello stato, che non limita, come nelle assicurazioni private, la sua funzione alla vigilanza sulle tariffe, sulle clausole contrattuali, sull'impiego dei fondi, nell'intento di consolidare le garanzie per gli assicurati, ma assume una funzione propulsiva, o concedendo incoraggiamenti sotto forma di premî, esenzioni fiscali, ecc., o addirittura rendendole obbligatorie; e in questo caso esso interviene anche a regolare la misura del contributo per i datori di lavoro e per i lavoratori, e talvolta infine interviene finanziariamente e chiama a concorrere anche gli enti pubblici locali.
Molto si è discusso se debbano essere comprese in un quadro delle assicurazioni sociali anche le leggi che concedono prestazioni gratuite cioè senza alcun contributo da parte degli assicurati e dei datori di lavoro; tali sono le leggi per le pensioni gratuite ai vecchi, agl'invalidi, alle madri prive di sostegno.
Secondo alcune opinioni la denominazione di assicurazioni sociali dovrebbe essere riservata ai sistemi contributivi (cioè a quelli che prevedono un contributo da parte degli assicurati, o dei datori di lavoro, o di entrambi) e si dovrebbero qualificare come sistemi assistenziali tutti quelli non contributivi.
Qualunque sia la definizione convenzionale adottata, è certo che un quadro delle assicurazioni sociali non sarebbe completo qualora si trascurassero i sistemi non contributivi: questi in molti casi rappresentano forme primitive, precorritrici di vere e proprie provvidenze assicurative.
Cenno storico. - Le prime leggi di assicurazione obbligatoria estesa a tutti i salariati dell'industria furono quelle pubblicate in Germania sotto il cancellierato di Bismarck (malattie 1883, infortunî sul lavoro 1884, invalidità-vecchiaia 1891) e perciò ordinariamente si fa risalire a tale epoca l'origine delle assicurazioni sociali, sebbene per determinate categorie professionali (marinai, minatori, ferrovieri, dipendenti dallo stato o da enti pubblici locali) il principio dell'obbligatorietà dell'assicurazione e del concorso finanziario dello stato e degli enti pubblici fosse stato già accolto assai prima in alcune particolari leggi e regolamenti dalla Germania stessa, dall'Austria, dalla Francia, dall'Italia.
È innegabile però che furono le leggi tedesche ad accelerare quel grande movimento in favore delle assicurazioni sociali che caratterizza l'ultimo quarantennio, e che ha condotto oggi quasi tutti gli stati civili ad accogliere, almeno in parte, il principio dell'obbligatorietà delle assicurazioni.
Rispetto agl'infortunî sul lavoro, l'esempio della Germania fu imitato anzitutto dall'Austria (1884); seguirono, con una regolamentazione obbligatoria, più o meno ispirata ai concetti della legge germanica, la Norvegia e la Finlandia rispettivamente nel 1894 e nel 1895, l'Inghilterra nel 1895, l'Italia, la Francia, la Danimarca nel 1898. Presentemente quasi tutti gli stati civili hanno introdotto l'assicurazione, o almeno il risarcimento obbligatorio degl'infortunî sul lavoro.
Tutte queste leggi s'ispirano al principio del rischio professionale, cioè riconoscono nel lavoratore colpito da infortunio il diritto a un risarcimento indipendentemente dalla circostanza che l'infortunio sia imputabile a colpa dell'imprenditore o a negligenza dello stesso infortunato. Ma l'applicazione di questo principio ha luogo in due differenti maniere; in alcune legislazioni esso porta al semplice riconoscimento del diritto del lavoratore contro il proprio datore di lavoro a determinati risarcimenti in caso d'infortunio, in altre, invece, all'affermazione di una responsabilita collettiva che si traduce nell'obbligo da parte dell'imprenditore di costituire un' assicurazione per i casi d'infortunio, con pagamento del premio a tutto carico proprio. Il primo sistema è accolto nella legge inglese, nei varî Dominions (eccettuati il Queensland e lo stato di Victoria), in quasi tutti gli stati dell'America del sud, in Francia Belgio, Spagna, Grecia; l'altro sistema caratterizza la legge tedesca, l'austriaca, la svizzera, l'italiana, la legislazione dei paesi scandinavi, dei Balcani, del Canadà. La tendenza è verso la generalizzazione del secondo sistema; vi sono stati come il Chile, la Svezia, la Danimarca, l'Australia meridionale, che dopo avere inizialmente adottata la prima soluzione hanno poi introdotto l'obbligo della assicurazione.
Meno rapida fu l'adesione al principio dell'obbligatorietà della assicurazione per le malattie, specialmente negli stati in cui rigoglioso era stato lo sviluppo delle società di mutuo soccorso (Francia Belgio, Svizzera, Inghilterra). La preoccupazione di salvaguardare gli organismi della mutualità libera prevalse per lungo tempo sulle nuove tendenze. Anche in questo campo la Germania fu la iniziatrice con la legge del 15 giugno 1883, che, sebbene limitata ai salariati dell'industria, rappresentò nondimeno un'ardita innovazione; l'obbligo dell'assicurazione fu poi esteso agli agenti delle imprese di trasporti e ai lavoratori agricoli con leggi del 1885 e 1886. L'Austria fu la prima a seguire con una legge del 1888 l'esempio della Germania, poi l'Ungheria nel 1891. Intanto anche gli stati, nei quali non riusciva a prevalere il principio dell'obbligatorietà dell'assicurazione per le malattie, incoraggiavano la previdenza libera con leggi di vigilanza o di protezione per le società di mutuo soccorso. Appartengono a questo indirizzo le leggi italiana del 15 aprile 1886, spagnola del 30 giugno 1887, danese del 12 aprile 1892, belga del 23 giugno 1894 e francese del 1° aprile 1898. Ma l'evoluzione verso le forme di assicurazione obbligatoria continuava. La Norvegia nel 1909, la Serbia nel 1910, la Russia e l'Inghilterra nel 1911, introdussero, ma allontanandosi specialmente le ultime due dallo schema germanico, l'assicurazione obbligatoria. Il movimento si accelera dopo la guerra; guadagna la Bulgaria, il Portogallo, la Cecoslovacchia, la Polonia, la Grecia, e dall'Europa si estende all'Asia (Giappone) e all'America (Chile); ma non riesce ancora a penetrare negli Stati Uniti. Presentemente sono ventitré gli stati che hanno introdotto l'obbligo dell'assicurazione per le malattie a favore di tutti i salariati o almeno di quelli dell'industria.
L'assicurazione contro l'invalidità e la vecchiaia incontrò in principio non minori resistenze, determinate però da preconcetti dottrinali più che dalla preoccupazione di salvare floridi organismi preesistenti. Secondo gli oppositori, la previdenza doveva essere libera o tutt'al più sussidiata dallo stato, perché potesse conservare tutto il suo valore morale. Il congresso internazionale per le assicurazioni sociali che si tenne in Roma nel 1908, con la confessione di Luigi Luzzatti, il quale si dichiarò convertito a favore dell'assicurazione obbligatoria, segna il declinare definitivo delle ultime autorevoli opposizioni. Due anni dopo, la Francia introduce l'assicurazione obbligatoria per la vecchiaia degli operai e contadini (retraites ouvrières et paysannes, 1910), l'Inghilterra, l'anno successivo, un'assicurazione per l'invalidità congiunta all'assicurazione per le malattie, la Svezia la sua assicurazione nazionale (1913), l'Italia, durante la guerra (1917), un'assicurazione per gli operai degli stabilimenti ausiliarî, estesa poi (1919) a tutti gli operai delle industrie e dell'agricoltura. Oggi sono 30 gli stati che hanno introdotto l'assicurazione obbligatoria per l'invalidità e la vecchiaia dei salariati, o hanno stabilito un sistema di pensioni gratuite, a favore dei vecchi e degl'invalidi. In alcuni stati i due sistemi delle pensioni gratuite e dell'assicurazione coesistono (Inghilterra, Francia, Belgio), ma le pensioni gratuite perdono sempre più importanza di fronte a quelle costituite con il sistema assicurativo, sia perché di minimo importo, sia perché la loro concessione è subordinata alla condizione di bisogno, e ad altre restrizioni.
Difficoltà d'ordine tecnico-attuariale, modesti tentativi mal riusciti fecero per molto tempo giudicare impossibile l'organizzazione di un'assicurazione obbligatoria per la disoccupazione involontaria. Veramente, forme rudimentali di mutualità per la disoccupazione esistevano fino dalla prima metà del secolo scorso, in alcuni sindacati operai specialmente dell'Inghilterra; e l'esperienza, perfezionando tali istituzioni, aveva condotto lentamente alla creazione di vere e proprie casse sindacali per la disoccupazione. Queste ancora sussistono in molti stati e sono numerose specialmente in Belgio, Danimarca, Svizzera e Olanda. Nella storia di quest'assicurazione l'esperimento più notevole è quello conosciuto sotto il nome di "sistema di Gand" dalla città in cui fu per la prima volta adottato: esso si fonda sul principio dell'assicurazione facoltativa, ma sussidiata dal comune. Ebbe discreto successo. Altri paesi, specialmente la Francia nel 1905, la Norvegia nel 1906, la Danimarca nel 1907, adottarono un sistema analogo trasferendo però dal comune allo stato l'intervento a favore delle casse di disoccupazione. Il primo avviamento verso una completa soluzione del problema e il primo esempio di un'assicurazione obbligatoria a larga base nazionale fu però quello dato dall'Inghilterra con la legge di assicurazione nazionale fatta approvare nel 1911 da Lloyd George; legge che, limitata inizialmente ad alcune professioni comprendenti circa 2 milioni di operai, fu successivamente estesa a circa 12 milioni di salariati.
L'Italia fu il secondo stato che introdusse l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione con una legge del 1919, vennero poi l'Austria, il Queensland, la Polonia.
L'assicurazione a favore delle vedove e degli orfani dovrebbe completare il quadro delle previdenze sociali, ma non se ne hanno finora che pochi esempî. Un grande sviluppo hanno assunto invece in alcuni stati (Stati Uniti, Inghilterra, Germania) le piccole assicurazioni di capitali per il caso di morte, che per essere diffuse specialmente tra le classi più modeste, e tra gli operai degli stabilimenti industriali, si chiamano anche assicurazioni popolari, o industriali, e da alcuni sono incluse tra le forme di previdenza sociale; mentre, se per lo scopo cui tendono possono aspirare a questa qualifica, non la meritano certo per il modo di realizzazione, perché si tratta di assicurazioni di modesto rendimento, anche per la elevatezza delle spese generali inerenti alla loro struttura, e che certo non risolvono nemmeno parzialmente il problema economico delle famiglie rimaste senza sostegno per la morte del loro capo.
