ASTROLOGIA (fr. astrologie; sp. astrología; ted. Astrologie, Sterndeuterei; ingl. astrology)
Dal greco ἀστρολογία "scienza degli astri"; è la scienza che presumeva di determinare i varî influssi degli astri sul mondo terreno e i risultati delle combinazioni di tali influssi; quindi, di prevedere avvenimenti futuri o anche (in qualche caso speciale) scoprire fatti passati occulti. Il vocabolo greco tuttavia indicava in origine, così presso i Greci come presso i Latini, lo stesso che astronomia; le due parole si usavano promiscuamente. Solo nel sec. I d. C. si iniziò la differenziazione del significato dei due vocaboli; tuttavia in scritti latini del sec. XIII, sotto influenza araba, s'incontra ancora astrologia ed astrologus nel senso di "astronomia" e "astronomo" Così, per effetto delle traduzioni latine dall'arabo, a togliere ogni ambiguità si usò, nel tardo Medioevo e nel Rinascimento, designare la scienza degl'influssi celesti e delle conseguenti norme per prevedere il futuro con il nome di astrologia iudiciaria, poiché essa studiava i "giudizî" (traduzione dall'arabo aḥkām) pronunziati dai corpi celesti intorno alle cose terrene.
A partire all'incirca dall'era cristiana, s'incontrano tre tipi di indagini astrologiche presso i Greci alessandrini; tipi conservati e sviluppati dagli Arabi musulmani e diffusi quindi in Europa sino a tutto il secolo XVII: 1. il sistema delle "interrogazioni", per rispondere ai bisogni spiccioli della vita quotidiana; sistema sdegnato dagli astrologi di categoria elevata; 2. il sistema delle electiones, che è basato sulla posizione della luna rispetto alle dodici case celesti o anche (non però presso i Greci) rispetto alle ventotto mansioni o stazioni lunari; esso serviva a determinare il momento favorevole per compiere una determinata azione; 3. il sistema genetlialogico o delle natività, il più complicato e scientifico di tutti, destinato a prevedere gli eventi futuri delle singole persone oppure di città, popoli, religioni, ecc.
Per tutti questi sistemi il punto di partenza fondamentale era la determinazione del punto dell'eclittica che, in un dato momento (p. es. in quello della nascita d'una persona o della fondazione d'una città), si trovava all'orizzonte orientale di un dato luogo; quel punto si chiama ascendente o, alla greca, oroscopo (ὡροσκόπος, horoscŏpus). Appunto per la sua importanza fondamentale, si designa talvolta con questo nome tutto il quadro della disposizione del cielo in un determinato istante, ossia quello che più propriamente si chiama il "tema (dal greco ϑέμα, thema "posizione") della natività". Naturalmente l'oroscopo o ascendente per qualsiasi data passata o futura, quando non era possibile l'osservazione diretta del cielo combinata con calcoli, si poteva ricavare mediante computi desunti da tavole astronomiche. Solo la determinazione dell'ascendente permetteva di determinare le dodici case celesti delle quali si parla più avanti.
L'influsso di quelli che allora si chiamavano col nome unico di pianeti (Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno) era ritenuto variabile a seconda del segno zodiacale in cui apparivano, e variava ancora, a seconda che il detto segno, ospitante il pianeta, fosse contenuto, in tutto o in parte, nell'una o nell'altra delle dodici case, in cui s'immaginava suddivisa l'intera area dei due emisferi celesti. Mentre tutti gli astrologi erano d'accordo sul numero delle case, non tutti accettavano lo stesso sistema di divisione della sfera; noi descriveremo uno di questi sistemi, accontentandoci di enumerarne alcuni altri. Si consideri un fascio di sei circoli massimi detti di posizione, che abbiano per diametro comune la linea meridiana dell'osservatore. Per determinare la loro posizione reciproca si divida l'equatore in dodici archi di 30°, ed i sei circoli passino per