assottigliare
. Nelle opere canoniche di D. sempre riflessivo e ricorrente in sede di rima; valendo in senso proprio " dimagrarsi ", " dimagrire ", nella risposta di Forese a D.: De l'etterno consiglio / cade vertù ne l'acqua e ne la pianta / rimasa dietro, ond'io sì m'assottiglio (Pg XXIII 63).
Figurato, vale " logorarsi " meditando per la soluzione di un problema, " impegnarsi con tutte le facoltà dell'intelletto ", là dove l'Aquila parla del mistero della Giustizia divina: Certo a colui che meco [" riguardo a me ", cioè all'Aquila simbolo della Giustizia] s'assottiglia, / se la Scrittura sovra voi non fosse, / da dubitar sarebbe a maraviglia (Pd XIX 82).
Più in particolare, " aguzzare la mente ", nell'invito espresso alla canzone medesima attraverso una strofe-congedo in Rime XCI 84 però ti prego che tu t'assottigli, / dolce mia amorosa, / in prender modo e via che ti stea bene; costruito in analoga guisa e con significato parallelo, in Fiore CXVI 4 in difamarlo noi ci assottigliamo. Più pregnantemente, " riflettere mettendo alla prova ogni sottigliezza d'ingegno " (su una verità comunicata), in Pd XXVIII 63, nell'esortazione di Beatrice a D., che introduce il discorso sulla corrispondenza fra Intelligenze e Cieli: Piglia / quel ch'io ti dicerò, se vuo' saziarti; / e intorno da esso t'assottiglia; in accezione conforme (" affinarsi ", " divenire più perspicace, più pronto "), ma con aspetto intransitivo, in Fiore CXLIV 14 Or convien che tu abbie il mi' consiglio, / che cader non potessi in luogo vile. / Se non sai guari, non mi meraviglio, ché giovan uom non puot'esser sottile, / chéd'i', quanto più vivo, più assottiglio.