HERCOLANI (Ercolani), Astorre
Nacque a Bologna l'11 genn. 1779 dal patrizio bolognese Filippo, principe del Sacro Romano Impero e marchese di Blumberg, e da donna Corona Cavriani.
La famiglia, a Bologna dal secolo XV, era "senatoria" da alcune generazioni e aveva avuto personaggi rimarchevoli. Fra tutti spicca un Filippo, creato principe del Sacro Romano Impero nel 1699, ambasciatore cesareo a Venezia, importante bibliofilo e collezionista di codici e dipinti, le cui raccolte godettero di tale fama che alla sua morte Carlo VI, temendone la dispersione, diede mandato al segretario N. Vastarobba di prenderle in consegna cautelativa (Bologna, Biblioteca Universitaria, Mss., 9L, n. 29; catal. dei manoscritti italiani, I, 44). Nel 1845 vennero tuttavia messe in vendita (cfr. Collezione di codici, manoscritti e quadri vendibili nella città di Bologna al civico 286 di Strada Maggiore, Bologna 1845), ma fortunatamente gran parte fu acquistata in seguito dalla Biblioteca comunale dell'Archiginnasio (cfr. Catalogo dei codici e manoscritti spettanti già al patrimonio Hercolani, acquistati dal Municipio per la propria Biblioteca l'aprile 1872, ms. cartaceo in folio). Poiché la discendenza di Filippo si estinse nel 1761 col figlio Alfonso, il titolo principesco passò al cugino Marcantonio, avo dell'Hercolani.
Il padre dell'H., Filippo (1736-1810), fu pure personaggio notevole: gran mecenate degli studi bolognesi e delle arti, poeta (Poesie del senator Filippo Hercolani, Bologna 1775) e partecipe attivo alla vita pubblica della città, della quale nel 1777 fu gonfaloniere (era stato ascritto al Senato nel 1775). Operando in tempi tempestosi, fu il primo della famiglia a manifestare idee illuministiche, nell'ambiente bolognese vicino a F. Albergati Capacelli, pur essendo gran croce del tradizionalissimo Ordine di S. Uberto di Baviera. Nel 1796 (peraltro d'accordo con il cardinal legato A. Vincenti Mareri) firmò l'editto che proibiva di contrastare le truppe francesi di passaggio sul territorio bolognese, anche se poi nel 1799, all'arrivo degli Austro-Russi, fu nella deputazione inviata dalla città al generale J. Klenau. Nel 1797, avendo il cardinal legato lasciato Bologna, aveva pubblicato il 20 giugno un "avviso" che rivendicava al Senato il governo della città. In epoca napoleonica fece parte del Collegio elettorale dei possidenti. Una nota autografa del viceré Eugenio de Beauharnais a Napoleone ne illustra le benemerenze in vista della nomina a senatore del Regno Italico, definendolo "très attaché à Votre Majesté" (ed. da Veggetti).
L'H. ricevette una prima accurata educazione in patria, passando poi al collegio dei nobili di Modena, dove sostenne brillantemente pubbliche tesi di filosofia. Rientrato a Bologna fu tra coloro che favorirono i Francesi, entrati in Emilia. Nell'ottobre 1797 fu uno dei "benemeriti cittadini […] scelti per la formazione degli Usseri a norma dell'ordine del generale in capo" (Il Quotidiano, 12 ott. 1797), sebbene in quell'occasione la famiglia facesse tutto il possibile per farlo esentare (sembra perfino che presentasse una raccomandazione di Letizia Bonaparte, che non ebbe però effetto). L'H. fu iscritto alla massoneria quando essa stava già perdendo le sue iniziali tendenze antibonapartiste, divenendo anzi un sempre meno segreto strumento di governo. Dopo Marengo fece parte della Commissione annonaria, della deputazione delle Acque e dell'Amministrazione dipartimentale, cariche dalle quali però presto si dimise per assumere quella di comandante della guardia nazionale. In questa veste, insieme con il colonnello A. Dondini, partecipò a fianco delle truppe francesi all'assedio di Ferrara. Il 23 brumaio anno X (14 nov. 1801) la Commissione straordinaria di governo lo incluse fra i notabili del dipartimento del Reno destinati a partecipare ai Comizi nazionali di Lione; tuttavia non risulta che fosse attivo in quell'assemblea (o se vi si recò realmente: non compare infatti nell'elenco dei membri della Consulta presenti a Lione, compilato in occasione del grande ricevimento offerto loro da Talleyrand all'hôtel Europe: cfr. I Comizi di Lione…, p. 474). Il 26 genn. 1802 l'H. fu nominato, come suo padre, membro del Collegio elettorale dei possidenti.
Secondo alcune fonti, nel luglio 1805, al passaggio per Bologna di Napoleone neo re d'Italia, avrebbe comandato la guardia d'onore, ricevendo in premio la carica di ciambellano e la conferma del grado di comandante generale della guardia d'onore del Regno Italico; secondo altre (cfr. Zanoli, p. 388) comandò solamente una compagnia della guardia, col grado di capitano (equiparato però a quello di colonnello delle truppe di linea), e fu premiato con l'Ordine della Corona ferrea e il titolo di conte dell'Impero.