Finanziariamente meno importanti, ma molto più interessanti come provvedimenti di protezione sociale, sono le leggi di assistenza materna, numerose specialmente tra gli stati dell'Unione americana. Sono leggi di assistenza il cui scopo è di assicurare una pensione alimentare alla donna madre, rimasta priva di ogni sostegno per la morte o l'abbandono dell'uomo. L'onere di questa pensione è di solito posto a carico dei comuni.
Le previdenze a favore delle famiglie, che nelle leggi generali di assicurazione hanno finora per ragioni economiche un posto modestissimo, si presentano invece molto più sviluppate sotto forma di pensioni riversibili o di sopravvivenza nei trattamenti speciali di pensione; così, per es., nelle nostre leggi di previdenza per i maestri elementari, impiegati comunali, ferrovieri, marinai; nelle leggi generali di assicurazione dell'Austria e della Germania per gl'impiegati privati, ecc.
L'assicurazione a favore delle famiglie fu accolta dapprima nel codice germanico delle assicurazioni sociali (1911), limitando però il beneficio alle vedove invalide e ai figli minori dei 18 anni.
Evoluzione delle assicurazioni sociali. - Lo studio comparativo delle varie leggi mostra chiaramente alcune tendenze universali nell'evoluzione delle assicurazioni sociali. Si nota anzitutto la tendenza a estendere sempre più il campo d'applicazione dell'assicurazione, includendovi prima le categorie di salariati industriali, poi tutte le altre categorie, compresi gli agricoli, in seguito gl'impiegati, infine i lavoratori indipendenti. Altra tendenza è quella che porta a sostituire il sistema della previdenza libera con quello della previdenza sussidiata e quest'ultimo a sua volta con l'assicurazione obbligatoria.
Un altro notevole carattere che sempre più si afferma nella legislazione è dato dalla considerazione che si ha per la condizione familiare dell'assicurato. Ciò è rivelato specialmente nell'assicurazione per le malattie, dalle disposizioni che estendono i benefizî dell'assistenza medica e farmaceutica alle persone di famiglia dell'assicurato, e nell'assicurazione per l'invalidità e la vecchiaia e in quella per la disoccupazione dai supplementi di pensione o di sussidio in ragione del numero delle persone a carico del beneficiario. Soggetto dell'assicurazione non è più l'individuo, ma la famiglia: e l'estensione a quest'ultima delle prestazioni in natura trova limitazione soltanto nelle necessità economiche.
Infine è caratteristica la tendenza ad attribuire un'importanza sempre maggiore alle opere di prevenzione nell'assicurazione per gl'infortunî sul lavoro, in quella per l'invalidità e per le malattie, e in quella per la disoccupazione. Dai congegni meccanici per la prevenzione degl'infortunî sul lavoro, ai convalescenziarî per la prevenzione dell'invalidità, dallo sviluppo dato nell'impiego dei capitali ai cosiddetti investimenti sociali, cioè alle opere che ridondano più direttamente a vantaggio dell'igiene e del benessere sociale, come case popolari, bonifiche, acquedotti, risanamento igienico delle grandi città, è un complesso vastissimo di attività che hanno per comune intento la lotta contro le malattie sociali, la prevenzione degl'infortunî, delle malattie, delle invalidità. In tutt'altro indirizzo debbono comprendersi nel quadro della prevenzione i tentativi per la stabilizzazione dell'impiego, cioè per la eliminazione della disoccupazione involontaria; quelli per l'organizzazione di lavori produttivi, cioè di opere pubbliche destinate ad occupare mano d'opera nei periodi di crisi per l'istruzione e l'orientamento professionale, e infine i tentativi per l'organizzazione del collocamento.
La tecnica delle assicurazioni sociali. - La tecnica delle assicurazioni sociali differisce in molti punti essenziali da quella delle assicurazioni private: essa, d'altra parte, non ha avuto ancora una sistemazione dottrinale comparabile a quella ormai classica delle comuni assicurazioni. Ciò deve attribuirsi in parte al fatto che si tratta di una forma d'attività di origine relativamente recente, in parte alla complessità molto maggiore dei problemi che è necessario risolvere.
Le assicurazioni private sono essenzialmente affari che conservano il carattere individuale anche quando si tratti di assicurazioni su più teste, e ancorché trovino una base di sicurezza nel numero dei rischi similari; le assicurazioni sociali sono invece operazioni su masse, e per esse ha importanza molto secondaria la ricerca e lo studio del rischio individuale.
Il punto più caratteristico di divergenza tra le due tecniche riguarda la graduazione dei rischi che deve essere considerata in modo differente secondo che l'assicurazione è libera (privata) od obbligatoria (sociale).
La rigorosa graduazione dei rischi, come base per la graduazione delle tariffe, è un canone fondamentale di equità e di difesa finanziaria nella tecnica ordinaria. Nell'assicurazione per la vita, ad esempio, tutti gli studî degli attuarî sono rivolti a determinare gli effetti della selezione, a formare tavole di mortalità per ogni furma di contratto, a sottoporre a misura le influenze del clima, della razza, delle abitudini di vita; si accettano, entro certi limiti, anche rischi superiori al normale, ma con tariffe speciali.
Sulla graduazione dei rischi l'ordinaria tecnica assicurativa stabilisce una rigorosa equivalenza finanziaria tra premio e rischio per gruppi omogenei di assicurati. Questa equivalenza assoluta non è necessaria e raramente si riscontra nelle assicurazioni sociali, per le quali invece è sufficiente che sussista un'equivalenza finanziaria tra premî e rischi rispetto alla totalità degli assicurati. Il principio della mutualità si allarga in quello della solidarietà sociale; nessun rischio viene ricusato; si stabilisce una perequazione dei rischi tra le diverse età, tra le diverse professioni, e talvolta tra le diverse generazioni. Il primo caso si presenta specialmente nelle assicurazioni per le malattie, l'invalidità e la vecchiaia quando, come avviene in tutte le legislazioni tranne che in quella inglese, la misura del contributo è stabilita senza tener conto dell'età; il secondo caso si verifica tipicamente nell'assicurazione contro la disoccupazione, e anche in minor misura in quella per le malattie e l'invalidità, quando s'abbia un ordinamento a base territoriale, come appunto per la disoccupazione in Italia e in Inghilterra, e per l'invalidità in Italia; infine il terzo caso si presenta tipicamente in alcune legislazioni, come oggi in quella tedesca, nell'assicucurazione per l'invalidità e anche, in minor misura, in certe legislazioni, nell'assicurazione per gl'infortunî sul lavoro.
In ogni assicurazione sociale esiste un rischio unico, il rischio "sociale" che è la risultante di tutti i rischi individuali.
Esso aveva nel passato, e in parte conserva ancora in alcuni stati per alcune professioni, per alcuni rischi, carattere regionale o carattere professionale. Ma l'evoluzione che chiara si manifesta per le conclusioni dei tecnici, e per le tendenze della legislazione, è verso la nazionalizzazione del rischio.
A quest'ordine d'idee si collega una questione molto dibattuta non soltanto nel campo tecnico, ma anche in quello politico, la questione cioè dell'organizzazione a tipo professionale o territoriale. La prima permette di tener conto del rischio specifico professionale nella determinazione dei contributi, la seconda è generalmente più economica, e la solidarietà che essa stabilisce tra le varie professioni, accomunandone i rischi, è giudicata un beneficio materiale e morale, anziché un inconveniente. La tendenza prevalente è verso l'organizzazione a base territoriale anziché professionale: ma vi sono esempî di sistemi misti in cui accanto a casse territoriali esistono anche casse professionali: tale è per esempio l'ordinamento dell'assicurazione per l'invalidità e di quella per malattie in Germania. Anche negli stati in cui l'ordinamento è a base territoriale si trovano casse e regimi speciali di assicurazione per alcune categorie professionali più esposte al rischio di malattia o di invalidità (minatori, marinai, ferrovieri).
Particolarmente vivo è in alcuni stati (Inghilterra) il contrasto nei riguardi dell'assicurazione per la disoccupazione involontaria, ma esso non ha carattere tecnico bensì politico, perché la tendenza a trasferire la gestione dell'assicurazione agli organismi sindacali non muove da considerazioni d'ordine tecnico, bensì dalla speranza di rafforzare con questo mezzo gli organismi suddetti.
Altra questione che si collega al principio della graduazione dei rischi è quella dell'ordinamento finanziario, più particolarmente dei sistemi di capitalizzazione o di riparazione.
Il sistema per effetto del quale non si costituisce pensione alcuna senza che dal congegno finanziario risulti accantonato il corrispondente capitale di copertura, cioè il capitale necessario per assicurare il pagamento delle rate fino alla naturale estinzione della pensione, si chiama sistema di capitalizzazione. Il sistema opposto, il quale non si preoccupa di costituire le riserve per le pensioni che via via sono liquidate, ma che si limita a provvedere i mezzi per il pagamento delle rate in relazione all'epoca in cui vengono a maturazione, si chiama sistema di ripartizione. Questo sistema trasferisce una parte degli oneri dell'assicurazione dalla prima generazione alle generazioni successive; e perciò può trovare applicazione soltanto in un'assicurazione obbligatoria per legge.
Tra queste due estreme possono darsi, e si dànno infatti, esempî molteplici di soluzioni intermedie. La legge italiana per l'assicurazione invalidità-vecchiaia segue appunto un sistema intermedio. Una teoria matematica di questi sistemi finanziarî è stata svolta in Germania dal Bortkiewicz e in Italia dal Cantelli.
L'assicurazione sociale differisce da quella privata anche per la natura dei rischi che essa può coprire; vi sono rischi che, sia per la difficoltà dei controlli, sia per il modo come si comportano statisticamente, possono essere assunti, solo con molte limitazioni, in un regime di assicurazione volontaria; tali sono, ad esempio, il rischio della disoccupazione e quello dell'invalidità, mentre sono assunti in pieno dall'assicurazione sociale.
La disoccupazione presenta enormi variazioni da un anno all'altro (v. disoccupazione) quali non si riscontrano in alcun altro fenomeno dell'ordinaria tecnica assicurativa; la difficoltà di accertare il carattere involontario della disoccupazione, di controllarne la permanenza, di graduarne il rischio, rendono praticamente impossibile un'organizzazione efficiente dell'assicurazione se non sulla base di un ordinamento nazionale con carattere obbligatorio.
Difficoltà di altro genere rendono difficile un'organizzazione dell'assicurazione libera di pensioni per l'invalidità.
Questo rischio è considerato nelle ordinarie polizze di assicurazione come rischio accessorio, cui si riferiscono, quindi, clausole e prestazioni di secondaria importanza; una vera e propria costituzione di pensioni d'invalidità come oggetto unico di assicurazione non può concepirsi se non in regime obbligatorio.
