Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Mentre per le masse popolari il tempo libero continua a essere quello delle feste tradizionali, la borghesia e l’aristocrazia si ritagliano spazi privati e separati dove incontrarsi per discutere di affari e di politica (il caffè, le sale di lettura). L’associazionismo tradizionale delle confraternite e delle corporazioni di mestiere è ormai in crisi. Il grande svago del secolo è il Grand Tour, viaggio compiuto dai rampolli delle élite soprattutto nell’Europa del Sud.
La crisi dell’associazionismo tradizionale
Nella società occidentale l’associazionismo, le cui forme più evidenti sono quelle delle corporazioni di mestiere e delle confraternite religiose, ha origine nelle città dell’Europa medievale. Queste due associazioni, del resto, sono spesso organicamente unite, poiché le corporazioni danno vita alle confraternite. Tuttavia non si tratta esclusivamente di un fenomeno religioso e di un’organizzazione del mondo del lavoro: entrambe perseguono anche finalità di ordine sociale, per rispondere ai bisogni di mutuo soccorso e di solidarietà che la società dell’antico regime non riesce ad assicurare. Molte di esse inoltre sono impegnate nell’assistenza ai poveri, nonché verso gli stessi associati.
L’associazionismo, soprattutto per quanto riguarda il XVIII secolo, è particolare oggetto di studio dello storico francese Maurice Agulhon (1926-), che analizza la vita delle confraternite dei Penitenti nella Provenza. La spiccata tendenza alla socialità mostrata dalle popolazioni provenzali nel corso del Settecento, prima con le confraternite e in seguito con le logge massoniche, favorirebbe l’affermazione di un generale spirito democratico che darà poi i suoi frutti nel corso del XIX secolo.
Nel Settecento, tuttavia, le forme tradizionali di associazionismo subiscono una profonda crisi. Le confraternite risentono dei generali mutamenti della sensibilità religiosa: vengono abbandonate, ad esempio, le pratiche tradizionali della pietà attuate solitamente proprio all’interno delle confraternite. Lo spirito giansenista e un più generale rifiuto dei fasti barocchi secenteschi rendono i membri più tiepidi nei confronti delle pratiche religiose delle confraternite. In tutta Europa si registra, quindi, un generale calo delle iscrizioni e, soprattutto, della partecipazione alla vita associativa delle confraternite.
L’affermazione dello spirito capitalistico e del pensiero economico liberistica trova, poi, nel sistema delle corporazioni di mestiere un ostacolo da abbattere, per favorire lo sviluppo di un’economia sciolta dai legami tradizionali. In diversi Stati europei la politica riformistica ha, tra l’altro, proprio l’obiettivo di ridurre il peso politico ed economico delle corporazioni di mestiere e per questo motivo nella seconda metà del secolo ne vengono soppresse numerose.
D’altra parte, poiché le corporazioni si caratterizzano anche per finalità religiose, dando vita il più delle volte a confraternite, la crisi che colpisce queste ultime si riflette sulle prime. Gli stessi princípi alla base dell’assistenza ai poveri vengono messi in discussione dalle politiche adottate dagli Stati europei, che cominciano a intervenire direttamente nel campo dell’assistenza, incamerando i beni economici delle confraternite.
Con il XVIII secolo, inoltre, nella società europea si affermano nuovi ceti sociali che innervano un mondo più complesso, articolato e mobile, che non riesce più a trovare la soluzione alle proprie esigenze all’interno delle vecchie forme, statiche e chiuse, delle corporazioni e delle confraternite. La borghesia ha bisogno di dar vita a un’“opinione pubblica”, per poter valutare, giudicare e criticare gli atti dei governi. Per far ciò essa crea spazi alternativi dove aggregarsi, passare il tempo libero, scambiare opinioni e discutere di politica.
Il caffè, le sale di lettura e i circoli
La borghesia, nel suo processo di differenziazione dal popolo, preferisce incontrarsi e spendere il proprio tempo libero in luoghi appartati e chiusi. Un ambiente di grande richiamo dove potersi riunire e passare il tempo libero è il caffè. Mutuato dalle società del Medio Oriente con l’importazione della bevanda a partire dalla seconda metà del Seicento, è soprattutto nella seconda metà del Settecento che questo locale pubblico conosce un grande successo e una massiccia diffusione.
