ASTROFISICA (V, p. 89)
Nel periodo 1927-47 numerosi sono stati i progressi dell'astrofisica sia nel campo dei mezzi strumentali, sia in quello delle osservazioni e scoperte, e tecnico.
Per la fisica solare, che ha assunto notevole importanza anche per lo studio delle relazioni fra i fenomeni solari e terrestri, v. sole, in questa Appendice. I notevolissimi risultati raggiunti col riflettore di m. 2,50 di apertura dell'osservatorio di Monte Wilson nello studio delle caratteristiche delle stelle, della struttura della Galassia e in genere dell'universo, incoraggiarono la costruzione del telescopio con lo specchio parabolico di 5 metri, ormai compiuto, sulla vetta (1800 m. s. m.) di Monte Palomar pure nella California del sud.
La superficie del grande specchio è lavorata con la precisione di un centomillesimo di millimetro ed è "alluminata"; è questo un progresso recente inquantoché precedentemente tutti gli specchi astronomici venivano "argentati" con processo chimico, mentre ora si fa depositare sulla superficie dello specchio, racchiuso in un recipiente in cui si fa il vuoto, un sottilissimo strato di alluminio purissimo a mezzo di una forte scarica elettrica. Si ottengono così due vantaggi: che la superficie brillante è molto resistente e non si deteriora tanto facilmente, come l'argentatura; che, mentre lo strato di argento è trasparente per le radiazioni ultraviolette, quello di alluminio riflette anche queste con grande vantaggio per le ricerche astrofisiche. Anche nelle parti meccaniche di questo grande telescopio, come in genere di tutti quelli moderni, sono stati fatti molti progressi; gli orologi-motori a peso, regolati da un pendolo o da un regolatore a forza centrifuga, usati fino a pochi anni fa, sono stati sostituiti da motori elettrici controllati con la più grande precisione in varî modi: ad es., con un cristallo di quarzo tenuto in vibrazione alla sua costante frequenza da una corrente elettrica fornita da valvole elettroniche.
Notevolissimi progressi sono stati raggiunti, sia nella costruzione di obiettivi fotografici a grande campo, sia nella preparazione delle lastre fotografiche con emulsioni sensibili a tutti i colori dello spettro e di finissima grana. Gli obiettivi a grande campo sono vantaggiosamente sostituiti da una combinazione di uno specchio sferico e di una lastra correttrice, inventata da Bernardo Schmidt di Bergedorf (Amburgo). La lastra di correzione, interposta fra lo specchio sferico e la lastra fotografica, riporta quasi esattamente tutti i raggi riflessi dallo specchio sferico in un medesimo fuoco per un campo di parecchi gradi quadrati. La cinematografia è stata introdotta nelle ricerche astrofisiche, specialmente per lo studio delle tempeste solari, di cui si possono seguire le varie fasi specie nella formazione, sviluppo e decorso delle eruzioni e protuberanze.
Entro i confini del sistema solare sono aumentate le nostre conoscenze, per quanto riguarda sia la temperatura dei pianeti, sia la loro atmosfera. Al fuoco dei grandi telescopî moderni è oggi possibile montare delle coppie termoelettriche molto sensibili, con le quali si possono misurare le temperature delle superficie planetarie nel loro insieme od anche in diversi punti, separando quella parte che è luce solare riflessa dalle radiazioni di grande lunghezza d'onda eventualmente emesse dai pianeti stessi.
Naturalmente si trova che le temperature sono tanto maggiori quanto più il pianeta è vicino al sole: dall'emisfero di Mercurio illuminato dal sole, che sale a 400° C, si passa a quello di Venere con circa 50° C, mentre il suo emisfero non illuminato scende a −20 °C. Per la Luna si hanno 120° C nella parte rivolta al sole e −150° C nell'altra. Si ha così un'altra prova dell'assenza di atmosfera attorno alla Luna e del fatto che i materiali costituenti la sua superficie sono cattivi conduttori del calore, come le ceneri vulcaniche che la coprono; quest'ultima circostanza è stata provata anche dalle osservazioni della luce polarizzata riflessa dalla Luna. La temperatura della zona equatoriale di Marte, a mezzogiorno arriva a 20° C, mentre scende molto sotto lo zero al levare e al tramonto del sole. Molto freddi sono Giove e Saturno e quindi è difficile la misura della loro temperatura, dell'ordine di −150° C; per i pianeti più esterni non si può misurare alcuna radiazione benché si possa intuire che l'interno dei maggiori pianeti è probabilmente ancora a temperatura molto alta; tuttavia dai loro involucri gassosi esterni poche radiazioni vengono emesse verso le maggiori lunghezze d'onda.
