ASTURIE
(spagnolo Asturias)
L'attuale regione delle A. con capoluogo Oviedo (v.) è situata nella Spagna settentrionale lungo la costa centrale del golfo di Biscaglia. La cordigliera cantabrica isola questa regione dall'altopiano interno, cosicché in età così romana come visigota i suoi abitanti riuscirono a mantenere una parziale autonomia.Poco dopo l'invasione musulmana della penisola, che ebbe inizio nel 711, si formò nelle A. un piccolo regno cristiano isolato, che, nel 722, con la vittoria di Pelagio sui musulmani nella battaglia di Covadonga, si assicurò la propria indipendenza e divenne più tardi il punto di partenza per la riconquista di tutta la Spagna. Già il re Alfonso I (739-757) intraprese alcune sortite sull'altopiano, che si stava tramutando in una sorta di terra di nessuno, scarsamente popolata, mentre dai territori inizialmente cristiani, già visigoti e quindi conquistati dai musulmani, gruppi di popolazione si spostavano nel nuovo regno i cui centri spirituali costituivano anche importanti punti di irradiazione culturale: in uno scriptorium di Liebana, Beato scrisse l'Adversus Elipandum, l'apologia contro l'adozionismo, e i Commentari all'Apocalisse (Vázquez de Parga, 1978). La corte, dopo aver avuto sede a Cangas de Onís e a Pravia, sotto Alfonso II (791-842) si trasferì definitivamente a Oviedo, che diventò la capitale del regno. Questo da un lato includeva la Galizia, dall'altro giungeva fino al territorio dei Baschi; si realizzava così il definitivo consolidamento politico ed ecclesiastico delle A. secondo l'ideologia del 'neo-gotismo' e inoltre si consolidava la tradizione che vuole la tomba di s. Giacomo situata a Santiago de Compostela.Dopo Ramiro I (842-850) e Ordoño I (850-866) fu Alfonso III (866-910) l'ultimo sovrano a dimorare a Oviedo. Questi estese di molto il suo territorio verso S - fino ai fiumi Duero e Mondego - estendendo l'area dell'insediamento, anche per il forte afflusso dei Mozarabi dall'emirato.All'880 ca. risale il gruppo più antico delle cronache delle A., il 'ciclo di Alfonso III', di ispirazione cortese. Nel sec. 10° i successori di Alfonso III spostarono la capitale del nuovo regno di León nella città omonima e il territorio delle A. si trovò in una posizione marginale (García Toraño, 1986).Secc. 8°-10°:
Nell'ambito della civiltà occidentale altomedievale il concetto di 'arte asturiana' sta a indicare un gruppo di monumenti situati in una ben definita area geografica e con specifiche caratteristiche tipologiche. Lo sviluppo di quest'arte, che fiorì tra il sec. 8° e il 10° e raggiunse il suo apice nel 9°, appare strettamente legato alla casa regnante in quanto tutti i monumenti importanti sorsero per iniziativa della corte. In base alle caratteristiche dei monumenti rimasti è possibile individuare quattro fasi cronologiche: il periodo arcaico, quello di Alfonso II, quello di Ramiro I e Ordoño I e infine un ultimo periodo che va da Alfonso III fino all'epoca romanica. Per ciò che riguarda gli edifici ecclesiastici, sotto Alfonso II si sviluppa una caratteristica tipologia basilicale con tre absidi rettangolari affiancate da ambienti laterali e in alcuni casi dotate di tribune regali. Nella disposizione e nella costruzione degli edifici sacri così come nello stile dei rilievi si notano chiare differenze rispetto alle chiese rurali d'età visigota del sec. 7°, mentre nella tripartizione dello spazio interno in funzione liturgica gli edifici si adeguano all'antico uso ispanico (Escortell Ponsoda, 1978, tavv. 12-31), anche se alcune particolarità, quali per es. il passaggio dall'altare 'a mensa' a quello 'a blocco' o le edicole al capocroce, indicano ulteriori sviluppi cultuali. Probabilmente già a partire dal sec. 8° tutte le chiese importanti erano decorate con dipinti murali che, là ove superstiti, costituiscono oggi un singolare complesso di opere nel panorama dell'arte altomedievale (Schlunk, Berenguer, 1957). Al contrario, l'unico edificio aulico a carattere profano conservato è la sala regale del Belvedere sul monte Naranco.Un'arte plastica dal carattere autonomo comparve solo all'epoca di Ramiro I (occorre ricordare in particolare la raccolta di elementi decorativi e di arredo liturgico conservata a Oviedo nel Mus. Arqueológico); mentre l'oreficeria è documentata da capolavori, della produzione di miniature rimangono poche testimonianze. Nella scelta iconografica sono privilegiati l'ornamentazione delle iniziali, senza raffigurazioni storico-figurative, nonché il motivo della croce, per lo più accompagnata dalle lettere apocalittiche A e α. All'interpretazione della croce come vessillo di vittoria nella prima Reconquista (Menéndez Pidal, 1955; Bischoff, 1963), si contrappone l'ipotesi che vede in essa un riflesso del particolare culto della croce nell'Oriente iconoclasta (Schlunk, 1985). Dal 1985 si sta approntando una documentazione grafica dei monumenti - oggetto ancora in questo secolo di gravi distruzioni (Menéndez Pidal, 1941a; 1954) - che ha già dimostrato in vari casi l'applicazione armonica del triangolo pitagorico o della proporzione 1:2 (Olávarri, Arias Páramo, 1987).
Poche tracce indicano la presenza di un culto cristiano nelle A. prima della creazione del regno, avvenuta nei primi decenni del sec. 8°. La prima chiesa di cui si abbiano notizie è quella, oggi distrutta, di Santa Cruz, edificata nel 737 dal re Favila a Cangas de Onís, che secondo l'iscrizione dedicatoria era probabilmente il rifacimento, in pianta cruciforme, di un edificio precedente (García Toraño, 1986).L'insediamento di Oviedo si sviluppò nel luogo dove sorgeva il monastero di San Vicente della seconda metà dell'8° secolo. Fruela I (757-768) vi eresse anche la chiesa dei Santos Julián y Basilisa e la prima costruzione di San Salvador (Rodríguez Balbín, 1977), da cui potrebbero provenire le due lastre riutilizzate a Santullano con rilievi a riquadri (Schlunk, 1974).I resti più antichi di una chiesa asturiana sono inclusi nelle strutture di Santianes de Pravia (Menéndez Pidal, 1980), che in base a due iscrizioni risulta essere stata fondata da re Silo (774-783) e dedicata a s. Giovanni Evangelista. La basilica a copertura lignea, trasformata più volte a partire dal sec. 16°, era caratterizzata da un'opera muraria di pietra e malta di modesta qualità, con angoli a grossi blocchi. Il corpo longitudinale, a tre navate separate da arcate su pilastri, si innestava su un transetto tripartito da archi sorretti da semicolonne. L'abside, presumibilmente con volta in tufo, si differenziava per il suo andamento curvilineo dalle absidi rettangolari di epoca visigota e anche da quelle asturiane di epoca successiva; le pareti interne erano intonacate e mostrano ancora tracce di colore rosso. Nella navata sud si trova, circondata da un pavimento in opus signinum, una vasca battesimale. Nella parte occidentale della chiesa, al di sopra del vestibolo, si trovava probabilmente una tribuna raggiungibile attraverso un ambiente attiguo, databile forse allo stesso periodo, soluzione questa che si incontra più volte nelle A. e nell'architettura carolingia. Nella chiesa sono state rinvenute, oltre al semplice altare a mensa e a frammenti di una trifora, forse appartenenti all'abside, anche due transenne di pietra i cui rilievi rientrano chiaramente nella tradizione visigota, anche se non è chiaro se si tratti di elementi di spoglio o se siano state realizzate appositamente per l'edificio (Ulbert, 1971; Schlunk, 1980). Di primaria importanza risulta il ritrovamento recente di una lastra scolpita che raffigura una monumentale facciata d'edificio (Fernández Conde, Santos del Valle, 1987).
