Assunzione alle dipendenze di società in house
La Corte di Cassazione ha affrontato la questione di giurisdizione relativa all’impugnazione di una procedura di assunzione promossa da una società in house. La decisione in commento ha stabilito che per queste controversie la giurisdizione spetta al giudice ordinario non potendosi considerare le società in house alla stregua di pubbliche amministrazioni. La soluzione adottata dalla Corte di Cassazione è in linea con quanto previsto dal nuovo testo unico in materia di società pubbliche (d.lgs. 19.8.2016, n. 175).
La Corte di Cassazione si è occupata del problema relativo alla giurisdizione in materia di procedure per l’assunzione presso le società in house providing della pubblica amministrazione. Il problema si è posto stante la peculiare collocazione di tali soggetti nel sistema delle società pubbliche. Infatti, le società in house sono state sempre considerate dalla giurisprudenza, prima comunitaria e poi nazionale, come mere articolazioni operative delle amministrazioni di riferimento e perciò in grado di essere affidatarie di servizi in via diretta senza la necessità di una procedura a evidenza pubblica.
Questa peculiarità è stata utilizzata nella vicenda oggetto della decisione in commento per tentare di affermare la natura pubblica delle società e la natura pubblica delle procedure di assunzione del personale con la conseguente attrazione delle relative controversie nell’alveo della giurisdizione amministrativa. La Corte di Cassazione con ord. 27.3.2017, n. 7759 ha affrontato il riferito problema dichiarando invece la giurisdizione ordinaria per le procedure seguite da questi soggetti.
La vicenda trae origine dall’impugnazione di un avviso pubblico per la selezione di vari profili professionali, degli atti concorsuali e delle eventuali graduatorie adottati da una società in house del Ministero delle infrastrutture e trasporti da parte di un soggetto primo classificato in una graduatoria, valida ed efficace, di una procedura selettiva preesistente. La precedente graduatoria era stata già utilizzata dalla società per il conferimento di posti a tempo indeterminato e il ricorrente chiedeva di essere assunto tramite ulteriore scorrimento della graduatoria medesima. La società, quindi, avrebbe illegittimamente indetto la nuova procedura concorsuale. A sostegno della sua tesi il ricorrente citava il principio di diritto affermato dalla sentenza dell’Adunanza plenaria 28.7.2011, n. 14 secondo il quale lo scorrimento delle graduatorie concorsuali preesistenti ed efficaci rappresenta la regola generale per la copertura dei posti vacanti in organico, mentre l’indizione di un nuovo concorso costituisce l’eccezione e richiede un’apposita e approfondita motivazione che dia conto del sacrificio imposto ai concorrenti idonei e delle preminenti esigenze di interesse pubblico1. Il TAR del Lazio, Roma, II, 25.5.2015, n. 7424, declinava la propria giurisdizione e in appello il Consiglio di Stato, con decisione 11.12.2015, n. 5643, ribaltava la sentenza di primo grado affermando che le società in house hanno solo la forma esteriore delle società, ma costituiscono in realtà articolazioni in senso sostanziale della pubblica amministrazione da cui promanano e non sono soggetti giuridici a essa esterni e autonomi. Da ciò deriva l’applicabilità degli artt. 1, co. 2, e 63, co. 4, d.lgs. 30.3.2001, n. 165 che devolve alla giurisdizione amministrativa le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e l’estensione all’organismo in house delle previsioni in punto di giurisdizione riferibili all’amministrazione pubblica di riferimento.
La Corte di Cassazione, invece, aderendo alle considerazioni del giudice di primo grado, ha ritenuto che le società in house non siano obbligate ad applicare le regole in materia di concorsi pubblici e che la giurisdizione in materia di contestazione sulla indizione di una procedura selettiva sarebbe devoluta al giudice ordinario.
L’iter argomentativo della Cassazione prende le mosse dal richiamo effettuato dalla sentenza del Consiglio di Stato alla decisione delle Sezioni Unite 25.11.2013, n. 26283 riguardante la nota e annosa questione della responsabilità dei soggetti che abbiano svolto funzioni amministrative o di controllo in società di capitali (nella specie una società per azioni) costituite e partecipate da enti pubblici, per atti contrari ai loro doveri d’ufficio con conseguenti danni per la società (con quanto ne consegue in termini di giurisdizione della Corte dei conti). Nella specie si trattava di una società in house del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti. La Corte di Cassazione aveva affermato che tale società costituiva un’anomalia nel panorama del diritto societario in quanto soggetto che non sembra collocarsi al di fuori dell’ente pubblico, il quale ne dispone come di una propria articolazione interna. Si tratterebbe, quindi, di una longa manus della pubblica amministrazione, al punto che l’affidamento pubblico mediante in house contract neppure consente di configurare un rapporto contrattuale intersoggettivo.