Le ricerche spettroscopiche sulla luce solare riflessa dai pianeti ci dimostrano quanto varie sono le condizioni e la composizione delle atmosfere planetarie. Dalle atmosfere molto rarefatte di Mercurio e di Marte si passa a quelle più dense di Venere, Giove e Saturno. Considerando le velocità medie delle molecole dei varî gas, dipendenti dai loro pesi, si può concludere che i grandi pianeti debbono avere atmosfere contenenti composti di idrogeno; i pianeti di media grandezza, atmosfere contenenti composti di ossigeno, mentre i pianeti più piccoli non possono avere alcuna atmosfera. Supponendo che la Terra sia stata molto calda per un tempo relativamente breve, si spiega che abbia perduto certi gas quali ossigeno, azoto e idrogeno libero in grande quantità, conservando l'acqua e l'anidride carbonica che potevano essere assorbite dalla lava fusa. Così si può forse spiegare come da un globo gassoso quale è il Sole, si possa essere formato, rapidamente raffreddandosi, un corpo contenente elementi pesanti, e con una perdita così notevole di idrogeno, come è la Terra.
La luce solare filtrata attraverso la nostra atmosfera mostra la presenza di bande dell'ossigeno e del vapore d'acqua, mentre il Sole è troppo caldo per mantenere queste molecole. Per gli altri pianeti è difficile separare le dette bande da quelle terrestri; valendosi dell'effetto Doppler, si è potuto arrivare a qualche risultato con spettrografi a forte dispersione, quando la distanza della Terra dall'uno all'altro pianeta cambia rapidamente. Per Venere e per Marte si è giunti così a concludere che tanto l'ossigeno quanto il vapore d'acqua sono scarsissimi nelle due atmosfere. Si sono trovati invece altri gas specialmente nelle atmosfere di Giove e Saturno. Masse dell'ordine di questi pianeti possono trattenere anche gas più leggeri e quindi nelle loro estesissime atmosfere, composte principalmente di idrogeno, si trovano anche i suoi composti con altri elementi in abbondanza, quali il metano, l'ammoniaca e l'acqua.
Nello spettro di Venere furono scoperte bande dovute all'anidride carbonica, che alla pressione di un'atmosfera avrebbe lo spessore di 3 km. Su Marte sono state fatte molte ricerche per chiarire le misteriose apparenze della sua superficie.
Prevale oggi l'idea che i cosiddetti "canali" non siano altro che allineamenti di più macchie o particolarità più oscure della superficie, le quali sono più o meno contigue. Le calotte polari si coprono periodicamente di nevi o ghiacci con uno spessore di pochi centimetri. Recenti osservazioni spettroscopiche informano che l'ossigeno nell'atmosfera di Marte è estremamente scarso, certo minore dell'1% e probabilmente minore del 0,1% di quello che esiste nell'atmosfera della Terra sopra uguale area della sua superficie. Ricerche fatte quando Marte si avvicinava alla Terra e quando se ne allontanava avrebbero dovuto palesare la presenza di righe dovute al vapor d'acqua nel suo spettro, distinte da quelle terrestri. Si è trovato che se le righe del vapore d'acqua sono presenti nello spettro delle aree equatoriali di Marte, esse non possono essere intense più del 5% di quelle dell'atmosfera terrestre, probabilmente anche molto meno; nell'insieme l'atmosfera di Marte deve essere molto rarefatta. La constatata deficenza dell'ossigeno può però non essere decisiva per concludere che questo gas è assente dal rosso pianeta; questo colore deve pure essere dovuto a qualche gas o sostanza presente su di esso. Si pensa che si tratti di ossidi metallici, per es. ossido di ferro e quindi di ossigeno non più libero, ma chimicamente fissato con questo elemento; come le rocce rosse terrestri appartengono a sedimenti ossidati, così il colore del pianeta potrebbe avere una simile origine.
Nella regione rossa nello spettro di Giove sono presenti bande intense, dovute all'assorbimento della sua atmosfera; esse sono risolvibili in righe fini soltanto con forte dispersione e sono presenti anche negli spettri di Saturno, Urano, Nettuno.
Si è scoperto recentemente che tali bande sono dovute all'ammoniaca gassosa e al metano. La quantità complessiva dell'ammoniaca sopra l'unità d'area dello strato riflettente su Giove corrisponde approssimativamente ad uno spessore di 5 a 10 m. di gas. Nello spettro di Saturno si trovano le stesse bande presenti in Giove ma più intense; questo per quanto riguarda il globo del pianeta; mentre le bande mancano nello spettro dell'anello, che è privo di atmosfera. Più intense ancora sono le bande, dovute agli stessi gas, presenti negli spettri di Urano e Nettuno.
Il metano, malgrado il basso punto di ebollizione, deve essere condensato o quasi su Nettuno. L'ultimo, o per lo meno ultimo fino a questa epoca, dei pianeti del sistema solare è Plutone, scoperto nel 1930 all'osservatorio Lowell a Flagstaff nell'Arizona; le sue caratteristiche fisiche sono ancora molto incerte.
Molte ricerche sono state eseguite sulle comete, sulle stelle cadenti, sui meteoriti, con la scoperta nelle prime delle molecole di carbonio C2, del cianogeno CN, del metino CH; vi si trova anche il monossido di carbonio CO, l'azoto molecolare N2, e le molecole NH e OH. Lo spettro delle stelle cadenti, fotografate con i prismi obiettivi uniti a camere fotografiche a corto fuoco e grande campo, ha rivelato atomi di gas che sono eccitati nell'incontro delle stelle cadenti con la nostra atmosfera. Si trova il calcio ionizzato, il ferro, manganese, silicio ecc. I meteoriti litoidi e metallici debbono costituire una sola continua sequenza di materiali, i quali devono avere avuto un'origine comune.