Contributo dello stato, degl'imprenditori e degli assicurati. - Per l'assicurazione infortunî il concetto prevalente e che ispira quasi tutte le leggi è che l'intero onere debba essere sostenuto dagl'imprenditori. L'infortunio, fatta astrazione da ogni idea di colpa nel datore di lavoro, è una conseguenza dell'attività ch'egli crea; è un rischio inerente all'esercizio professionale, che deve perciò trovare la propria copertura nel bilancio dell'impresa industriale.
Naturalmente lo stesso concetto si applica alle malattie professionali, laddove queste sono parificate agl'infortunî sul lavoro.
Diverso è il criterio che regola le altre assicurazioni: si ammette generalmente la necessità di un contributo da parte dell'assicurato oltre che da parte del datore di lavoro; solo la legge romena per le malattie pone l'intero contributo a carico dell'assicurato; nelle altre leggi gli assicurati versano solo una parte del contributo globale.
La partecipazione finanziaria dello stato varia entro limiti assai più estesi; essa può non sussistere o può assumere la forma di premî per l'assicurazione volontaria, o quella d'integrazioni per l'assicurazione obbligatoria, o infine quella di prestazioni completamente gratuite.
Le forme più caratteristiche d'intervento finanziario dello stato nelle assicurazioni obbligatorie sono quelle rappresentate da quote integrative di pensioni come nell'assicurazione invalidità e superstiti della Germania e nella nostra assicurazione per l'invalidità-vecchiaia, e quella di quote integrative di contributi dell'assicurazione per le malattie in Inghilterra. Talvolta, oltre il contributo dello stato, vi è quello dei comuni (legge norvegese per le malattie).
Unificazione e coordinamento. - Uno dei problemi fondamentali è quello dell'unificazione e del coordinamento dei varî rami di assicurazione. Sebbene l'argomento sia stato molto dibattuto fra i teorici e i pratici, pochi sono i progressi raggiunti in questo indirizzo e solo le legislazioni iugoslava (1922), russa (1922), cecoslovacca (1924) e francese (1927) presentano esempî di assicurazioni unificate. Un posto a parte compete all'Italia che sola ha risolto il problema dell'unificazione delle assicurazioni invalidita-vecchiaia, disoccupazione e tubercolosi. Il principale argomento a sostegno dell'unificazione è quello dell'economia di gestione; oltre a ciò si osserva che la protezione assicurativa e la difesa sanitaria potrebbero essere più organiche e complete in un sistema unitario. Per contro gli oppositori dell'unificazione obiettano che la diversità degli organismi assicurativi e degli ordinamenti tecnico-amministrativi è una conseguenza inevitabile della diversità dei rischi, ma anche essi generalmente riconoscono l'opportunità, se non di una fusione, almeno di un coordinamento tra le varie assicurazioni. È ancne ammesso dai più che tanto il coordinamento quanto l'unificazione presentano minori difficoltà nelle assicurazioni per le malattie, invalidità e vecchiaia e a favore dei superstiti, mentre l'assicurazione per gl'infortunî sul lavoro, in quanto s'impernia sul principio del rischio professionale, più difficilmente si presta ad essere unificata con gli altri rami.
Statistica. - Non esiste una completa statistica comparativa internazionale di tutte le varie assicurazioni sociali. La stessa determinazione del numero degli assicurati è problema che comporta di regola soltanto una soluzione approssimativa. Così, p. es., dove la riscossione dei contributi si effettua con il sistema delle marche, come in Germania per l'invalidità e in Italia per la tubercolosi, la disoccupazione e l'invalidità-vecchiaia, il numero degli assicurati si rileva unicamente dal numero delle tessere ritirate o dall'importo delle marche vendute e quindi con largo margine di approssimazione.
Le differenze tra le legislazioni rendono d'altra parte mal comparabili le statistiche dei diversi stati. Negli ultimi tempi si è cercato soprattutto di stabilire confronti tra gli oneri che i diversi stati sopportano per le assicurazioni sociali; ma la ricerca ha messo soltanto in evidenza la grande difficoltà del problema; del resto un confronto che non abbia riguardo anche all'altezza dei salarî e alle spese della pubblica beneficenza e assistenza non avrebbe significato.
Un confronto che ha per oggetto l'estensione dell'assicurazione per le malattie, negli stati che hanno accolto il principio della obbligatorietà, è stato istituito a cura dell'Ufficio internazionale del lavoro (L'assurance maladie obligatoire, Ginevra 1927).
Ma questo confronto non è sufficiente per formarsi un'idea dell'importanza comparativa dell'assicurazione. Occorre tener presente anche la misura delle prestazioni.
Ecco, p. es., quale è la durata massima del sussidio di malattia: 26 settimane in Germania, Inghilterra, Norvegia, Iugoslavia, Lituania; 180 giorni in Giappone; 9 mesi in Bulgaria; 52 settimane in Austria; un anno in Ungheria, Cecoslovacchia; illimitata in Russia.
Per l'Italia vedi, più oltre, le notizie statistiche concernenti la Cassa nazionale per le assicurazioni sociali e la Cassa nazionale di assicurazione per gl'infortunî sul lavoro.
Per la Germania i dati statistici relativi alle varie assicurazioni sono pubblicati, con molta ricchezza di notizie, ogni anno nell'ultimo numero del bollettino ufficiale, Amtliche Nachrichten für Reichsversicherung. Le assicurazioni sociali ivi considerate sono quelle per malattie (Krankenversicherung), infortunî sul lavoro (Unfallversicherung), invalidità (Invalidenversicherung), impiegati (Angestelltenversicherung). Un posto a parte compete alle complesse previdenze in favore del personale delle miniere (Knappschaftliche Pensionsversicherung).
Dal fascicolo delle Amtl. Nachr. del dicembre 1928 si rilevano i seguenti dati che rispecchiano la situazione al 1° gennaio 1928:
Ecco i dati finanziarî in milioni di marchi oro, relativi al 1927:
Le leggi di assicurazione sociale in Inghilterra riguardano: gli infortunî sul lavoro (Workmen's compensation Act, 1897); le pensioni di vecchiaia gratuite (Old age pensions Act, 1908); le malattie (National Health Insurance Act, 1911); la disoccupazione (Unemployment Insurance Act, 1911); le vedove, gli orfani e i vecchi (Widows orphans and old age Contributory pensions Act, 1925).
Le statistiche relative all'assicurazione per le malattie e per le vedove e orfani sono pubblicate annualmente nel Repert of the Ministry of Health; quelle relative alle pensioni di vecchiaia gratuite nell'Annual Report of the Board of Customs and Excise; quelle per la disoccupazione nel periodico The Ministry of Labour Gazette, organo del Ministero del lavoro.
Ecco i dati relativi all'assicurazione per le malattie nella sola Inghilterra nel 1927: assicurati n. 13.692.000, contributi annui sterline 22.354.000, concorso dello stato 6.414.000, prestazioni a favore degli assicurati 30.069.000 (sussidî in denaro 11.078.000, cure mediche 8.223.000, sussidî per invalidità 5.944.000, sussidî alla maternità 1.429.000), spese d'amministrazione. 4.326.000.
La legge per le pensioni alle vedove e agli orfani, entrata in vigore nel gennaio 1926, non ha raggiunto ancora una piena applicazione; ai primi del 1928 erano state liquidate circa 168 mila pensioni a vedove e 203 mila a orfani per un importo annuo di oltre 6 milioni di sterline. Si calcola che il numero degli assicurati debba essere di circa 15 milioni.
La legge per le pensioni gratuite (modificata nel 1911, 1919, 1924) provvedeva a circa 953 mila persone nel 1927 (un terzo uomini, due terzi donne).
L'assicurazione per la disoccupazione ha un'estensione alquanto minore di quella per le malattie, poiché non vi sono compresi i lavoratori agricoli e i domestici.
La Cassa nazionale per le assicurazioni sociali.
La Cassa nazionale per le assicurazioni sociali è un ente morale autonomo, sotto la vigilanza dello stato. Alla Cassa sono affidate, come unico organo nazionale, le gestioni delle seguenti assicurazioni generali obbligatorie: assicurazione per l'invalidità e la vecchiaia; assicurazione per la disoccupazione involontaria; assicurazione per la tubercolosi.
La Cassa inoltre amministra la Cassa nazionale per la maternità, la Cassa invalidi della marina mercantile, il fondo di previdenza per il personale addetto ai pubblici servizî di trasporto, e alcune altre minori assicurazioni obbligatorie per particolari categorie di agenti e impiegati.
La Cassa è retta da un consiglio di amministrazione, i cui componenti sono nominati per decreto reale. Tra i 25 consiglieri, 16 sono rappresentanti di organizzazioni sindacali, quattro sono membri di diritto o rappresentanti dei ministeri. Oltre al consiglio di amministrazione che presiede a tutta l'attività della Cassa in tutte le sue gestioni, vi sono altrettanti comitati quante sono le gestioni speciali. Il presidente, il direttore generale, e l'organizzazione amministrativa centrale e periferica sono comuni a tutte le gestioni; anche la riscossione dei contributi è cumulativa per le tre assicurazioni principali. Per tale modo la Cassa nazionale offre un esempio quasi unico di coordinamento tra le varie assicurazioni sociali i cui benefizî si riflettono nell'esiguità delle spese di amministrazione.
Le origini. La Cassa nazionale di previdenza per l'invalidità e la vecchiaia degli operai. - La Cassa nazionale per le assicurazioni sociali ripete le sue origini dalla legge 17 luglio 1898, che istituì in Italia un organismo autonomo per la previdenza volontaria degli operai, sotto il nome di Cassa nazionale di previdenza per la invalidità e la vecchiaia degli operai.
La legge del 1898 aveva avuto una lunga preparazione; essa s'ispirava nelle linee essenziali a un antico provvedimento del conte di Cavour (legge 15 luglio 1859) rimasto, per la vicende politiche e finanziarie dell'epoca, senza attuazione. Dopo di allora erano stati presentati al parlamento varî progetti per l'istituzione di una cassa pensioni: notevoli fra gli altri quelli dei ministri Berti (1881 e 1883), Grimaldi (1885), Vacchelli (1887), Lacava (1893), tutti fondati sul principio della volontarietà dell'assicurazione.
Anche la legge 17 luglio 1898 accolse questo principio: le iscrizioni e i versamenti alla Cassa nazionale di previdenza erano liberi nel tempo e nella misura; l'iscrizione alla Cassa era consentita soltanto ai lavoratori manuali; di regola vi erano ammessi solo i lavoratori dipendenti, ma anche certe categorie di lavoratori indipendenti di modeste condizioni economiche potevano iscriversi. Lo stato incoraggiava e stimolava i versamenti concedendo un'integrazione per i versamenti volontarî dell'operaio, purché non inferiori a 6 lire all'anno; la misura di quest'integrazione (chiamata "quota di concorso"), che doveva essere uguale per tutti gli aventi diritto, non era fissata dalla legge, ma doveva essere determinata anno per anno dal consiglio d'amministrazione dell'istituto, sulle risultanze del bilancio; di fatto essa fu conservata ogni anno nella misura di dieci lire per chi aveva versato nell'anno almeno sei lire.
