ASTI (A. T., 24-25-26)
Città del Piemonte, provincia di Alessandria, situata sulla sinistra del Tanaro, ove il corso di questo fiume cambia direziorie volgendosi da NE. a E., e riceve, a monte, il torrente Borbore, a valle il torrente Versa. Le valli di questi e di altri torrenti minori che sboccano in questo tratto del Tanaro sono percorse da strade che fanno capo ad Asti, concorrendo ad aumentare il valore della posizione topografica di questa città, la quale divenne ben presto il centro storico ed economico di una vasta regione, che nel Medioevo fu detta Astisio e si designa tuttora col nome di Astigiano. La città si stende fra la breve pianura alluvionale che accompagna la riva sinistra del Tanaro e le ultime propaggini delle colline del Monferrato, a 123 m. sul mare; ma sulle colline che la circondano sono sparse parecchie frazioni, come Valle Andona a m. 191 sul mare, Montemarzo a 216, Mombarone a 249 m. Tagliato quasi per metà da oriente a occidente dalla grande strada Torino-Alessandria, che nella città prende il nome di via Alfieri, l'abitato si è in questi ultimi anni esteso verso E. e verso S., ove si trova la stazione ferroviaria, e anche oltre sino al Tanaro, mentre verso N., ove comincia la zona collinosa, sorgono continuamente nuove ville e palazzotti.
Asti è una delle più notevoli città di provincia del Piemonte, non solo per i ricordi del suo glorioso passato, ma anche per il fervore di vita che oggi l'anima e la rende un ricco ed attivo centro agricolo, industriale e commerciale. Le vie sono talvolta strette e irregolari nella parte antica della città; ma nella parte nuova sono diritte e ampie, e vi si allargano altresì vaste piazze con grandiose tettoie per i frequentatissimi mercati e per le fiere; queste fiere godono molta fama e richiamano moltissimi commercianti, non solo del Piemonte, ma anche delle altre regioni vicine. La fiera più nota è quella di S. Secondo per la quale accorrono molti negozianti di cavalli anche dall'Ungheria.
Il centro cittadino aveva nel 1921 una popolazione di 25 .042 ab.; il comune una popolazione di 40.537 ab. dei quali 28.209 vivevano accentrati e 12.388 sparsi. Per la sua posizione all'incrocio delle grandi strade che uniscono Alessandria e Torino da una parte, Cuneo, Alba e Casale e Milano dall'altra, Asti fu sempre uno dei centri abitati più importanti del Piemonte. Nel 1571 aveva 8339 ab.; 9572 nel 1612; 13.269 nel 1734; 12.632 nel 1753; 14.365 nel 1774. Il comune di Asti aveva 24.283 ab. nel 1839; 30.717 nel 1861; 31.033 nel 1871; 33.518 nel 1881; 39.251 nel 1901; 41.252 nel 1911. La lieve diminuzione che si riscontra fra quest'ultimo censimento e quello del 1921, rappresenta un fenomeno quasi generale per le città minori del Piemonte. Con decreto 29 marzo 1929 furono aggregati al comune di Asti i comuni di Castiglione d'Asti, San Marzanotto, Serravalle d'Asti, Sessant, Vaglierano, la frazione Montegrosso del comune di Cinaglio e parte del territorio di Castell'Alfero. Con queste aggiunte il comune di Asti viene ad avere una popolazione di 45.173 ab. Il più importante di questi centri abitati che vennero aggregati al comune di Asti è San Marzanotto (1298 ab.), in bella posizione sulla vetta di una collina (251 m.) sita sulla destra del Tanaro.
Grazie alla facilità di comunicazioni con tutto il Monferrato e le Langhe, Asti è sempre stata uno dei principali centri commerciali del Piemonte specialmente per le uve e per i vini. Numerosi sono gli stabilimenti vinicoli e nell'epoca delle vendemmie i suoi mercati delle uve sono frequentatissimi; specialmente dagli acquisitori delle uve barbera e grignolino, trovandosi Asti proprio nel centro di produzione del barbera. In media si commerciano ogni anno sul mercato di Asti più di 11.000 quintali di uve barbera e 7.000 quintali di uve comuni. Fiorente vi è perciò l'industria delle macchine e degli attrezzi per l'enologia e la viticoltura, specialmente quella delle damigiane e delle botti. Molto importante è anche il mercato dei bozzoli, con una media di 3500 quintali di bozzoli venduti. Molto frequentati sono inoltre il mercato settimanale del bestiame (40.000 capi di bestiame in media all'anno) e quelli giornalieri degli ortaggi.
