ASTROFISICA (V, p. 89; App. II, 1, p. 293)
L'ampiezza della materia trattata dall'astrofisica - fisica solare, radioastronomia, fisica delle nebulose, fisica dei pianeti, fisica delle atmosfere stellari, ecc. - impone oggi allo studioso una stretta specializzazione e va sempre più favorendo il lavoro di gruppo e il formarsi di consorzî di istituti o di organizzazioni su base nazionale o internazionale.
Un esempio recente è fornito dall'Osservatorio Nazionale degli Stati Uniti, in via di completamento al Kitt Peak presso Tucson (Arizona), la cui organizzazione è opera dell'Associazione delle Università per la Ricerca Astronomica. L'osservatorio sarà attrezzato con due telescopî riflettori di 214 cm e di 91 cm di diametro ed è allo studio un telescopio di 6 m di diametro che sarà il maggiore del mondo.
In Italia è operante da diversi anni il Centro di Astrofisica del Consiglio Nazionale delle Ricerche, che è costituito dall'associazione degli osservatorî astrofisici di Arcetri, Asiago e Merate. Si stanno ora gettando le basi per l'erezione di un osservatorio astrofisico nazionale che sarà dotato di un telescopio di tre metri di diametro.
Per quanto riguarda l'organizzazione su scala supernazionale, ricordiamo la realizzazione dell'osservatorio della Jungfraujoch (Svizzera) ed il progetto per la realizzazione di un osservatorio astronomico europeo in Sud Africa, dovuto all'iniziativa (1953) di Belgio, Francia, Germania, Olanda, Svezia, che dovrà essere dotato di un telescopio di 3 m di diametro e di un telescopio Schmidt di 120 cm.
Attrezzature strumentali. - Come raccoglitori di radiazione sono tuttora preferiti i telescopî riflettori. L'osservatorio Lick sul Monte Hamilton, Calif., che già possedeva un rifrattore e un riflettore ambedue di 92 cm, si è arricchito di un nuovo riflettore di 305 cm di diametro che è oggi il secondo del mondo. Altri strumenti sono stati costruiti in questi ultimi 12 anni o sono in via di completamento in Francia, Germania, Inghilterra, URSS. Studî per la realizzazione di un riflettore da 6 m sono in corso nell'URSS.
Negli analizzatori della radiazione (spettrografi) si è diffuso sempre più l'impiego dei reticoli di diffrazione. Ciò è dovuto essenzialmente ai miglioramenti tecnici che hanno condotto anche alla produzione di reticoli nei quali quasi tutta la radiazione incidente viene convogliata in un solo spettro.
L'analisi della radiazione stellare per mezzo di filtri che isolano una certa banda dello spettro ha avuto largo impiego soprattutto per lo studio delle stelle deboli. Miglioramenti notevoli sono stati introdotti usando filtri di luce a banda assai stretta che permettono una migliore differenziazione delle caratteristiche stellari.
Notevoli miglioramenti si sono avuti anche nei ricettori, sia per quanto riguarda l'estensione della zona spettrale entro la quale possono operare, sia per quanto riguarda la loro sensibilità. Sebbene i procedimenti fotografici siano ancora impiegati per molti scopi, quali il rilevamento sistematico di vaste zone del cielo, la spettroscopia a piccola dispersione, la fotometria di zone estese o di oggetti molto lontani, tuttavia per le misure ad alta precisione si tende sempre più ad impiegare metodi fotoelettrici. Anche nella spettrografia a grande dispersione vengono impiegati metodi fotoelettrici con amplificazione e registrazione continua del segnale.
Buoni risultati si conta di poter avere dall'uso di dispositivi elettronici per l'intensificazione delle immagini e conseguente riduzione dei tempi di posa (telescopio elettronico: v. telescopio, in App. II, 11, p. 964); peraltro la tecnica di tali dispositivi, molto complessa, è tuttora oggetto di studî. Tentativi sono stati fatti anche per applicare la tecnica televisiva allo studio del Sole, della Luna e dei pianeti, ma i risultati non sono ancora soddisfacenti.
