Abstract
L’associazione temporanea di imprese (Ati) o raggruppamento temporaneo di imprese (Rti) è una forma di collaborazione temporanea ed occasionale tra operatori economici, riuniti al fine della partecipazione a gare per l’affidamento di pubblici appalti e per la loro esecuzione. La disciplina positiva dell’istituto è contenuta nel codice dei contratti pubblici, che regola i profili dei rapporti con la stazione appaltante; le parti possono regolare i rapporti interni nel rispetto dei principi di autonomia negoziale. Per costituire un raggruppamento temporaneo, gli operatori economici devono conferire mandato collettivo speciale con rappresentanza all’operatore designato quale impresa mandataria; il codice prevede tre tipologie di raggruppamento: orizzontale, verticale e misto. Le questioni giuridiche maggiormente discusse riguardano la responsabilità patrimoniale interna ed esterna, la dichiarazione di insolvenza, la modificabilità, la legittimazione processuale e la concorrenza.
La associazione temporanea di imprese (o Ati) è una forma di collaborazione temporanea ed occasionale tra operatori economici, riuniti al fine della partecipazione a gare per l’affidamento di pubblici appalti ed alla loro esecuzione.
L'Ati nasce dall'esigenza di suddividere tra imprese complementari l'impegno imprenditoriale e il rischio finanziario, necessità avvertita dapprima nella prassi degli appalti internazionali e successivamente recepita a livello legislativo. In disparte i primi interventi settoriali - che neppure si interessavano di definire il fenomeno (quale ad esempio quello avvenuto nel campo della ricerca e della coltivazione di idrocarburi, la coassicurazione, il trasporto cumulativo, la coproduzione cinematografica) - il legislatore è intervenuto nei settori relativi alla esecuzione di lavori, servizi e forniture di natura pubblica.
Sotto il profilo economico il fenomeno del raggruppamento di imprese poggia sulla necessità di eseguire congiuntamente un’opera che per la sua complessità e/o onerosità difficilmente potrebbe esserlo da un’unica impresa. Da un lato viene creato un collegamento tra imprese che sia circoscritto al singolo affare per il quale sorge l’associazione, ferma l’indipendenza delle imprese partecipanti e, dall’altro lato, non viene intaccata la necessità della stazione appaltante di avere un’unica impresa interlocutrice (l’impresa mandataria) e fronte di una pluralità di imprese raggruppate (mandanti) in funzione delle rispettive caratteristiche e/o specializzazioni.
Le prime esperienze nazionali non delineano una figura unitaria, determinando difficoltà di tipo classificatorio e qualificatorio del fenomeno. Insoddisfacente appariva il richiamo all’istituto dell’associazione in partecipazione, per via dell’assenza di un rapporto di finanziamento dell’associato rispetto all’associante o di un titolare dell’impresa con autonomia gestionale e di mezzi, né vi è alcuna suddivisione delle attività. Insufficiente altresì l’assimilazione alla joint venture, schema negoziale applicato nella prassi internazionale, che non risolve i problemi di tipo classificatorio e disciplinatorio. Neppure il consorzio, così come delineato con la riforma appariva essere lo strumento idoneo a disciplinare la nuova forma di associazionismo, a causa delle formalità e al regime pubblicitario richiesti per la costituzione, nonché della complessità gestionale.
Tali difficoltà determinavano spesso il rischio di inquadrare la figura, secondo prassi ampiamente seguita soprattutto dalla giurisprudenza, nello schema della società di fatto o della società irregolare. Per porre un freno al fenomeno iniziano così ad essere utilizzate clausole ad hoc che escludono espressamente la sussistenza dell’esercizio in comune dell’attività di impresa da parte degli associati, sottolineandone di contro la necessaria indipendenza nello svolgimento delle reciproche attività.
Negli anni ’60 che il fenomeno dell’associazione temporanea di impresa inizia ad essere qualificato dalla giurisprudenza quale contratto innominato diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c., determinando altresì l’allontanamento definitivo dalla figura del contratto di associazione in partecipazione. Parimenti, il cd. “contratto associativo atipico” prendeva le distanze dal contratto di società in ragione del vincolo tra imprese per lo più inerente all’esecuzione di opere pubbliche.