Oltre alle industrie già menzionate, vi sono anche varie officine meccaniche, di cui una dà lavoro a parecchie centinaia di operai, fabbriche di fiammiferi, di turaccioli, di stoviglie e di laterizî, di oreficerie, filande di seta, maglierie, ecc.
Il territorio comunale, uno dei più estesi della parte piana e collinosa del Piemonte, è tutto a colline, ad eccezione della valle dei Tanaro, che qui è abbastanza ampia. Se si eccettuano i terreni ghiaiosi vicini al corso di questo fiume, tutto il territorio è fertile e coltivato intensamente (superficie agraria e forestale 11.828 ha. sopra una superficie totale di 12.515 ha. prima dell'ingrandimento). La pianura alluvionale presso la città (i cosiddetti gorreti del Tanaro), potendo essere facilmente irrigata mediante numerosi pozzi di facile escavazione, è mirabilmente coltivata a ortaggi, che formano oggetto di vasto commercio anche con l'estero. Diffuse sono altresì le colture di cereali e di foraggi; ma la coltura predominante è quella della vite, e specialmente del vitigno barbera, per cui è celebre in tutto il mondo il vino barbera di Asti.
Asti è anche un centro stradale e ferroviario molto importante: vi passa la grande linea Alessandria-Torino, e vi fanno capo l'Asti-Casale, l'Asti-Acqui, l'Asti-Chivasso, l'Asti-Alba-Bra. Linee tranviarie la uniscono a Montemagno e Casale, a San Damiano d'Asti e Canale, e linee automobilistiche a Costigliole d'Asti, Mombercelli, Govone, Bobbio, Villanova d'Asti, ecc.
Monumenti. - Residuo di costruzione romana alla base della Torre rossa di S. Caterina (corso Alfieri, di fronte a Via Varrone); marmi e colonne romane messi in opera nel Battistero di S. Giovanni e capitelli nella Cripta di S. Anastasia e in due pile d'acquasanta della cattedrale.
Particolarmente caratteristico dovette essere, fin verso la fine del sec. XVII, il profilo di A. per la folla delle torri medievali gentilizie e dei campanili (una tela esistente nel museo, datata 1760 e rappresentante Cristo che appare agli apostoli, ha per sfondo una veduta della città ancora singolarmente turrita). Parecchie rimangono ancora in piedi: la Torre Solara; la Troiana o dell'orologio; la Comentina o di S. Bernardino; la Malabayla; la Torre dei Guttuari, mozza e con merli aggiunti in epoca recente; dei Natta; dei Della Rovere, dei Ponte di Lambriasco; dei Roero di Cortanze: tutte, all'incirca, del sec. XIII; un poco più recente la torre dei Tre re, che è l'unico avanzo del palazzo De Regibus. Più antiche invece sono la torre ottagona detta Torre Rossa o di S. Secondo (la tradizione vuole che quivi stesse prigione il santo martire astigiano), e i due campanili romanici della cattedrale e della Collegiata di S. Secondo.
Dagli edifici sacri, oltre alla cattedrale, costruzione della prima metà del sec. XIV (nell'interno, assai rimaneggiato nel'600, due pale d'altare dell'ultimo Quattrocento, di scuola probabilmente vercellese; un grande polittico scomposto attribuito, senza ragioni convincenti, a Gandolfino d'Asti, affreschi tiepoleggianti di Carlo Carloni; negli armadî di sacrestia un ostensorio gotico del 1446, una croce astile eseguita dagli Ostini di Cremona nel 1505, qualche bel paramento settecentesco), e alla Collegiata di S. Secondo romanico-gotica (sec. XIII-XV) con vecchia cripta e bel tiburio romanico (al 1° altare di destra è un polittico di Defendente Ferrari), sono notevoli: la chiesetta di S. Pietro in Conzavia, presso porta Alessandria, del sec. XV, con un bel cornicione di terracotta; accanto, l'antico Battistero di S. Pietro, piccolo edificio a pianta circolare con cupola retta da colonne a capitello cubico, costruzione romanica non anteriore al mille (infissa alla parete interna, sotto una finestra, un'interessante scultura romanica); la cripta romanica di S. Anastasio; il Battistero di S. Giovanni (bel coro di legno intagliato del pavese Baldino de Surso, del 1477; chiostro e resti della vecchia cripta); la chiesa di S. Maria Nuova con una bella tavola di Defendente Ferrari.