Dopo la distruzione di Oviedo a opera dei musulmani, nel 794-795, Alfonso II trasformò la città in residenza fortificata del sovrano e la dotò di diversi edifici reali (Uría Ríu, 1967; Rodríguez Balbín, 1977). Presso il palazzo, oggetto di scavi tra il 1942 e il 1943 (Fernández Buelta, 1948), il re eresse tre chiese: una dedicata al Salvatore, una alla Vergine e una a s. Tirso, così come si legge nella Crónica de Sebastián e nella Crónica albeldense (Crónicas asturianas, 1985, pp. 139, 141, 174): "omnemque Gotorum ordinem, sicuti Toleto fuerat, tam in ecclesia quam palatio in Ovetao cuncta statuit". Si trattava di un gruppo di chiese riccamente corredate e dotate di pitture come il palazzo. La chiesa di San Salvador, ricostruita dal maestro Tioda, con altari secondari dedicati agli apostoli - sostituita a partire dal 1300 ca. dall'attuale edificio -, ebbe le funzioni di cattedrale. La chiesa di Santa Maria fino al sec. 17° era composta da un ambiente con tetto di legno, navate e transetto, tre absidi rettangolari coperte da volte a botte; la parte occidentale era riservata alle sepolture dei re (Schlunk, 1980, p. 145ss.). Di San Tirso è rimasto il capocroce (Redondo, 1974; 1976) con la finestra trifora su colonne dall'apertura mediana più grande, tipica dell'epoca.La Cámara Santa, in origine cappella di palazzo, distrutta nel 1934 e in seguito ricostruita (Gómez-Moreno, 1934; Fernández Buelta, Hevia Granda, 1949; Menéndez Pidal, 1960), presenta analogie con un gruppo di martyria paleocristiani del tipo di quello di Marusinac presso Salona. È articolata su due piani: quello inferiore (Santa Leocadia) è coperto da una bassa volta in mattoni; nel superiore si trova la cappella di San Miguel, notevolmente alterata in periodo romanico, la cui abside con volta a botte è ornata da colonne in parte di reimpiego.La grande chiesa di San Julián de los Prados (Santullano) è sorta dopo l'812 poco lontano dalla capitale, verso N-E, forse in relazione a una residenza estiva di Alfonso II (Crónica de Sebastián, in Crónicas asturianas, 1985, p. 141). L'edificio, lungo m. 29 e restaurato tra il 1912 e il 1915, è la più antica testimonianza dell'architettura sacra asturiana conservatasi pressoché inalterata. Si tratta di una basilica ad arcate su pilastri con vestibolo che presenta, al di là dell'arco trionfale, un transetto continuo sopraelevato, a cui sono annessi a N e a S ambienti laterali; a E, le tre absidi sono gli unici ambienti voltati dell'edificio. Sopra l'abside principale è posto un ambiente privo di accesso che divenne poi elemento tipico dell'architettura asturiana. L'edificio si differenzia sostanzialmente dalle chiese rurali d'età visigota: invece della parete a conci squadrati, realizzata senza l'ausilio di malta, viene qui adottata una muratura irregolare intonacata all'interno e, in origine, anche all'esterno, composta di piccole pietre con rinforzi angolari e con vari pilastri di sostegno a grandi blocchi; gli archi e le volte sono tutti di mattoni. Per queste caratteristiche Santullano sembra tuttavia inserirsi nella tradizione delle grandi chiese urbane perdute dell'epoca paleocristiana e visigota (Arbeiter, in corso di stampa). Si tratta della più antica chiesa rimasta in Spagna a mostrare una chiara impronta della committenza reale. Il transetto sopraelevato, primo esempio nella storia dell'architettura, doveva avere nella parte settentrionale una tribuna a cui si poteva accedere dall'esterno e dalla quale il monarca poteva seguire le cerimonie, mentre sul lato meridionale questo ambiente, non accessibile ai laici, era illuminato da una finestra alta m. 4,25, con decorazione a traforo in stucco (Schlunk, 1971, p. 231ss.; 1980, pp. 149-151). Bango Torviso (1985; 1989) deduce dalla presenza del transetto, con la tribuna reale in una posizione insolita, un programma edilizio concepito da un monarca orientato verso la vita monastica. Le colonne marmoree di reimpiego dell'abside centrale sotto archi ciechi - i cui capitelli fanno supporre la provenienza dal monastero visigotico e probabilmente reale di Santa Maria de Bamba nella regione del Duero (Noack, 1986) - sono citate nella Crónica albeldense (Crónicas asturianas, 1985, p. 248ss.) come elementi di particolare pregio, così come la decorazione pittorica - eseguita a fresco e caratterizzata da colori luminosi (Schlunk, Berenguer, 1957) -, che costituisce il più importante documento della pittura asturiana. Si tratta di composizioni ornamentali e soprattutto di raffigurazioni di architetture di evidente carattere antico; le trentotto immagini di palazzi ed edifici con tendaggi sono disposte su vari registri (fino a tre) e, mancando la figura umana, l'unico elemento che dà alle rappresentazioni un carattere cristiano è la croce che campeggia per quattro volte in posizione assiale (sopra l'abside centrale, sulle due facce dell'arco trionfale e sulla controfacciata). Mentre la decorazione ornamentale può ricondurre a modelli ispanici tardoantichi o visigotici, è difficile risalire al modello iconografico del programma figurativo che secondo Schlunk (Schlunk, Berenguer, 1957) sarebbe stato importato nelle A. come complesso già definito, sulla scorta di un modello concreto (forse toledano) derivante dalla tradizione figurativa orientale; altri autori invece vi riconoscono tipici caratteri carolingi (Barral i Altet, 1976; Dodds, 1986).In base alla loro affinità con Santullano sono databili a questo stesso periodo altre due chiese presso Oviedo: San Pedro de Nora e Santa Maria de Bendones, ambedue con pitture murali (Manzanares Rodríguez, 19642, p. 20), in gran parte distrutte da incendi durante la guerra civile del 1936 e più tardi ricostruite. La basilica di Nora (Menéndez Pidal, 1941b) riprende Santullano nei tratti essenziali, ma è priva di transetto e la decorazione scultorea è ulteriormente ridotta. Nella chiesa di Bendones (Manzanares Rodríguez, 19642; Menéndez Pidal, 1974), al corpo principale dell'edificio, che si presenta come una sorta di transetto, sono annessi a N e a S ambienti secondari, a O una zona di ingresso tripartita e a E le tre absidi, di cui soltanto la centrale coperta con volta in tufo e mattoni. La finestra a tre archi dell'ambiente sovrastante, privo di accesso, è - come quella di San Tirso - ornata da una cornice rettangolare, strettamente legata dal punto di vista morfologico all'alfiz ('cornice degli archi') islamico-mozarabico che nelle A. fu utilizzato soltanto a partire dal regno di Alfonso III. La torre campanaria che si eleva isolata potrebbe appartenere al complesso originario.