l'estremità dei detti archi, formando così dodici fusi di area generalmente disuguale; i circoli restino immobili rispetto alla sfera e uno di essi coincida con l'orizzonte dell'osservatore; allora i dodici fusi (che contengono, col girar della sfera, porzioni successive della fascia zodiacale) si chiamano case, e si numerano da I a XII, secondo l'ordine dei segni, essendo la I aderente all'orizzonte orientale, e tutta immersa nell'emisfero invisibile, la VII aderente all'orizzonte occidentale, e tutta compresa nell'emisfero visibile. L'intersezione d'un circolo di posizione con l'eclittica si chiama il primo punto o la cuspide di quella casa, ed a partire da esso si contano le longitudini dentro la casa stessa, lungo l'eclittica, e secondo l'ordine dei segni. Il punto dell'eclittica tagliato dall'orizzonte orientale, ossia quello che sta sorgendo, si chiamava l'ascendente, il suo antipodo il discendente. La domificazione or ora descritta è una delle tante usate nei secoli; altri astrologi usarono i medesimi circoli, ma con essi divisero in dodici parti ugualì il primo verticale; altri presero l'asse della rotazione diurna per intersezione dei sei circoli, dividendo in dodici parti uguali l'equatore; altri divisero addirittura l'eclittica in dodici case (in questo sistema tutte uguali) facendo passare i circoli per i poli di essa, e via dicendo. Case e segni dicevano corrispondersi, quando la prima era occupata dal segno dell'Ariete, e quindi la seconda dal Toro, ecc. L'influsso dei pianeti si considerava fortissimo nelle case cardinali I, IV, VII, X, moderato nelle II, V, VIII, XI, debole nelle III, VI, IX, XII, e tanto maggiore alla cuspide della casa. Ogni segno era dominato da un pianeta che aveva ivi il suo domicilio, anzi fuorché il sole e la luna che signoreggiavano un solo segno, gli altri pianeti avevano un domicilio notturno e uno diurno (v. la fig. della p. 101, a sinistra, dove N = notte; G = giorno). Il pianeta titolare aveva però la sovranità sui primi dieci gradi del segno; invece nella seconda decina divideva il suo potere con un altro pianeta, e con un altro ancora nella terza. Il Signore della decina si chiamava decano: cosi nella seconda e terza decina l'influsso del pianeta titolare veniva contrastato o rinvigorito dal decano condominante. Maggiore era l'influsso del pianeta nei due domicilî proprî, e minore nei segni diametralmente opposti; esisteva finalmente un punto dello Zodiaco (quasi sempre fuori del domicilio proprio), in cui il pianeta raggiungeva la sua esaltazione, e di là emanava il massimo potere, mentre al suo antipodo, depressione, il suo potere era nullo.
Considerando i pianeti a coppie, si distinguevano i cosiddetti aspetti: la congiunzione, l'opposizione, la quadratura e l'aspetto sestile, semisestile e trigonale, quando cioè le differenze di longitudine erano rispettivamente di 0°, 180°, 90°, 60°, 30°, 120°; i tre ultimi aspetti si dicevano benigni, l'opposizione e la quadratura maligni, la congiunzione riteneva ora dell'una ora dell'altra qualità, e l'influenza sua era sempre fortissima. (Famosa sopra tutte la congiunzione di tutt'e sette i pianeti nel segno della Libra, predetta fin dall'anno 1179 e verificatasi il 16 settembre 1186, senz'alcun incidente notevole, ma con terrore del mondo, cui erano state pronosticate ogni sorta di calamità naturali e sociali). Poiché nell'istante considerato dall'oroscopo non sempre i pianeti formavano l'aspetto esatto, esso era valido ugualmente, quando per il moto proprio del pianeta più rapido esso avesse avuto luogo entro un certo intervallo di tempo (per Saturno 30 giorni, per Giove 20, e così via per gli altri pianeti di maggiore velocità). Questo raggiungere e superare il luogo dell'aspetto esatto in virtù del moto proprio si chiamava transito, l'aspetto approssimato si diceva invece platico.