Il diritto alla pensione era riconosciuto agli operai inabili al lavoro in modo assoluto e permanente, purché avessero almeno cinque anni di iscrizione; per la pensione di vecchiaia erano richiesti invece 25 anni di iscrizione e l'età di almeno 60 anni per gli uomini, e 55 per le donne. Disposizioni speciali transitorie consentivano però agli operai iscritti in età di oltre 35 anni (30 anni per le donne) di abbreviare il periodo di iscrizione.
La Cassa era un ente morale autonomo sotto la vigilanza dello stato; era retta da un consiglio di amministrazione nominato per regio decreto; tra i 23 membri del consiglio vi erano sei rappresentanti degli operai iscritti e due rappresentanti delle società operaie di mutuo soccorso e delle cooperative che avevano iscritto i loro soci alla Cassa.
La Cassa fruiva di varie agevolazioni fiscali. Affinché essa potesse procedere annualmente all'assegnazione delle quote di concorso le era assegnata dallo stato una parte degli utili netti della gestione delle Casse di risparmio postali, e altri cespiti minori.
Il numero delle iscrizioni si mantenne in media tra 30 mila e 40 mila all'anno:
Ancora più modesti naturalmente sono i dati circa il numero e l'entità delle pensioni:
I due prospetti che seguono dànno un'idea dell'incremento delle riserve e dei principali investimenti:
Nonostante i più lodevoli sforzi e sebbene la situazione finanziaria della Cassa fosse delle più floride e sicure, il tentativo di risolvere il problema delle pensioni operaie con il sistema della "libertà sussidiata", cioè lasciando liberi i datori e i prestatori d'opera di fare le iscrizioni e i versamenti e limitando l'intervento dello stato all'incoraggiamento mediante quote di integrazione, doveva riconoscersi fallito. Le iscrizioni veramente libere non erano nemmeno tutte quelle risultanti dalla statistica, perché già lo stato aveva incominciato a rendere obbligatorie le iscrizioni per alcune categorie di operai: servizî municipalizzati (1903), ferrovie concesse all'industria privata (1906), cantieri navali (1910); e per alcuni gruppi di proprî dipendenti: operai dei tabacchi (1904), delle saline (1905), dei telefoni (1909), ecc.
A questo si aggiunga che sebbene la legge non stabilisse alcuna decadenza, di fatto queste si verificavano in grandissimo numero per l'abbandono dei versamenti da parte dei "pentiti della previdenza" (Luzzatti). Infine si doveva lamentare l'esiguità del contributo (in media 10 lire all'anno per iscritto). Che questi inconvenienti dipendessero dal sistema della libertà sussidiata cui s'ispirava la legge del 1898, e non a difetti di applicazione, era dimostrato da analoghe esperienze straniere.
L'assicurazione obbligatoria per l'invalidità e la vecchiaia. - L'assicurazione generale obbligatoria fu introdotta con il decreto luogotenenziale del 21 aprile 1919, che il governo fascista modificò con la legge 30 dicembre 1923, n. 3184. Già prima del 1919, però, un ampio esperimento di assicurazione obbligatoria era stato fatto con i decreti luogotenenziali del 1917, in virtù dei quali dovettero essere iscritti alla Cassa nazionale di previdenza tutti coloro che in età compresa tra i 15 e i 70 anni erano occupati negli stabilimenti dichiarati ausiliarî agli scopi della guerra. E in quelle disposizioni era anche il primo germe dell'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione, perché una sesta parte del contributo era destinato a costituire, presso la Cassa depositi e prestiti, un fondo nazionale per l'erogazione di sussidî a favore degli iscritti, che, dopo la guerra, fossero rimasti disoccupati. L'importo dei versamenti effettuati per effetto di tali disposizioni fu di circa 48 milioni, per circa 600 mila operai assicurati.
La legge 21 aprile 1919 affidò alla Cassa nazionale di previdenza per l'invalidità e la vecchiaia degli operai la gestione della nuova assicurazione obbligatoria, conservandole tuttavia anche quella dell'assicurazione facoltativa integrata con il concorso dello stato. La Cassa, i cui ordinamenti dovettero essere modificati in relazione ai nuovi compiti, ebbe cambiato il proprio nome in quello di Cassa nazionale per le assicurazioni sociali.
La Cassa, come si è detto, è retta da un consiglio di amministrazione nominato con decreto reale e in cui sono i rappresentanti delle organizzazioni sindacali. Il contributo di assicurazione è stabilito in relazione alla classe di salario (sei classi) da un minimo di 1 lira a un massimo di 6 lire quindicinali, ed è per metà a carico dell'assicurato e per metà a carico del datore di lavoro. Esso è di regola versato a mezzo di speciali francobolli (marche), che debbono essere applicati su tessere intestate a ciascun assicurato. La responsabilità dell'adempimento degli obblighi assicurativi è posta dalla legge a carico del datore di lavoro, che versa la parte di contributo di cui è gravato il suo dipendente facendogliene ritenuta sul salario.
L'assicurazione è obbligatoria per tutti coloro che, in età tra i 15 e i 65 anni compiuti, lavorano alla dipendenza altrui nell'industria, nei commerci, nei pubblici servizî, nelle professioni libere, e nei servizî privati e domestici. È obbligatoria anche per i salariati fissi e per i giornalieri dell'agricoltura, per i lavoratori a domicilio, e per gl'impiegati con stipendio non superiore a 800 lire mensili.
La pensione è liquidata di regola a 65 anni o anche a 60 anni, ma in questo caso subisce riduzione. La pensione inoltre è liquidata senza alcuna riduzione a qualunque età, quando sia accertata l'invalidità al lavoro. Come tale si considera la condizione fisica che impedisce all'assicurato di guadagnare, in un qualsiasi mestiere od occupazione, un terzo o più di quanto normalmente guadagnava con la professione primitiva.
Per la pensione di vecchiaia sono richiesti almeno 240 contributi quindicinali, e per quella d'invalidità almeno 120; la misura della pensione è in relazione al numero e all'importo dei contributi versati e lo stato la integra con un'assegnazione annua di cento lire.
La legge 13 dicembre 1928 ha aumentato la misura delle pensioni di circa il 40% in media, portandole alle seguenti cifre:
Il sistema finanziario si fonda sull'equivalenza tra il valore attuale di tutti i contributi futuri e il valore attuale di tutte le future prestazioni, entrambi riferiti all'entrata in vigore della legge, e calcolati in base alle ipotesi demografiche sull'invalidità e la sopravvivenza; perciò il sistema va classificato tra quelli di ripartizione parziale (sistema dei premî medî). La legge italiana considera tra gli scopi dell'assicurazione anche la prevenzione e la cura delle invalidità, sebbene non vi destini uno speciale contributo, ma soltanto le eccedenze attive della gestione assicurativa.
Il numero delle persone assicurate non può essere determinato con precisione, ma solo in via approssimativa in base alle tessere ritirate e all'importo delle marche di contribuzione. Si valuta a circa 5 milioni.
L'incremento dell'assicurazione risulta dal seguente prospetto:
Le riserve di assicurazione sono impiegate preferibilmente a favore delle bonifiche, delle case popolari, e in generale delle opere di pubblica utilità interessanti l'igiene e l'istruzione professionale:
Tra i provvedimenti attuati dalla Cassa per la prevenzione e cura delle invalidità è da segnalare l'istituzione di convalescenziarî (tre in esercizio alla fine del 1928, due in allestimento), di ambulatorî antitracomatosi (25 alla fine del 1928 con un numero medio mensile di circa 7000 assistiti), di stazioni termali (5 nel 1928 con 3000 assistiti).
L'assicurazione contro la disoccupazione involontaria. - Le prime previdenze per la disoccupazione sorsero in Italia per iniziativa di organismi sindacali (Federazione del libro, Federazione lavoranti cappellai) o di società di mutuo soccorso, ma con scarsi risultati.
Come si è già ricordato, il primo importante intervento dello stato si ebbe con i decreti luogotenenziali del 1917, che introdussero l'assicurazione obbligatoria per l'invalidità e la vecchiaia degli operai degli stabilimenti ausiliarî. Tali decreti stabilivano che la sesta parte dei contributi fosse destinata a costituire un fondo per sussidî ai disoccupati. Il fondo risultò inadeguato in confronto alla grave crisi di disoccupazione che, come negli altri stati, così anche in Italia, seguì alla smobilitazione dell'esercito e dell'industria. Nuovi provvedimenti si resero perciò necessarî e questi furono il decreto - legge 28 novembre 1919, che istituì una commissione per l'organizzazione di lavori pubblici e quello 19 ottobre 1919, n. 2214, che riordinò i servizî del collocamento e istituì l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione.
L'assicurazione fu estesa a tutte le categorie di lavoratori per i quali vigeva già l'assicurazione per l'invalidità e la vecchiaia, eccettuati soltanto i lavoratori a domicilio e gli addetti ai servizî domestici. Poiché sorsero però fin dal principio gravissime difficoltà per l'assicurazione dei lavoratori agricoli, questi di fatto non poterono essere incorporati che in minima parte, fino a che nel 1922 fu stabilita la sospensione e nel 1923 l'esonero da ogni obbligo assicurativo.
L'assicurazione ebbe prevalentemente carattere territoriale; in ogni provincia fu istituita una Cassa mista obbligatoria cui era devoluto il 90% dei contributi versati dagli assicurati della provincia, mentre il 10% andava a vantaggio d'un Fondo nazionale per la disoccupazione, che funzionava come organo di riassicurazione tra le varie casse provinciali. Il Fondo nazionale era amministrato da una giunta centrale; le casse provinciali da giunte provinciali. Potevano però essere autorizzate a esercitare l'assicurazione anche le casse professionali, e di fatto fu concesso il riconoscimento a 23 di tali casse, funzionanti come enti autonomi, ma sotto l'alta vigilanza della giunta centrale.
La legge 30 dicembre 1923, n. 3158, affidò la gestione dell'assicurazione contro la disoccupazione alla Cassa nazionale per le assicurazioni sociali, soppresse le casse professionali, soppresse tutte le disposizioni riguardanti il collocamento della mano d'opera, abolì l'assicurazione per i lavoratori agricoli, precisò il concetto della disoccupazione stagionale e di sosta. L'assicurazione contro la disoccupazione non si applica agl'impiegati ai quali è garantita la stabilità dell'impiego, e a coloro che attendono a lavorazioni di breve durata (inferiore a 6 mesi); essa perciò ha un'estensione alquanto minore dell'assicurazione per l'invalidità e la vecchiaia (circa 4 milioni di assicurati).