Delle molte case e palazzi privati e pubblici di cui Asti andò gloriosa nei secoli XIII-XV si possono ancora osservare avanzi notevolissimi: le case trecentesche degli Asinari (Via Natta), dei Pelletta (via Varroni), dei Catena (via XX Settembre), dei San Giovanni (via Natta), dei Montafia (Via Mazzini), degli Zoia (via Carducci), dei Roero di Monteu (via Roero) e dei Roero di Cortanze (via S. Martino), dei Della Rovere (via Gioberti), e la cosiddetta Casa del podestà (via Pellicciai). Del primo Rinascimento (qui come in tutto il Piemonte sempre un poco tardivo) è la casa Mazzola in via Buon Pastore, il palazzo Malabayla in via Mazzini, la casa Falletti in via Gioberti.
Nel '600 e '700 l'importanza economica e politica di Asti era in gran parte caduta e molte delle cospicue famiglie astigiane erano emigrate a Torino; pochi e di poca importanza sono pertanto gli edifici del Cinquecento e barocchi. A Benedetto Alfieri, cugino del poeta, Asti deve le due sue più belle fabbriche settecentesche: il Seminario e il palazzo che fu dimora della famiglia Alfieri (Vittorio vi nacque il 16 gennaio 1749) e che dovette essere costruito abbattendo l'avita casa medievale di cui appena si vedono tracce nel cortile. Donato poi alla città, il palazzo è ora sede d'un museo di cimelî alfieriani e di altre varie collezioni di pitture, di stampe, di ceramiche, di curiosità che hanno, peraltro, un interesse prevalentemente locale. (V. Tavv. XVII e XVIII).
Bibl.: E. Masi, Asti e gli Alfieri nei ricordi della Villa di San Martino, Firenze 1903; Asti, Ivrea s. a.; Min. della P. I., Elenco degli edifici monumentali, I, Provincia di Alessandria, Roma 1911; N. Gabiani, Le torri, le case-forti ed i palazzi nobili medievali in Asti, Pinerolo 1906; id., La cattedrale d'Asti nella storia e nell'arte, Asti 1920.
Storia. - Asti (Hasta) fu municipio romano, nella regione IX augustea (Liguria), dominante la valle del Tanaro.
La città era attraversata dalla via Fulvia, che congiungeva Forum Fulvii (Villa del Foro) con Pollentia. Il nome rivela origini preromane; in molte iscrizioni e presso i codici migliori di Plinio (Nat. Hist., III, 49) è trascritto Hasta; più raramente, in iscrizioni, Asta. Il sorgere della città romana è verisimilmente collegato alla prima sistemazione romana di tutta la regione del Monferrato avvenuta verso la fine del sec. II a. C., quando fu costrutta la via Fulvia, e fu estesa a tutta la regione la tribù Pollia. S'ignora quando Hasta, ascritta anch'essa a questa tribù, sia divenuta municipio, e mancano dati per determinare l'estensione del suo territorio. Le iscrizioni menzionavano II viri quinquennales, II viri iuri dicundo, aediles, VI viri, ecc.; un collegium fabrum Hastensium (Corpus Inscr. Lat., V, 7555). Gli avanzi romani di Asti sono finora poco numerosi. Plinio loda i calices di officine astensi (Nat. Hist., XXXV, 12, 160): gli scavi però finora non rivelarono quali fossero questi peculiari prodotti. Nella decadenza dell'Impero sembra che invano sia stata assalita da Alarico (Claudiano, De VI cons. Honorii, v. 202: moenia vindicis Hastae).