Altro elemento di giudizio si ricavava dalle cosiddette direzioni: per direzione si intendeva il calcolo dell'arco (proiettato sull'equatore) che un promissore, portato dal moto diurno, doveva descrivere per raggiungere un determinato punto del cielo detto significatore. Erano promissori tutti i pianeti, i loro aspetti, i termini (v. più innanzi), le stelle fisse, i nodi dell'orbita lunare, le cuspidi delle case ecc.; erano significatori: l'ascendente, il mezzo cielo, il luogo del sole, della luna, ecc. Se esso arco abbracciava nell'oroscopo della natività, poniamo, trenta gradi, l'avvenimento corrispondente a quell'aspetto si sarebbe verificato nel trentesimo anno d'età del neonato, e restava sospeso o promesso, come dicevano, tanti anni e frazioni d'anno, quanti gradi e frazioni di grado mancavano al transito effettivo. Alcuni computavano l'arco della direzione in senso diretto, altri nel retrogrado, alcuni nel computare l'arco tenevano conto della latitudine dei promissori e dei significatori, altri no. Prendendo per promissore il Sole, poiché esso si sposta lungo lo zodiaco di circa un grado equatoriale al giorno, il suo influsso nei successivi anni di vita del neonato corrispondeva alla sua posizione in cielo, ed agli aspetti che maturava, nei corrispondenti giorni successivi alla nascita. Anche la durata della vita era misurata secondo la lunghezza d'un certo arco che le varie scuole computavano con criterî diversi: delle due estremità dell'arco, l'una era il luogo afetico o di partenza (dator vitae; e se ne contavano parecchi), l'altro, l'aneretico o d'arrivo (abcissor vitae) solitamente rappresentato dal discendente. Afeti erano detti i pianeti che occupavano al momento della nascita uno dei luoghi afetici più proprî al loro carattere. Ogni grado dell'arco (nella sua proiezione sull'equatore) rappresentava un anno di vita; l'arco poteva essere interrotto, e la vita troncata bruscamente, da pianeti maligni, che lo intersecassero con i loro raggi. I pianeti benigni favorivano invece lo sviluppo dell'arco o temperavano l'influsso dei pianeti maligni, cosicche il pericolo di vita corso dal soggetto in una certa età era evitato grazie alla presenza del pianeta benigno.
Ogni giorno della settimana era dominato dal pianeta di cui portava il nome e le 24 ore (divise in dodici diurne e dodici notturne) avevano per reggenti i pianeti ordinati secondo le distanze decrescenti dei rispettivi cieli: Saturno, Giove, Marte, Sole, Venere, Mercurio, Luna. La prima ora diurna era retta dal pianeta titolare di quella giornata, e le successive dagli altri pianeti, secondo la serie ora ricordata; finita la serie con la luna, si ricominciava con Saturno, fino all'esaurimento delle 24 ore: è chiaro infatti che se la prima ora, poniamo del sabato, è retta da Saturno, la prima della domenica sarà retta dal sole e così via, e da questa esigenza astrologica dipenderebbe secondo alcuni (Dione Cassio) la serie attuale della settimana planetaria. La stessa serie si ottiene graficamente dalla figura sopra riportata, seguendo le corde nel senso delle frecce, e notando i nomi dei successivi vertici dell'ettagono; lungo la periferia invece la serie dei pianeti è quella delle distanze decrescenti, già ricordata.
Finalmente ogni segno si divideva in cinque areole (dette fines o termini) che lo coprivano interamente ed erano dotate ciascuna del potere specifico di un altro pianeta, anche nell'assenza di esso. Secondo un sistema meno usato il segno si divideva in sette areole, e in questo caso una di esse spettava alla luna e una al sole; grandezza delle areole e ordine dei pianeti variavano di segno in segno. Per le virtù specifiche e variabili dei pianeti, e per gli oroscopi di importanza o curiosità storica, v. Bibl.
La culla dell'astrologia fu la Babilonide, e i più antichi documenti rimastici sono le migliaia di tavolette d'argilla, che si conservano al British Museum, e che costituivano l'archivio del re assiro Assurbanipal (regnava nel sec. VI a. C.). Scritte con caratteri cuneiformi, si leggono in esse predizioni astrologiche, basate su osservazioni astronomiche e meteorologiche, che risalgono fino all'anno 2000 a. C. La vigilanza del cielo nelle specole principali di Ninive e di Borsippa era affidata a sacerdoti di razza caldaica, e l'esercizio dell'astrologia era una vera istituzione di stato, mirante all'utilità pubblica, e non alla privata, come più tardi in Grecia con l'oroscopo individuale. Ritenevano personificate nei pianeti le divinità Marduk, Ištar, Ninib, Nebo, Nergal, Sin, Šamaš, corrispondenti rispettivamente a Giove, Venere, Saturno, Mercurio, Marte, Luna, Sole. Con perseveranza veramente straordinaria quegli astrologi seguivano il verificarsi dell'ecclissi solari e lunari, adoperate anch'esse nelle predizioni, e su queste osservazioni si computò probabilmente quel ciclo, che chiamiamo Saros. L'astrologia penetrò nei secoli VI e V a. C. fra i Persiani, gl'Indiani e i Cinesi: nella Cina si affermò ancora più efficacemente dopo il diffondersi colà del Buddhismo. Tutti i paesi soggiogati nel Medioevo dai Mongoli praticarono l'astrologia; è noto che i Khān mongoli erano accompagnati in tutte le loro imprese da astrologi da campo.