Verso la metà del sec. 9° Ramiro I costruì un nuovo complesso palatino a N-O di Oviedo sulle pendici del monte Naranco, come è documentato anche dalla Crónica albeldense e dalla Crónica di Sebastián (Crónicas asturianas, 1985, pp. 145, 175). La chiesa del palazzo, consacrata in un primo tempo alla Vergine, va identificata con quella parzialmente conservata di San Miguel de Liño (o Lillo), mentre la contigua sala del Belvedere, che era in origine un ambiente di rappresentanza annesso al palazzo, fu, al più tardi nel sec. 12°, adibita a chiesa riprendendo la dedicazione a Maria e l'altare dell'antica cappella di palazzo, presumibilmente fatiscente o già in rovina. I due monumenti attestano un notevole mutamento nell'architettura (sistema di volta, struttura delle pareti, archi a conci di pietra, alcuni dei quali rialzati) e nella decorazione (specie per quanto riguarda sia la scultura, che sviluppa un proprio repertorio vivacemente eclettico, comprendente rilievi con figure umane e animali e nuove modalità stilistiche, sia la pittura murale di tipo figurativo), tanto che si può ipotizzare la presenza di un maestro chiamato da fuori (sulla scultura: García Toraño, 1981; Noack-Haley, in corso di stampa).Di San Miguel de Liño si conserva soltanto un terzo della costruzione, a O. L'altare a blocco dell'848, oggi conservato a Oviedo nel Mus. Arqueológico, reca un'iscrizione fatta apporre da Ramiro in cui si parla di un rinnovamento dell'"habitaculum nimia vetustate consumptum". Gli scavi hanno dimostrato che la chiesa era lunga originariamente quasi m. 20 (Llano Roza de Ampudia, 1917; Gómez-Moreno, 1947). Singolare per l'architettura asturiana è la separazione delle tre navate tramite colonne. Tutti gli ambienti sostengono volte di tufo e la navata mediana, coperta da volte a botte, risulta poco ampia (m. 3,35) rispetto all'altezza (m. 11). Le navate laterali con pareti articolate da semicolonne erano caratterizzate dalla presenza di volte a botte parallele o perpendicolari a quella della navata centrale con variazione anche dell'altezza. Nella parte occidentale si trova tuttora, al di sopra del vestibolo, una tribuna - alla quale si accedeva da ambienti laterali - destinata al re, come testimoniano i resti di un congegno per il sostegno e il sollevamento di un tendaggio (Schlunk, 1977).La decorazione scultorea è in parte conservata anche a Oviedo (Mus. Arqueológico). Una lastra con un grifone di severo carattere orientale e con ornamenti eseguiti con una accurata lavorazione a Kerbschnitt potrebbe risalire al sec. 7°; questa tecnica trova riscontro nei motivi delle stelle, delle ruote solari e dei trifogli dell'arco della tribuna, che non presentano tuttavia la stessa durezza d'intaglio. Parallelamente compaiono rilievi di tutt'altro tipo, caratterizzati da un trattamento più morbido delle superfici: sulle basi delle colonne sono raffigurati gli evangelisti e i loro simboli, posti - in analogia con miniature carolinge - sotto arcate, qui formate da fasce cordonate. Il motivo del cordone semplice (adottato dalla scultura d'età visigota) o doppio è molto comune nella decorazione del periodo ramirense, anche come ornamento dei piedi e dei collarini dei fusti delle colonne, su capitelli di imposta di influsso orientale, decorati con motivi fitomorfi o come decorazione dell'estradosso di archi. Le lastre del portale si ispirano a dittici consolari sul genere di quello di Areobindo del 506 (Leningrado, Ermitage). Le finestre, a terminazione semicircolare, caratterizzate nella parte inferiore da arcate a più luci e nella parte superiore da un ornamento di pietra traforata, trovano riscontro in esempi dell'Africa paleocristiana e dell'area adriatica settentrionale.Una parte della decorazione pittorica (Arias Páramo, 1988b) segue in modo piuttosto fedele gli ornati di Santullano, l'altra presenta per la prima volta la figura umana. Vi si trovano rappresentati infatti, in modo piuttosto schematico, un suonatore di liuto e una figura in trono; quest'ultima mostra strette corrispondenze compositive con l'Adorazione dei Magi sull'altare di Ratchis a Cividale (Berenguer, 1966).La sala del Belvedere, che ha avuto, con il nome di Santa Maria de Naranco, la funzione di chiesa fino al 1930, è in realtà l'unico edificio aulico di carattere non sacro che si sia conservato della monarchia asturiana. Superata l'ipotesi per cui la concezione dell'edificio sarebbe stata debitrice alla tradizione germanica (Haupt, 1916), gli sono state riconosciute grandi qualità di originalità e omogeneità. I due piani rettangolari in cui è scandito si presentano ciascuno diviso in un grande ambiente centrale e in due laterali e la separazione dei piani avviene tramite una volta a botte in tufo con archi trasversali nel vano centrale e soffittature di legno in quelli laterali. Nel piano inferiore la sala orientale conteneva vasche d'acqua; in quello superiore la sala centrale e le logge che la affiancano sorreggono alte volte a botte in tufo con archi trasversali. Sui lati lunghi si trovavano corpi annessi (quello meridionale è perduto) con vestiboli per il piano inferiore, due scalinate a N e un'ulteriore loggia a S. L'arco ricorre con notevole frequenza in tutto l'edificio: in gruppi di tre nelle logge e nelle finestre dei lati brevi e in gruppi di sette nelle arcate cieche lungo i lati maggiori della grande sala dove la dimensione degli archi aumenta verso il centro. I fusti delle colonne hanno scanalature a spirale o a cordoni e nelle pareti interne sono riuniti a gruppi di quattro. Alcuni capitelli s'ispirano al tipo corinzio, altri hanno forma cubo-piramidale con rilievi antropomorfi e zoomorfi in campi suddivisi da fasce cordonate. Sui lati brevi, internamente ed esternamente, spiccano in alto nastri verticali scolpiti a bassorilievo al di sotto dei quali si trovano riquadri con croci apotropaiche; negli spazi di risulta degli archi sono situati medaglioni ornamentali. Questi ultimi compaiono anche tra le arcate cieche della sala, dove sono collegati, mediante campiture decorative con figure e cavalieri, agli archi trasversali della volta a botte. Tali medaglioni sembrano attenersi, anche per le raffigurazioni puramente decorative di uccelli e quadrupedi, alla tradizione orientale.A km. 35 a S di Oviedo si trova la chiesa 'a sala' di Santa Cristina de Lena (v.), restaurata alla fine del sec. 19° (Álvarez Martínez, 1988). Essa presenta una pianta piuttosto particolare: sono infatti annessi ai quattro lati della navata, oltre l'abside, un vestibolo e due ambienti laterali, coperti da volte in tufo. Nell'ambiente principale, semioscuro, l'articolazione delle pareti sotto la volta a botte con archi trasversali e gli elementi decorativi corrispondono a tal punto a quelli del Belvedere di Naranco che è possibile datarli all'incirca allo stesso periodo. Per mezzo di scale si giunge sia alla tribuna occidentale sia a una sopraelevazione orientale, posta davanti all'abside. Qui si è conservata l'unica recinzione presbiteriale in muratura delle A., formata da doppie arcate su colonne e da balaustre di reimpiego del sec. 7°, probabilmente in parte modificata in epoca successiva (Gómez-Moreno, 1919).