La decisione delle sezioni unite affermava, quindi, che gli organi di tali società, assoggettati come sono a vincoli gerarchici facenti capo alla pubblica amministrazione, non possono essere considerati investiti di un mero munus privato inerente a un rapporto di natura negoziale instaurato con la medesima società. Essendo essi preposti a una struttura corrispondente a un’articolazione interna alla stessa pubblica amministrazione, gli organi societari sarebbero legati all’amministrazione di riferimento da un vero e proprio rapporto di servizio. Da ciò si concludeva che anche la distinzione tra il patrimonio dell’ente e quello della società si può porre in termini di separazione patrimoniale, ma non di distinta titolarità; perciò il danno eventualmente inferto al patrimonio della società da atti illegittimi degli amministratori, cui possa aver contribuito un colpevole difetto di vigilanza imputabile agli organi di controllo, è arrecato a un patrimonio (separato, ma pur sempre) riconducibile all’ente pubblico. Sarebbe, quindi, un danno erariale, che giustifica l’attribuzione alla Corte dei conti della giurisdizione sulla relativa azione di responsabilità.
In base a tale iter argomentativo, il Consiglio di Stato aveva ritenuto che le società in house dovessero in via assoluta considerarsi alla stregua di pubbliche amministrazioni con attrazione nell’ambito pubblicistico delle procedure per l’assunzione del personale. Le conclusioni cui era giunta la decisione del 2013, alla base della decisione del Consiglio di Stato, sono state però, ridimensionate dalla successiva giurisprudenza della Cassazione. La decisione in commento cita un ulteriore proprio precedente che si è occupato delle società in house. Con ord. 1.12.2016, n. 24591, le Sezioni Unite hanno, infatti, affermato che le azioni concernenti la nomina o la revoca di amministratori e sindaci delle società a totale o parziale partecipazione pubblica sono sottoposte alla giurisdizione del giudice ordinario, anche nel caso in cui le società stesse siano costituite secondo il modello in house providing. Per la Corte, gli sviluppi normativi (d.l. 6.7.2012, n. 95 e d.lgs. n. 175/2016) confermano la natura privatistica delle società a partecipazione pubblica, anche in house, e impongono la giurisdizione ordinaria2. Infatti, l’art. 4, co. 13, quarto periodo, d.l. n. 95/2012 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito in legge, con modificazioni, dalla l. 7.8.2012, n. 135, art. 1, co. 1, specifica che «le disposizioni del presente articolo e le altre disposizioni, anche di carattere speciale, in materia di società a totale o parziale partecipazione pubblica si interpretano nel senso che, per quanto non diversamente stabilito e salvo deroghe espresse, si applica comunque la disciplina del codice civile in materia di società di capitali».
Confermata la natura privatistica delle società in house, la Cassazione precisa che il precedente del 2013 doveva essere limitato alla individuazione della giurisdizione riguardante le azioni per danni arrecati dall’illegittimo comportamento degli organi sociali al patrimonio della società, che costituiva oggetto di quel giudizio. Si tratterebbe, quindi, di un’eccezione alla regola della rilevanza del paradigma organizzativo societario e delle regole proprie del diritto societario che caratterizza le società in house.
Sarebbe, pertanto, illogico postulare che la scelta di quel paradigma privatistico per la realizzazione delle finalità perseguite dalla pubblica amministrazione sia giuridicamente priva di conseguenze, mentre è del tutto naturale che quella scelta, ove non vi siano specifiche disposizioni in contrario o ragioni ostative di sistema, comporti l’applicazione del regime giuridico proprio dello strumento societario adoperato. Inoltre, il richiamo alla norma di cui all’art. 18, d.l. 25.6.2008, n. 112, conv. in l. 6.8.2008, n. 133 secondo la quale le società che gestiscono servizi pubblici locali anche a totale partecipazione pubblica adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al co. 3 dell’art. 35 del d.lgs. n. 165/2001, sarebbe una norma di diritto sostanziale la quale non inciderebbe in alcun modo sui criteri di riparto della giurisdizione in materia di assunzioni dei dipendenti che rimane devoluta al giudice ordinario trattandosi di una società non equiparabile a pubblica amministrazione.
