astrarre
La voce è usata da D. (cfr. il latino abstrahere) col significato etimologico di " separare " e quindi " prescindere ", " staccare ". Ricorre in Cv III XI 13, XIV 11, IV XXI 8, XXVIII 5. In IV XXI 8 è detto che se l'intellettuale vertude o intelletto possibile (v.), per esser ricevuta da un'anima pura, è bene astratta e assoluta da ogni ombra corporea, in quest'anima meglio risplende la bontà divina. Cioè quanto maggiore è la perfezione naturale dell'anima, tanto più l'intelletto possibile - sorto in essa per virtù del seme paterno e del motor primo - è " separato " e si trova così " sciolto " da ogni legame con il corpo. In Cv IV XXVIII 5 è definita la condizione dell'anima tornata a Dio, come astrattasi da le mondane cose e cogitazioni, cioè " svincolata " e quindi, positivamente, " liberata " dalla sua condizione terrena. Questa ‛ liberazione ' dal terreno è caratteristica della filosofia come ‛ amore della sapienza ': dice D. infatti: dove la filosofia è in atto, si dichina un celestial pensiero, nel quale si ragiona questa essere più che umana operazione: e dice ‛ del cielo ' a dare a intendere che non solamente essa, ma li pensieri amici di quella sono astratti da le basse e terrene cose (Cv III XIV 11). La filosofia, nel Convivio, realizza l'elevazione dell'anima verso la divina Sapienza liberandola da ogni impedimento terreno. Un uso più vicino a quello scolastico è in Cv III XI 13, in cui D. parla della vera amistade, astratta de l'animo, solo in sé considerata, dove è indicata l'operazione logica per cui l'intelletto " separa " un elemento (cioè l'amistade) dalle sue relazioni obiettive (che lo legano all'animo) e lo considera di per sé (per questo uso tecnico cfr. Mn I XI 3). Da non trascurare la nota del Pézard a questo passo: " Ou bien cette abstraction n'existe pas et le texte ne veut rien dire, ou bien Dante dit deux fois la même chose puisqu'il écrit ensuite et plus clairement: solo in sé considerata. Je traduis astratta de la même façon que j'ai traduit plus haut l'expression la vera e perfetta amistade, de l'onesto tratta (III III 11); la ‛ quinte essence ' étant l'élément le plus sublime et originel d'un corps matériel ou spirituel ". È inoltre da sottolineare in D. l'uso prevalente di a. nel senso platonico-cristiano di ‛ purificante liberazione ' dalle condizioni materiali e terrene.