Dei palazzi e delle fortificazioni di Alfonso III a Oviedo restano soltanto minime tracce fra cui lastre di pietra con croci in rilievo accompagnate dal motto: "Hoc signo tuetur pius, hoc signo vincitur inimicus" e altre iscrizioni, come nella copertura a forma di casa della sorgente di Foncalada (Rodríguez Balbín, 1977).A km. 35 a E della capitale si trova (forse nell'area dei possedimenti reali) San Salvador de Valdediós (Fernández Menéndez, 1919) che, a quanto attesta un'iscrizione, venne consacrata nell'893. La basilica, voltata con arcate su pilastri, segue la disposizione consueta, compresa una tribuna occidentale, ma ha ambienti inaccessibili sopra ogni abside. La tripartizione liturgica in zone riservate ai laici, ai chierici (campata orientale) e agli officianti è chiaramente leggibile grazie alle tracce lasciate dalle transenne (Schlunk, 1971). A differenza di San Miguel de Liño il tetto delle navate laterali ha un andamento regolare. Colpisce nella costruzione l'inserimento di barre di ferro nella muratura, nonché la tessitura muraria che presenta numerose pietre squadrate, soprattutto nel portico meridionale; quest'ultimo, aggiunto come elemento innovatore, mostra rispetto alla chiesa una ricca articolazione delle pareti e della volta con arcate cieche e archi trasversali. Qui, come nella chiesa, sono presenti tracce di pittura murale, mentre sono scomparsi i cicli di affreschi che si stendevano in origine sulle pareti della navata (Schlunk, Berenguer, 1957). Vanno menzionate in modo particolare tre croci dipinte, raffigurazione del Golgota, tuttora visibili sopra la finestra dell'abside principale e sopra quella della tribuna, dove accanto a esse sussistono tracce di un edificio a cupola e di una figura in atto di camminare che ricorda le miniature mozarabiche. Nella decorazione plastica si rivela chiaramente un influsso mozarabico: forme moresche che ricordano la moschea di Córdova - a evidenza introdotte da cristiani provenienti da territori musulmani - presentano infatti sia l'ornamentazione a traforo delle finestre del portico sia alcuni capitelli di tipo insolito sia infine le bifore e le trifore con archi a ferro di cavallo, incorniciate da un alfiz rettangolare (Schlunk, 1965).Probabilmente già nell'891 veniva costruito il monastero di San Adriano de Tuñón, così denominato nell'atto di fondazione regia (Menéndez Pidal, 1941b, p. 26ss.; 1954, pp. 72-77). La semplice chiesa rurale dalla copertura lignea ricorda per molti aspetti lo schema della vicina chiesa di Nora, che risale al secondo periodo asturiano. Il fregio a merlatura dipinta nell'abside principale è la più antica espressione artistica a opera di immigrati mozarabici nella Spagna settentrionale (Schlunk, Berenguer, 1957). Di impianto simile sono anche le chiese, situate molto più a E, di Santiago de Gobiendes e San Salvador de Priesca. Quest'ultima, consacrata nel 921 (Menéndez Pidal, 1941a; 1954), fino all'incendio del 1936 conservava resti della recinzione dell'abside centrale, decorata con archi ciechi. Analogo tentativo di imitare Santullano si rivela, in parte, nei resti di ampie pitture murali, dove le raffigurazioni dei palazzi appaiono copiate senza essere ben comprese, combinate con grandi composizioni di raffigurazioni umane ispirate forse a un modello sul tipo di Liño (Schlunk, Berenguer, 1957).Con quest'edificio appare nelle A., che costituiscono ormai un'area periferica, un caratteristico atteggiamento di ostinato tradizionalismo regionale. Nel prosieguo del sec. 10° si riscontrano forme asturiane e mozarabiche solo in elementi decorativi di monumenti rurali, ove appaiono inserite in modo disorganico quali citazioni del passato (Schlunk, 1980, p. 140).La tradizione altomedievale è ripresa ancora una volta, nel momento di passaggio con l'età romanica, nella chiesa di San Pedro de Teverga (Schlunk, Manzanares, 1951).L'arte asturiana ebbe influssi anche in Galizia e sull'altopiano. La prima grande espansione asturiana avvenne verso O e, in rapporto a essa, alcuni edifici della Galizia rivelano influssi asturiani nella loro tipologia (Núñez, 1978a; 1978b). Alfonso II eresse a Santiago de Compostela la prima chiesa dedicata a s. Giacomo, il cui complesso successivo, costruito sotto Alfonso III, fu consacrato nell'899 (Guerra Campos, 1982). L'impianto sepolcrale costituiva qui il centro della cappella orientale rettangolare; all'interno, a tre navate con vestibolo occidentale, era annessa a N una cappella battesimale. Risale all'incirca allo stesso periodo la fortificazione costiera delle Torres del Oeste a Catoira (Pontevedra). Fra le chiese rurali preromaniche, influssi asturiani particolarmente marcati mostra inoltre la facciata di San Ginés de Francelos, nella prov. di Orense. Nelle zone rurali dell'altopiano settentrionale fiorì nel sec. 10° l'arte mozarabica, mentre quella asturiana, come può dedursi dalle tracce rimaste, si sviluppò preferibilmente in città, come León o Palencia, fino nel sec. 11° (Schlunk, Manzanares, 1951; Menéndez Pidal, 1967; Viñayo, 1967).