Bibl.: E. Pais, Intorno alla conquista ed alla romanizzazione della Liguria e della Transpadana occidentale, e L'estensione della tribù Pollia, ecc. (in Storia di Roma. Dalle guerre puniche a Cesare Augusto, Roma 1918); G. F. Muratori, Asti colonia romana e le sue iscrizioni latine, Torino 1869; N. Gabiani, Asti nei suoi principali ricordi storici, I, in Bibliot. della Soc. Stor. Subalpina, CII, Pinerolo 1927.
Si discute ancora oggi sull'epoca in cui il cristianesimo sarebbe penetrato in città e sulla determinazione cronologica del primo vescovo. V'è chi nega una rapida diffusione del cristianesimo in questa regione e la ritarda di qualche secolo, e chi la anticipa ai tempi apostolici; chi non ammette vescovi in Asti prima della metà del sec. V, e chi fa primo vescovo S. Evasio, poco dopo la metà del III. E v'è anche l'opinione intermedia di chi, pur non accettando il racconto tradizionale degli storici d'Asti, secondo cui primo diffusore del cristianesimo nell'Astigiano sarebbe S. Siro, verso la metà del sec. I, crede in una rapida e pronta diffusione della nuova religione, facilitata anche dal trovarsi l'Astigiano su grandi vie di comunicazione. Così, in base a questa opinione, si potrebbe ammettere che la tradizione locale non abbia torto nel considerare. S. Marziano come primo vescovo di Tortona se pur non ancora nello stretto senso della parola; e si potrebbe anche ritenere che egli abbia efficacemente predicato in Asti la religione cristiana. Così pure si potrebbe accettare l'ipotesi che allo stesso modo anche qui qualche vescovo non altrimenti identificabile - quantunque la tradizione locale voglia identificarlo con S. Evasio - sia esistito prima di quello chiamato Pastore, che è il primo di cui si abbia notizia certa ed autentica, e che pontificò verso la metà del sec. V.
Durante le invasioni barbariche, le devastazioni, i frequenti passaggi di soldatesche, le oppressioni fiscali resero tristissime le condizioni di Asti e di tutta la regione: Asti in particolar modo dopo la morte di Teodorico è ufficialmente riconosciuta come la città più gravata di tutte. Durante la dominazione di Odoacre e quella degli Ostrogoti essa seguì politicamente le sorti del resto d'Italia; e alla venuta dei Longobardi venne occupata da questi nei primi tempi della conquista, subito dopo la presa di Milano, cioè verso il novembre del 569. Fu poi eretta in ducato. Ci è noto con sicurezza solo il nome del duca Gundoaldo, fratello di Teodolinda; forse dopo di lui fu duca Ariberto, prima di essere eletto re. Più tardi, verso il 660-665, Asti è ricordata nella contesa fra Grimoaldo e Pertarito: le milizie dei Franchi che accompagnavano quest'ultimo nel suo ritorno dalla Gallia subirono una grave sconfitta poco lungi da Asti, a Refrancore, nel 665. Sostituitasi alla longobarda la dominazione dei Franchi, Asti fu sede d'un comitato del quale pochissimi sono i conti a noi noti: il più conosciuto è Suppone, che morì avanti l'anno 887.
A cominciare dal sec. X, in Asti, di fronte all'autorità comitale che va affievolendosi, sorge a poco a poco un'autorità nuova, quella del vescovo. Egli esercita, infatti, accanto al potere religioso anche quello civile, estendendolo sempre più in forza di concessioni imperiali: notevole, fra l'altre, quella di Ottone I, che nel 961 concesse o riconfermò al vescovo Brunengo la districtio o giurisdizione civile nella città, con un circuito di due miglia all'intorno, che diventarono poi quattro nel 969 con il vescovo Rozone, e sette nel 1041 sotto Pietro II, per concessione di Enrico III. Così, verso la metà del sec. XI l'autorità comitale era esercitata di fatto - in diritto invece solo dal 1094 per concessione di Enrico IV - dal vescovo nella città, mentre quella del conte laico era venuta restringendosi fuori del circuito segnato dai diplomi imperiali. Così l'autorità vescovile aveva raggiunto il suo apogeo; ma doveva ben presto cedere di fronte a un'altra, cioè a quella del comune, che in quel tempo era già in via di formazione, e mezzo secolo dopo ci appare definitivamente costituito.