Importata dalla Babilonide, l'astrologia penetrò in Grecia nel sec. IV a. C., e i Greci stessi poco dopo l'introdussero in Egitto, particolarmente in quell'importante centro di studî, anche astronomici, che fu Alessandria. Le dottrine degli stoici, soprattutto di Posidonio (fatalium siderum assertor, come lo chiama S. Agostino), favorirono assai l'accoglimento dell'astrologia; d'altro canto gli enormi progressi dell'astronomia e della matematica nella scuola d'Alessandria fecero assurgere l'astrologia a dignità di scienza, della quale la più alta manifestazione sistematica, per la parte genetlialogica, si ha nel famoso Tetrabiblo o Quadripartito dell'astronomo Tolomeo (circa 150 d. C.).
Nella sua marcia verso l'Occidente l'astrologia penetrò in Italia e a Roma intorno all'epoca delle guerre puniche, importatavi da schiavi orientali prevalentemente greci, che per essere versati in quell'arte mesopotamica furono chiamati genericamente Caldei; il prosperare di questi astrologi da strapazzo era favorito dall'ignoranza di cose scientifiche, propria dell'antica Roma, ed essi dopo aver conquistato facilmente la plebe s'imposero anche all'aristocrazia, divenendo al tempo degl'imperatori i consulenti più accreditati in ogni sorta d'imprese. Avversarî irriducibili degli astrologi furono sempre gli aruspici, che vedevano in essi concorrenti temibilissimi; si conservano numerosi editti condannanti l'esercizio dell'arte caldaica, e comminanti bandi e morte ai trasgressori, specialmente se si lasciavano sorprendere a divinare il destino dell'imperatore. Ma queste leggi repressive ora venivano applicate, ora dimenticate, e la mala pianta non tardava a rifiorire. Ricordiamo il poema Astronomicon di Marco Manilio (più poeta che astrologo) scritto sotto gl'imperatori Augusto e Tiberio, e l'astrologo di Nerone, Balbilio, che volle conciliare l'astrologia con l'aruspicina traendo gli oroscopi combinati dalla speculazione del cielo e delle viscere degli animali. Tra gli scrittori latini di cose astrologiche del sec. II d. C. citiamo ancora Giulio Firmico Materno. Tra gli oppositori romani, più o meno accesi, notiamo: Cicerone, amico e discepolo di Posidonio, Tacito e Plinio il Vecchio; tra i fautori, Seneca. Se Roma pagana avversò l'astrologia per ragioni politiche Roma cristiana la combatté, come un'arte diabolica, per ragioni morali: ne fanno fede gli anatemi contra astrologos dei concilî di Laodicea (circa l'anno 366), di Toledo (400), di Braga (561). La chiesa non poteva più tollerare che i fedeli attendessero il loro destino dai pianeti personificanti le divinità pagane, ed intendeva oltre a ciò di tutelare un principio che dal fatalismo astrologico, sarebbe risultato terribilmente compromesso, cioè il libero arbitrio. Poiché d'altro canto la superstizione inveterata era professata in alto e in basso e non poteva estirparsi tanto facilmente, i teologi cercarono di conciliare l'influsso celeste col libero arbitrio ed ammisero che gli astri indicassero bensì il destino dell'uomo, ma non lo determinassero; altri (S. Tommaso) concedevano che il carattere dell'individuo dipendesse dagli astri, ma che il suo volere fosse libero, e questa opinione fu seguita più tardi anche da Dante:
O gloriose stelle, o lume pregno
Di gran virtù, dal quale io riconosco
Tutto, qual che si sia, il mio ingegno.
Par., XXIl, 112.
e altrove
Lo cielo i vostri sentimenti inizia
Non dico tutti, ma posto ch'io il dica
Lume v'è dato a bene ed a malizia
E libero voler....
Purg., XVI, 73.
