ASSIETTA (A. T., 24-25-26)
Il colle dell'A. è un valico delle Alpi Cozie, fra la valle della Dora Riparia e quella del Chisone (2566 m.). È divenuto celebre per la battaglia che vi fu combattuta il 19 luglio 1747, durante la guerra di successione d'Austria (v.), dai Franco-Ispani, condotti dal generale conte di Belle-lsle, fratello del maresciallo, contro i Piemontesi, comandati dal generale conte di Bricherasio. Le sorti della guerra non furono sempre favorevoli agli alleati Austro-Piemontesi: e quando un esercito franco-ispano mosse dal Delfinato contro il confine piemontese, mentre altri eserciti attaccavano dalla parte del Varo, la stessa monarchia parve pericolare. All'avvicinarsi dell'esercito franco-ispano, quello del re di Sardegna disponeva su quella fronte appena di dieci battaglioni di fanteria e di 30 squadroni. Furono, pertanto, eretti in fretta trinceramenti nel piano dell'Assietta, sul contrafforte fra il colle di Sestrières e la Testa del Gran Serin, che separa la valle del Chisone da quella della Dora Riparia; il comando fu affidato al tenente generale conte di Bricherasio mettendo a guardia delle posizioni circostanti le milizie della provincia di Pinerolo e quelle dell'alta valle del Chisone, dette di Pragelato. Quattro battaglioni austriaci, sotto il generale Colloredo, uno dei tanti italiani militanti in Austria, non giunsero che all'ultimo momento in rinforzo della posizione. I Francesi, fatta massa attorno a Barcellonette, passarono il confine divisi in due corpi, al colle del Monginevra e a quello del Bourget.
Dopo alcune scaramucce con le milizie valdesi, essi, al mattino del 19 luglio, erano a fronte dei deboli e improvvisati trinceramenti piemontesi. La sproporzione delle forze era assai notevole. Da una parte, oltre 40 grossi battaglioni muniti di artiglieria; dall'altra, 13 battaglioni piemontesi e 4 austriaci senza cannoni, senza mezzi e con scarse munizioni; in tutto meno di 7.400 uomini. Le posizioni piemontesi si estendevano quasi a semicerchio su di una cresta ristretta e si appoggiavano a due capisaldi: la Testa dell'Assietta e la Testa del Gran Serin, distanti in linea d'aria 1500 metri. Questo dominava quello. I Francesi erano consci della grande superiorità delle loro forze. Perciò, dopo avere aperto il fuoco delle artiglierie, attaccarono risolutamente verso le 4½ pomeridiane, con grande impeto, di fronte e di fianco, su tre forti colonne. Ripetuti attacchi della loro sinistra contro il piano dell'Assietta furono respinti dalla fucileria dei Piemontesi; e i Francesi, decimati, dovettero ritirarsi in disordine con gravi perdite. Qualche parziale successo riuscirono a conseguire contro i trinceramenti settentrionali estremi del pianoro; ma anche qui furono in definitiva contenuti. Frattanto la colonna centrale assaltava la tanaglia della Testa dell'Assietta, arrivandovi al coperto quasi a tiro di pistola. L'assalto fu condotto con grande vigore: ma l'eroica pertinacia della compagnia granatieri del 1° battaglione delle Guardie, rinforzata poi dalla compagnia granatieri del reggimento provinciale di Casale, arrestò lo slancio degli assalitori. Nella lunga lotta i granatieri piemontesi, esaltati fino all'eroismo dal contegno del loro capo, il tenente colonnello conte di S. Sebastiano, non indietreggiarono in alcun punto, sebbene minacciati da ogni parte. Il Belle-Isle, impugnata una bandiera, si gettò innanzi disperatamente per animare i suoi; ferito due volte, non si ritrasse, finchè un'altra fucilata lo uccise.