Sul finire del secolo a Vienna sono aperti 90 caffè e la Parigi prerivoluzionaria ne conta ben 800. Nei caffè la ricca borghesia imprenditoriale e manifatturiera può conversare sia di politica sia di affari privati.
La società borghese, che comincia a scoprire il tempo libero e lo svago, trova nei caffè anche i tavolini da gioco e il biliardo. In tale ambiente è, inoltre, possibile reperire giornali e periodici; la possibilità di consultare numerosi giornali determina infatti il successo dei grandi caffè.
Ed è proprio l’esigenza della lettura che dà origine alla nascita delle sale pubbliche che si moltiplicano nel corso del XVIII secolo. Il numero dei periodici cresce in modo imponente, ma i costi delle pubblicazioni continuano a essere elevati, per cui si rende necessario reperire giornali e libri in luoghi pubblici che, tra le altre cose, permettono l’immediato scambio di idee. Fin dagli inizi del secolo appaiono in Inghilterra le circulating libraries, dove, dopo aver versato una quota d’abbonamento, ci si può rifornire di libri e periodici.
Con il crescere dei patrimoni librari di queste associazioni si formano così veri e propri spazi destinati alla lettura pubblica: le reading societies in Inghilterra, i cabinets littéraires in Francia e le Lesegesellschaften in Germania.
Per quanto riguarda i circoli, è stata notata una loro diretta filiazione dalle coffee houses inglesi. Anche in questo caso l’impulso è dato dai ceti mercantili alla ricerca di nuovi spazi dove incontrarsi e raccogliere informazioni utili per svolgere le proprie attività finanziarie e commerciali. A queste esigenze se ne aggiungono ben presto altre più strettamente legate alla vita politica. In tali ambienti, infatti, si prende l’abitudine di sottoporre a critica gli atti del governo relativi alle tassazione e alla politica doganale che colpiscono le attività economiche della borghesia. Dalle forme di socialità informale delle coffee houses si passa, nella seconda metà del secolo, alla costituzione di veri e propri club, il cui accesso viene regolato da appositi statuti. In Francia si afferma invece il salon: in questo spazio le élite aristocratiche e borghesi si intrattengono e danno ricevimenti. Qui, a causa del diverso ordinamento politico, la critica nei confronti del governo è meno diretta e l’opposizione al modello monarchico prende forma soprattutto attraverso la critica letteraria e culturale; solo con l’esplosione della rivoluzione si creano veri e propri club politici.
Le feste e i teatri
Per quanto riguarda le masse, il problema e l’ideologia del tempo libero appaiono solo con l’inizio del processo di industrializzazione e di urbanizzazione, tra XVIII e XIX secolo. La prima rivendicazione operaia per ottenere la riduzione degli orari di lavoro e dedicare uno spazio maggiore al tempo libero si registra nel 1791 a Filadelfia. Da allora le rivendicazioni salariali saranno sempre collegate alla richiesta del tempo libero.
Per le società a economia agraria e, quindi, per la maggior parte della popolazione del XVIII secolo, il tempo libero corrisponde ancora alle pause del lavoro nei campi, alle feste religiose o alle ricorrenze della vita quotidiana, quali battesimi e matrimoni. Nel corso del Settecento, tuttavia, il sistema delle feste subisce sensibili modifiche. Nelle campagne persistono le feste tradizionali – le fêtes baladoires e i romerages – che, soprattutto nei momenti estivi, offrono occasioni d’incontro per la gioventù dei villaggi e, quindi, la possibilità di poter contrarre fidanzamenti o di scambiare promesse di matrimonio. Tali feste restano in gran auge tra le masse popolari europee, nonostante le persistenti critiche della Chiesa, preoccupata per la commistione fra sacro e profano che le caratterizzano.
A metà secolo la borghesia si allontana dalle feste popolari, raccogliendosi in luoghi chiusi, dove ballare al suono dei violini. Nelle città si assiste alla moltiplicazione degli spettacoli nei teatri per le classi alte, che preferiscono i balli mascherati alle comiche popolari, rappresentate nelle pubbliche piazze. Spesso le rappresentazioni teatrali e i concerti hanno luogo nelle grandi case delle famiglie delle élite aristocratiche e borghesi. La borghesia così si ritira sempre più nei caffè e nei circoli e guarda sempre con maggior disprezzo agli eccessi delle feste tradizionali, contro le quali a fine secolo non si alza più la sola voce della Chiesa, ma anche quella della giustizia civile, preoccupata dei disordini e delle sedizioni che ne possono derivare.