La decisione della Cassazione pone alcuni punti fermi in una delicata materia, quelle delle società in house, che rappresenta notevoli punti problematici derivanti dalla peculiarità di questi soggetti.
È noto che la materia delle società pubbliche è stato oggetto di una rilevante riforma legislativa sfociata nel d.lgs. n. 175/2016, recante il testo unico in materia di società partecipate, che ha semplificato e razionalizzato la normativa nazionale attraverso una disciplina organica della materia3.
Le società pubbliche vengono generalmente ricondotte alla disciplina civilistica4. Infatti, l’art. 1 d.lgs. n. 175/2016 prevede che per tutto quanto non espressamente derogato si applicano alle società a partecipazione pubblica le norme sulle società contenute nel codice civile e le norme generali del diritto privato.
Una eccezione alla applicazione generalizzata del diritto privato si riscontra nell’art. 12 (Responsabilità degli enti partecipanti e dei componenti degli organi delle società partecipate), a norma del quale «i componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate sono soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali, salva la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società in house». L’eccezione, quindi, riguarda proprio le società in house limitatamente alla giurisdizione sulle azioni di responsabilità degli organi societari. Ma l’applicazione del regime privatistico viene confermata allorché la norma sulle crisi di impresa (art. 14) stabilisce che «le società a partecipazione pubblica sono soggette alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo, nonché, ove ne ricorrano i presupposti, a quelle in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi» e che la dichiarazione di fallimento riguarda anche società a controllo pubblico titolari di affidamenti diretti, facendo così inequivoco ed esplicito riferimento alle società in house (cfr. art. 16, co. 1).
Le citate disposizioni confermano la riconduzione delle società a partecipazione pubblica all’ordinario regime civilistico ma, soprattutto, eliminano ogni dubbio circa il fatto che le società in house siano regolate dalla medesima disciplina che regola, in generale, le società partecipate, a eccezione, unicamente, della giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dai loro amministratori e dipendenti5. La riconduzione della disciplina delle società pubbliche al codice civile sembra subire una deroga con riferimento alla disciplina delle assunzioni di personale. Infatti, se da un lato il testo unico (art. 19) chiarisce che, come avviene per i rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni, la disciplina della gestione del rapporto di lavoro è assoggettata alle norme del codice civile, dall’altro afferma che per la costituzione del rapporto di lavoro si devono attivare procedure selettive da indire nel rispetto dei principi, anche di derivazione europea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità e di quelli di cui all’art. 35, co. 3, d. lgs. n. 165/20016.
Tuttavia il richiamo all’applicazione dei principi riconducibili a procedure imparziali e trasparenti di derivazione pubblica non implica che le procedure per l’assunzione del personale delle società pubbliche si debbano considerare concorsi pubblici; conseguentemente, il regime degli atti riguardanti tali procedure non è quello proprio degli atti amministrativi. D’altra parte la norma prevede che siano le stesse società pubbliche ad adottare appositi atti disciplinanti le procedure di assunzione secondo i principi richiamati dalla norma in materia di rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni. Ciò non comporta che gli atti della procedura abbiano natura di atti e provvedimenti amministrativi, in quanto non vi è esercizio di alcun potere pubblicistico.
La norma, infatti, è di equiparazione procedurale e non sostanziale.
Sul versante soggettivo, comunque, la previsione del ricorso alla procedura propria del pubblico impiego da parte di società a partecipazione pubblica non è idonea a modificare la natura giuridica del soggetto datore di lavoro, che non sia riconducibile a una pubblica amministrazione ex art. 63 d.lgs. n. 165/2001 e che non eserciti poteri autoritativi tali da attrarre la controversia nella giurisdizione amministrativa7.
La logica conseguenza di tale affermazione è che la giurisdizione in materia di procedure selettive delle società pubbliche non debba attribuirsi al giudice amministrativo, come nel caso dei concorsi pubblici, bensì al giudice ordinario. Questo assunto è confermato dalla stessa normativa. Infatti, l’art. 19, co. 4 del testo unico sulle società pubbliche prevede che: «resta ferma la giurisdizione ordinaria sulla validità dei provvedimenti e delle procedure di reclutamento del personale»; e tale norma recepisce quanto già anticipato dalla giurisprudenza sia ordinaria sia amministrativa sul punto8. La norma in materia di giurisdizione sulle procedure di assunzioni delle società pubbliche è una norma di carattere generale che si applica a tutte le categorie di società pubbliche tra le quali rientrano anche le società in house.