Accanto al loro capo caddero molti ufficiali, fra cui il maresciallo di campo D'Arnault. l Francesi, sostituendo i combattenti con truppe fresche, insisterono nell'assalto; ma i granatieri piemontesi, ormai privi di munizioni, sempre ritti sui parapetti, li ributtarono a sassate facendone strage.
Mentre ancora durava questa epica lotta, alla sinistra, sulla posizione della Testa del Gran Serin, difesa da due battaglioni piemontesi, si sferrò l'attacco di una fortissima colonna, il quale parve mettere in forse l'intera difesa. Il conte di Bricherasio, ivi accorso, fece intervenire le riserve e mandò ordine ai difensori dell'Assietta di ripiegare e trasferirsi alla difesa del Gran Serin. Alcune truppe non impegnate, vi si avviarono; ma il conte di S. Sebastiano non diede esecuzione agli ordini ripetuti, prospettando i pericoli dell'abbandono della posizione. E a un terzo ordine perentorio (a quanto pare, scritto) egli non volle ancora - o non poté più - ottemperare, di fronte a un altro e più fiero attacco francese. Sull'annottare i granatieri, rinforzati da reparti di un battaglione ausiliario, infransero completamente gli attacchi alla Testa dell'Assietta; mentre gli assalti ripetuti per tre volte anche contro il Gran Serin riuscivano del pari vani, e i Francesi erano obbligati ad indietreggiare con gravi perdite. Al tramonto, l'intero esercito francese, disfatto, ripiegava in disordine, affidando con esplicita domanda all'umanità del vincitore i proprî morti e feriti. Le perdite in questa battaglia - ugualmente onorevole per entrambi i combattenti - furono per i Francesi enormi: 5.300 soldati, 439 ufficiali, fra i quali due generali, cinque brigadieri e nove colonnelli. I Piemontesi ebbero solo 7 ufficiali e 185 soldati morti: le perdite austriache furono appena di 2 ufficiali e 25 soldati.
La battaglia dell'Assietta, ultimo fatto d'armi di rilievo della guerra di successione d'Austria, ebbe in Europa una larga risonanza. Per lunghi anni, e fino a poco fa, il ricordo di questa sanguinosa battaglia durò fra gli alpigiani di quella regione; e oggi ancora - dice il Da Bormida - i pastori ripetono con ritmo monotono le strofe piene d'ironia, nelle quali un ignoto bardo delle Alpi cantò in francese la vittoria italiana dell'Assietta.
Pur rendendo omaggio al generale francese caduto, con le parole:
"Belisle, leur commandant,
Veut avoir l'avantage
D'avancer le premier
Comme un vaillant guerrier...",
la canzone giuocando sul senso della parola, dice:
"Six mille fantassins
Y ont laissé la vie
Voulant tremper leurs doigts
Dans l'Assiette des Vaudois...".
Nonostante che, così in Piemonte come in Francia, il merito della vittoria fosse quasi per intero (e forse esageratamente) attribuito al conte di S. Sebastiano, il suo nome non venne neppure pronunciato nei primi rapporti ufficiali della battaglia: e passò molto tempo prima che fosse in tutto rivendicato dal Dabormida. A ciò contribuì forse il non favorevole giudizio sull'iniziativa da lui spiegata, che, sebbene coronata dal più favorevole successo, dovette parere un atto d'indisciplina e di disobbedienza. Del resto il silenzio sul suo nome e l'abbandono in cui egli fu tenuto più tardi, possono credersi dipendenti, piuttosto che da considerazioni militari, da cabale e sospetti politici; essendo egli figlio di quella marchesa di Spigno che, sposata da Vittorio Amedeo II dopo la sua abdicazione, era accusata di avere spinto il marito ai noti tentativi per risalire sul trono.
Bibl.: V. Dabormida, La battaglia dell'Assietta, 2ª ed., Roma 1891; A. Alberti, La battaglia dell'Assietta, Torino 1902. Documenti riguardanti l'azione si trovano nel Museo del Genio a Roma (Castel Sant'Angelo).