Il primo rilevante intervento regolatore della materia viene attuato con l. 21.7.1967, n. 613. La disciplina introduce la formula dell’associazione temporanea tra imprese incentrata su un mandato collettivo conferito ad una delle imprese raggruppate a fronte di una posizione di contitolarità del rapporto di concessione verso la pubblica amministrazione concedente. La normativa disciplina i caratteri minimi del rapporto, che per il resto rimane regolato dalla disciplina comune. È in questo quadro, caratterizzato dall’assenza di una disciplina generale e dalle incertezze di dottrina e giurisprudenza, che si va ad inserire la l. 8.8.1977, n. 584, in attuazione della prescrizione contenuta nell’art. 21 della dir. n. 71/305/Cee del 26.7.1971 n. 305.
Viene delineata la figura dei raggruppamenti temporanei di imprese con riferimento alla partecipazione alle gare per l'aggiudicazione di appalti pubblici e le concessioni di costruzione. Sono ammesse a presentare offerte anche imprese appositamente e temporaneamente raggruppate, specificando per ciascuna le parti della fornitura che saranno eseguite dalle singole imprese. Caratteristiche della figura sono: i) la responsabilità solidale nei confronti dell'amministrazione di tutte le imprese raggruppate; ii) il mandato speciale con rappresentanza alla capogruppo designata, risultante da scrittura privata autenticata; iii) la gratuità del mandato; iv) l’irrevocabilità del mandato (salvo giusta causa e, in tal caso, la sua revoca non ha in ogni caso effetto nei riguardi dell'amministrazione); v) la rappresentanza anche processuale in capo al mandatario verso l'amministrazione perdurante fino all'estinzione del rapporto; vi) il permanere della responsabilità nei confronti dell’amministrazione a carico delle imprese mandanti.
La legge precisa che il rapporto di mandato non intacca in nessun caso l’autonomia di ciascuna impresa, non determinando alcuna forma di organizzazione o associazione fra le imprese riunite. Un’apposita disciplina è prevista per il caso di fallimento dell’impresa mandataria o di una delle imprese mandanti (ivi incluse le imprese individuali), nell’ottica di garantire all’amministrazione la continuazione dell’attività per l’esecuzione dell’appalto, nulla viene previsto invece circa la sorte del mandato conferito alla mandataria in caso di fallimento, morte o incapacità sopravvenuta degli imprenditori riuniti.
Il legislatore lascia alle imprese raggruppate piena libertà nel definire l'assetto organizzativo interno, che può articolarsi in mere istanze di coordinamento per quanto riguarda l'esecuzione dei lavori e l'elaborazione di direttive alla capogruppo, quanto in modelli organizzativi più complessi in forma consortile o societaria. La tendenza a non regolare i rapporti interni tra le imprese aderenti alla associazione temporanea viene confermata dalla successiva l. 30.03.1981 n. 113 emanata in esecuzione della dir. 77/62/Cee.
Anche con il nuovo intervento normativo, indipendentemente dalla natura del rapporto fra le imprese, rimane fermo nei confronti della stazione appaltante il principio della responsabilità solidale delle imprese riunite nei confronti della committente (che permane anche laddove, in conformità a quanto disposto dall'art. 23 bis l. n. 584/1977, l'esecuzione dei lavori venga affidata ad una società, anche consortile, costituita appositamente dalle imprese del raggruppamento).
La disciplina fin qui esposta è stata oggetto di puntuali interventi di modifica, tra i quali particolarmente significativo è quello operato dalla l. 19.3.1990, n. 55 recante nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso. L’intera disciplina è poi confluita nel d. lgs. 19.12.1991, n. 406, che recepiva i precedenti interventi sul testo della l. n. 584/1977 e ne ampliava il contenuto con riferimento ai requisiti delle imprese riunite, per poi confluire a sua volta nell’art. 13 della l. 11.2.1994, n. 109 (l. quadro in materia di lavori pubblici) e nel relativo reg. di attuazione, d.P.r. 21.12.1999, n. 554 (artt. 93-96) introducendo, tra l’altro, l’obbligo per le imprese riunite di eseguire i lavori nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento (c.d. principio di corrispondenza tra quote di esecuzione e quote di partecipazione).
La disciplina fin qui esposta è stata trasfusa nel d.lgs. 12.04.2006 n. 163 (c. appalti). Successivamente tale disciplina è stata riportata senza sostanziali modifiche, nel Codice dei Contratti Pubblici (d.lgs. 18.4.2016, n. 50)
L’art. 3 del Codice citato stabilisce che con il termine «raggruppamento temporaneo» viene individuato un insieme di imprenditori, fornitori, o prestatori di servizi, costituito, anche mediante scrittura privata, allo scopo di partecipare alla procedura di affidamento di uno specifico contratto pubblico, mediante presentazione di una unica offerta, laddove gli artt. 45 e 48 contengono invece la relativa disciplina.