Come correttamente osservato dalla Corte di Cassazione nella decisione in esame, nel testo unico in materia di società vi è solo una disposizione specifica circa le società in house riguardante la giurisdizione ed è quella di cui all’art. 12, concernente la giurisdizione in tema di azioni di responsabilità degli organi sociali, giustificata dalla circostanza che il tipo di rapporto che lega gli organi di una società in house all’ente pubblico da cui la società promana è, infatti, fin troppo simile a quello che intercorre tra la medesima amministrazione e i propri dipendenti per poter giustificare un diverso regime di responsabilità, quanto alla giurisdizione ed ai riflessi sulle regole che presidiano la responsabilità di quei soggetti9.
Ciò non implica però, necessariamente, che sotto ogni altro profilo l’adozione del paradigma organizzativo societario che caratterizza le società in house sia irrilevante e che le regole proprie del diritto societario non si debbano applicare. D’altra parte, occorre ricordare che il tema della assoluta peculiarità delle società in house nell’ambito del panorama delle società pubbliche si è posto con riferimento a uno specifico problema, ossia quello della deroga all’affidamento con procedure a evidenza pubblica dei servizi da parte delle amministrazioni di riferimento a questi soggetti. Sul punto rilevano le nuove norme del codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016) che prevedono espressamente l’esclusione dall’applicazione del codice gli affidamenti in house (art. 5). Ma l’eccezione alla regola dell’evidenza pubblica è stata ritenuta talmente rilevante da imporre l’istituzione presso l’ANAC di un elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti alle proprie società in house e la pubblicazione dei relativi atti di affidamento (art. 192). Inoltre, l’affidamento in house di servizi che potrebbero essere reperiti sul mercato concorrenziale deve essere preceduto da una valutazione da parte dell’amministrazione della congruità dell’offerta dei soggetti in house, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento diretto delle ragioni del mancato ricorso al mercato nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta.
Al di là di questi ambiti specifici, le società in house devono essere trattate come soggetti autonomi e di diritto privato a tutti gli effetti.
Oltre al profilo della natura delle società in house, la controversia che ha originato la decisione della Corte di Cassazione in commento presenta un ulteriore profilo problematico, ossia quello della applicazione alle società pubbliche del principio relativo alla utilizzazione degli idonei in graduatorie concorsuali e della relativa giurisdizione. Infatti, il ricorrente chiedeva al giudice ordinario di utilizzare una precedente graduatoria che lo vedeva utilmente posizionato anziché indire una nuova procedura concorsuale.
È principio consolidato che la pubblica amministrazione prima di indire una procedura concorsuale deve verificare l’esistenza di eventuali graduatorie degli idonei ancora valide ed efficaci al momento dell’indizione del nuovo concorso e deve tenere nel massimo rilievo la circostanza che vi è un generale favor circa l’utilizzazione delle graduatorie degli idonei, che recede solo in presenza di speciali discipline di settore, di particolari circostanze di fatto o di ragioni di interesse pubblico prevalente che devono, comunque, essere puntualmente specificate nel provvedimento di indizione del nuovo concorso. Infatti, si è ormai realizzata la sostanziale inversione del rapporto tra l’opzione per un nuovo concorso e la decisione di scorrimento della graduatoria preesistente ed efficace e quest’ultima modalità di reclutamento rappresenta dunque la regola generale, mentre l’indizione del nuovo concorso costituisce l’eccezione e richiede un’apposita e approfondita motivazione, che dia conto del sacrificio imposto ai concorrenti idonei10.
Dal punto di vista della giurisdizione si è affermato che le questioni relative al mero scorrimento delle graduatorie, coinvolgendo il diritto soggettivo all’assunzione, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, mentre le questioni in cui si controverte in ordine alla legittimità dell’esercizio del potere pubblico inerente alla decisione di indire un concorso o utilizzare una graduatoria appartengono alla giurisdizione del giudice amministrativo11.
Il richiamo a tali principi da parte dell’originario ricorrente è del tutto inappropriato considerato che nella fattispecie in questione non si trattava di un pubblico concorso e la società in house non poteva assimilarsi a una pubblica amministrazione. Infatti, è del tutto evidente che la validità di una precedente graduatoria non può essere in alcun modo fatta valere nei confronti di un soggetto privato che gestisce le proprie procedure di reclutamento secondo regole privatistiche, ancorché rispettose dei principi di cui al d. lgs. n. 165/2001.