Lo studio degli spettri delle stelle fisse, che ha condotto primo il padre A. Secchi poi i suoi successori a definire la loro sequenza e classificazione, va perfezionandosi, sia perché si possono oggi ottenere anche gli spettri delle stelle con una grande dispersione, sia perché si possono raggiungere quelle più deboli. Si scoprono così ogni giorno nuove particolarità ed infinite varietà di spettri, sempre nel quadro della classificazione generale e nota, ma che provano quanto sia vasto il campo di ricerca aperto per l'astrofisica.
Delle stelle più luminose, con i maggiori telescopî ai quali vanno congiunti spettrografi a grande distanza focale, si possono ottenere spettri molto estesi dall'ultravioletto all'ultrarosso, paragonabili quasi a quelli che si sono da tempo ottenuti per il Sole. In tal modo si confrontano, fino nei più minuti dettagli, le caratteristiche del loro spettro con quello del Sole, scoprendone le eventuali differenze dipendenti dalle varie dimensioni o da altre cause inerenti alle loro atmosfere.
Nel campo delle stelle doppie visuali o spettroscopiche, delle binarie ad eclissi, delle variabili, delle stelle nuove sono appena iniziate le ricerche individuali, che ci informano sulle caratteristiche fisiche di questi sistemi di cui esistono infinite varietà.
In alcuni sistemi binarî ad eclissi si sono, ad es., scoperti tenui anelli gassosi di idrogeno od altri gas, che avvolgono la componente a più alta temperatura e più massiccia del sistema e ruotano attorno ad essa. Queste formazioni cosmiche, venute a conoscenza degli studiosi sempre mediante lo spettroscopio seguendo le fasi delle eclissi durante il moto orbitale delle due componenti, dimostrano quanto grande sia la varietà delle stelle sparse nell'universo; ed hanno aperto nuovi orizzonti sull'origine e la natura delle stelle doppie. Gli anelli gassosi scoperti in questi sistemi producono fenomeni di assorbimento e di emissione, sul tipo di quelli che si osservano sul Sole durante l'eclissi totale; e quindi si può concludere che non siano eccezioni, ma un fenomeno comune in gradi diversi nei varî tipi di stelle e sistemi binarî o multipli. Si è sempre più affermata l'ipotesi che le variabili cefeidi sono stelle "pulsanti", che cambiano periodicamente di volume, probabilmente sempre per effetto di instabilità interna nella trasformazione di materia in energia. Alle variabili generiche si collegano anche le stelle "nuove", che si possono anche chiamare "cataclismiche", essendo ormai provato che la rapida, tumultuosa variazione delle loro caratteristiche fisiche è di natura esplosiva.
Nei sistemi binarî visuali, quali, ad es., 61 Cygni e 70 Ophiuchi, recenti ricerche hanno portato alla scoperta di corpi invisibili di massa poco superiore a quella di Giove e quindi si giustifica l'ipotesi che si tratta di veri e proprî pianeti esistenti in tali sistemi, forse simili a quelli del sistema solare.
L'analisi spettrale ha condotto anche a riconoscere che tutto lo spazio interstellare è occupato da materia più o meno densa, che si rivela con righe di assorbimento negli spettri delle stelle, specialmente di quelle da noi più lontane, righe dette "stazionarie" appunto perché non prendono parte della velocità radiale delle stelle.
Molte ricerche sono state fatte in questi ultimi anni sulla natura, sulle caratteristiche, sulla distribuzione di tali gas. Si tratta principalmente di calcio ionizzato, che dà origine alle ben note righe violette H e K; inoltre di sodio, di titanio ionizzato e delle molecole CH e CN, almeno per quanto si è scoperto finora nelle regioni accessibili dello spettro. Il calcio gassoso è concentrato nel piano della Galassia e l'intensità delle sue righe di assorbimento, in funzione della longitudine galattica, rivela che è massima verso il centro galattico e minima nella direzione opposta.
Il mistero dell'origine dell'energia stellare è stato chiarito in questi ultimi anni in seguito ai progressi della fisica nucleare. Si sa infatti che nella combinazione di 4 nuclei di idrogeno o protoni per costituire un nucleo di elio, sparisce una piccola frazione della massa, che viene liberata come radiazione di alta frequenza (raggi γ). Ciò avviene soltanto alle alte temperature alle quali si trovano le stelle e sembra si attui un processo ciclico, in cui il carbonio funziona da catalizzatore. Presumibilmente il ciclo continua ad agire fino a che tutto l'idrogeno sia convertito in elio e l'energia di produzione dipende dall'abbondanza dell'idrogeno che è contenuto nelle stelle dei varî tipi.
Con i nuovi potenti mezzi di osservazione, e specialmente con il telescopio del Monte Palomar, si potrà meglio conoscere l'abbondanza relativa dei varî elementi chimici nelle stelle dei diversi tipi spettrali e confermare, quanto ora si sospetta, che il 99% degli atomi dell'universo siano idrogeno.