Col declinare dell'Impero s'immiseriva nel mondo latino anche l'astrologia come scienza, e se al tempo di Carlo Magno riprese vigore lo si deve all'intervento degli Arabi; questi depositarî e divulgatori della scienza greca diffusero una seconda volta in Europa, dalla Spagna islamizzata, le dottrine astrologiche (v. abū ma'shar, albohali, albohazen, albubather, alcabizio). Essi spinsero fino all'inverosimile l'associazione dell'astrologia con le altre discipline di cui erano maestri; così il medico consultava il cielo, prima di operare o di somministrare i farmachi, e ogni parte del corpo umano era posta sotto la tutela di un segno zodiacale; così l'alchimista riconosceva la connessione dei pianeti con i metalli, le piante, i minerali, le spezie, e così via. Accettata anche dai dotti con la parte sana dell'insegnamento arabico dell'algebra, dell'alchimia e logia trovò in tutto il Medioevo cultori non volgari, e fu elevata all insegnamento universitario (Guido Bonatti a Parigi, morto nel 1300; Pietro d'Abano a Padova, morto nel 1316; Cecco d'Ascoli a Bologna, arso vivo a Firenze nel 1327 per eresia astrologica), ove continuò fino a tutto il sec. XVII
Il Rinascimento, avidissimo di sapere, ebbe in pregio gli astrologi, e ne troviamo dovunque al servizio di principi e condottieri: il Regiomontano (1436-1476) a Padova e a Roma Marsilio Ficino (1433-1499) in casa de' Medici; accanto a Lodovico il Moro, Ambrogio Varese da Rosate (che predisse a Innocenzo VIII la morte, seguita effettivamente pochi giorni dopo); con i moltissimi altri nella reggia dei Visconti; Rodrigo Faleiro, compagno di viaggio di Magellano; il Nostradamus e Cosimo Ruggieri alla corte di Caterina de' Medici; Ticone, predicente il destino dei principi danesi; Keplero e Seni, oracoli di Wallenstein; G. Caffarel consigliere intimo di Richelieu, e via dicendo. Anche Galileo durante la sua permanenza a Padova trasse più volte oroscopi (di cui rimangono esempî nei suoi Ricordi autografi e nel Carteggio) ma per celia, o anche, come il Keplero, a scopo di guadagno; invece Bonaventura Cavalieri nella sua Prattica astrologica, non tocca mai degl'influssi planetarî, trattando la sola parte geometrica dell'argomento e l'uso delle tavole logaritmiche nel calcolo delle direzioni.
Non mancavano naturalmente gli oppositori, tra i quali ricordiamo Pico della Mirandola, con la sua voluminosa opera Contra astrologos, il cui vigore è attenuato dall'attaccamento che l'autore mostra per l'occultismo e la magia, nonostante il suo disprezzo per gli astrologi; la tradizione vuole che egli morisse nel giorno e nell'ora predettagli dall'astrologo Bellanti, e forse anche da qualche altro. Inesorabile avversario dell'astrologia si mostrò invece Geminiano Montanari nella sua Astrologia convinta di falso; egli non s'accontentò di avversare quell'arte per partito preso, ma tenne dietro per più anni agli avvenimenti e li confrontò da quell'espertissimo calcolatore che era, con gli aspetti celesti, persuadendosi che le rarissime coincidenze dovevano essere nient'altro che un effetto del caso.
Combattuta o favorita dai governi, l'arte del divinare fu sempre popolarissima e con lo scomparire degli astrologi non s'attenuò nel popolo il bisogno ereditario di conoscere il futuro, che si continuò a predire con la chiromanzia, il sonnambulismo, e le pratiche medianiche.
I simboli astrologici, oggi non più intelligibili al pubblico, dovettero essere un tempo familiarissimi, e specialmente in Italia, dove sussistono innumerevoli opere d'arte decorate da motivi astrologici, e per non ricordare che le più note: orologi da torre (Padova, Venezia); campanili (di Giotto a Firenze); sale (palazzo Schifanoia a Ferrara, d'Arco a Mantova); fontane (Perugia); capitelli (palazzo ducale di Venezia); codici (casanatesi, barberiniani, vaticani, ecc.). Financo in monumenti sacri troviamo raffigurati i simboli dell'arte diabolica: i segni dello zodiaco (battistero di Parma, cattedrale di Lucca); i pianeti personificati (chiesa degli Eremitani a Padova, frescata dal Guariento). Ma la più insigne e più vasta decorazione d'argomento astrologico s'ammira, pur nella sua rovina, nel salone del Palazzo della Ragione a Padova; il disegno generale dell'opera si vuole ideato da Pietro d'Abano e le pitture eseguite (nel soffitto crollato l'anno 1420) da Giotto, gli affreschi superstiti alle pareti sono di autori incerti. Vi si vedono rappresentati nella loro naturale successione i segni zodiacali e i pianeti che hanno in essi il loro domicilio, con la personificazione degli attributi; accanto a ogni segno le figure dei Mesi e delle corrispondenti occupazioni umane; intercalati fra i Mesi i dodici Apostoli ed altri santi d'importanza locale: San Marco, Sant'Antonio. Qualcuno sostiene che l'insieme delle immagini rappresenti l'oroscopo di Padova o del salone stesso.