Vescovo e comune procedettero tuttavia dapprima di conserva, perché il secondo, pur essendo talora in contrasto con il primo per questioni particolari, in diritto ne riconosceva l'autorità. Veramente quando le temporanee questioni tra il comune e il vescovo offrivano occasione, i conti cercarono di riprender potere in città: ad es., la contessa Adelaide, vedova di Oddone di Savoia, nel 1070 e nel 1091 distrusse la città in occasione appunto di questioni di questo genere. E così i conti potevano nuovamente intervenire nella vita cittadina allorquando la lotta con qualche comune nemico spingeva vescovo e comune ad allearsi col conte: come accadde nel 1098 con Umberto III di Savoia. Ma quando più tardi l'autorità del comune prevalse decisamente, le contese tra esso e il vescovo sorsero più frequenti.
Alla venuta di Federico Barbarossa, nel 1154, il vescovo Anselmo, approfittando delle lagnanze mosse all'imperatore dal marchese di Monferrato, che cominciava a nutrir timore per la crescente potenza di Asti, unì le sue proteste a quelle del marchese; e Federico, avvicinatosi alla città, la prese dandola poi in preda al saccheggio e alle fiamme ed obbligandola a fare atto di sottomissione. Con quest'ultimo atto, però, la città ritornava in grazia, e un diploma emanato nel 1159 riconobbe ufficialmente il comune, dandogli il fondamento giuridico del riconoscimento imperiale. A capo del comune furono allora posti podestà imperiali, scelti però fra i cittadini. Nel 1168 Asti si staccò dall'imperatore e si accostò alla lega lombarda nella speranza di abbattere definitivamente la potenza del marchese di Monferrato; ma alla quinta discesa del Barbarossa, nel 1174, quando questi la cinse d'assedio, essa si arrese dopo pochi giorni, tornando alla parte imperiale. Così comparve al fianco di Federico nella tregua di Venezia del 1177 e nell'atto della pace di Costanza del 1183.
I decennî che seguono sono forse i più gloriosi della storia di Asti. Mentre infatti da una parte il frazionamento e l'indebolimento progressivo dei dominî feudali vicini permettevano al comune di allargare i limiti della sua giurisdizione, acquistando nuovi territorî e con le dedizioni volontarie e con la conquista a mano armata, dall'altra parte la favorevolissima posizione geografica, in una regione attraversata da molte vie di comunicazione, percorsa abitualmente dal traffico non pure intercittadino, ma da quello stesso internazionale tra la valle padana e i paesi d'oltre Alpe, e l'attività commerciale e bancaria dei suoi cittadini, facevano di Asti uno dei più ricchi e potenti comuni dell'Italia settentrionale, certo il più potente comune del Piemonte. Dopo essersi dedicati all'industria e al commercio dei panni, gli Astigiani, appresa dai Genovesi, secondo la tradizione, l'arte del cambio, la esercitarono poi in tutti i paesi d'Europa, dove le famiglie più illustri della città avevano fondato banche solidissime. E così, tra i mercanti e banchieri "lombardi" stabiliti in Francia e in Fiandra, troviamo in prima linea, accanto a quelli di Milano, Piacenza, Siena, Lucca, Firenze, gli Astigiani.
Indice della maturità e della forza politica raggiunti dal comune, fu la guerra combattuta contro Tomaso II di Savoia. Questi fu sconfitto nel 1255, fatto prigioniero dai Torinesi e poi consegnato da questi agli Astigiani, contro i quali si scatenò una guerra accanita, con le armi e con le rappresaglie ai danni dei loro mercanti e dei loro banchieri; giacché, a difesa del prigioniero, insorsero, oltre ai suoi fratelli, anche il papa, i re d'Inghilterra e di Francia e i principali signori subalpini. La guerra costò al comune una somma enorme di denaro; ma non gli impedì, meno di vent'anni dopo, di trionfare d'un altro temibile nemico, Carlo d'Angiò, che, già signore di parecchie città del Piemonte, diventato re di Sicilia, cercava di estendere la sua signoria anche su tutta la valle padana. Asti gli tenne testa per molti anni e infine, stretta in lega con Genova, con Pavia e col marchese del Monferrato, coronò degnamente con la vittoria di Roccavione, del 1275, quella che ben può chiamarsi la riscossa del Piemonte contro lo straniero.