In particolare, l’art. 45, delineando il concetto di “operatore economico”, specifica che sono ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei contratti i raggruppamenti temporanei di concorrenti, costituiti da: a) imprenditori individuali anche artigiani, società commerciali e società cooperative, b) consorzi tra società cooperative di produzione e lavoro e consorzi tra imprese artigiane; c) consorzi stabili, costituiti anche in forma di società consortili ai sensi dell'articolo 2615 ter c.c., tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro.
Quanto all’art. 48, esso prevede espressamente che per costituire un raggruppamento temporaneo, gli operatori economici devono conferire, con unico atto, mandato collettivo speciale con rappresentanza all’operatore designato quale impresa mandataria (la quale rappresenta l'offerta in nome e per conto proprio e dei mandanti). Il mandato, gratuito ed irrevocabile salvo che per giusta causa (la revoca non ha comunque effetto nei confronti della stazione appaltante) deve risultare quanto meno da scrittura privata autenticata e la relativa procura è conferita al legale rappresentante dell'operatore economico mandatario. Al mandatario spetta dunque la rappresentanza esclusiva, anche processuale, dei mandanti nei confronti della stazione appaltante per tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall'appalto, fino alla estinzione di ogni rapporto. Viene in ogni caso espressamente prevista la facoltà della stazione appaltante di far valere direttamente nei confronti delle imprese mandanti le relative responsabilità.
L’art. 48 prevede tre tipologie di raggruppamento: il raggruppamento orizzontale, il raggruppamento verticale e il raggruppamento misto.
Per raggruppamento orizzontale si intende una riunione di concorrenti finalizzata alla realizzazione di lavori della stessa categoria: si tratta di imprese tutte in possesso dello stesso grado di specializzazione con riferimento alla specifica categoria oggetto dell’appalto. In una tale ottica ciò che viene in rilievo è la suddivisione quantitativa pro quota dell’opera tra le imprese facenti parte del raggruppamento e ugualmente specializzate; esse non hanno l’obbligo di dichiarare in sede di gara le parti dell’opera che ciascuna impresa andrà a realizzare ma soltanto le quote percentuali di spettanza. Nel raggruppamento orizzontale tutte le imprese partecipanti sono solidamente responsabili nei confronti dei subappaltatori, dei fornitori e della pubblica amministrazione.
Viceversa, per raggruppamento di tipo verticale si intende, nel caso di lavori, una riunione di concorrenti nell'ambito della quale uno di essi realizza i lavori della categoria prevalente (i lavori scorporabili sono quelli non appartenenti alla categoria prevalente così come definita nel bando di gara) ovvero, nel caso di servizi e forniture, in cui il mandatario esegua le prestazioni di servizi o di forniture indicati come principali anche in termini economici, i mandanti quelle indicate come secondarie. Ciascuna impresa partecipante al raggruppamento verrà qualificata per categoria e qualifica corrispondente alla parte di opera che la stessa dovrà realizzare. L’impresa capogruppo è solidamente responsabile con tutte le società mandatarie laddove, diversamente dal raggruppamento di tipo orizzontale, ciascuna mandataria è responsabile con la mandante unicamente per la parte di opera di relativa spettanza.
Infine, i raggruppamenti di tipo misto sono una categoria residuale a carattere ibrido, in forza del quale i lavori riconducibili alla categoria prevalente ovvero alle categorie scorporate possono essere assunti anche da imprenditori riuniti in raggruppamento temporaneo di tipo orizzontale, con riferimento al quale devono essere indicate le mandanti e la mandataria. Avremo quindi due capogruppo: una del raggruppamento cd. principale (misto) e una del raggruppamento cd. secondario (orizzontale), influendo una tale circostanza sul relativo regime di responsabilità. La mandataria del raggruppamento principale sarà responsabile solidamente per tutta l’opera e le mandatarie dello stesso raggruppamento saranno responsabili con la capogruppo solo per la parte dell’opera cd. principale. Quanto alla parte scorporata, la capogruppo e ciascuna impresa mandataria sono responsabili in solido relativamente a tale parte. La struttura della associazione temporanea di tipo misto riunisce in sé il modello di distribuzione del lavoro di tipo quantitativo (che presuppone la possibilità di realizzazione congiunta dell’opera tra le imprese) e quello di tipo qualitativo (che presuppone necessariamente la caratteristica della scorporabilità dell’opera).
