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ASSISTENTI SOCIALI

di Guido Calogero - Enciclopedia Italiana - II Appendice (1948)
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ASSISTENTI SOCIALI

Guido Calogero

. Con questo nome, o con quello di "lavoratori sociali", vengono designati, nell'ambiente italiano, coloro che svolgono attività corrispondenti a quelle delle assistantes sociales della Francia o della Svizzera e dei social workers, o social servants, del mondo anglosassone. Tema fondamentale di tali attività è l'assistenza sociale intesa come "lavoro sociale" (social work, travail social) o "servizio sociale" (social service, service social), cioè non solo come attività amministrativa e burocratica svolta negli organismi assistenziali e previdenziali di carattere statale o parastatale, o dipendenti dalle pubbliche autorità locali, ma anche e soprattutto come libera attività di intervento e di organizzazione, esplicata in relazione con enti privati o attraverso ogni altro possibile aiuto, la quale tenda (secondo la formula più spesso usata a questo proposito) ad "aiutare gli uomini ad aiutarsi da sé". In questo senso, se l'"assistenza sociale" come sistema organizzato è il complesso delle norme di protezione che variamente assicurano i cittadini di uno stato dal pericolo di certe situazioni di inferiorità economica in cui possono venire a trovarsi a paragone degli altri membri della società, il lavoro degli "assistenti sociali" è piuttosto una forma di avviamento alla risoluzione diretta di determinati problemi comuni e di educazione all'autogoverno, che costituisce un aspetto peculiare della generale vita democratica di uno stato moderno, distinto da quello propriamente politico, così come ne è altrimenti distinto quello sindacale. Allo stesso modo che l'esplicazione dell'attività specificamente politica del cittadino, concretantesi nell'adesione ai partiti, nelle elezioni, nella determinazione delle funzioni legislative e di governo, non assicurerebbe la tutela del mercato del lavoro senza la specifica organizzazione sindacale, così una democrazia moderna non vive pienamente se a queste sue forme funzionali non si aggiunge anche una ricca vita associativa e organizzativa che muova il più possibile dal basso, dal diretto interessamento dei singoli alla soluzione dei proprî problemi. E suscitare e orientare quest'ultima è il precipuo tema del "lavoro sociale".

Nella tradizione inglese e americana (che è finora quella di gran lunga più ricca in questo campo) il "lavoro sociale", cioè l'opera degli assistenti sociali, si suol perciò suddividere in tre grandi sezioni, il case work, il group work e la community organisation: ossia il lavoro diretto a risolvere casi individuali di inadattamento sociale, quello che si riferisce ad esigenze di gruppi e quindi già implicante un problema di collettiva riunione di sforzi a fini determinati, e infine quello che più propriamente mira alla organizzazione di "centri di comunità" (community centers) comunali o rionali, articolati in tutte le forme di vita collettiva (culturale, ricreativa, di discussione ed educazione democratica, ecc.) che essi possono comportare. Tutta questa attività presuppone naturalmente, nell'ambiente anglosassone, la larghissima fioritura, ivi esistente, di associazioni volontarie a carattere assistenziale e il gran numero di circoli giovanili, di clubs per adulti, di centri di comunità, già istituiti. Si spiega così come per es. soltanto negli Stati Uniti vi siano oltre quaranta Schools of social work (con questo nome, o con nome affine), cioè scuole di livello universitario, per lo più aggregate alle grandi università, per la formazione degli assistenti sociali (di ambo i sessi, mentre in un primo tempo la professione era riservata solo alle donne, come ancora è in alcuni paesi europei).

In Italia, un certo numero di assistenti sociali (donne) era stato preparato nel periodo fascista dall'unica scuola di assistenza sociale che allora sussisteva (che era di livello non universitario, e con un solo anno di corso) e che ora, rinnovata, è stata assunta dall'ONARMO (Opera nazionale assistenza religiosa e morale agli operai). Dopo la liberazione, l'esigenza di introdurre anche in Italia la tradizione del social work, e di preparare in conseguenza un numero adeguato di assistenti sociali di ambo i sessi fu avvertito da molte parti: si ebbe così una fioritura di nuove scuole, di livello universitario, tra le quali vanno ricordate quelle dipendenti dall'UNSAS (Unione nazionale per le scuole di assistenza sociale), di indirizzo aconfessionale, quelle dipendenti dall'ENSISS (Ente nazionale per le scuole italiane di servizio sociale), di indirizzo cattolico, e la scuola nazionale per dirigenti del lavoro sociale, presso l'Istituto di psicologia dell'università di Roma. Mentre in quest'ultima l'accento viene posto specialmente sulla preparazione medica e psicologica, nelle scuole dell'UNSAS, e particolarmente in quella di Roma (CEPAS, Centro di educazione professionale per assistenti sociali) è tenuta presente, accanto all'esigenza dell'addestramento tecnico, anche quella di un'adeguata preparazione di carattere storico-sociale, in senso umanistico, in conformità del resto con quanto è stato riconosciuto per esperienza necessario nelle più moderne scuole straniere. Tra le varie scuole è stata ora fondata un'Associazione delle scuole italiane di assistenza sociale, tendente ad assicurare il livello universitario della preparazione degli assistenti, a loro volta collegati in una associazione nazionale. L'avvenire di tutto questo complesso di attività è peraltro legato da un lato alla riforma e allo sviluppo delle strutture assistenziali e previdenziali italiane, nel cui ambito è prevedibile sia chiamata a lavorare la maggior parte degli assistenti e delle assistenti sociali che ora si formano, e dall'altro a un sempre maggiore affermarsi del nuovo spirito del "lavoro sociale" e del sentimento delle sue esigenze negli ambienti di cultura, con la congiunta e indispensabile coscienza della necessità che a tale opera collaborino concordemente le più diverse forze, al di là di ogni spirito di esclusività.

Bibl.: Nella vastissima bibliografia, ci si limita a indicare, per un'informazione generale sui varî aspetti del lavoro sociale: Armand-Delille, Traité de service social, Parigi 1946; per la teoria del trattamento dei casi individuali: G. Hamilton, Social Case Work, 7ª ed., New York 1947; per i problemi dell'organizzazione della comunità: W. McMillen, Community Organisation for Social Welfare, Chicago 1945; per la preparazione dell'assistente sociale: E. Macadam, The social servant in the making, Londra 1945. In rapporto alla situazione italiana molti contributi possono trovarsi negli Atti del convegno per studî di assistenza sociale (Tremezzo, 16 settembre-6 ottobre 1946), Milano 1947; cfr. inoltre G. Calogero, Compiti e preparazione dell'assistenza sociale, in Quaderni sociali dell'INAIL, Roma 1947; e, per l'attività del CEPAS, il fascicolo speciale degli stessi Quaderni sociali, Roma 1948.

Vedi anche
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sociale
sociale agg. [dal lat. socialis, der. di socius, v. socio]. – 1. a. Che vive in società: l’uomo è un animale sociale. Per estens., in zoologia ed etologia, il termine qualifica le relazioni tra individui della stessa specie, che si concretano...
assistènte
assistente assistènte s. m. e f. [part. pres. di assistere]. – 1. a. Titolo di varie attività professionali o a queste assimilabili, che si esplicano in un’opera di coadiuvazione tecnica con il titolare o responsabile principale dell’attività...
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