Ma la fine del secolo XIII doveva segnare per Asti l'inizio di quel periodo nel quale le discordie intestine preparano l'avvento del regime signorile. Le contese fra le famiglie nobili dei Solaro e dei de Castello, che facevano rivivere, se pur con altro significato, del sec. XIII per cause in parte politiche, ma soprattutto economiche ("per gelosie di ricchezze", come si esprime un cronista contemporaneo), riarsero più violente intorno al 1300. E poiché i primi si appoggiavano di preferenza sul popolo, i secondi cercarono aiuto nei marchesi di Saluzzo e del Monferrato, contro i quali, a difesa dei Solaro, entrarono in campo Alba e i suoi alleati, nonché il ramo sabaudo dei principi d'Acaia, rivale dei marchesi di Monferrato e di Saluzzo. Intorno a un episodio di lotta politica interna si riapriva così tutta la lotta per l'egemonia nel Piemonte.
Nel 1303 i Solaro, per l'intervento dei due marchesi, furono cacciati; ma un anno dopo, la stessa sorte toccò ai de Castello, che furono obbligati a uscire dalla città dal popolo aiutato da Filippo d'Acaia. Le discordie parvero allora cessare, per l'arbitrato di Amedeo V, conte di Savoia, e di Filippo d'Acaia; riarsero una seconda volta, nel 1310, alla venuta di Enrico VII. Ma nel 1313, questi, irritato contro il comune, che si era dato a Roberto d'Angiò per opera dei Solaro, divenuti nuovamente padroni della città, donò Asti ad Amedeo V di Savoia. La donazione non ebbe effetto; ma le lotte civili ebbero per conseguenza di far avvicendare su Asti il dominio del marchese di Monferrato e dei Visconti, finché nel 1387 Gian Galeazzo Visconti comprendeva Asti nella dote assegnata alla figlia Valentina, sposa di Luigi d'Orléans. Il governo degli Orléans, per virtù specialmente di Valentina, lasciò in Asti molto buon ricordo di sé, e gli Astigiani furono sempre affezionatissimi alla nuova signoria. Ma, caduto Carlo d'Orléans nelle mani degl'Inglesi alla battaglia di Azincourt (1415), Asti costituì la mira delle ambizioni dei Savoia, dei Visconti e dei marchesi di Monferrato, che avrebbero voluto impadronirsene; finché il dominio effettivo del comune, sotto l'apparenza di un deposito a tutela del diritto degli Orléans fino alla liberazione di Carlo, ritornò nel 1422 a Filippo Maria Visconti. Ma quando Carlo d'Orléans fu liberato nel 1441, fu ostacolato nei suoi diritti legittimi dagl'intrighi del duca di Milano, sì che egli poté riottenere Asti solo alla morte di Filippo Maria, nel 1447. Egli lasciava poi la città al figlio Luigi, il futuro re di Francia Luigi XII. E così la città diveniva, all'inizio delle guerre d'Italia, dal 1494 in poi, punto d'appoggio della politica francese e base militare della lotta contro il Milanese.