Occorre precisare che, a seconda che si tratti di raggruppamento di tipo orizzontale, verticale o misto, al modificarsi del relativo regime di responsabilità variano anche le modalità con cui potranno essere prestate le garanzie richieste dalle stazioni appaltanti. Occorre altresì precisare che la stessa responsabilità solidale del raggruppamento nei confronti della stazione appaltante opera anche nei confronti del subappaltatore e dei fornitori (elencazione che si presume essere meramente esemplificativa e non circoscritta a queste due categorie).
Lo schema legale minimo così previsto si presta a costituire le fondamenta per costruire le strutture più diverse di raggruppamento, in quanto la disciplina speciale del Codice trova applicazione a prescindere dalla struttura effettivamente adottata dal raggruppamento, purché esso poggi formalmente su un mandato. Il legislatore è costante nel prevedere che il contratto di mandato non determina di per sé organizzazione o associazione fra le imprese riunite, che rimangono sempre autonome ai fini della gestione, degli adempimenti fiscali e degli oneri sociali (previsione prima contenuta all’art. 22, co. 4, l. n. 584/1977, poi ripresa dall’art. 23, co. 10, d. lgs. n. 406/1991 e ora dall’attuale art. 48 del c. appalti).
In realtà l’autonomia privata tende normalmente a dare vita ad un regolamento pattizio che si concretizzerebbe in una forma solo embrionale di coordinamento fra le imprese riunite, che potrebbe quindi anche rivestire i caratteri del comportamento meramente attuatorio. Infatti, laddove si dovesse adottare una forma di coordinamento delle attività che si concretizzi in periodiche riunioni delle imprese in forma assembleare, il passo verso la qualificazione della struttura formata dalle imprese raggruppate come soci sarebbe breve e, pur in assenza di un contratto di società, configurerebbe, attraverso un comportamento concludente, una società di fatto (sul punto Cass. 22.2.2000, n. 1961 e Cass., sez. I, 2.4.1999, n. 3136). È proprio la mancata esteriorizzazione del rapporto societario a costituire il presupposto indispensabile affinché possa legittimamente ricorrere una fattispecie di società occulta (in uno con l’esercizio in comune della attività societaria, il perseguimento di un risultato unitario, la presenza di conferimenti diretti a costituire un patrimonio comune diverso dal patrimonio dei soci). In questa ottica, l’unica particolarità del raggruppamento rispetto ad una struttura societaria consisterebbe nel fatto che le operazioni sono compiute dal mandatario in nome proprio e non già in nome della compagine sociale, ciò nondimeno la formazione di una tale struttura sarebbe ininfluente sul versante dei rapporti con la stazione appaltante, che sarebbero regolati sempre dalla disciplina del mandato e del bando di gara, ferma in ogni caso l’autonomia delle imprese riunite. Secondo un’isolata dottrina, invece, laddove le pattuizioni interne al raggruppamento vengano esteriorizzate anche nei confronti della stazione appaltante e quindi conosciute anche da quest’ultima, essa sarebbe legittimata ad eccepirne l’eventuale inosservanza, di tal che apparirebbe opportuno includere nel mandato (che è il regolamento principale per le imprese raggruppate e per la stazione appaltante) una clausola che consenta alle imprese di modificare gli accordi iniziali, pur mantenendo immutate quelle previsioni che potrebbero eventualmente incidere sui diritti della committente.
Fermo l’assunto che il coordinamento tra le imprese non darebbe vita a un nuovo soggetto giuridico (Cons. St., V sez., 20.5.2002, n. 2719), a prescindere dalla presenza di una struttura organizzativa interna qualificabile giudizialmente in termini societari, agli accordi interni tra le imprese raggruppate è stata talvolta attribuita la natura di contratto normativo, qualificando la struttura come una «unità di gestione senza struttura societaria o comunque associativa», di tal che la «perdita o il lucro inerente a ciascuna parte di lavori sono subiti o acquisiti dalla singola impresa esecutrice cui la parte di lavori pertiene», non essendo configurabili risultati economici comuni. Occorre evidenziare come i problemi qualificatori non abbiano avuto grande rilievo pratico nella soluzione delle problematiche insorte.