L'H. acquistò maggior rilievo quando, caduto Napoleone, partecipò in posizione distinta al tentativo murattiano del 1815. Dopo il proclama di Rimini (30 marzo 1815), per ordine di re Gioacchino presiedette la commissione per la riorganizzazione della guardia nazionale; secondo il generale C. Filangieri aiutante di campo del re, promise - in modo senza dubbio avventato - di impegnarsi ad arruolare 12.000 volontari per l'impresa indipendentista. Negli eventi bellici fu fra i consiglieri del commissario civile per la Romagna Pellegrino Rossi, colonnello comandante in capo della guardia nazionale dipartimentale e maresciallo di campo. Al momento della ritirata seguì dapprima le truppe napoletane, ma poi si rifugiò per qualche tempo a Roma con la famiglia.
All'epoca della Restaurazione non risulta che fosse molestato. Non comparve davanti alla commissione austriaca che processava i membri della sconfitta congiura militare, ma fu citato in numerose testimonianze: ad esempio, il generale T. Lechi dichiarò che "il generale C. Zucchi ed il principe Hercolani di Bologna avevano tentato di organizzare con i reggimenti di Bologna, Modena e Parma l'insurrezione generale al di là del Po, col concorso di alcuni generali italiani dell'esercito austriaco [l'ufficialità italiana era in fermento per la nomina di colonnelli tedeschi nei reggimenti italiani] e con l'aiuto di una società dei più scelti negozianti e signori di Milano"; e l'avvocato G.R. Soveri Latuada affermò che "il centro dell'operazione non era più Milano ma Bologna, dove sono il conte Azucchi [sic: A. Agucchi] e il principe Hercolani", e che "il generale C. Zucchi, dovendo lasciar Reggio per prendere la testa delle truppe, temporeggiò, per lasciare all'Hercolani, con cui era in corrispondenza, la cura delle operazioni di là da Po" (cit. in Spadoni, II, rispett. pp. 29 e 41).
Nel 1817 l'H. rifiutò la nomina a membro del rinato Senato bolognese. Da tempo legato alla massoneria, come si è accennato, si orientò verso la nuova corrente dei "guelfi", che doveva sostituirsi con carattere di maggiore segretezza alla massoneria tradizionale, resa quasi pubblica dall'impero.
Nell'ottobre 1817 la riforma "latina" del "guelfismo" venne approvata segretamente nel suo palazzo, che per anni fu ritenuto da polizia e spie pontificie il luogo di convegno dei capi delle cospirazioni antipapaline; e certo apertamente antipapaline erano se, nel luglio 1814, i conti A. Agucchi e C. Bianchetti, eminenti rappresentanti del liberalismo bolognese facente capo all'H., si erano presentati al congresso di Vienna manifestando di preferire d'esser sottoposti al governo austriaco piuttosto che a quello pontificio. Il liberalismo bolognese, che aveva salde radici nella massoneria, non volle mai impegnarsi troppo nella carboneria, che invece dominava in Romagna, dove la massoneria non era mai stata forte e non era ormai più che un ricordo. A tentare di diffondere la carboneria in Emilia fu principalmente il ravennate L. Zubboli, uno dei capi dei carbonari romagnoli, dal 1815 reggente della "vendita" di Bologna. Tuttavia egli non riuscì a ottenere risultati di rilievo, perché gli aristocratici massoni del liberalismo bolognese diffidavano di lui, popolano e di fama alquanto dubbia, che si rivolgeva con criteri poco selettivi anche agli ambienti studenteschi e popolari, mentre essi volevano limitarsi ad arruolare solo elementi "di sperimentata fede e di provati talenti". Per di più lo Zubboli sosteneva l'ipotesi di un governo rappresentativo nell'ambito dello Stato pontificio, di cui si è detto cosa pensassero i capi del liberalismo bolognese: egli tentò invano di vincere la freddezza dell'H. e finì col tacciarlo di "orgoglioso egoista", sul quale correvano voci di segrete intese con Carlo Alberto (Mambelli, p. 324). Da questa scarsa collaborazione fra le diverse forze derivò l'accusa all'H. - da parte dei cospiratori romagnoli del 1820-21 - di aver frenato la loro progettata azione militare; essi la basavano anche su sospetti di bonapartismo in alcune scelte, forse aggravati dalle nozze nel 1818 del figlio dell'H., Alfonso, con Anna Jouberthon, figliastra di Luciano Bonaparte.
Non ancora cinquantenne l'H. fu colpito da una grave infermità: "per uno stravaso di umori bianchi nel cerebro" rimase lungamente invalido e morì a Bologna il 25 marzo 1828.