Con l'affermarsi del metodo sperimentale il già scosso edificio astrologico crollò agli albori del Settecento e la timida ripresa, incominciata sulla fine dell'Ottocento fra cultori di scienze occulte, portò questi ultimi di fronte alla difficoltà di aggiungere ai sette Signori primitivi, i due pianeti nuovamente scoperti (Urano nel 1781, Nettuno nel 1846). Questi nuovi elementi portarono uno scompiglio negli schemi millenarî e smentivano la necessità del numero sette, per mantenere la quale, taluni tra i moderni cultori avrebbero voluto escludere il sole e la luna, non più pianeti, e sostituirli con Urano e Nettuno. Checché si voglia pensare di questa e simili rabberciature, si può ben dire che l'astrologia classica, qual'era vissuta per quasi 20 secoli, è morta per sempre.
Si è cercato peraltro ai nostri giorni, di riabilitare l'astrologia, al pari dell'alchimia e di altre dottrine che la cultura moderna considera oltrepassate. Il Choisnard, il Caslant, l'Eveno, il Tamos in Francia, il Krafft, il Bayer in Germania, il Kronstrom in Olanda, il Lake Harris, il Maenaughton negli Stati Uniti, il Sepharial in Inghilterra, per citarne soltanto alcuni, hanno contribuito al tentativo di fare dell'astrologia una scienza sperimentale.
Un aspetto celeste, qualunque esso sia, corrisponderebbe a un'attitudine umana, o a un umano evento, quando si constatasse che questo aspetto alla nascita è più frequente presso gli uomini che presentano quella attitudine, o quell'evento, che negli altri individui (Choisnard). Questa astrologia sperimentale si fonderebbe dunque anzitutto sulle leggi che discendono dal confronto di due frequenze, le quali implicano due statistiche: una relativa al caso generale, l'altra al caso speciale.
Si allegano - ma senza prove credibili - fatti constatati in base a questa legge, con uno scarto sufficiente dalle percentuali fornite dal calcolo delle probabilità, tra i quali: 1. corrispondenze astrali relative alle attitudini innate; 2. similitudini astrali più frequenti tra parenti che tra altri individui non parenti; 3. osservazioni di frequenza d'influenze celesti in determinate circostanze (guerre, epidemie, morti, malattie, ecc.).
(V. Tavv. XXI-XXIII).
Bibl.: Sulla storia dell'astrologia, e sulle dottrine antiche e medievali che la riguardano, cfr.: V. Nabod, Enarratio elementorum astrologiae, Colonia 1560 (comodo manuale sotto forma di un ampio commento ad Alcabizio); Fr. Iunctinus, Speculum astrologiae, 1573; F. Boll, Sphaera, Lipsia 1903 (importante per alcuni dati prima poco noti dell'astrologia greco-orientale); id. e C. Bezold, Sternglaube und Sterndeutung, 3ª ed. rifatta da W. Gundel, Lipsia-Berlino 1926 (molto importante); A. Bouché-Leclercq, L'astrologie grecque, Parigi 1899 (fondamentale); Catalogus codicum astrologrum graecorum, diretto da F. Cumont, Bruxelles 1898 segg. (finora volumi 10, con copiosi estratti in greco); C. A. Nallino, nel commento a: al-Battāni sive Albatenii Opus astronomicum, Milano 1899-1907, voll. 3; Wilde, Chaldean Astrology, Londra 1912; C. A. Nallino, art. Astrologie, in Encyclopédie de l'Islām, I (1913); A. Barzon, I cieli e la loro influenza negli affreschi del salone di Padova, Padova 1924; C. A. Nallino e altri, art. Sun, Moon and Stars, nella Encyclopaedia of Religions and Ethics, XII, pp. 48-103; Ch. Virolleaud, L'astrologie chaldéenne (varie trascrizioni e traduzioni), Poitiers 1903, Parigi 1905, 1907-11, 1912; F. X. Kugler, Sternkunde und Sterndienst in Babel, Friburgo 1912, voll. 4.
Sull'astrologia moderna, cfr.: P. Choisnard, Les objections contre l'astrologie, Parigi 1927; id., Le langage astral, nuova ed., Parigi 1928; id., Preuves et bases de l'astrologie scientifique, nuova ed., Parigi 1922; K. T. Bayer, Die Grundprobleme der Astrologie, Lipsia 1928.