Il principio di immodificabilità soggettiva dei raggruppamenti temporanei, sancito dall'art. 13 co. 5-bis della l. n. 11.2.1994, n. 109 per i lavori pubblici, poi confermato dalla Corte di Giustizia europea nella decisione del 23.1.2003 (C-57/01), è attualmente trasfuso per i lavori, servizi e forniture, nell'art. 48 del codice. La norma citata vieta qualsiasi modificazione della composizione dei raggruppamenti temporanei e dei consorzi ordinari di concorrenti rispetto a quanto dichiarato in sede di offerta, ad eccezione delle ipotesi contemplate dallo stesso articolo. Il divieto, cui la giurisprudenza ha riconosciuto carattere generale, è posto a presidio dei canoni di trasparenza e di par condicio e, se non rispettato, determina l’annullamento dell'aggiudicazione o la nullità del contratto, oltre che l'esclusione dei concorrenti riuniti (Cons. St., sez. VI, 4.1.2002, n. 35; Cons. St., sez. V, 16.11.2005, n. 6385, Cons. St., sez. V, 18.9.2003, n. 5309).
Il principio di immodificabilità deve intendersi giustificato dall'esigenza di assicurare alle amministrazioni aggiudicatici una conoscenza piena dei soggetti che intendono contrarre con esse, al fine precipuo di consentire un controllo preliminare e compiuto sui requisiti di idoneità morale, tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria dei concorrenti ed all'ulteriore scopo di impedire che tale verifica venga vanificata od elusa con modificazioni soggettive in corso di gara delle imprese candidate (Cons. St., 3.8.2006, n. 5081). È in questa ottica che viene individuato il momento a partire dal quale sorge il divieto di modificabilità soggettiva della compagine nella presentazione dell’offerta. Diversamente, la legge non prevede il medesimo divieto in caso di invio della lettera di invito, rendendo quindi inestendibile una tale disciplina anche alle procedure ristrette. Il divieto dunque non si estenderebbe neppure alla fase di prequalifica (che è fase funzionalmente separata rispetto alla vera e propria gara dalla lettera di invito e dalla conseguente presentazione delle offerte), in quanto non soltanto il divieto non è espressamente previsto dalla legge, ma neppure è configurabile una estensione analogica della disciplina.
Ciò non vuol dire che, prima del momento di avvio della gara, il raggruppamento sia modificabile liberamente, in quanto occorre prestare particolare attenzione alla circostanza che le imprese superstiti rispetto all’impresa receduta dal raggruppamento posseggano i requisiti di qualificazione previsti dalla lex specialis di gara, dovendo alternativamente procedersi all’esclusione del raggruppamento per difetto di qualificazione. La conseguenza della esposta disciplina è che il codice appalti non sembra escludere la possibilità di presentare offerte per il tramite di un raggruppamento di cui fanno parte non soltanto le imprese che siano pre-qualificate ma anche imprese terze non qualificate che sono entrate a far parte del raggruppamento a seguito della sua modificazione soggettiva, così spostando a valle della presentazione delle offerte il momento di verifica del possesso dei requisiti delle imprese sostituite. Una prima interpretazione, avallata per lungo tempo da dottrina e giurisprudenza, ritiene rispettata la ratio della disciplina laddove, successivamente alla presentazione dell’offerta, la modificazione soggettiva del raggruppamento non sia nel senso dell’ingresso nella compagine di un nuovo componente o della sostituzione di un componente con un altro (circostanza questa che determinerebbe l’impossibilità per la stazione appaltante di verificare il possesso dei requisiti anche delle nuove imprese partecipanti) ma ricorra una modifica in senso riduttivo della compagine (recesso dell’impresa dal raggruppamento senza ingresso di una nuova impresa) (Cons. Stato Sez. IV, 23.7.2007). In questo caso, secondo la riportata interpretazione, la modifica sarebbe resa possibile dalla circostanza che la stazione appaltante abbia già provveduto a verificare i predetti requisiti in capo all’impresa o alle imprese superstiti (che in questo caso devono ovviamente possedere anche senza l’impresa receduta i requisiti di partecipazione alla gara) (Cons. Stato Sez. VI, 16.2.2010, n. 842).
Il Consiglio di Stato è tornato di recente ad occuparsi della questione, modificando l’indirizzo sopra riportato e abbandonando l’interpretazione sostanzialistica, in quanto essa risulterebbe in aperto contrasto con la prescrizione contenuta nell’art. 12, co. 1 delle preleggi al codice civile che, nel determinare i criteri di interpretazione della legge, stabilisce la prevalenza del criterio letterale, rispetto a qualsiasi altra forma di interpretazione.