Nelle fonti sono più volte attestate donazioni di oggetti preziosi da parte dei re asturiani (Menéndez Pidal, 1955, pp. 277, 279ss.). Tra le opere conservatesi (Bonet Correa, 1967, pp. 212-233) le più importanti si trovano nel Mus. de la Cámara Santa (Oviedo): la Cruz de los Ángeles, la Cruz de la Victoria e la Caja de las Ágatas (Arte asturiano I, 1981). Tali opere, oggetto nel 1942 di restauri piuttosto arbitrari (Cuesta Fernández, 1947, pp. 11-20), furono rubate e smembrate nel 1977. Quasi tutti i frammenti sono stati ritrovati e il restauro è stato terminato nel 1986 a Oviedo (Fernández Avello, 1986).Le croci dorate (Schlunk, 1950; 1985) contenevano reliquie inserite nella loro parte lignea. La Cruz de los Ángeles, di tipo greco, alta cm. 46,5, donata nell'808 da Alfonso II, rivela in vari particolari un influsso bizantino e italiano ed è sicuramente opera di artisti stranieri. Provvista in origine di perpendulia, mostra sulla faccia anteriore interamente ricoperta di filigrana quarantotto pietre preziose; altre cinque, circondate da giri di perle, sono visibili sul lato posteriore che reca anche l'iscrizione: "Susceptum placide maneat hoc in honore D(e)i / Offert Adefonsus humilis servus Chr(ist)i / Quisquis auferre presumserit mihi / nisi libens ubi voluntas dederit mea / fulmine divino intereat ipse / Hoc opus perfectum est in era DCCCXLVI / Hoc signo tuetur pius/ hoc signo vincitur inimicus" (sul titolo che il monarca si attribuisce: Schlunk, 1980, pp. 142-144; 1985, p. 21ss.). Una copia di questa croce, la Cruz de Santiago, donata da Alfonso III alla tomba di s. Giacomo nell'874, è andata dispersa nel 1906. La Cruz de la Victoria di Alfonso III, del 908, di tipo latino, alta cm. 92, rivela nella disposizione, nella tecnica e nell'iconografia chiari rapporti con l'arte carolingia. La faccia anteriore con pietre preziose, perle e vetrini mostrava nel centro ventotto piastrine smaltate con piante e con i tre tipi di animali della creazione (Elbern, 1961), mentre la faccia posteriore reca un'iscrizione simile a quella della Cruz de los Ángeles. La frase finale che allude alla visione di Costantino, uguale in ambedue le iscrizioni, divenne motto della monarchia asturiana; essa compare anche nelle croci in rilievo di edifici ecclesiastici e profani e nella miniatura mozarabica leonesa del 10° secolo.Di Alfonso III è anche il reliquiario della cattedrale di Astorga con rilievi in lamina di argento dorato raffiguranti l'agnello, gli evangelisti, angeli e piccoli alberi (Schlunk, 1947, p. 414). A questo è affine tipologicamente il reliquiario di Caja de las Ágatas di Fruela II del 910 (Oviedo, Mus. de la Cámara Santa), che mostra sulla faccia inferiore una lamina d'argento con la croce, i simboli degli evangelisti e l'iscrizione votiva e che ha sul coperchio una placca ornamentale carolingia (Elbern, 1961).
Bibl.:
Fonti. - C.M. Vigil, Asturias monumental, epigráfica y diplomática, 2 voll., Oviedo 1887 (rist. 1987); A.C. Floriano, Diplomática española del período astur. Estudios de las fuentes documentales del reino de Asturias. 718-910, 2 voll., Oviedo 1949-1952; S. García Larragueta, Colección de documentos de la Catedral de Oviedo, Oviedo 1962; J.F. Fernández Conde, El Libro de los Testamentos de la Catedral de Oviedo (Publicaciones del Instituto Español de Estudios Eclesiásticos, Monografías, 17), Roma 1971; J. Prelog, Die Chronik Alfons' III. Untersuchung und kritische Edition der vier Redaktionen (Europäische Hochschulschriften, III/134), Frankfurt-Bern-Cirencester 1980; Crónicas asturianas, a cura di J. Gil Fernández, J.L. Moralejo, J.I. Ruiz de la Peña (Universidad de Oviedo, Publicaciones del Departamento de Historia Medieval, 11), Oviedo 1985; Y. Bonnaz, Chroniques asturiennes (fin IXe siècle), Paris 1987.
Letteratura critica. - J. Amador de los Ríos, Monumentos arquitectónicos de España, Madrid 1877 (rist. Oviedo 1988); J.B. Lázaro, Ermita de Santa Cristina de Lena (Oviedo). Reseña de las obras hechas para su restauración, Madrid 1894; F. de Selgas, La primitiva Basílica de Santianes de Pravia (Oviedo) y su panteón regio, Boletín de la Sociedad Española de Excursiones 10, 1902, pp. 5-14, 28-34, 52-57; id., Monumentos ovetenses del siglo IX, Madrid 1908; id., Las iglesias de Naranco, Boletín de la Sociedad Española de Excursiones 17, 1909, pp. 17-40; J.R. Mélida, La iglesia parroquial de San Salvador de Priesca, Boletín de la Real Academia de la Historia 61, 1912, pp. 125-129; F. de Selgas, La Basílica de San Julián de los Prados (Santullano) en Oviedo. Estudio de las restauraciones efectuadas en 1912-1915, Madrid 1916; A. Haupt, Die spanisch-westgotische Halle zu Naranco und die nordischen Königshallen, Monatshefte für Kunstwissenschaft 9, 1916, pp. 242-263; A. de Llano Roza de Ampudia, La iglesia de San Miguel de Lillo, Oviedo 1917 (19822); J. Fernández Menéndez, La Basílica de San Salvador de Val-de-Dios y su primitivo convento, Boletín de la Sociedad Española de Excursiones 27, 1919, pp. 77-89; M. Gómez-Moreno, Iglesias mozárabes. Arte español de los siglos IX a XI, Madrid 1919 (rist. Granada 1975); id., La destrucción de la Cámara Santa de Oviedo, Boletín de la Real Academia de la Historia 105, 1934, pp. 605-610; H. Schlunk, s.v. Tioda, in Thieme-Becker, XXXIII, 1939, pp. 199-200; L. Menéndez Pidal, Asturias. Destrucciones habidas en sus monumentos durante el dominio marxista. Trabajos de protección y restauración efectuados o en proyecto, Revista nacional de Arquitectura 1, 1941a, 3, pp. 9-17; id., Proyecto de ficha para monumentos. San Julián de los Prados (Oviedo), ivi, 1941b, pp. 18-48; J. Pijoán, Monumentos prerrománicos de Asturias, in id., Summa artis. Historia general del arte, VIII, Arte bárbaro y prerrománico desde el siglo IV hasta el año 1000, Madrid 1942, pp. 431-470; J. Cuesta Fernández, Crónica del milenario de la Cámara Santa, 1942, Oviedo 1947; M.E. Gómez-Moreno, San Miguel de Liño, in id., Mil joyas del arte español, piezas selectas, monumentos magistrales, I, Barcelona 1947, p. 73ss.; H. Schlunk, Arte asturiano (Ars Hispaniae, 2), Madrid 1947, pp. 325-416; J. M. Fernández Buelta, Ruinas del Oviedo primitivo, Boletín del Instituto de Estudios Asturianos (= BIEA) 2, 1948, 3, pp. 73-102; H. Schlunk, La decoración de los monumentos ramirenses, ivi, 5, pp. 55-94; E. Camps Cazorla, Revisión de algunos problemas de los monumentos ramirenses, ivi, pp. 95-126; J.M. Fernández Buelta, V. Hevia Granda, La Cámara Santa de