In quel fortunoso periodo, che va dal 1494 al 1551, Asti finì col seguire le sorti del Milanese; così, cacciati i Francesi dalla Lombardia nel 1512, passò sotto la signoria di Massimiliano Sforza, e nel 1522 passò al fratello di lui Francesco II per la sconfitta toccata presso la Bicocca ai Francesi. Poi la città fu sotto il dominio di Carlo V che, dopo averla infeudata al conte di Lannoy viceré di Napoli, alla morte di questo la conferì, insieme col suo contado, a Beatrice di Portogallo, moglie di Carlo II di Savoia, nel 1530. La morte di Beatrice, avvenuta nel 1538, fece passare Asti teoricamente sotto il dominio della casa sabauda; essa fu infatti ereditata da Emanuele Filiberto, allora principe di Piemonte. Ma in realtà durante la dominazione dei Francesi in Piemonte, dal 1536 al 1559 Asti fu presidiata dalle milizie di Carlo V, le quali vi rimasero anche dopo la pace di Château Cambrésis, e solo nel 1575, dopo cioè che Enrico III re di Francia ebbe restituito ad Emanuele Filiberto le ultime città piemontesi ancora trattenute dai Francesi, Filippo II non poté più differire la restituzione di Asti, come egli avrebbe invece desiderato. Asti infatti avrebbe rappresentato per il dominio spagnolo nel Milanese un antemurale di grande importanza. È naturale pertanto che, nella prima guerra per la successione del Monferrato, la Spagna cercasse di riprendere la città a Carlo Emanuele I, che la difese valorosamente in persona e vi stipulò due trattati, uno il 1° dicembre 1614, l'altro il 21 giugno dell'anno seguente, ponendo fine alla guerra. Anche nelle altre guerre combattute nei secoli XVII e XVIII, sia in quella civile per la tutela di Francesco Giacinto e di Carlo Emanuele II tra Madama Reale e i cognati principe Tommaso e cardinale Maurizio di Savoia, sia in quelle di successione di Spagna e successione d'Austria, Asti fu contesa e ripetutamente presa e ripresa dalle parti belligeranti.
Nel 1797, a somiglianza di altre città del Piemonte, in Asti scoppiava la rivoluzione contro il governo del re di Sardegna Carlo Emanuele IV. Il 22 luglio, tolta occasione dal caro prezzo del grano, scoppia il tumulto; il 26 si proclama la repubblica, che una controrivoluzione rovescia subito dopo, prima ancora che giungano a ristabilir l'ordine le truppe regie. Assai più grave e cruento invece il movimento del maggio 1799, durante la reazione contro i Francesi, quando, entrati in città duemila contadini, che sparavano all'impazzata senza uccidere alcuno, nella repressione le milizie francesi ne uccisero parecchi. E dopo, a vendetta di due soldati uccisi non dai cittadini ma dai compagni stessi durante il moto, 95 contadini furono arrestati; di essi, dopo un processo sommario, vennero massacrati 86. Annesso il Piemonte alla Francia, Asti fu il capoluogo del dipartimento del Tanaro. Nel 1814, alla restaurazione, ritornò definitivamente sotto il governo di Casa Savoia.
Tra i personaggi più notevoli di Asti, ricordiamo i cronisti e gli storici: Ogerio Alfieri, vissuto nel sec. XIII, morto dopo il 1294, autore di una breve cronaca (Aliquid de historia civitatis Astensis) da Brenno al 1294; Guglielmo Ventura (v.); Secondino Ventura, forse nipote del precedente, vissuto nella prima metà del sec. XV, autore di una continuazione del Memoriale di Guglielmo; Antonio Astesano (v.); Serafino Grassi (v.).
Bibl.: Per la bibliografia anteriore al 1891 v. la Bibliografia storica degli stati della monarchia di Savoia, II. Inoltre: C. Cipolla, Appunti sulla storia di Asti dalla caduta dell'impero rom. al principio del sec. X, in Atti R. Istituto Veneto, 1889-1891; G. Surra, Vicende della lotta tra il Comune astigiano e la casa d'Angiò (1159-1314), Torino 1893; G. Bosio, Storia della Chiesa d'Asti, Asti 1894; P. Valente, Il Comune astigiano e la lotta contro Federico I, in Rivista di storia di Alessandria, V (1896); F. Gabotto, La vita in Asti al tempo di Giovan Giorgio Alione, Asti 1899; N. Gabiani, Rivoluzione, repubblica e controrivoluzione in Asti nel 1797. Diario sincrono di Stefano Incisa, in Biblioteca della Società storica subalpina, XIX, Pinerolo 1903; E. Masi, Asti e gli Alfieri nei ricordi della villa di San Martino, Firenze 1903; F. Gabotto, Asti e la politica sabauda in Italia al tempo di Guglielmo Ventura, in Bibl. Soc. stor. sub., XVIII, Pinerolo 1903; N. Gabiani e F. Gabotto, Conributi alla storia di Asti nel Medioevo, in Biblioteca Società storica e subalpina, XXXIII, Pinerolo 1906; N. Gabiani, Carlo Emanuele I di Savoia e i due trattati d'Asti, Asti 1906.