Partendo dal dato testuale del Codice la giurisprudenza ritiene precluse interpretazioni volte a consentire modificazioni soggettive diverse da quelle indicate tassativamente dal legislatore ai co. 18 e 19 dello stesso articolo, di tal che il divieto imposto dalla legge deve necessariamente riguardare qualsiasi modificazione del raggruppamento, incluse quindi quelle in senso riduttivo (Cons. St., sez. IV, 3.7.2014, n. 3344).
In caso di fallimento del mandatario ovvero, qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo, ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, la stazione appaltante può proseguire il rapporto con altro operatore economico che sia già costituito mandatario purché abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori, servizi o forniture ancora da eseguire; in mancanza delle suddette condizioni la stazione appaltante può recedere dall'appalto. L’idoneità dei requisiti deve essere verificata non solo in rapporto alle disposizioni della lex specialis ma in relazione alla combinazione dei requisiti del mandatario rispetto alle mandanti sopravvissute ed allo stato delle attività già eventualmente svolte; in tal caso la stazione appaltante dovrà fornire una specifica motivazione del recesso per impossibilità di esecuzione delle residue prestazioni. In assenza di indicazioni circa la tempistica, la scelta tra la prosecuzione del rapporto contrattuale ed il recesso va effettuata nei termini eventualmente fissati dal contratto e dal capitolato e, in mancanza di questi, nei termini ragionevolmente necessari e comunque tempestivi, mediante comunicazione scritta al curatore fallimentare. In assenza di una specifica istanza dell'Ati di costituire un nuovo mandatario, la stazione appaltante potrà esercitare la facoltà di recesso, ovvero sollecitare la costituzione di un nuovo mandatario, assegnando alla controparte un termine congruo (Cons. St., sez. comm. spec., 22.1.2008, n. 4575).
In caso di fallimento di uno dei mandanti (ovvero, qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo) ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, il mandatario, ove non indichi altro operatore economico subentrante che sia in possesso dei prescritti requisiti di idoneità, è tenuto alla esecuzione, direttamente o a mezzo degli altri mandanti, purché questi abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire.
Trattandosi di ipotesi speciali, al di fuori dei casi espressamente previsti non è quindi possibile lo scioglimento dell'associazione temporanea aggiudicataria e la prosecuzione del rapporto contrattuale, neppure con uno solo dei componenti nel caso in cui il raggruppamento sia formato da due soli componenti, in quanto si tratterebbe di un soggetto giuridico diverso da quello aggiudicatario l'appalto.
Va considerato che, a parere della giurisprudenza, il fallimento della capogruppo comporta la risoluzione del mandato ai sensi dell'art. 78 del r.d. 16.3.1942, n. 267. Se l'accettazione dell'opera è avvenuta prima della dichiarazione di fallimento la mandante può riscuotere dall'amministrazione appaltante il corrispettivo per l'esecuzione dell'appalto per la quota corrispondente alla parte dei lavori appaltati la cui esecuzione era di sua spettanza (Cass., sez. I, 15.1.2000, n. 421).
In ordine al rapporto tra la normativa fallimentare ed il Codice, l'art. 48 è norma speciale rispetto alla disciplina generale di cui all'art. 81 l. fall., che ha dunque la meglio su quest'ultima norma. Quindi, la stazione appaltante non può intrattenere rapporti contrattuali, relativi a lavori, servizi e forniture, con l'appaltatore fallito, seppure il giudice fallimentare abbia autorizzato l'esercizio provvisorio dell'impresa.
Al mandatario spetta la rappresentanza esclusiva, anche processuale, dei mandanti nei confronti della stazione appaltante per tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti fino alla estinzione di ogni rapporto. La norma, così formulata, stabilisce in prima battuta la legittimazione processuale attiva della mandataria di un raggruppamento temporaneo già costituito (ovvero per il quale sia stato conferito all’impresa mandataria un mandato con rappresentanza da parte di tutte le mandanti).
Quanto invece alla diversa questione della legittimazione processuale dell’impresa facente parte di un raggruppamento costituendo, l’approdo non è stato sempre pacifico, passando, tra altalenanti opinioni, anche al vaglio della Corte di Giustizia nonché dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.