Ebbe funerali religiosi di grande magnificenza, forse per sottolineare il superamento del suo passato massonico, e fu sepolto nella cappella di famiglia nel cimitero bolognese. Come suo padre l'H. fu amante e protettore delle arti, e non lesinò mezzi per incoraggiare i giovani allo studio di esse e soccorrere gli "indigenti vergognosi". Aveva contratto un vantaggioso matrimonio con Maria dei marchesi Malvezzi Lupari. Fra i discendenti si distinse per meriti patriottici un nipote, anch'egli di nome Astorre (Bologna 25 sett. 1826 - Reggio Emilia 7 genn. 1869), che nel 1859 fu deputato all'Assemblea dei popoli delle Romagne e fra i firmatari della proposta di annessione al Regno di Sardegna; nel 1860 poi venne eletto plenipotenziario per La lega politico-militare fra Bologna, Modena, Parma e la Toscana.
Fonti e Bibl.: Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, Mss., B.203, Lettere di diversi, n. 142 (G.B Tomitano all'H., Oderzo, 10 dic. 1825); B.220 (236 lettere del principe Filippo, padre dell'H., al conte C. Zampieri, 1764-77); B.221 (215 lettere dello stesso, 1778-83, tutte provenienti dal Fondo Hercolani); B.699-736: B. Carrati, Genealogie bolognesi (n. 36); B.472 (personaggi della famiglia Hercolani); B.473 (miscellanea di carte Hercolani). Bologna, Biblioteca Universitaria, Mss., 388.7 (lettera di Filippo Hercolani a G.F. Fracassati, 9 marzo 1703); 1721.30: Esposizione di come il recarsi alla conversazione del conte principe Filippo Hercolani nel carnevale 1716 sarebbe spiaciuto assai a Clemente XI, con la risposta del principe Hercolani; Pesaro, Biblioteca Oliveriana, Mss., 1662, Varie, X, Statistica della libreria della principesca casa Hercolani (f. del sec. XIX, cc. 8); 1905, f. II.2 (24 lettere di Filippo Hercolani al conte A. Antaldi, 1804-05); 1908, f. II (lettere della principessa Maria Hercolani Malvezzi al prolegato L. Ciacchi, Bologna, 14 apr. 1829, e al card. G.M. della Somaglia, segretario di Stato, 13 ott. 1827; lettera del card. C. Guerrieri Gonzaga all'H., Roma, 4 dic. 1822).
J.A. Calvi, Notizie della vita e delle opere di Giovan Francesco Barbieri detto il Guercio da Cento celebre pittore…, con dedica in versi di Filippo Hercolani a Napoleone, Bologna 1808; F. Cavriani, Elogio del senatore Filippo Hercolani, Milano 1811; Gazzetta di Bologna, 15 apr. 1828 (necr. dell'H.); A. Zanoli, Sulla milizia cisalpino-italiana. Cenni storico-statistici dal 1796 al 1814, I-II, Milano 1845, p. 388; L. Frati, Opere di bibliografia bolognese, I, Bologna 1888, coll. 1225 n. 9486, 1226 nn. 9490, 9492; D. Spadoni, Sette, cospirazioni e cospiratori nello Stato pontificio all'indomani della Restaurazione…, Roma-Torino 1904 (non menziona l'H., ma illustra bene il suo ambiente); U. Pesci, I bolognesi nelle guerre nazionali, Bologna 1906, p. 6; G. Ungarelli, Il generale Bonaparte in Bologna, Bologna 1911, pp. 32, 102, 207, 256; G. Rocchi, Dai manoscritti Hercolani della Biblioteca dell'Archiginnasio, in Id., Scritti vari, Bologna 1928, pp. 217-266; E. Veggetti, Note inedite di Eugenio Beauharnais sui candidati al Senato del Regno Italico, in Rass. stor. del Risorgimento, XX (1933), p. 125; I Comizi di Lione per la costituzione della Repubblica Italiana, a cura di U. Da Como, I, Bologna 1934, pp. 419, 474; II, ibid. 1935, p. 243; III, pt. 2, ibid. 1940, p. 65 (cenno biogr. sull'H.); A. Mambelli, I forlivesi nel Risorgimento nazionale da Napoleone a Mussolini. Diz. biografico…, Forlì 1936, pp. 323 s. (cenni s.v.L. Zubboli); D. Spadoni, Milano e la congiura militare nel 1814 per l'indipendenza italiana, II, La congiura militare e il suo processo, Modena 1937, pp. 15, 29, 41 s., 44, 50, 54 s. (p. 41 n. 2, cenno biogr. sull'H.); G. Moroni, Diz. di erudizione storico-ecclesiastica, CII, p. 15; C. Frati, Diz. bio-bibliografico dei bibliotecari e bibliofili…, Firenze 1934, s.v.Filippo Hercolani (1663-1722); Enc. biografica e bibliografica "Italiana", F. Ercole, Gli uomini politici, III, Roma 1941, p. 197; Lessico universale italiano, IX, p. 673 (sul padre Filippo).