1 Anche se l’Adunanza plenaria precisava che la prevalenza per l’utilizzazione delle precedenti graduatorie non è assoluta e incondizionata, essendo individuabili casi in cui la determinazione di procedere al reclutamento del personale mediante nuove procedure concorsuali risulta pienamente giustificabile, con conseguente attenuazione dell’obbligo di motivazione. A esempio quando speciali disposizioni impongano una precisa cadenza periodica del concorso, collegata anche a peculiari meccanismi di progressioni nelle carriere, tipiche di determinati settori dell’impiego pubblico; quando assuma rilievo l’esigenza preminente di determinare, attraverso le nuove procedure concorsuali, la stabilizzazione del personale precario, in attuazione delle apposite regole speciali in materia; quando intervenga una modifica sostanziale della disciplina applicabile alla procedura concorsuale, rispetto a quella riferita alla graduatoria ancora efficace, con particolare riguardo al contenuto delle prove di esame e ai requisiti di partecipazione.
2 Cass. civ., S.U., 1.12.2016, n. 24591. È stata, quindi, negata la giurisdizione della Corte dei conti in merito all’azione di responsabilità nei confronti degli organi sociali di una siffatta società per danni cagionati al patrimonio della stessa.
3 Si veda il parere del Cons. St., comm. spec. 21.4.2016, n. 968 sullo schema di decreto delegato. Per un primo commento alla riforma di veda Bonura, H., Le partecipazioni pubbliche, in Mattarella, B.G.-D’Alterio, E., a cura di, La riforma della pubblica amministrazione, Milano, 2017, 345; Capalbo, F., Società a partecipazione pubblica e servizi pubblici locali, Milano, 2017; Bonura, H.-Fonderico, G., Il Testo unico sulle società a partecipazione pubblica, in Giorn. dir. amm., 2016, 722.
4 La completa disciplina delle società in house da parte del d. lgs. n. 175/2016 trae origine dalle Dir. 2014/23/UE e 2014/24/UE sulle concessioni e gli appalti pubblici (rispettivamente artt. 12 e 17). Tali norme disciplinano i requisiti delle società in house, confermando alcuni punti fermi già individuati dalla giurisprudenza e introducendo alcune novità: l’amministrazione aggiudicatrice deve esercitare il controllo analogo a quello esercitato nei confronti dei propri servizi ; viene introdotta una specificazione del concetto di esclusività in quanto le direttive prescrivono che oltre l’ottanta per cento delle attività della persona giuridica controllata devono essere effettuate nello svolgimento dei compiti a essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione aggiudicatrice di cui trattasi; che nella persona giuridica controllata non vi deve essere alcuna partecipazione di capitali privati, a eccezione di forme di partecipazione che non comportino controllo o potere di veto e che non esercitino un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata. Le direttive del 2014 per la prima volta hanno introdotto una disciplina specifica delle società in house ponendo, quindi, fine alle incertezze interpretative con riferimento a tale tipologia di soggetti. Si veda Foà, S.Greco, D., L’in house providing nelle direttive appalti 2014: norme incondizionate e limiti all’interpretazione conforme, in Federalismi.it, 7/2015; Volpe, C., Le nuove direttive sui contratti pubblici e l’in house providing, problemi vecchi e nuovi, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2015, 1174. Gli artt. 5 e 192, d.lgs. 18.4.2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici) hanno recepito quanto previsto dalle direttive comunitarie in tema di in house providing sottraendo all’applicazione della disciplina del codice tali ipotesi. Sulla nuova disciplina del codice dei contratti si veda Dima, D., Gli affidamenti in house, in Caringella, F.Mantini, P.Giustiniani, M., a cura di, Il nuovo diritto dei contratti pubblici, Roma, 2016, 493; Maltoni, A., Le società in house nel T.U. sulle partecipate pubbliche, in Urb. app., 2017, 7.