In particolare, la questione affrontata, riguardava la sussistenza o meno della legittimazione in capo alla mandataria di un costituendo raggruppamento. La Corte di Giustizia si è espressa nel senso che non contrasta col diritto comunitario una normativa nazionale che consenta a ciascun membro di un'associazione temporanea priva di personalità giuridica, la quale abbia in quanto tale partecipato a una gara d'appalto, di impugnare a titolo individuale gli atti della procedura stessa (C. giust. 4.10.2007, C-492/06).
Un tale principio è stato ripreso dal Consiglio di Stato, il quale ha riconosciuto la legittimazione individuale delle singole imprese associate in raggruppamento, in quanto esso discenderebbe direttamente dai comuni principi in tema di legittimazione processuale e di personalità giuridica, tenuto conto che pacificamente il fenomeno del raggruppamento di imprese non dà luogo a un'entità giuridica autonoma che escluda la soggettività delle singole imprese che lo compongono (Cons. St., Ad. Plen., 15.4.2010, n. 2155).
Fermo il principio sopra esposto, il problema si è posto in una diversa prospettiva in relazione alla proposizione del ricorso di primo grado da parte della sola impresa in proprio e quale mandataria del costituendo raggruppamento, nonché in relazione alla possibilità o meno di qualificare come parte la mandante, ancorché non sia stata formalmente litisconsorte nel giudizio instaurato dalla mandataria. In questo caso la giurisprudenza ha ritenuto di dover dare soluzione negativa alla questione trattandosi di raggruppamento «costituendo», ossia in presenza del solo «impegno» di ciascuna delle imprese a costituirsi in raggruppamento temporaneo in caso di aggiudicazione. In altri termini, sostiene la giurisprudenza, la spendita da parte dell’impresa della qualità di designata capogruppo mandataria del costituendo raggruppamento non può che assumere il solo significato di precisare la posizione della ricorrente e non è idonea a manifestare la rappresentanza processuale delle mandanti, poiché alla stessa impresa non era già stato conferito il relativo potere dalle mandanti medesime (Cons. St., sez. III, 14.1.2014, n. 102). Diversamente opinando, si ammetterebbe la sostituzione processuale in violazione dell'art. 81 c.p.c., secondo cui nessuno può fare valere in giudizio in nome proprio un diritto altrui se non nei casi espressamente previsti dalla legge (Cons. St., sez. III, 7.3.2012 n. 1301 e sez. V, 29.12.2009 n. 8918).
Diversamente, può ritenersi che ciascuna impresa componente di un’associazione temporanea costituita o costituenda sia legittimata ad agire in giudizio individualmente e si può ritenere che la legittimazione ad appellare di impresa membro del raggruppamento (costituito o costituendo) non venga meno qualora altra impresa dello stesso raggruppamento non impugni la sentenza sfavorevole o rinunzi all'appello, in quanto in questo caso si tratterebbe di due imprese mandanti iniziali litisconsorti che, in quanto ricorrenti, sono parti del giudizio in primo grado (assieme alla mandataria) e sono quindi conseguentemente legittimate a proporre appello, a norma dell'art. 102, co. 1 citato (Cons. St., Sez. VI, 10.5.2013 n. 2563).
I raggruppamenti tra imprese possono inquadrarsi negli accordi di collaborazione tra imprese, astrattamente idonei a restringere la concorrenza. I criteri alla stregua dei quali va quindi considerato lecito un raggruppamento sono quelli propri della disciplina sulla concorrenza che non vede con sfavore le ipotesi in cui le imprese sono posizionate in diverse fasi della catena produttiva, rinvenendo spesso delle criticità negli accordi tra imprese dirette o potenziali concorrenti, che sono considerati suscettibili di limitare l’offerta sul mercato.
In particolare, l’Autorità ha in un primo momento accertato l’esistenza di diffusi comportamenti delle amministrazioni appaltanti in grado di determinare distorsioni della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato, auspicando, affinché le previsioni del bando di gara non risultino in contrasto con i principi sanciti dalla l. 10.10.1990, n. 287, che i) la previsione di raggruppamenti temporanei d’impresa sia limitata ai casi in cui essi siano effettivamente necessari per aumentare il numero dei partecipanti alla gara; ii) nel caso dei raggruppamenti temporanei di imprese, il requisito della capacità tecnica ed economica venga soddisfatto dal raggruppamento nel suo complesso e non dalle singole imprese associate (Agcm, AS, 28.9.1999 n. 187).