Recenti progressi delle conoscenze astrofisiche. - Notevoli risultati sono stati conseguiti per mezzo delle analisi chimiche quantitative delle atmosfere stellari. Sulla base dell'ipotesi che tutti gli oggetti celesti abbiano essenzialmente la stessa costituzione chimica, grandi sforzi sono stati compiuti in tutte le branche della geofisica e dell'astrofisica allo scopo di stabilire la composizione chimica dei singoli corpi celesti e di costruire la cosiddetta "Tavola delle abbondanze cosmiche" dall'esame comparativo dei risultati delle analisi dei singoli oggetti celesti. È stato così possibile mettere in luce in questi ultimi anni numerose, piccole differenze di composizione, oltremodo interessanti nello studio della costituzione e dell'evoluzione dell'universo. Se per certi elementi si trova fra due oggetti una divergenza superiore agli errori di osservazione, si può concludere che vi deve essere una differenza di origine o di evoluzione fra gli oggetti in esame. Si comprende íacilmente l'esistenza di molti casi dubbî in cui potranno venire in aiuto altri tipi di informazioni quali le velocità spaziali delle stelle, i presunti processi cosmogonici in cui sono stati coinvolti gli oggetti in esame, le proprietà nucleari dei singoli elementi.
L'impiego di ricettori a maggior sensibilità e quindi la possibilità di fare della spettroscopia stellare a più alta dispersione, ha permesso, attraverso il particolareggiato esame delle righe di Fraunhofer degli spettri stellari, di ricavare informazioni sulle condizioni fisiche (temperatura, pressione, velocità di turbolenza) dell'ambiente in cui si trovano gli atomi che contribuiscono alla formazione di dette righe. È così oggi possibile costruire modelli stellari, cioè tabelle che danno le condizioni fisiche a diverse profondità dell'atmosfera stellare. Ricordiamo che per atmosfera stellare si intende oggi quello strato sferico della massa gassosa costituente la stella, delimitato dal luogo dei punti dai quali ci arriva ancora radiazione e da quello dei punti nei quali l'opacità dei gas costituenti l'atmosfera stellare non è più apprezzabile.
Sempre connessa con la possibilità di utilizzare ricettori più sensibili e quindi dispersioni maggiori è stata la scoperta dell'esistenza dei campi magnetici stellari effettuata da H. Babcock in questi ultimi anni. Babcock ha iniziato queste sue ricerche prendendo in considerazione stelle a rotazione rapida e a spettri anomali, che risultarono essere la sede di campi magnetici di diverse migliaia di oersted di intensità e che risultarono, a una osservazione continuata, essere variabili e invertirsi completamente nel tempo di qualche giorno. Questo fatto determinò la fine di quelle ipotesi di lavoro che associavano l'esistenza di momenti magnetici a quella di momenti meccanici; ipotesi di lavoro che, d'altra parte, avevano suggerito le esperienze di Babcock. L'elenco delle stelle magnetiche si va sempre più arricchendo di nuovi oggetti appartenenti a classi spettrali molto diverse. Estrapolando le nostre conoscenze sulla atmosfera solare, si può pensare che le atmosfere di queste stelle magnetiche siano sede di intense perturbazioni che potrebbero anche essere in grado di accelerare le particelle elemeutari sino alle energie necessarie per innescare delle reazioni nucleari.
Connessa invece con una più continua e sistematica osservazione del cielo è la recente scoperta delle stelle a guizzo. Si tratta di stelle la cui intensità di radiazione subisce improvvisi e notevoli incrementi che possono anche arrivare a 5 grandezze. Il passaggio dal livello normale di intensità al livello perturbato dura qualche minuto e, in certi casi, solo qualche secondo, mentre il passaggio inverso è molto meno rapido. Si conoscono oggi varie classi di stelle a guizzo; quella più importante è costituita da nane rosse situate nelle immediate vicinanze del sistema solare: si conoscono attualmente una ventina di queste stelle. Si sa che l'ampiezza delle variazioni è diversa da una stella all'altra e anche che è diversa per i diversi "guizzi" di una stessa stella. È stato osservato che i guizzi più intensi sono anche i più rapidi. Interessantissima, sebbene difficile, è l'analisi spettrografica delle stelle durante i guizzi. Sebbene tale studio sia ancora ai suoi inizî, pure esso ha già permesso di trarre utili informazioni qualitative, quali l'intensificazione del fondo continuo, specie nell'ultravioletto, e un'intensificazione delle righe della serie di Balmer. Col proseguire delle osservazioni si fa sempre più strada l'idea che questi guizzi costituiscano un fenomeno fisico analogo ai brillamenti solari e al riguardo la parola conclusiva potrà essere detta dalla radioastronomia. Si sa infatti che i brillamenti solari sono spesso intense sorgenti di radioonde. Da alcuni calcoli indicatori è risultato che una sorgente di radioonde avente un'intensità di un ordine di grandezza pari a quella di alcuni brillamenti solari osservati sarebbe rilevabile dai nostri maggiori radiotelescopî anche se si trovasse alla distanza media a cui si trovano le stelle a guizzo. Peraltro nessuna osservazione del genere è ancora stata fatta.