Oviedo, su primitiva construcción, su destrucción y su reconstrucción, ivi, 3, 1949, 6, pp. 51-119; H. Schlunk, La iglesia de San Julián de los Prados (Oviedo) y la arquitectura de Alfonso el Casto, in Estudios sobre la monarquía asturiana. Colección de trabajos realizados con motivo del XI centenario de Alfonso II el Casto, celebrado en 1942, Oviedo 1949 (19712), pp. 417-497; A.C. Floriano, Restauración del culto cristiano en Asturias en la iniciación de la Reconquista, Oviedo 1949; J. Lorenzo Fernández, M.R. García Álvarez, San Ginés de Francelos, Cuadernos de Estudios gallegos 5, 1950, pp. 345-391; H. Schlunk, The Crosses of Oviedo, ArtB 32, 1950, pp. 91-114; H. Schlunk, J. Manzanares, La iglesia de San Pedro de Teverga y los comienzos del arte románico en el reino de Asturias y León, AEA 24, 1951, pp. 277-305; E. Dyggve, Le type architectural de la Cámara Santa d'Oviedo et l'architecture asturienne, CahA 6, 1952, pp. 125-133; M. Jorge Aragoneses, El altar de Santa María de Naranco. Notas para la restauración de su podio, BIEA 7, 1953, pp. 3-31; W. Dshobadze Zizichwili, Antecedentes de la decoración visigoda y ramirense, AEA 27, 1954, pp. 129-146; L. Menéndez Pidal, Los monumentos de Asturias: su aprecio y restauración desde el pasado siglo, Madrid 1954; G. Menéndez Pidal, El lábaro primitivo de la Reconquista. Cruces asturianas y cruces visigodas, Boletín de la Real Academia de la Historia 136, 1955, pp. 275-296; M.D. Andújar Polo, Repertorio bibliográfico de arte y arqueología asturiana, 1, Arte prerrománico, BIEA 9, 1955, pp. 316-330; M. Berenguer, Breves notas sobre San Salvador de Val de Dios, ivi, 10, 1956, pp. 35-49; H. Schlunk, M. Berenguer, La pintura mural asturiana de los siglos IX y X, Madrid 1957; M. Jorge Aragoneses, El grifo de San Miguel de Liño y su filiación visigoda, BIEA 11, 1957, pp. 259-268; J. Manzanares Rodríguez, Santa María de Bendones, an unknown preromanesque Church, JSAH 16, 1957, 4, pp. 2-7; L. Menéndez Pidal, La Cámara Santa de Oviedo, su destrucción y reconstrucción, BIEA 14, 1960, pp. 3-34; J. Cuesta Fernández, M. Díaz Caneja, El Arca de las Ágatas, ivi, 15, 1961, pp. 3-16; J. Puig i Cadafalch, L'art wisigothique et ses survivances: recherches sur les origines et le développement de l'art en France et en Espagne du IVe au XIIe siècle, Paris 1961, pp. 88-130; V.H. Elbern, Ein fränkisches Reliquiarfragment in Oviedo, die Engerer Burse in Berlin und ihr Umkreis, MDAIMad 2, 1961, pp. 183-204; C.M. de Luis, Celosías prerrománicas en el Museo Arqueológico de Oviedo, "VI Congreso Nacional de Arqueología, Oviedo 1959", Zaragoza 1961a, pp. 234-239; id., Catálogo de las salas de arte asturiano prerrománico del Museo Arqueológico Provincial, Oviedo 1961b; id., El 'Tetramorfos' de San Miguel de Lillo, BIEA 16, 1962, pp. 349-370; A.C. Floriano, Estudios de historia de Asturias. El territorio y la monarquía en la Alta Edad Media, Oviedo 1962; B. Bischoff, Kreuz und Buch im Frühmittelalter und in den ersten Jahrhunderten der spanischen Reconquista, in Bibliotheca docet, Festgabe für C. Wehmer, Amsterdam 1963, pp. 19-34; J.M. Pita Andrade, Arte asturiano, Madrid 1963; J. Manzanares Rodríguez, Arte prerrománico asturiano. Síntesis de su arquitectura, Oviedo 19642; P. de Palol, M. Hirmer, Spanien. Kunst des frühen Mittelalters vom Westgotenreich bis zum Ende der Romanik, München 1965; H. Schlunk, Die Auseinandersetzung der christlichen und der islamischen Kunst auf dem Gebiete der Iberischen Halbinsel bis zum Jahre 1000, in L'Occidente e l'Islam nell'Alto Medioevo, "XII Settimana di Studio del CISAM, Spoleto 1964", Spoleto 1965, II, pp. 903-931, 969-973; M. Berenguer, La pintura mural prerrománica en Asturias, Oviedo 1966; A. Bonet Correa, Arte prerrománico asturiano, Barcelona 1967 (rist. 1987); M. Chamoso Lamas, Una obra de Alfonso III el Magno. La Basílica del Apóstol Santiago, "Symposium sobre cultura asturiana de la Alta Edad Media, Oviedo 1961", Oviedo 1967, pp. 27-35; J. Hubert, Le décor du palais de Naranco et l'art de l'Europe barbare, ivi, pp. 151-160; L. Menéndez Pidal, Influencias y expansión de la arquitectura prerrománica asturiana, en alguna de sus manifestaciones, ivi, pp. 59-98; J. Uría Ríu, Cuestiones histórico-arqueológicas relativas a la Ciudad de Oviedo de los siglos VIII al X, ivi, pp. 261-328; A. Viñayo, La Real Colegiata de San Isidoro y la expansión del arte prerrománico asturiano, ivi, pp. 105-117; M. Berenguer, Arte en Asturias. De la Cueva de Candamo al palacio ramirense del Naranco, Oviedo 1969; C. Nonell, El arte asturiense (Noticiario turístico, 276), Madrid 1969; H. Schlunk, Die Kirche von S. Gião bei Nazaré (Portugal), MDAIMad 12, 1971, pp. 205-240; T. Ulbert, Skulptur in Spanien (6.-8. Jahrhundert), "2. Kolloquium über spätantike und frühmittelalterliche Skulptur, Heidelberg 1970", Mainz 1971, pp. 25-34; F.J. Fernández Conde, La Iglesia de Asturias en la Alta Edad Media, Oviedo 1972; J. Manzanares Rodríguez, Las joyas de la Cámara Santa. Valores permanentes de Oviedo, Oviedo 1972; M. Berenguer, Puntualizaciones sobre los edificios ramirenses del Naranco (Oviedo), Anuario de estudios medievales 8, 1972-1973, pp. 395-403; C. Sánchez-Albornoz, Orígenes de la nación española. Estudios críticos sobre la historia del reino de Asturias, 3 voll., Oviedo 1972-1975; J. Fontaine, L'art préroman hispanique, I (La nuit des temps, 38), La Pierre-qui-Vire 1973; H. Schlunk, Entwicklungsläufe der Skulptur auf der Iberischen Halbinsel vom 8. bis 11. Jahrhundert, "3. Kolloquium über spätantike und frühmittelalterliche Skulptur, Heidelberg 1972", Mainz 1974, pp. 121-138; V.J. González García, La iglesia de San Miguel de Lillo (apuntes para su reconstrucción), Oviedo 1974; L. Menéndez Pidal, Santa María de Bendones, Oviedo. Reconstrucción, Oviedo 1974; F. Redondo, La iglesia de San Tirso el Real de Oviedo, BIEA 28, 1974, pp. 171-183; 30, 1976, pp. 607-626; X. Barral i Altet, La representación del palacio en la pintura mural asturiana de la Alta Edad Media, in España entre el Mediterráneo y el Atlántico, "Actas del XXIII Congreso Internacional de Historia del Arte, Granada 1973", I, Granada 1976, pp. 293-301; J.M. Gomez-Tabanera, La iglesia ramirense de San Miguel de Lillo (Monte Naranco, Oviedo) y el simbolismo de la acrobacia antigua en el prerrománico asturiano, Valdediós 1976, pp. 39-51; H. Rodríguez Balbín, De un monte despoblado a un fuero real, 700 a 1145. Estudio sobre los primeros siglos del desarrollo urbano de