Vedi ASSTEAS dell'anno: 1958 - 1994
ASSTEAS (᾿Ασστέας)
Ceramografo pestano, la cui firma (᾿Ασστέας ἔγραϕε) è riportata da sei vasi. Essi, in ordine cronologico, sono: 1) lèkythos ariballica del Museo Nazionale di Napoli (2873), da Paestum, con Eracle nel giardino delle Esperidi, 2) cratere a campana del Museo Nazionale di Napoli (3226), da S. Agata dei Goti, avente sulla faccia principale l'episodio di Cadmo che uccide il serpente, 3) cratere a calice del museo di Berlino (F 3044), da S. Agata dei Goti, con scena "fliacica", 4) un frammento di cratere a calice del Museo di Villa Giulia a Roma (50279), da Buccino, con la parodia dell'episodio di Aiace e Cassandra, 5) cratere a calice del museo di Madrid (11094), da Paestum, con la pazzia di Eracle, 6) cratere a calice del museo di Napoli (3412), da Paestum, con Frisso ed Elle. Il lato secondario di questi crateri ha scene dionisiache.
Oltre questi sei pezzi firmati, sono attribuiti ad A. altri 24 vasi di tipo vario, fra i quali sono anche pezzi artisticamente notevoli quanto, e più, dei vasi firmati, come, ad esempio, il cratere a campana del Museo Vaticano U 19 e quello di Leningrado 1777, con scene "fliaciche" (Zeus ed Hermes in avventura amorosa, e rispettivamente, Eracle ed Apollo a Delfi); un cratere a calice di Taranto con Dioniso, vecchio phlỳax e personaggi del tiaso dionisiaco; altri crateri a campana di Madrid (11o6o, 11054, 11019), con soggetti dionisiaci; la hydrìa di Bruxelles A 813 col giudizio di Paride, di schema e stile vicini a quelli del ilèbes gamikòs recentemente trovato a Paestum, la lekàne del Louvre K. 570 con Apollo, tre Muse e Marsia, ecc. Meglio riusciti di fronte ai vasi di maggior pretesa con complesse scene mitologiche o teatrali, sono le vivaci rappresentazioni "fliaciche" e i vasi più semplici decorati con due figure per faccia: su quella principale Dioniso con un satiro, un sileno, una menade, Pan o un phlỳax, oppure un giovane ed una donna; sulla faccia secondaria due giovani avvolti in himàtia orlati da un bordo nero semplice, dentato o punteggiato.
A. lavorò assieme a Python (v.) in strettissima collaborazione, quasi certamente nella stessa bottega. Con loro fu attiva una schiera di altri ceramografi minori (il cosiddetto gruppo di A. e Python) talmente influenzati dallo stile dei due maestri che riconoscerne l'opera individuale è spesso assai difficile. Anche fra le opere di A. e quelle di Python v'è molta somiglianza. Quand'anche si voglia ammettere l'attribuzione alla ceramografia pestana del gruppo attorno al Pittore di Dirce (v. Dirce, pittore di) (la cosiddetta fase protopestana), è certo tuttavia che fu A. assieme al suo collega Python colui che improntò maggiormente la produzione ceramografica di questo centro. Alla loro officina si deve un numero notevole di vasi, più della metà dei vasi pestani noti, ma la loro influenza si manifestò sensibilmente anche nelle fasi posteriori, quella di transizione e quella di decadenza, della ceramografia pestana. Escludendo i rapporti, non da tutti accolti, con il gruppo del Pittore di Dirce, A. si manifesta stilisticamente abbastanza originale rispetto alle altre correnti ceramografiche alla sua epoca vive nella Magna Grecia. A. nelle scene più complesse è dominato dall'ossessione della simmetria compositiva. Alle figure intere alterna busti o sporgenti da una roccia (una semplice linea ondulata dà il terreno), oppure affacciati ad un loggiato. Le figure sono accostate, mai raggruppate. Di norma il personaggio, o l'elemento principale della scena è collocato al centro della composizione in particolare evidenza anche di dimensioni. Spesso le scene sono lateralmente incorniciate o con una colonna o da una striscia verticale risparmiata, oppure da un ricciolo con palmette, ornamento tipico della ceramografia pestana. Le scene "fliaciche" qualche volta si svolgono su una sorta di palco: in tal modo il campo è ristretto ad una fascia non molto alta e non ha modo di verificarsi la preoccupazione che A. dimostra per il riempimento del fondo al di sopra dei personaggi. Però anche qui, alle volte, egli intercala alle figure maschere appese.
Non c'è molta fantasia compositiva in A. e anche i tipi ed i motivi sono spesso ripetuti, non soltanto i personaggi ammantati delle facce secondarie. Tuttavia sono presenti nelle pitture di A. motivi del tutto originali e irripetuti, resi con vigore e con vis comica come nel frammento di Villa Giulia. In complesso il disegno è molto accurato: i panneggi sono resi con tratti lunghi e fluidi: tuttavia nelle stoffe si nota una certa rigidezza, molto più accentuata allorché si tratta di lembi in movimento. I panneggi sono elaborati: ampia è la decorazione delle vesti con bande, strisce ecc.: in ciò si sente genericamente l'influsso della ceramografia attica della metà del IV secolo. L'anatomia del nudo è morbida e resa con linee sinuose: caratteristico di A. il modo di rendere con un tratto diritto il dorso delle figure maschili chinate in avanti. I volti, in genere, risultano poco vivaci ed inespressivi. A. usa il bianco per rendere la cornea; il sopracciglio è dato da una sola linea; il naso ha il dorso diritto ed alla base è ondulato. I volti per lo più sono dati di profilo, qualche volta sono ben riuscite le facce di tre quarti, mai appaiono di pieno prospetto. Qualche volta, nella massa dei capelli, ci sono linee a rilievo. Le mani e le dita sono disegnate accuratamente. Molto più movimentate e vivaci sono le scene "fliaciche" dove A. si sente meno legato all'elementare canone compositivo che si era imposto e dove è costretto a dare tipi nuovi e non del repertorio. In più di un caso è legittimo supporre che la pittura della faccia secondaria non sia di mano del maestro. Soprattutto nei vasi del periodo migliore c'è grande sfarzo di colori aggiunti: oltre all'abbondante bianco sono usati l'arancione e il rosso.
Fra i vasi di A. predomina numericamente il cratere a campana; per le figurazioni più generiche egli preferì questa forma di vaso, mentre usò il cratere a calice per le figurazioni eccezionali (si noti che appose la firma in netta maggioranza sui crateri a calice, conferendo in tal modo ad essi carattere di eccezionalità). Abbiamo però testimoniati nella produzione di A. anche altri tipi ceramici.
L'acme di A. è data dai tre vasi già citati: il cratere cui apparteneva il frammento di Villa Giulia, quello con la pazzia di Eracle a Madrid e quello con Zeus ed Hermes al Vaticano. In base a considerazioni sulla tipologia dei vasi e sullo stile delle pitture si colloca l'inizio dell'attività di A. circa il 360-350 a. C. Poiché non si nota grande differenza nello sviluppo stilistico fra i primi vasi e quello con Frisso ed Elle di Napoli, considerato l'ultimo di mano del maestro, l'attività di A. non dev'esser stata lunga: la si suol racchiudere fra il 360 e il 330 a. C.
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