Proprio la ratio pro concorrenziale dell’istituto consente alla pubblica amministrazione di selezionare l’offerta migliore, in termini economici e tecnici tra quelle presentate, di tal che, alla luce proprio di questo interesse, secondo l’Autorità è legittimo che le stazioni appaltanti, pur nel silenzio della legge, limitino la possibilità di associarsi in raggruppamento da parte di due o più imprese che singolarmente sarebbero in grado di soddisfare i requisiti finanziari e tecnici per poter partecipare alla gara (Agcm, AS, 30.1.2003, n. 251).
L’Autorità, nonostante le critiche della dottrina e la giurisprudenza oscillante sul punto, non si è discostata da questo orientamento, se mai precisandolo e delimitandolo proprio nell’ottica di un utilizzo ottimale dell’istituto. A tale riguardo si segnala la Comunicazione del 23.12.2014 avente ad oggetto l'esclusione dei raggruppamenti temporanei di imprese costituiti da due o più imprese che già singolarmente possiedono i requisiti finanziari e tecnici per la partecipazione alla gara (cd. raggruppamenti “sovrabbondanti”), pubblicata in conseguenza della segnalazione AS n. 880 del 28.9.2011. Con tale comunicazione il Garante ha fornito ancora una volta chiarimenti in relazione all’inserimento nei bandi di gara, nonché alla loro applicazione da parte delle stazioni appaltanti, di clausole che escludono a monte la partecipazione alla gara di raggruppamenti temporanei sovrabbondanti.
Nella segnalazione citata, l’Autorità aveva già affermato che «la possibilità di escludere i raggruppamenti deve fondarsi … sulla contemporanea convergenza di elementi di carattere formale (il possesso dei requisiti) e sostanziale (le concrete potenzialità concorrenziali del raggruppamento), la cui verifica è previamente operata dalla stazione appaltante», suggerendo conseguentemente «l’adozione di un approccio più dinamico rispetto a quanto già suggerito in passato alle stazioni appaltanti» e ritenendo che «la possibilità di escludere i raggruppamenti temporanei a seguito di un’analisi che tenga conto della struttura e delle dinamiche caratterizzanti il mercato interessato, nonché di qualsiasi altro elemento da cui possa desumersi una precisa volontà anticoncorrenziale delle imprese coinvolte, appare sicuramente più aderente alla ratio dell’articolo 101 Tfue e all’esigenza di tutelare gli acquisti pubblici dalle inefficienze ricollegabili a possibili comportamenti collusivi delle imprese».
Alla luce di quanto sopra esposto, l’inserimento nei bandi di gara di clausole escludenti la partecipazione di raggruppamenti sovrabbondanti è legittimo solo laddove la clausola: i) espliciti le ragioni della possibile esclusione in relazione alle esigenze del caso concreto, quali la natura del servizio e/o l’assetto del mercato di riferimento; ii) preveda che l’esclusione del raggruppamento non può essere automatica, essendo la stazione appaltante tenuta a dimostrare la sussistenza di rischi concreti e attuali di collusione delle imprese partecipanti alla gara in raggruppamento; iii) disponga che la valutazione della stazione appaltante, relativa alla sussistenza dei possibili profili anticoncorrenziali nella formazione del raggruppamento, tenga conto delle giustificazioni – in termini di efficienza gestionale e industriale, alla luce del valore, della dimensione o della tipologia del servizio richiesto – che le imprese partecipanti al raggruppamento forniscono al momento della presentazione della domanda o su richiesta della stazione appaltante.
Fonti normative
Artt. 3, 45-48 c. appalti pubblici; artt. 1703-1730 c.c.; artt. 78, 81 l. fall.
Bibliografia essenziale
Bonvicini, D., Commento agli artt. 20-23 della l. 8 agosto 1977, n. 584, in Nuove leggi civili, 1979, 378; Cianflone, A., L’appalto di opere pubbliche, Milano, 1993, 212; Corapi, D., Commento all’art. 12 della l. 8 ottobre 1984, n. 687, in Nuove leggi civili, 1985, 127; Guizzardi, G., La partecipazione delle reti di imprese alle procedure di affidamento dei contratti pubblici, in Nuova giur. civ., 2015, 275; Mazzone, M., L’associazione temporanea di imprese, in Tratt. Rescigno, Torino, XVI, 2012, 160; Palazzolo, A., Nota a Cass. Civ. n. 4728, 11 Maggio 1998, in Nuova giur. civ. comm.,1999, 523; Serale, M., I raggruppamenti temporanei di imprese tra associazione e contratto. Note minime sui dubbi della giurisprudenza, in Giur. it, 1991, 12.