Oviedo, Oviedo 1977; J. Williams, Early Spanish Manuscript Illumination, New York 1977; H. Schlunk, Las iglesias palatinas de la capital del reino asturiano, Oviedo 1977; C. Cid Priego, Las artes del prerromanico asturiano, in Asturias (Tierras de España), Madrid-Barcelona 1978 (19892), pp. 148-194, 331ss.; M. Escortell Ponsoda, Catálogo de las salas de arte prerrománico del Museo Arqueológico, Oviedo, Oviedo 1978; M. Núñez, Arquitectura prerrománica (Historia da arquitectura galega), Madrid 1978a; id., Arquitectura asturiana en Galicia bajo el reinado de Alfonso III, BIEA 32, 1978b, pp. 315-322; L. Vázquez de Parga, Beato y el ambiente cultural de su época, "Actas del Simposio para el estudio de los códices del 'Comentario al Apocalipsis' de Beato de Liébana, Madrid 1976", I, Madrid 1978, pp. 33-45; R. Cavanilles Navia Osorio, Las joyas asturianas de la Cámara Santa, "I Semana del Patrimonio Artístico Asturiano, Oviedo 1978", Oviedo [1978], pp. 17-31; E. Benito Ruano, La época de la monarquía asturiana, in Historia de Asturias, IV, [Salinas] 1979, pp. 1-129; V.J. González García, G. Suárez Suárez, La Cámara Santa y su tesoro, primera parte, Oviedo 1979; F. Diego Santos, De la Asturias sueva y visigoda, Asturiensia medievalia 3, 1979, pp. 17-59; "Actas del Simposio... Beato de Liébana" (cit.), II-III, Madrid 1980; P.K. Klein, La tradición pictórica de los Beatos, ivi, II, pp. 83-115; III, pp. 51-85; J. Menéndez Pidal, La Basílica de Santianes de Pravia, ivi, II, pp. 279-297; III, pp. 169-175; H. Schlunk, El arte asturiano en torno al 800, ivi, II, pp. 135-164; III, pp. 87-120; J. Williams, Consideraciones en torno al fragmento 4 de Silos, ivi, II, pp. 319-320; Arte asturiano I, Gijón 1981; L.A. García Moreno, Las invasiones y la época visigoda, reinos y condados cristianos, in Historia de España, II, Romanismo y germanismo, el despertar de los pueblos hispánicos (siglos IV-X), Barcelona 1981, pp. 243-478, 490-505; P. García Toraño, Los dípticos consulares y el ramirense, BIEA 35, 1981, pp. 837-848; M. Núñez, El ayer de Asturias durante los tres siglos de dominación germánica, "Primera Reunión Gallega de Estudios Clásicos, Santiago-Pontevedra 1979", Santiago de Compostela 1981, pp. 318-330; I.G. Bango Torviso, Historia del arte cristiano en España (siglos VIII al XII), in Historia de la Iglesia en España, II, 1 (Biblioteca de autores cristianos, Maior, 17), Madrid 1982, pp. 497-572; F.J. Fernández Conde, La Iglesia en el reino astur-leonés, ivi, pp. 64-83; M. Fernández Avello, La Cruz de la Victoria, Oviedo 1982; J. Guerra Campos, Exploraciones arqueológicas en torno al sepulcro del apóstol Santiago, Santiago de Compostela 1982; S. Noack, Die asturische Kirche Santa Cristina de Lena (tesi), Hamburg 1982; M. Berenguer, El templo de Santa Cristina de Lena (Asturias); sus posibilidades como construcción visigoda, BIEA 38, 1984, pp. 733-753; J. Rodríguez González, A. Seara Carballo, San Xés de Francelos (Boletín Auriense, Anexo 4), Orense 1985; I. G. Bango Torviso, L'Ordo Gothorum et sa survivance dans l'Espagne du Haut Moyen Age, RArt 70, 1985, pp. 9-20; H. Schlunk, Las cruces de Oviedo. El culto de la Vera Cruz en el reino asturiano, Oviedo 1985; J.C. Herrera Menéndez, G. Tapia Suárez, J.C. Villameriel Fernández, Capiteles, fustes y basas en el arte prerrománico asturiano, "Actas del I Congreso de Arqueología Medieval Española, Huesca 1985", IV, Zaragoza 1986, pp. 639-681; M. Fernández Avello, La Cruz de los Ángeles y la Caja de las Ágatas, Oviedo 1986; P. García Toraño, Historia de el reino de Asturias (718-910), Oviedo 1986; J. Dodds, Las pinturas de San Julián de los Prados. Arte, diplomacia y herejía, Goya 191, 1986, pp. 258-263; S. Noack, Westgotenzeitliche Kapitelle im Duero-Gebiet und in Asturien, MDAIMad 27, 1986, pp. 389-409; J. Manzanares Rodríguez, En defensa del prerrománico y del patrimonio monumental de Asturias, Cota Cero, 1986, 3, pp. 68-88; E. Olávarri, L. Arias Páramo, La proporción áurea en el arte asturiano. Santa María del Naranco, Revista de Arqueología 8, 1987, 73, pp. 44-57; F.J. Fernández Conde, M.C. Santos del Valle, La corte asturiana de Pravia. Influencias visigodas en los testimonios arqueológicos, BIEA 41, 1987, pp. 315-344; L. Arias Páramo, San Miguel de Liño. Arte prerrománico asturiano, Revista de Arqueología 9, 1988a, 87, pp. 29-35; id., La pintura mural asturiana. Características generales, ivi, 1988b, 91, pp. 52-59; Arte prerrománico y románico en Asturias, Villaviciosa 1988; A.M. Martínez Tejera, Bibliografia histórico-artística del Asturorum Regnum, BIEA 42, 1988, pp. 223-258; J.M. Gil López, F.A. Marín Valdés, Santa María de Naranco. San Miguel de Lillo (Guías del patrimonio histórico asturiano, 2), Oviedo 1988; M. S. Álvarez Martínez, Santa Cristina de Lena (Guías del patrimonio histórico asturiano, 3), Oviedo 1988; F.A. Marín Valdés, J.M. Gil López, San Julián de los Prados o el discurso de las dos ciudades (Guías del patrimonio histórico asturiano, 4), Oviedo 1989; I.G. Bango Torviso, Alta Edad Media. De la tradición hispanogoda al románico, Madrid 1989, pp. 13-43; F. de Olaguer-Feliú, El arte medieval hasta el año mil, Madrid 1989; R. Bordiú Cienfuegos-Jovellanos, Inventario documental y bibliográfico sobre el prerrománico asturiano, Oviedo 1989; V. Nieto Alcaide, Arte prerrománico asturiano, Salinas 1989; A. Arbeiter, Sobre los precedentes de la arquitectura eclesiástica asturiana en época de Alfonso II, "III Congreso de Arqueología Medieval Española, Oviedo 1989", (in corso di stampa); S. Noack-Haley, Tradición e innovación en la decoración plástica de los edificios reales asturianos, ivi; L. Arias Páramo, Avance al estudio sobre geometría y proporción en la arquitectura prerrománica asturiana, ivi; id., Geometría y proporción en la arquitectura prerrománica asturiana. El palacio de Santa María de Naranco y la iglesia de San Miguel de Liño, MDAIMad (in corso di stampa).A. Arbeiter