Anche gli studi sulla struttura e sull'evoluzione dell'universo hanno subìto in questi ultimi anni un notevole sviluppo.
Inaspettato e sensazionale è stato l'annuncio, dato da W. Baade durante il congresso dell'Unione Astronomica Internazionale a Roma nel 1952, secondo cui la scala dell'Universo appariva in errore di circa un fattore due: tutte le distanze e le dimensioni delle nebulose extragalattiche andrebbero infatti moltiplicate per due e verrebbero così anche a variare il valore precedentemente accettato per la densità della materia nello spazio, le grandezze assolute di certi oggetti celesti, la velocità di recessione delle galassie.
Un'altra notevole, recente scoperta, sempre dovuta all'astrofisico americano Baade, è quella dell'esistenza di due diversi tipi, I e II, di popolazioni stellari, presenti nella nostra galassia e nelle galassie esterne. Le popolazioni di tipo I sono ricche di giganti e supergiganti blu e seguono un normale diagramma di Russell, mentre le popolazioni di tipo II seguono un diagramma colore-grandezza a Y rovesciata. La scoperta dell'esistenza di due diversi tipi di popolazioni stellari ha aperto nuovi e interessanti campi di indagine. Si è visto che nelle galassie irregolari, ricche di materia diffusa interstellare, prevale la popolazione I; nelle galassie spirali (normali e barrate), in cui la materia diffusa si concentra lungo i rami di spirale, sono presenti entrambe le popolazioni, la popolazione I preferendo però i rami; nelle galassie ellittiche, in cui manca la materia diffusa, prevale invece la popolazione II. È superfluo notare l'importanza nell'impostazione e risoluzione dei problemi cosmogonici di questa associazione fra materia diffusa interstellare e stelle di popolazione I.
Interessanti risultati si sono anche avuti nello studio della materia interstellare. J. Hall, A. Mikesell e W. Hiltner hanno rivelato l'esistenza di una polarizzazione della radiazione proveniente da stelle situate in prossimità del piano galattico. Tale polarizzazione sarebbe in definitiva conseguenza dell'azione orientatrice che un campo magnetico generale galattico eserciterebbe su granuli di natura ferromagnetica (secondo L. Spitzer e J. Tukey) o diamagnetica (secondo L. Davis e J. Greenstein) esistenti nella materia interstellare.
Un altro notevole risultato conseguito in questi ultimi anni nel campo della struttura dell'universo è stata la scoperta dell'esistenza di ponti di materia che collegano le diverse galassie. Questo è stato messo in evidenza sia indirettamente attraverso il conteggio di galassie, sia direttamente mediante fotografie prese con strumenti ad alta luminosità. Vastissimo materiale, soltanto parzialmente sfruttato, è contenuto nel grande atlante fotografico del cielo eseguito col telescopio Schmidt di m 1,20 di diametro del Monte Palomar. È ragionevole quindi attendersi un prossimo ulteriore sviluppo delle nostre conoscenze sulla struttura dell'universo.
Bibl.: R. Woolley e D. W. N. Stibbs, The outer layers of a star, Londra e Toronto 1953; L. H. Aller, Astrophysics, New York 1953; A. Beer, Vistas in astronomy, Londra e New York 1956; A. Unsöld, Physik der Sternatmosphären, Berlino 1955; V. A. Ambartsumyan, Theoretical astrophysics, Londra e New York 1958; Handbuch der Physik, edito a cura di S. Flügge, voll. 40, 41, 42, 43, Berlino 1959.