In seguito alla Rivoluzione francese si registra infine l’affermazione di un altro tipo di festa, destinata ad avere un crescente successo nel corso del XIX secolo: la festa nazionale.
Il Grand Tour
Con il XVIII secolo si afferma l’esigenza da parte dei giovani delle classi agiate europee di compiere il viaggio di istruzione, il Grand Tour, per i Paesi del continente. Il Grand Tour, viaggio delle élite aristocratiche e borghesi, può essere considerato, quindi, come vero e proprio antecedente del viaggio turistico che si affermerà invece con il XIX secolo.
Nel Seicento viaggiavano soprattutto gli Inglesi e i Francesi, mentre intorno alla metà del Settecento anche Russi, Scandinavi, Polacchi e Ungheresi, accomunati dall’ideale illuministico del cosmopolitismo, si dedicano a questa attività. I viaggiatori soddisfano così interessi politici, storici e, soprattutto, artistici. Gli itinerari sono quasi sempre gli stessi: dal Settentrione si viaggia alla volta del Mezzogiorno, alla ricerca delle radici classiche della cultura europea. Il Regno di Napoli è meta privilegiata dei viaggi, soprattutto in seguito alla scoperta di Ercolano (1738), Pompei (1748) e con l’esplosione della passione antiquaria. Nella seconda metà del Settecento il viaggio in Italia diviene una vera e propria moda: vi giungono visitatori da tutta Europa e anche dall’America del Nord. A fine secolo i viaggiatori si spingono sempre più a sud, alla scoperta di numerose altre località del Mezzogiorno d’Italia, per poi proseguire alla volta della Grecia, dell’Impero ottomano e dei paesi arabi. L’affermazione, soprattutto nei paesi anglosassoni, della categoria estetica del pittoresco porta numerosi viaggiatori alla scoperta degli angoli sperduti del continente. Inoltre la richiesta di informazioni e immagini dei posti solitamente visitati dai viaggiatori dà luogo alla nascita del genere pittorico della “veduta”.
Non sono solo i giovani letterati e aristocratici a essere appassionati viaggiatori. Anche i figli della borghesia commerciale, intorno ai vent’anni e dopo un primo apprendistato, avvertono l’esigenza di allontanarsi dalle loro città d’origine. Tuttavia lo spirito con il quale questi giovani affrontano l’esperienza del viaggio è del tutto diverso: essi visitano esclusivamente le principali piazze commerciali, e in questo caso i Paesi più visitati sono quelli dell’Europa nord-occidentale, mentre scarso interesse è rivolto all’Italia.
Gli sport
Occorre precisare che il termine “sport” per tutta l’età moderna indica esclusivamente l’attività della caccia. L’aristocrazia continua a intrattenersi e a svagarsi con i tipici passatempi nobiliari che hanno caratterizzato i secoli precedenti: la caccia e i giochi tradizionali (pallacorda, volano, biliardo, trictrac, scacchi e domino).
La novità del secolo è rappresentata dallo sviluppo dell’ippica e dell’equitazione. È soprattutto l’Inghilterra a lanciare la moda degli sport equestri, a seguito della grande passione per la caccia nutrita dalla regina Anna Stuart.
A metà secolo viene fondato il Jackey Club che nel 1786, con l’iscrizione del re Giorgio III, diventa l’organo destinato a sovrintendere allo sport. Così nel 1791 il club pubblica il General Studbook che fissa le regole dello sport e detta le qualità necessarie di cui devono essere dotati i cavalli. La moda inglese ben presto invade la Francia e soprattutto la sua corte, che mostra una spiccata predilezione per tale passatempo.
Il XVIII secolo si ha, poi, una nuova affermazione del valore educativo e pedagogico dell’attività fisica già espresso nell’ Emile di Jean-Jacques Rousseau, dove si teorizza che gli esercizi fisici siano indispensabili alla salute dell’uomo e favoriscano l’attività dello spirito, nonché lo sviluppo dell’intelligenza.