Il contributo è fissato in relazione al salario (tre classi di salario) ed è riscosso per mezzo di marche insieme a quello per l'invalidità e la vecchiaia. La misura del sussidio di disoccupazione è fissata secondo la classe di salario (lire 1,25; 2,50; 3,75 al giorno, rispettivamente per la 1ª, 2ª, 3ª classe); esso decorre dall'ottavo giorno successivo a quello della cessazione del lavoro e può essere corrisposto al massimo per 120 giornate di disoccupazione in un anno. Condizione per il diritto al sussidio è il licenziamento per mancanza di lavoro; se invece esso è dovuto a colpa o a volontà dell'assicurato, non si ha sussidio pei primi 38 giorni.
Le sospensioni di lavoro ricorrenti in epoche fisse dell'anno (disoccupazione stagionale) o in epoche mobili ma costanti nella durata (disoccupazione di sosta), e alle quali sono soggette alcune particolari industrie e lavorazioni, non dànno diritto al sussidio di disoccupazione. Per la disoccupazione parziale derivante dall'introduzione di turni di lavoro vigono speciali disposizioni.
I bilanci e le statistiche della disoccupazione seguono fino al 1923 l'esercizio finanziario dello stato, dal 1924 in poi l'anno solare, come i rendiconti della Cassa nazionale per le assicurazioni sociali.
Dopo la grande crisi del 1921-1922, e un periodo di eccezionale abbassamento nel 1924-1926, la disoccupazione presenta nel 1927 una ripresa, che però non ha la gravità della crisi precedente, e si attenua verso la metà del 1928.
I caratteri della fluttuazione stagionale della disoccupazione in Italia emergono dalla statistica dei sussidiati negli anni normali, quale fu per esempio il 1925:
L'assicurazione contro la tubercolosi. - L'assicurazione contro la tubercolosi è stata introdotta in Italia con il decreto-legge 27 ottobre 1927, n. 2055, convertito nella legge 20 maggio 1928, n. 1132. La legge che è entrata in vigore il 1° luglio 1928, per quanto riguarda le contribuzioni, e con il 1° gennaio 1929, per quanto riguarda le prestazioni, costituisce uno dei più importanti provvedimenti della politica fascista in tema di previdenza sociale. L'assicurazione si applica a tutti coloro che sono soggetti all'assicurazione obbligatoria per l'invalidità e la vecchiaia, ma alle sue prestazioni hanno diritto anche le persone di famiglia degli assicurati, intendendosi per tali la moglie, il marito invalido, i figli legittimi o naturali, e i fratelli e sorelle conviventi e a carico, gli uni e gli altri purché in età non superiore a 15 anni. Ciò porta il numero dei beneficiarî a circa 20 milioni. Scopo dell'assicurazione è di provvedere, secondo i casi e le riconosciute necessità della cura, al ricovero degli assicurati o delle persone di loro famiglia in sanatorî, in ospedali-sanatoriali o in colonie post-sanatoriali. Se la persona ricoverata è l'assicurato, è corrisposta alla famiglia un'indennità giornaliera per tutto il periodo della cura.
Il contributo di assicurazione è di una o due lire quindicinali, a seconda che il guadagno giornaliero dell'assicurato è inferiore o superiore a 8 lire; metà del contributo è a carico del datore di lavoro, che è responsabile però verso gli organi dell'assicurazione dell'intera quota. Il contributo è riscosso a mezzo di marche cumulativamente con quello per l'assicurazione obbligatoria invalidità-vecchiaia, e per l'assicurazione disoccupazione.
Organo dell'assicurazione è la Cassa nazionale per le assicurazioni sociali, che vi provvede con una gestione distinta a cui presiede uno speciale comitato. La Cassa deve coordinare la propria azione negli organi periferici con i consorzî provinciali antitubercolari, e al centro con la Direzione generale di sanità.
Poiché il numero dei posti-letto in ospedali sanatoriali e in sanatorî in Italia è attualmente molto inferiore alle necessità di una cura, la Cassa nazionale per le assicurazioni sociali dovrà, entro un decennio, provvedere a colmare questa deficienza. Si calcola che occorreranno in complesso 20 mila posti-letto, per i quali è preventivata una spesa di 500 milioni. Finché non vi sia la possihilità di ricoverare tutti gli ammalati, si dovrà sostituire, per coloro cui non possa essere data l'assistenza ospitaliera, la cura domiciliare. Per questa è lasciata all'assicurato la libera scelta del medico, purché esso sia compreso tra quelli a ciò abilitati, in seguito a un esame dei titoli di competenza specifica.
La Cassa nazionale di maternità. - Alla Cassa nazionale per le assicurazioni sociali è affidata la gestione della Cassa nazionale di maternità la quale costituisce un ente morale autonomo con bilancio e amministrazione separata.
L'assicurazione obbligatoria per la maternità istituita con la legge del 17 luglio 1910, successivamente modificata e oggi retta dal testo unico 24 settembre 1923, n. 2157, trae origine dalla prescrizione del riposo che la legge sul lavoro delle donne e dei fanciulli impone in caso di parto o di aborto alle operaie occupate negli stabilimenti industriali e nei laboratorî. Il riposo voluto dalla legge è di trenta giorni, e solo eccezionalmente di tre settimane, dalla data del parto. Per risarcire in parte l'operaia del guadagno forzatamente perduto, l'assicurazione maternità le assegna una indennità di cento lire (di cui lire 18 sono a carico dello stato) che è corrisposta solo se l'operaia si astiene dal lavoro. L'assicurazione si applica a tutte le operaie di età compresa tra 15 e 50 anni e occupate in laboratorî o stabilimenti industriali; il contributo è di sette lire annue, di cui tre a carico dell'operaia e quattro a carico del datore di lavoro. Nuove norme sono state recentemente deliberate per la tutela delle operaie e impiegate durante lo stato di gravidanza e di puerperio. Per esse si dispone:
a) che nelle aziende industriali e commerciali di qualunque natura le donne non possono normalmente essere adibite al lavoro nell'ultimo mese di gravidanza e nel primo mese dopo il parto;
b) che il datore di lavoro è obbligato a conservare il posto alle operaie che si assentano dal lavoro per tale motivo;
c) che alle madri operaie che allattano il bambino debbono essere concessi congrui periodi di riposo durante la giornata di lavoro.
L'assicurazione per la maternità è estesa alle impiegate delle aziende industriali e commerciali che non abbiano uno stipendio mensile superiore a 800 lire; il sussidio di parto è elevato a 150 lire; inoltre è concesso alle assicurate il sussidio di disoccupazione durante tutto il periodo di astensione dal lavoro, sicché esse complessivamente vengono a percepire 400 lire invece delle 100 lire della legge precedente.
Ecco il numero delle assicurate e delle sussidiate:
Oltre il sussidio in denaro l'operaia riceve nei maggiori centri industriali l'assistenza sanitaria gratuita in speciali consultorî. Ne erano in funzione 17 al 1° gennaio 1928 con una frequenza di circa 8 mila operaie.
La Cassa per gl'invalidi della marina mercantile. - Le origini della Cassa per gl'invalidi della marina mercantile possono farsi risalire ai tempi delle repubbliche marinare: per prima la repubblica veneta al fine di eternare la resistenza opposta a Scutari contro i Turchi creò nel 1474 in S. Pietro di Castello un ospedale intitolato a "Messer Gesù Cristo", destinato ad accogliere i marinai infermi; nel 1513 fu istituita una scuola detta di S. Nicolò, che poi si fuse con l'ospedale di Messer Gesù Cristo, e alla quale i marinai dovevano versare un contributo annuo, avendo così diritto all'assistenza ospedaliera, e a sussidî, in caso di bisogno; la scuola prese nel 1811 il nome di Pio fondo degl'invalidi della veneta marina mercantile. A Genova era stato istituito nel 1595 il Magistrato riscatto schiavi, che aveva lo scopo di riscattare gli schiavi genovesi e di sussidiare i naviganti bisognosi con denari provenienti dai contributi degl'iscritti e da oblazioni. Analogo ente era stato fondato a Livorno nel 1600. Le prime istituzioni però, che hanno veramente carattere di organismi assicurativi, sono le casse invalidi sorte sull'esempio della Caisse des invalides de la marine, creata in Francia da Colbert. Queste furono regolate dalla legge 18 luglio 1861, che ne stabilì la circoscrizione e la sede nelle città di Genova, Livorno, Ancona, Napoli e Palermo, e diede a esse alcune norme comuni di amministrazione.
Le cinque casse invalidi per gli oneri ereditati dalle antiche istituzioni di assistenza e per i nuovi creati dai proprî statuti in misura sproporzionata ai contributi degl'iscritti ebbero vita stentata e si trovarono in permanente stato di disavanzo cui suppliva con sussidî annui lo stato.
Un principio di rinnovamento si ebbe con la legge 22 giugno 1913, che dispose la fusione delle cinque casse invalidi e del Pio fondo veneto in una unica cassa, della quale fu affidata l'amministrazione alla Cassa nazionale per le assicurazioni sociali. Furono anche aumentate le misure dei contributi e quelle delle pensioni. Più sostanziali modificazioni e aumenti furono portati dal decreto legge 26 ottobre 1919.
Sono iscritti obbligatoriamente alla Cassa i marittimi immatricolati nella prima categoria, cioè coloro che possono entrare a far parte dell'equipaggio delle navi autorizzate alla navigazione di cabotaggio o di lungo corso. Sono appunto i periodi di navigazione compiuti su tali navi, cioè su navi munite dell'atto di nazionalità e del ruolo di equipaggio, quelli che contano agli effetti della Cassa invalidi.
Il contributo è ragguagliato al 15% delle paghe, non però delle paghe effettive, ma di quelle convenzionalmente stabilite in una tabella annessa alla legge. Esso è versato soltanto per i giorni di navigazione; a tale effetto ogni ruolo di equipaggio viene decontato al momento in cui ne cessa la validità (di regola ogni 3 anni).
Il diritto alla pensione è riconosciuto in caso di invalidità alla navigazione o a 60 anni; in caso di morte del marinaio spetta la pensione alla vedova e ai figli minorenni.
La Cassa nazionale di assicurazione per gli infortunî sul lavoro.
