Nielsen, Asta (propr. Asta Sophie Amalie)
Attrice cinematografica e teatrale danese, nata a Vesterbro (Copenaghen) l'11 settembre 1881 e morta ivi il 24 maggio 1972. Con la sua bellezza espressiva e spirituale animata da grande passione, il volto pallido illuminato da ardenti e mobilissimi occhi scuri, grande attrice tragica, colta, raffinata e coraggiosa nelle scelte artistiche, rappresentò la prima vera diva della storia del cinema europeo, tanto da meritare giustamente l'appellativo di Duse del cinema.
Esordì come comparsa mentre studiava recitazione alla scuola del Konlige Teater di Copenaghen. Versatile, dotata di un talento non comune, fra il 1902 e il 1910 fu scritturata da vari teatri, senza tuttavia riuscire a emergere. Nel cinema, del quale diffidava ritenendolo una forma commerciale e svilita di spettacolo, esordì nel 1910 in Alfgrunden (L'abisso) di Urban Gad, film che riscosse uno straordinario successo e in cui la N., con una gestualità sobria e una recitazione naturalistica ricca di finezza psicologica, recita fra l'altro una scena di seduzione esibendosi in una danza dichiaratamente erotica, forse la prima della storia del cinema. Fra il 1910 e il 1914, spesso diretta da Gad, divenuto suo marito, interpretò oltre 30 film, per lo più melodrammi erotici nel gusto provocatorio dell'epoca (Den sorte drøm, 1911, Il sogno nero; Zu Tode gehetzt, 1912; Der Totentanz, 1912; Der Tod in Sevilla, 1913), ma anche commedie di giocosa levità (Die Suffragette, 1913; Engelein, 1913). Nel frattempo, dal 1912, attrice e regista si erano trasferiti in Germania. Dopo la separazione dal marito, proseguì la carriera con altri autori, passando gradualmente dal personaggio di diva dalla conturbante carica erotica a quello di attrice capace di interpretare i ruoli più diversi. In virtù del suo gusto mimetico, apparve en travesti nel divertente Das Liebes ‒ ABC (1916; L'abecedario dell'amore) di Magnus Stifter, inaugurando un fortunato filone 'maschile', culminato in Hamlet (1921; Amleto) di Svend Gade e Heinz Schall, in cui interpreta, con potente personalità, il tormentato principe-donna. Nella seconda parte della sua carriera fondò una casa di produzione con il nuovo marito, il ricco armatore F. Wingard, per offrirsi parti più impegnative in film d'arte di origine teatrale o letteraria (Rausch, 1919, Ebrezza, di Ernst Lubitsch, tratto da A. Strindberg; Der Reigen. Ein Werdegang, 1919, di Richard Oswald, dalla commedia di A. Schnitzler; Fräulein Julie, 1922, di Felix Basch, da Strindberg; Vanina, 1922, Notte di fuoco, di Arthur von Gerlach, da un racconto di Stendhal; Erdgeist, 1923, di Leopold Jessner, dalla commedia di F. Wedekind su Lulù; Hedda Gabler, 1925, di Franz Eckstein, da H. Ibsen). Nel frattempo aveva sposato Grigori Chmara, un attore del Moskovskij Chudožestvennyj Teatr (Teatro d'arte di Mosca) di Konstantin S. Stanislavskij, in tournée a Berlino nel 1921. Di quest'epoca restano memorabili le figure di prostitute interpretate in Die freudlose Gasse (1925; La via senza gioia, noto anche come L'ammaliatrice) di Georg W. Pabst, nel quale, vittima patetica di una società spietata, recita accanto alla giovane Greta Garbo, e in Dirnentragödie (1927; Tragedia di prostitute) di Bruno Rahn, in cui, ormai sfiorita, si innamora perdutamente di un giovane: il suo volto, ridotto a una maschera tragica e indagato dalla cinepresa con spietata lucidità, la mimica essenziale e la gestualità spoglia e introspettiva offrono un saggio di recitazione moderna. Notevole anche la sua prova nell'altro film di Rahn, Kleinstadtsünder (1927). Con l'avvento del sonoro l'attività cinematografica della N. si interruppe, salvo un effimero ritorno in Unmögliche Liebe. Vera Holgk und ihre Töchter (1932) di Eric Washneck. All'avvento del nazismo preferì tornare in patria piuttosto che accettare le lusinghe di J. Goebbels e del nuovo regime. Dopo una breve ripresa dell'attività teatrale, si ritirò definitivamente dalle scene all'inizio della Seconda guerra mondiale. Nel 1970, a 89 anni, sposò un mercante d'arte più giovane di lei di 18, confermando quella spregiudicatezza che aveva guidato le sue scelte di attrice. Nel 1945 pubblicò l'autobiografia Den tiende Muse.
A. Langsted, Asta Nielsen, København 1918.
I. Urazov, Asta Nielsen, Moskva 1926.
E.M. Mungenast, Asta Nielsen, Stuttgart 1928.
L. Eisner, Asta Nielsen, in "Cahiers du cinéma", décembre 1953.
P. Gobetti, Asta Nielsen, in "Cinema nuovo", 1958, 53.
G. Castello, Asta Nielsen, in "Bianco e nero", ottobre-novembre 1958.
Asta Nielsen: ihr Leben in Fotodokumenten, Selbstzeugnissen und zeitgenössischen Betrachtungen, hrsg. R. Seydel, A. Hagedorff, München 1981.
M. Engberg, Filmstjernen Asta Nielsen, Århus 1999.
P. Malmkjaer, Asta: mennesket, myten og filmstjernen: en biografi, København 2000.