5 Si veda anche in precedenza Cass. civ., S.U., 24.3.2015, n. 5848 secondo la quale la Corte dei conti ha giurisdizione sull’azione di responsabilità esercitata dalla Procura della Repubblica presso detta Corte quando tale azione sia diretta a far valere la responsabilità degli organi sociali per danni da essi cagionati al patrimonio di una società in house, per tale dovendosi intendere quella costituita da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi, di cui esclusivamente tali enti possano esser soci, che statutariamente esplichi la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti e la cui gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici. La giurisdizione della Corte dei conti non è tuttavia configurabile se al momento in cui risale la condotta ipotizzata come illecita non sussistevano, avendo riguardo allo statuto sociale allora applicabile, i requisiti propri della società in house.
6 Norma che ripropone quanto già previsto dall’art. 18 del d.l. n. 112/2008.
7 Sul punto si veda, con riferimento all’art. 18 del d.l. 112/2008, TAR Sicilia, Catania, IV, 11.4.2016, n.1016; Cons. St., V, 8.6.2015, n. 2794.
8 Sul punto già la giurisprudenza della Cassazione aveva affermato la giurisdizione del giudice ordinario con riferimento alle procedure per l’assunzione del personale di società pubbliche. Infatti, con la sentenza delle S.U. 22.12.2011, n. 28329 riguardante la Rai-Radiotelevisione s.p.a., la Cassazione ha chiarito che la società pur costituendo un organismo di diritto pubblico ed essendo soggetta a varie forme di controllo e indirizzo pubblici, resta pur sempre una società per azioni, come tale soggetta alle regole privatistiche ove dalla legge non diversamente disposto. Ne consegue che la controversia sulle procedure concorsuali per l’assunzione di personale, essendo in funzione dell’insorgenza di un rapporto di lavoro privato alle dipendenze di una società per azioni, è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, con esclusione, quindi, delle riserve di giurisdizione del giudice amministrativo, di cui all’art. 63, co. 4, d.lgs. n. 165/2001, che presuppone pur sempre la finalità dell’instaurazione di un rapporto di lavoro pubblico, sebbene contrattualizzato, alle dipendenze di una pubblica amministrazione. Non rileva a tal fine l’obbligo di rispettare i principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità, i quali non implicano l’esercizio di pubblici poteri. Anche la giurisprudenza amministrativa ha confermato il principio affermando partendo dalla differente natura giuridica delle società pubbliche. Il TAR del Lazio (Roma, I, 23.2.2015, n. 3136) ha affermato che sussiste la giurisdizione del giudice ordinario in ordine agli atti di assunzione di personale adottati da una società partecipata da enti pubblici. Rispetto a tali società, invero, non può assumere alcuna rilevanza la previsione di cui all’art. 7, co. 2, c.p.a., che estende la portata della giurisdizione amministrativa nei confronti dei soggetti che siano comunque equiparati alle pubbliche amministrazioni, attesa proprio la non equiparabilità alle amministrazioni delle società partecipate (stante la loro natura di s.p.a.). Né varrebbe a far attrarre la giurisdizione dinanzi al giudice amministrativo la circostanza che nella specie si ricadrebbe nella materia del rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche: in proposito l’art. 63, co. 4, d.lgs. n. 165/2001 attribuisce al g.a. la giurisdizione per «le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle p.a.», sicché anche in questo caso verrebbe a mancare il requisito soggettivo della qualificazione come p.a. del soggetto i cui atti vengono censurati.
9 Maltoni, A., op. cit., 21, ritiene, al contrario, che la devoluzione al giudice ordinario delle controversie relative al reclutamento delle società in house senza che al medesimo giudice sia anche attribuito un potere di annullamento degli atti, appare irragionevole e lesiva del principio di eguaglianza. Infatti, pur essendo tale attività sottoposta al rispetto dei medesimi principi del diritto amministrativo, non viene garantita ai terzi interessati una tutela pari a quella che a essi è riconosciuta davanti al giudice amministrativo. Sul punto si potrebbe osservare che, comunque, al giudice ordinario e, in particolare, quello del lavoro l’ordinamento ha attribuito tutti i poteri, anche di carattere costitutivo, per assicurare una efficace tutela degli interessati in procedure selettive “privatistiche”. L’Autore, però, in generale ritiene che il testo unico abbia voluto sottoporre tutte le società e, in particolare, le società in house, ritenute mere articolazioni delle amministrazioni, alla regola del concorso pubblico, espressione di potestà pubblicistica.
10 Si veda la recente decisione del TAR Puglia, Lecce, II, 27.4.2017, n. 643.
11 Cons. St., VI, 19.2.2016, n. 671; Cons. St., VI, 16.7.2015, n. 3570.