L'elaborazione del nuovo diritto di risarcimento degl'infortunî degli operai sul lavoro, iniziata al parlamento italiano nel 1879 col progetto Pericoli era ancora nel pieno corso del suo travaglio, e nella fase della resistenza esercitata dalla tradizione del diritto privato, quando il 18 febbraio 1883, sotto gli auspici e per iniziativa di Luigi Luzzatti, fu firmata una convenzione fra il ministro di Agricoltura, industria e commercio, Domenico Berti, e le casse di risparmio di Milano, Torino, Bologna, Genova, Roma, Venezia, Cagliari, il Monte dei Paschi di Siena, il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia per la fondazione della Cassa nazionale infortunî; convenzione approvata con la legge 8 luglio 1883, n. 1473. Gl'istituti fondatori, escluso ogni fine di lucro, assunsero a loro carico tutte le spese di amministrazione e contribuirono in varia misura, prevalentemente la Cassa di risparmio di Milano, alla costituzione del fondo di garanzia della Cassa nazionale infortunî. La quale ebbe per scopo, quando ancora non era stata promulgata la legge sull'assicurazione obbligatoria, di provvedere "al risarcimento dei danni causati da infortunî sul lavoro che colpiscono gli operai occupati alla dipendenza e per conto di imprese o industrie esercitate nel Regno". Alla Cassa, dichiarata con la legge 1883 ente morale non soggetto alle norme che governano le società commerciali, furono concesse agevolazioni fiscali con l'esenzione dalle tasse di bollo e di registro per gli atti della sua vita e del suo esercizio, e agevolazioni di rapporti con gli uffici postali e con le autorità comunali, secondo la disciplina che ne dette il regolamento approvato con r. decr. n. 2684, serie 3ª, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 9 ottobre 1884, n. 250.
I regi decreti 24 luglio 1887, n. 4808, e 22 novembre 1888, n. 5827, modificarono la convenzione costitutiva dettando norme per il pagamento delle quote che gl'istituti fondatori s'erano impegnati di conferire per il fondo di garanzia e liberandoli dall'onere delle spese di amministrazione.
La Cassa iniziò le operazioni l'8 luglio 1884 avendo la propria sede centrale a Milano, ma i suoi primi esperimenti, soprattutto per la scarsa efficienza del sistema dell'assicurazione libera, dettero modesti risultati giungendo, sia pure con una progressione costante annuale dal 1884 in poi, nel 1898 a 295,822 operai assicurati con L. 767.789,37 di premî e L. 665.911,78 d'indennità.
Con lo svilupparsi dell'industria e con l'affermazione delle nuove teorie sul rischio professionale, e dopo lunghi e infruttuosi conati legislativi, si ebbe la legge 17 marzo 1898, n. 80, che impose a certe determinate categorie d'imprese e d'industrie l'obbligo dell'assicurazione degli operai contro gl'infortunî, con la libera scelta dell'istituto assicuratore salvo che per i lavori condotti direttamente dallo stato, dalle provincie e dai comuni o da essi dati in concessione o appalto.
Mentre si prescrisse che per questi ultimi fosse obbligatoria l'assicurazione presso la Cassa nazionale, eccetto quando le imprese esercenti detti lavori avessero costituite casse private di assicurazione o si fossero consociate ai sindacati mutui, s'impose, per converso, alla Cassa nazionale l'obbligo di accettare qualsiasi proposta di assicurazione e quindi anche per rischi gravi, di sicura perdita e perciò scartati dalle compagnie private e dagli altri enti assicurativi, con la qual cosa veniva in luce il carattere peculiare della Cassa nazionale, di organo cioè statale dell'assicurazione infortunî (legge 29 giugno 1903).
Attuata la riforma della legge 1898 con la legge 29 giugno 1903, n. 243, poi testo unico 31 gennaio 1904, n. 51, che estese l'obbligo dell'assicurazione a più vasto campo d'industrie e d'imprese, lo sviluppo delle operazioni della Cassa nazionale, pur nella concorrenza degli altri enti assicurativi, si accentuò notevolmente.
Già da 116.264 operai assicurati nel 1899, con L. 1.376,005,23 di premî riscossi e L. 1.074.044,26 d'indennità pagate, la Cassa nazionale era salita nel 1903 a 438.539 operai assicurati, con lire 4.263.035,62 di premî e 4.715.900,88 d'indennità, per toccare poi nel 1912, 29° anno di esercizio, la cifra di 847.446 operai assicurati, L. 11.419.183,21 di premî e 8.866.457,6a d'indennità.
Gli studî per un migliore ordinamento della Cassa nazionale, compiuti dal governo e da una speciale commissione nominata dal consiglio superiore dell'istituto il 22 dicembre 1908, condussero a una nuova convenzione stipulata il 16 giugno 1911 fra il Ministero di agricoltura, industria e commercio e gl'istituti fondatori, approvata con legge 28 marzo 1912, n. 304. La nuova convenzione statuiva che la sede centrale dell'istituto fosse trasferita da Milano a Roma, e modificava la composizione del consiglio superiore dell'istituto (prima costituito dai membri del comitato esecutivo della Cassa di risparmio di Milano e da un rappresentante per ciascuno degl'istituti fondatori), chiamando a farne parte anche rappresentanti degl'imprenditori e rappresentanti degli operai, insieme con rappresentanti del Ministero di agricoltura, industria e commercio. In relazione alla nuova convenzione fu pure approvato con r. decr. 5 giugno 1913, n. 698, un nuovo regolamento generale della Cassa, il quale dichiarò esplicitamente che la Cassa nazionale era sottoposta alla vigilanza del Ministero di agricoltura, industria e commercio, e determinò con maggiore precisione le operazioni dell'istituto, accresciute di numero e notevolmente estese, e comprendenti, in breve:
a) le assicurazioni collettive ai termini della legge testo unico 31 gennaio 1904, n. 51, sia con polizze di assicurazione diretta, sia con contratti di riassicurazione di sindacati e delle casse private e consorziali;
b) le assicurazioni collettive di operai delle industrie e di lavoratori della terra, occupati alle dipendenze d'imprese o persone non soggette all'obbligo dell'assicurazione, purché detti operai siano nei limiti di età fissati dalle leggi sul lavoro delle donne e dei fanciulli;
c) le assicurazioni individuali di persone che attendono a lavoro manuale o prestano servizio a opera o a giornata e sempre con i limiti di età stabiliti dalle leggi sul lavoro delle donne e dei fanciulli.
Entrata in vigore col 1° maggio 1919 l'assicurazione obbligatoria contro gl'infortuni dei lavoratori agricoli a norma del decr.-legge 23 agosto 1917, n. 1450, furono apportate modificazioni al regolamento generale della Cassa nazionale approvate con r. decr. 15 settembre 1922 n. 1333, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 26 ottobre 1922, n. 252, e in conseguenza vennero a far parte del consiglio superiore dell'istituto due rappresentanti rispettivamente degli agricoltori e dei contadini.
Lo sviluppo delle operazioni della Cassa nazionale procede ora a grandi passi seguendo l'impulso determinante dello sviluppo dell'industria e del perfezionamento amministrativo e tecnico decentrato della propria organizzazione, particolarmente dei servizî sanitarî: cosicché da 663.305 operai assicurati nel 1913 con L. 11.262.433,81 di premî e L. 10.142.171,98 d'indennità, si sale nel 1922 a 1.059.077 operai assicurati con L. 101.158.004,51 di premî e lire 74.570.326,65 d'indennità.
L'attività, la solidità, la competenza tecnica, le iniziative, il perfezionamento dei servizî della Cassa nazionale, trassero alla stessa la crescente fiducia del governo e più ampie attribuzioni.
Alla Cassa nazionale il r. decr. 25 maggio 1913, n. 638, affidò la gestione dell'assicurazione infortunî nella Tripolitania e Cirenaica in regime di esclusività. La repubblica di S. Marino con legge 23 maggio 1914 conferì alla Cassa nazionale in esclusività la gestione dell'assicurazione obbligatoria e facoltativa collettiva e individuale per gl'infortunî del lavoro nel proprio territorio. Il decr.-legge 31 ottobre 1915, n. 1577, confen alla Cassa nazionale la facoltà di assumere direttamente l'assicurazione del rischio di guerra e di riassicurare contro tale rischio le società o compagnie private di assicurazione, le casse private consorziali e i sindacati per l'assicurazione infortunî. L'ordinanza 7 novembre 1915 del comando supremo dell'esercito italiano demandò alla Cassa nazionale il servizio di assicurazione contro gl'infortunî sul lavoro nei paesi occupati. Il decr.-legge 3 dicembre 1916, n. 1773 le affidò l'assicurazione dei prigionieri di guerra contro gli infortuni sul lavoro; il decr.-legge 15 febbraio 1917, n. 415, le affidò l'incarico della liquidazione delle indennità per gli infortunî subiti in zona di guerra dagli operai che lavoravano per conto dello stato; il decr.-legge 8 marzo 1917, n. 671, le affidò la liquidazione delle indennità di infortunio a favore degli equipaggi delle navi requisite dallo stato; le convenzioni 16 aprile 1917 e 12 giugno 1917, rispettivamente con i Ministeri della guerra e della marina, le affidarono la liquidazione delle indennità d'infortunio dovute a operai addetti a opere o servizî nella zona di guerra e delle indennità dovute dall'amministrazione marittima ai sensi del decr.-legge 15 luglio 1915, n. 1140, e decr.-legge 8 marzo 1917, n. 471. Così, pure, il decr.-legge 23 agosto 1917, n. 1450, affidò alla Cassa nazionale, temporaneamente e in attesa che si costituissero man mano le casse mutue, l'assicurazione obbligatoria contro gl'infortunî sul lavoro in agricoltura in sessantuno provincie e in regime di esclusività; e la Cassa nazionale infortunî assolse egregiamente il compito e rispose degnamente alla fiducia riposta in lei contribuendo all'interpretazione delle nuove norme e all'applicazione di esse nella più dura esperienza dei primi anni e per una notevole massa di lavoratori agricoli assicurati (circa otto milioni). Il decr.-legge 2 settembre 1917, n. 1392, le affidò il pagamento delle indennità per l'assicurazione contro i rischi di guerra degli equipaggi delle navi requisite; la speciale convenzione 12 novembre 1917 col Ministero dei trasporti marittimi e ferroviarî la incaricò della liquidazione agli equipaggi delle navi requisite o noleggiate dallo stato delle maggiori indennità stabilite dal decr.-legge 2 settembre 1917, n. 1392.
L'ordinanza 23 dicembre 1918 del comando supremo dell'esercito italiano diede alla Cassa nazionale l'autorizzazione a operare in regime di esclusività nel Trentino e nell'Alto Adige fino all'unificazione legislativa delle nuove provincie; il r. decr. 28 agosto 1919, n. 1643, integrando la legge 2 agosto 1913, n. 1075, aveva affidato alla Cassa nazionale l'assicurazione degli operai italiani arruolati per lavori da eseguirsi in paesi esteri ove non esista l'assicurazione obbligatoria per gli operai stranieri; la legge 24 marzo 1921, n. 312, le affidò l'assicurazione contro gl'infortunî sul lavoro dei pescatori, ma questa legge finora non ebbe attuazione per la mancata emanazione del relativo regolamento; il r. decreto 23 ottobre 1922, n. I573, deferì alla Cassa nazionale in esclusività l'assicurazione contro gli infortunî degli operai italiani e stranieri nella Colonia Eritrea, decreto anche questo non ancora attuato per la mancata emanazione delle relative disposizioni supplementari; il r. decr.-legge 8 marzo 1923, n. 633, affidava alla Cassa nazionale l'assicurazione contro gli infortuni nel lavoro degli operai che prestano l'opera propria alle dipendenze dello stato; infine il r. decr.-legge 16 gennaio 1927, n. 347, chiamava la Cassa nazionale a esercire l'assicurazione degl'infortunî degli studenti delle scuole superiori d'ingegneria e architettura e il r. decr.-legge 17 febbraio 1927, n. 301, a gestire quella del personale dirigente e tecnico delle cattedre ambulanti di agricoltura.
