assistenza
Il sistema di assistenza sociale
Il sistema assistenziale ha lo scopo di fornire i mezzi sufficienti a soggetti o categorie di soggetti (categorialità) in condizioni di bisogno economico o disagio (le famiglie a basso reddito, gli anziani, i minorenni, i malati e i portatori di handicap, ecc.), al fine di contrastare la povertà e l’esclusione sociale, attraverso l’erogazione di prestazioni in denaro (per es., le pensioni sociali), ovvero la fornitura di beni e servizi (per es., i servizi di assistenza all’infanzia), anche previo accertamento (means test «prova dei mezzi») della situazione reddituale e patrimoniale dell’individuo da assistere (o del nucleo familiare di appartenenza), o di altra condizione del potenziale beneficiario (utilizzando dunque criteri di selettività piuttosto che di universalità) e indipendentemente dalla contribuzione pregressa dello stesso (➔ anche sicurezza sociale).
L’assistenza sociale tende alla creazione di una società più egualitaria e può servire come strumento di regolazione della domanda, di ristrutturazione del mercato del lavoro, e stabilizzazione dell’economia. Le modalità con cui si finanzia la spesa assistenziale hanno conseguenze redistributive, che possono influire sull’efficacia dei programmi stessi. Rispetto ai programmi universali, quelli selettivi, nonostante consentano di realizzare l’obiettivo di eliminazione della povertà con minore dispendio di risorse pubbliche, possono: condurre alla ‘trappola di povertà’, ossia all’assenza di incentivi a produrre reddito da parte dei soggetti poveri; comportare costi psicologici e sociali associati all’uso dei mezzi di prova; rendere problematica l’identificazione degli aventi diritto (falsi positivi e falsi negativi), in presenza di asimmetria informativa, elusione o evasione fiscale; indurre i veri bisognosi a non richiedere le prestazioni (‘effetto stigma’). I problemi relativi alla trappola di povertà possono essere parzialmente risolti, prevedendo programmi selettivi a contrasto parziale della povertà stessa. Tuttavia, questa soluzione comporta un trade-off tra equità ed efficienza, poiché quanto più attenuato è l’effetto di disincentivo a lavorare, tanto meno il programma riesce a raggiungere l’obiettivo di sconfiggere la povertà. La fornitura delle prestazioni assistenziali, finanziate prevalentemente tramite il ricorso alla fiscalità generale, è assicurata da soggetti che operano a livello sia dell’amministrazione centrale (MEF, INPS) sia locale (Regioni, Province e Comuni) o da altri enti pubblici (per es., le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza), ovvero istituzioni del privato sociale (per es., enti ecclesiastici, associazioni di volontariato e cooperative sociali).
In Italia, fino agli anni 1990, i trasferimenti in denaro, gestiti a livello centrale, prevalevano sulle prestazioni in natura, erogate prevalentemente a livello locale, e la spesa pubblica per l’assistenza aveva un carattere di categorialità, in quanto destinata prevalentemente a 3 gruppi di soggetti: i poveri, con particolare riferimento agli anziani (integrazioni delle pensioni al minimo, assegno sociale; ➔ pensione sociale); i nuclei familiari con figli a carico (➔ assegno familiare) e i diversamente abili (pensione di invalidità con indennità di accompagnamento, pensione di invalidità civile; ➔ IVS). Ciascun istituto presenta le sue peculiarità. L’integrazione al trattamento minimo della pensione è corrisposta alla persona la cui pensione di vecchiaia sia inferiore al minimo vitale (importo mensile di 458,20 euro nel 2009), purché non siano superati determinati limiti di reddito personali e familiari. L’assegno sociale (importo annuo di 5318 euro nel 2009), assimilabile al reddito minimo garantito, è riservato ai cittadini italiani residenti, ultrasessantacinquenni, aventi un reddito nullo ovvero di importo modesto. L’assegno al nucleo familiare (importo mensile di 170 euro nel 2009 rispetto a un nucleo di 4 persone con entrambi i genitori e un reddito di 20.000 euro) è destinato solo alle famiglie dei lavoratori dipendenti o dei pensionati ex-lavoratori dipendenti. Il trasferimento è direttamente proporzionale alla dimensione della famiglia e inversamente proporzionale al suo reddito. La pensione di invalidità civile (importo massimo mensile di 255 euro, maggiorato dell’indennità di accompagnamento di importo pari a 470 Euro) è riservata a persone con un handicap totale e parziale, ai cechi e ai sordomuti senza alcun reddito o con un’entrata inferiore a 14.000 euro l’anno. A livello locale, invece, l’a. comprende diverse tipologie di programmi: rivolti agli anziani non autosufficienti (cure di lungodegenza, assistenza domiciliare), per l’infanzia (asili nido), di garanzia del ‘minimo vitale’ e di aiuto a categorie vulnerabili. Sono piani spesso caratterizzati da un’elevata disomogeneità e frammentazione e da diversi livelli nella qualità delle prestazioni erogate.
Le raccomandazioni contenute nel Rapporto della Commissione Onofri (1997), circa le compatibilità macroeconomiche della spesa della protezione sociale, costituiscono il primo tentativo di superamento dei limiti del tradizionale sistema assistenziale, basato sulla categorialità e sull’impiego predominante dei trasferimenti in denaro a livello centrale, in quanto promuovono il cosiddetto ‘universalismo selettivo’, ossia il diritto esigibile alle prestazioni assistenziali «secondo gli effettivi bisogni e meriti di ciascuno» tramite: la sperimentazione (reddito minimo di inserimento giudicato illegittimo dalla Corte costituzionale con sent. 423/2004) o l’introduzione di nuovi istituti (assegno familiare speciale, assegno di maternità, maggiorazioni per le pensioni, fondo nazionale per l’accesso alle abitazioni in locazione), il rafforzamento dell’offerta dei servizi, l’impiego di un nuovo strumento per la verifica delle risorse economiche del potenziale beneficiario (indicatore della situazione economica equivalente; ➔ ISEE), l’introduzione di un livello essenziale di prestazioni (➔ LEP).