Recentemente la Cassa nazionale è stata riordinata con decr.-legge 16 maggio 1926, n. 853, convertito in legge 25 giugno 1926, n. 1262, mediante cui è stabilito: che il consiglio di amministrazione della Cassa nazionale è nominato con decreto reale promosso dal ministro dell'Economia nazionale ed è composto dei seguenti membri: a-b) due rappresentanti dei datori di lavoro industriale e due dei datori di lavoro agricolo; c-d) due rappresentanti degli assicurati industriali e due degli assicurati agricoli; tutti scelti fra quattro nomi designati dalla Confederazione generale fascista dell'industria, dalla Federazione italiana sindacati agricoli fascisti, dalle Confederazioni dei Sindacati fascisti; e) due rappresentanti degl'istituti fondatori della Cassa nazionale; f) un rappresentante del Ministero dell'economia nazionale; g) un rappresentante del Ministero delle finanze; h) il presidente della Cassa nazionale delle assicurazioni sociali. Il presidente e il direttore generale dell'istituto sono pure nominati con decreto reale. Al Ministero dell'economia nazionale è subentrato ora quello delle Corporazioni.
Al consiglio di amministrazione è aggregato il rappresentante del Ministero delle colonie in virtù dell'art. 35 del r. decr. 25 maggio 1913, n. 668, concernente l'assicurazione infortunî nella Libia.
Il consiglio di amministrazione nomina nel suo seno due vice presidenti, di cui uno scelto fra i rappresentanti dei datori di lavori e l'altro fra i rappresentanti degli assicurati: e nomina pure un comitato esecutivo composto del presidente, dei due vice presidenti e di altri due membri scelti fra i componenti il consiglio di amministrazione.
Vi è poi il collegio dei sindaci costituito da un consigliere della Corte dei conti, designato dal presidente della corte medesima, da un funzionario del Ministero dell'economia nazionale (ora delle Corporazioni) e da un funzionario del Ministero delle finanze.
In conformità al citato decr.-legge 10 maggio 1926 la Cassa nazionale è governata da uno statuto approvato con r. decr. 13 agosto 1926, n. 1678, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 9 ottobre 1926, n. 235. In esso si definisce la Cassa nazionale siccome "ente di diritto pubblico con personalità giuridica e gestione autonoma sotto la vigilanza del Ministero dell'economia nazionale"; si precisano le funzioni e gli scopi, i suoi organi, le norme per il bilancio e l'ordinamento finanziario, le disposizioni transitorie.
Così riordinata la Cassa nazionale ha proseguito, accentuandolo, il suo cammino ascensionale e lo sviluppo delle sue operazioni, come dimostrano le seguenti cifre che, è bene notare, concernono soltanto la gestione dell'assicurazione infortunî industriali:
Funzioni della Cassa nazionale. - La Cassa nazionale, come si è detto, è l'organo ufficiale e statale dell'assicurazione infortuni professionali degli operai, organizzata come ente di diritto pubblico a gestione autonoma.
Il r. decr. - legge 5 dicembre 1926, n. 2051, convertito in legge 14 aprile 1927, n. 532, disciplinando il regime degl'istituti assicuratori nella subietta materia, ha escluso dall'esercizio di questo speciale ramo di assicurazione le società o compagnie private nel riflesso che, per il suo preminente carattere e per le sue finalità sociali, questa attività non potesse e non dovesse essere oggetto e fonte di lucro. E ha pertanto stabilito che le imprese e industrie soggette all'obbligo dell'assicurazione per la legge testo unico 31 gennaio 1904, n. 51, e sue modificazioni, possano effettuarla solamente:
1. o con la Cassa nazionale mediante il sistema del contratto a premio fisso, cioè con premio la cui misura è convenuta contrattualmente ed è fissa e indipendente dalle risultanze dell'effettivo rischio. La Cassa nazionale, operando in tutto il regno e su una vasta massa di datori di lavoro, e adeguando le tariffe dei premî alle risultanze dettate dall'esperienza dei grandi numeri, effettua, automaticamente, quanto alla misura dei premî fissi, una larga compensazione dei rischi e una mutua collaborazione delle imprese e industrie nel costo dell'assicurazione,
2. o con sindacati di mutua assicurazione (le casse private o consorziali sono state abolite) col sistema dell'associazione mediante contributi di premio variabili, a seconda delle risultanze del rischio effettivo della impresa associata e di tutte le imprese consociate, e col vincolo in ogni socio della responsabilità solidale.
Sempre per la citata legge 5 dicembre 1926 debbono obbligatoriamente essere assicurati con la Cassa nazionale (oltre alle esclusività stabilite da altri speciali provvedimenti legislativi):
a) gli operai addetti a lavori, imprese o stabilimenti condotti direttamente dallo stato, provincie e comuni, istituzioni pubbliche di beneficenza e da tutti gli altri enti pubblici, o comunque da essi direttamente dipendenti, fatta eccezione per gli operai dipendenti dalle aziende autonome del Ministero delle comunicazioni e per i condannati addetti al lavoro negli stabilimenti di pena, o fuori, ma in lavori condotti direttamente dallo stato;
b) gli operai addetti a lavori condotti in economia da privati non imprenditori.
La Cassa nazionale esercita l'assicurazione collettiva in base alle condizioni generali di polizza, a tariffe e regolamento premî approvati dal potere esecutivo; esercita pure l'assicurazione facoltativa collettiva o individuale in favore di lavoratori addetti a imprese o industrie o lavori non soggetti all'obbligo dell'assicurazione, come pure tutte le altre forme assicurative che le sono demandate da leggi speciali. Gestisce, con bilancio separato, l'assicurazione contro gl'infortunî in agricoltura, secondo la legge 23 agosto 1917 e successive modifiche, in quei compartimenti agricoli, dove ancora non si siano costituite e riconosciute casse mutue in conformità del r. decr. 4 marzo 1926, n. 460.
Esercita infine la riassicurazione dei sindacati di mutua assicurazione nei limiti e ai termini della legge 31 gennaio 1904, n. 51 testo unico.
Riassumendo, la Cassa nazionale "ha per scopo - secondo l'art. 2 del proprio statuto - di esercitare direttamente o per conto di terzi l'assicurazione e la riassicurazione per gli infortunî sul lavoro in conformità delle leggi e decreti vigenti nel regno e nelle colonie, e a tutti gli altri compiti ai quali sia autorizzata da altre leggi, decreti o disposizioni ministeriali, che abbiano riferimento con le finalità dell'istituto. La gestione dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortunî sul lavoro è tenuta distinta da quella di ogni altra forma di attività dell'istituto".
"La Cassa nazionale provvede inoltre a cure medico-chirurgiche, fisioterapiche e ortopediche, e alla rieducazione funzionale e professionale, anche mediante proprî istituti, ospedali, ambulatori, e posti di pronto soccorso, sia nei riguardi dei propri assicurati sia nei riguardi di altri operai assicurati presso altri istituti o in genere di invalidi del lavoro".
Infine la Cassa nazionale ha costituito sul suo patrimonio netto un fondo di assistenza per gl'infortunati e loro vedove e orfani, oltre il trattamento economico corrisposto agli stessi per obbligo di legge (art. 18 dello statuto).
La Cassa nazionale, conscia delle proprie specifiche funzioni e della sua natura di ente pubblico, precorrendo l'affermazione teoretica, e quella che sarà per essere la futura norma di diritto positivo in questo tema, ha iniziato nel terreno pratico l'esperimento del complesso e non facile problema della cura e dell'assistenza medica degl'infortunati.
Nel vigente sistema legislativo italiano il diritto dell'operaio e il correlativo obbligo dell'istituto assicuratore si limita alla prestazione delle indennità fissate dalla legge per il danno economico cagionato dall'infortunio (perdita o riduzione temporanea o permanente di capacità produttiva) mentre la lesione corporale ha per il lavoratore anche la conseguenza della necessità di cure mediche, chirurgiche e ospitaliere secondo i casi.
Ormai la dottrina è concorde nell'assegnare all'assistenza medico-sanitaria dell'infortunato l'importanza che essa ha così per la tecnica assicurativa finanziaria, come, e più, per l'interesse dell'economia sociale, e però ritiene si debba rendere obbligatoria l'assistenza sanitaria dell'infortunato come un suo diritto e come un suo stretto obbligo di sottostarvi per il ricordato superiore interesse.
La Cassa nazionale pertanto ha avuto cura:
1) di estendere il servizio di immediata assistenza medica nell'interno degli stabilimenti industriali, sia organizzando direttamente tali servizî, sia stimolandone l'istituzione e il miglioramento con il proprio concorso;
2) d'istituire direttamente posti di pronto soccorso forniti di un armamentario chirurgico completo per quanto attiene alle cure di urgenza: così nei porti marittimi di Genova, Napoli, Livorno, Castellamare di Stabia, Venezia; così pure a Roma nei quartieri Ostiense e di Prati;
3) d'istituire ambulatorî di vario tipo secondo le diverse necessità locali, fino a quelli forniti di gabinetti di microscopia, di radiologia, di elettroterapia, di meccanoterapia, e attrezzati in modo da potervisi anche praticare interventi di piccola chirurgia.
Ambulatorî completi del primo tipo sono a Torino, Genova, Spezia, Milano, Roma, Napoli; del secondo ad Alessandria, Ancona, Bergamo, Brescia, Bologna, Firenze, Padova, Palermo, Pisa, Venezia; e altri di tipo inferiore in moltissime altre sedi e centri.
4) d'istituire ospedali speciali per la cura degl'infortunati sul lavoro; tali la clinica Cesare Ferrero di Cambiano a Torino, il reparto infortunistico della Cassa nazionale infortunî presso l'Ospedale civile di Padova, il reparto ospitaliero della Cassa nazionale infortunî nel Rifugio Fanny Finzi Ottolenghi di Gorla (Milano), l'ospedale Benito Mussolini della Cassa nazionale infortunî a Bologna, il reparto infortunistico della Cassa nazionale infortuni presso l'Ospedale Vittorio Emanuele di Catania, la sezione chirurgica della Cassa nazionale infortunî presso i regi Ospedali riuniti di Livorno, il reparto infortunistico della Cassa nazionale infortunî presso l'Ospedale Maggiore di Milano; oltre a ciò la Cassa nazionale ha stipulato varie convenzioni con ospedali civili e con case di cura private per l'assistenza sanitaria degl'infortunati.
Tra questi ospedali speciali è degno del massimo rilievo l'Ospedale Benito Mussolini in Bologna, che venne aperto nel dicembre 1924. Esso fu ideato, costruito, arredato e disposto al funzionamento esclusivamente e completamente dalla Cassa, la quale lo gestisce altresì direttamente.
La Cassa nazionale infortunî, promuovendo e secondando gli studî in materia infortunistica specialmente, e in ogni altra attinente alla previdenza sociale, pubblica dal 1914 una propria rivista mensile, la Rassegna della previdenza sociale, con memorie originali giuridiche, tecniche e medico-legali, raccolta di giurisprudenza, legislazione, notiziario e bibliografia.
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II. - Tecnica delle assicurazioni e assicurazioni vita: H. F. G. Adan, Étude sur la nature du contrat d'assurance sur la vie, Bruxelles 1877; G. Vibert, Le contrat d'assurance sur la vie, Parigi 1877; É Dormoy, Théorie mathématique des assurances sur la vie, Parigi 1878; L. Franchi, Il contratto di assicurazione sulla vita è un contratto aleatorio?, Torino 1884; L. Marie, Traité mathématique et pratique des opérations financières, Parigi 1890; L. Ambroselli, Du contrat d'assurance sur la vie, Parigi 1895; H. Poterin du Motel, Théorie des assurances sur la vie, Parigi 1899; G. Bonolis, Les assurances sur la vie en droit international privé, Parigi 1902; U. Broggi, Matematica attuariale, Milano 1906; R. Poussin, Traité élémentaire des assurances sur la vie, Parigi 1906; L. C. Landré, Mathematisch-Technische Kapitel zur Lebensverischerung, 4ª ed., Jena 1911; M. Arnaldi, Il contratto di assicurazione sulla vita, Roma 1911; G. Minutilli, Nozioni di Scienza attuariale: matematica delle assicurazioni, Milano 1913; A. Löwy, Versicherungsmathematik, 4ª ed., Berlino 1924; G. Bisconcini, Elementi di matematica finanziaria e attuariale, 3ª ed., Roma 1927.
III. - Tavole di mortalità, perequazione e riserva matematica: A. de Moivre, Evaluation of annuities on lives, Londra 1750; J. Milne, A treatise on the valuation of annuities and assurances, Londra 1815; C. Babbage, Comparative view of the various institutions for the assurance of lives, Londra 1826; Makeman, in Journal of the Inst. of Actuaries, 1860; A. Zillmer, Beiträge zur Theorie der Prämienreserve, Stettino 1863; W. Lazarus, Über Mortalitätsverhältnisse und ihre Ursachen, Amburgo 1867; G. F. Knapp, Sterblichkeit in Sachsen, Lipsia 1869; Sprague, in Journal I. A., 1870; L. Marie, Note sur les surfaces de mortalité, in Bulletin Inst. Act. français, 1893; L. Julliot de la Morandière, De la rèserve mathématique des primes dans l'assurance, Parigi 1909; L. Mortara, Tavole di mortalità secondo le cause di morte per la popol. ital., in Annali di statistica, Roma 1914.
IV. - Assicurazioni popolari: F. L. Hoffmann, History of the prudential insurance company of America (industrial insurance), 1875-1900, Newark 1900; C. Neumann, Die Volksverischerung in Deutschland, Berlino 1900; F. Behrens, Die deutsche Volksverischerung, Berlino 1914.
V. - Assicurazione invalidità: E. Blaschke, Vorlesungen über mathematische Statistik, Lipsia 1906.
VI. - Assicurazione e incendî: A. Cantalupi, La scienza e la pratica per la stima dei beni stabili, 3ª ed., Milano 1881; C. Rovere, L'industria e l'assicurazione incendi, Torino 1887; L. Debrock, Les assurances contre l'incendie, manuel du réassureur, Parigi 1889; F. C. Moore, Fire insurance and how to build, New York 1903; P. Gauvin, Assurance contre l'incendie, manuel de l'inspecteur, 3ª ed., Parigi 1909; A. Contant, Le guide des assurés, I, Assurances-incendie, Parigi 1911; R. Mainardi, Le assicurazioni incendi, Torino 1919; A. Canevari, Rilevamento dei danni d'incendio nelle aziende rurali, Milano 1916.
VII. - Assicurazione infortunî e malattie: A. Gibon, Les accidents du travail, Parigi 1890; U. Navarra, Gli infortuni del lavoro in agricoltura, Firenze 1908; P. Givord, Les sociétés de secours mutuels et l'assurance obligatoire contre les maladies, Lione 1899; R. Delcourt, Les résultats de l'assurance contre les accidents du travail, Parigi 1905; J. Hahn, Handbuch der Krankenversicherung, 8ª e 9ª ed., Berlino 1915; Ch. Valentino, Accidents du travail, Bordeaux 1917; B. H. Hill, Accident insurance, Londra 1924; S. Rameri, Infortuni del lavoro in agricultura, Torino 1927.
VIII. - Assicurazione trasporti: A. de Ansaldi, De commercio et mercatura discursus legales, Roma 1689; F. Rocco, Responsorum legalium... ac mercatorum notabilia, Napoli 1702; G. L. M. Casaregis, Discursus legales de commercio, Venezia 1719-1729; R. J. Valin, Nouveau commentaire sur l'ordonnance de la marine du mois d'août 1681, 2ª ed., La Rochelle 1760; A. Baldasseroni, Delle assicurazioni marittime, Firenze 1801; M. Pardessus, Collection des lois maritimes antérieures au XVIII siècle, Parigi 1828-1845; F. Plass, Geschichte der Assekuranz, Amburgo 1902; U. Pipia, Trattato di diritto marittimo, Milano 1901-1902; V. Rossetto, Manuale del regolatore e liquidatore di avarie e sinistri marittimi, Milano 1903; F. Basilio, Le assicurazioni marittime a Trieste, Trieste 1911; V. Dover, Handbook to marine insurance, Londra 1924; R. Brunet, L'assurance transport, Saumur 1924.
IX. - Assicurazione grandine e bestiame: C: L. Leonhardt, Die Hagel-Versicherung, Berlino 1868; A. Corsico, I danni della grandine: guida pratica alla valutazione, Mortara 1882; O. Bordiga, La grandine e i suoi danni alle piante coltivate, Novara 1884; id., L'assicurazione contro i danni della grandine, Bologna 1890; A. Tirelli, Assicurazione grandine: manuale tecnico di estimo pei danni alle coltivazioni, Milano 1904; E. Cavalieri, Le assicurazioni contro i danni della grandine, Roma 1909 e supplemento, Roma 1910; B. Moreschi e G. Falaschi, Assicurazione mutua contro i danni della mortalità nel bestiame; 2ª ed., Roma 1910; C. Bisocchi, La grandine, Milano 1916; M. Casalini, Mutue assicuratrici del bestiame, Roma 1919.
X. - Assicurazione responsabilità civile: F. Jottrand, La prévention des accidents du travail, Bruxelles 1893; C. Ancey, Les assurances de responsabilité, Parigi 1906; J. de Decker, Responsabilité civile, Bruxelles 1911; P. Perin, Assurance de la respons. des fautes professionelles du notaire et de l'avoué, Parigi 1913.
XI. - Assicurazione di credito: E. Herzfelder, Das Problem der Kreditversicherung, Lipsia 1904; E. v. Liebig, Beiträge u. Vorschläge zum Problem des Kredits, Berlino 1905; W. Molt, Der Kreditversicherungsvertrag, Stoccarda 1913.
XII. - Assicurazione furto: A. Manes, Die Diebstahlversicherung, Berlino 1899; R. Tripier, Étude sur l'assurance contre le vol, Digione 1916; J. Lefort, L'assurance contre le vol, Parigi 1919.
XIII. - Assicurazioni vetri e cristalli: oltre alla parte dedicata a questo argomento dalle opere del Walford e del Manes (v. nel num. I di questa bibl.), vedi: K. Linsig, Geschichte der deutsch. Glasverischerung, Oldenburg 1915.
XIV. - Assicurazioni macchine e automobili: Hagen, Ehrenberg, Moldenhauer, Schneider, Gutachen, in Zeitschrift für die gesamte Versicherungswissenschaft, 1908; Tönies, Autorisikoversicherung, in Zeitschrift cit., 1922.
XV. - Assicurazioni sociali: un'esposizione comparativa completa e accuratissima delle varie legislazioni sulle assicurazioni sociali si trova nelle monografie che va pubblicando l'Ufficio internazionale del lavoro di Ginevra. Sono stati pubblicati i rapporti che riguardano problemi generali: l'assicurazione sociale (1925), gl'infortunî sul lavoro (1925 e 1926), le malattie professionali (1925), le statistiche della disoccupazione (1922), i rimedî della disoccupazione (1922), la legislazione sull'assicurazione per la disoccupazione (1925), gli assegni familiari (1924), l'assicurazione per le malattie, libera (1927) e obbligatoria (1927), e il problema della disoccupazione (1927). Anche il Bollettino dell'Ufficio internazionale del lavoro contiene frequentemente articoli sulle assicurazioni sociali. Per il periodo anteriore alla guerra v.: M. Bellom, Les Lois d'assurances ouvrières à l'étranger, Parigi 1892-1906, voll. 10; G. Zacher, Die Arbeiterversicherung im Auslande, Berlino 1898-1910, voll. 5; gli Atti dei Congressi internazionali per gl'infortunî sul lavoro, Parigi 1889, Berna 1891, Milano 1894, Bruxelles 1897, Parigi 1900, Düsseldorf 1902, Vienna 1905, e per le assicurazioni sociali, Roma 1908, L'Aia 1910; e il Bulletin des Assurances sociales, dal 1890 al 1914. Interssanti anche le relazioni americane: Lee K. Frankel e M. M. Dawson, Workingmen's insurances in Europe, New York 1910; J. M. Rubinow, Social insurance, Londra 1913; 24° Annual Report of the U. S. Commissioner of Labor: Workmen's Insurance and Compensation systems in Europe, Washington 1911, 2 voll. Attualmente i problemi generali delle assicurazioni sociali trovano svolgimento nelle seguenti principali riviste specializzate: Le assicurazioni sociali (dal 1924, bim.); Rassegna della previdenza sociale, pubblicazione della Cassa nazionale per l'assicurazione contro gli infortunî sul lavoro (dal gennaio 1914 mens.); L'assistenza sociale, organo del Patronato Nazionale (mensile dal 1926); L'assistenza sociale nell'industria, organo della Confederazione naz. fascista dell'industria (mensile dal 1927); L'assistenza sociale agricola (mensile dal 1927); Internationale Zeitschrift für Sozialversicherung (Praga, dal 1925 mens.); Deutsche Krankenkasse, organo dell'Associazione tra le Casse di malattia tedesche (Berlino, dal 1914 settimanale); Die Reichsversicherung, (Monaco, mensile dal 1926).