Dopo una crisi più che secolare, che lasciò le A. ai margini di un panorama politico e culturale dominato dai centri castigliani e leonesi, nell'antica capitale del regno delle A. "ha inizio, alla fine del sec. 11°, un lento sviluppo degli agglomerati urbani, stimolato dai pellegrinaggi alla chiesa di S. Salvador a Oviedo nell'ambito dei viaggi devozionali per Santiago de Compostela; nel 1145 la conferma da parte di Alfonso VII (1126-1157) dei privilegi [...] già concessi a Oviedo da Alfonso VI (1072-1109) segnerà l'inizio di un nuovo ordinamento giuridico e dell'espansione sociale ed economica della vita locale" (Ruiz de la Peña, 1987, p. 46) e di quella artistica.Negli stessi anni, in concomitanza con la presa di Almería e di Lisbona (1147), si ebbe una diffusa crescita demografica sulla costa cantabrica, essendo definitivamente scomparso nella zona il fenomeno delle incursioni piratesche saracene (Ruiz de la Peña, 1987) che aveva danneggiato la precaria economia asturiana basata sull'agricoltura e sull'allevamento. Tutto ciò favorì l'instaurarsi di relazioni commerciali marittime e "le attività marinare contribuirono a stringere i legami tra la costa cantabrica asturiana e i paesi del Nord Atlantico" (Fernández González, 1982a, p. 33ss.). Così la caccia alla balena, richiedendo ai marinai asturiani di spingersi durante i mesi estivi fino alle coste d'Irlanda, sviluppò anche l'industria della conservazione sotto sale, dando impulso all'importazione di quest'ultimo dalla baia di Bourgneuf e al suo trasporto sino ai magazzini di Avilés (Gonzáles García, Ruiz de la Peña, 1972). Mercanzie di vario genere giungevano nelle A. da La Rochelle (Charente-Maritime) per essere poi commerciate in altre regioni del regno ed è evidente che per questa via furono anche incrementati i contatti artistici con l'Europa atlantica. Questo fenomeno andò di pari passo con quello, già citato, dei pellegrinaggi (Vázquez de Parga, Lacarra, Uría Ríu, 1948-1949). La presenza di stranieri e di artisti forestieri e le relazioni tra i centri monastici asturiani e quelli francesi facilitarono tali contatti; in questo contesto si diffusero le forme artistiche romaniche che si svilupparono pienamente in ambito rurale e in misura ridotta nei piccoli nuclei urbani. Nelle A. l'arte romanica è testimoniata da un grandissimo numero di edifici religiosi, la cui datazione è spesso dubbia (Fernández González, 1982a, pp. 41-57) per la scarsezza delle fonti documentarie ed epigrafiche, dato che buona parte dei monumenti sono chiese rurali e considerato il lungo arco temporale in cui essi si iscrivono. Le fasi iniziali di questa fioritura artistica nel regno non sono chiare ma sono forse da collegare al culto delle reliquie contenute nell'Arca Santa e al pellegrinaggio che re Alfonso VI effettuò a Oviedo nel 1075 con sua figlia donna Urraca per venerarle. L'architettura romanica si estinse nella regione con gli ultimi tardi esempi della fine del 13° secolo.La collegiata di San Pedro de Teverga a La Plaza è considerata la più antica costruzione romanica asturiana. In essa si fondono elementi di diversa origine: significativa è la compresenza di stilemi preromanici di origine locale inseriti in un contesto ormai pienamente romanico. Aspetti tecnici e strutturali nonché elementi ornamentali fanno propendere per una datazione alla seconda metà del sec. 11° (Schlunk, Manzanares, 1951). Testimonianze di questa stessa fase si trovano a Oviedo nel Claustrillo del monastero di San Pelayo e nella Torre Vieja della cattedrale, eretta intorno al 1100.La chiesa di Santa Maria a Villanueva de Teverga, a km. 3 da La Plaza, è un edificio di transizione tra il protoromanico e il Romanico maturo su modelli extraregionali. La fase più antica della costruzione corrisponde al piedicroce, a grossi pilastri circolari che sorreggono semicolonne addossate, secondo il prototipo borgognone di Saint-Philibert di Tournus. L'ornamentazione plastica presenta analogie con monumenti zamorani, leonesi, palenziani e cantabrici del primo quarto del 12° secolo.Nella seconda metà del secolo gli edifici si fanno più numerosi ed è possibile rintracciare precise tipologie. Il gruppo più significativo è costituito dalle chiese di San Salvador de Fuentes, di San Julián di Viñón e di San Andrés de Valdebárcena, situate nei dintorni di Villaviciosa (Fernández González, 1988). Si tratta di edifici di ridotte dimensioni, a navata unica e coro quadrato, rinforzato all'interno da gallerie cieche che ricordano le absidi di molte chiese preromaniche asturiane.Alla fine del sec. 12° e nel primo terzo del successivo vi fu un'intensa attività costruttiva, con un proliferare di differenti tendenze. Le tradizioni artistiche del Romanico maturo convivono infatti con elementi arcaizzanti, protogotici e cistercensi: monumenti asturiani di quest'epoca risultano incorporare e fondere tra loro quasi tutte le diverse forme del Romanico europeo. Abbondano edifici a navata unica con copertura lignea e abside semicircolare dal pronunciato catino, come San Esteban de los Caballeros d'Aramil nella piana di Siero, San Andrés de Ceares nei pressi di Gijón o Santa Maria de Narzana nella regione di Sariego.La costruzione più interessante del periodo è San Juan de Amandi nei pressi di Villaviciosa, con abside semicircolare, ornata all'interno da due ordini di loggette cieche che inquadrano nicchie e con una ricca decorazione scultorea.La tradizione benedettina si manifesta in un gruppo relativamente ridotto di edifici religiosi monastici, triabsidati e a tre navate, come San Salvador a Cornellana vicino a Salas, San Juan de Corias presso Cangas de Narcea, Santa Maria de Tina presso Unquera-Bustio. Particolare interesse merita la chiesa di Santa Maria de Arbas, sulla strada León-Oviedo, che adotta soluzioni strutturali della cattedrale di Zamora ed elementi ornamentali di San Juan de Amandi.Esempio di architettura cistercense è la chiesa del monastero di Santa Maria de Valdediós, a km. 9 da Villaviciosa, fondato da Alfonso IX nell'anno 1200. È opera del maestro Gualterio, forse uno straniero a conoscenza della cultura e delle tecniche edilizie borgognone (Fernández González, 1988).Sulla cima del Monsacro furono edificati un piccolo eremo e la Capilla de Santiago. Caso unico nella regione, quest'ultima è a pianta ottagonale con complesso simbolismo funerario. Secondo la tradizione, vi sarebbero state custodite le reliquie dell'Arca Santa prima che fossero traslate nella Cámara Santa di Oviedo.In un certo numero di chiese rurali come San Bartolomé de Puelles nelle vicinanze di Villaviciosa è possibile osservare il prevalere di tendenze arcaizzanti quali il coro quadrato e soprattutto l'estrema semplicità di concezione, ornamentazione e trascrizione di elementi protogotici.Nella scultura le figurazioni ornamentali, a forte connotazione simbolica, comprendono varie serie di temi decorativi, geometrici, fitomorfi e zoomorfi; plasticamente più vigorosi, e dotati di un inestimabile valore didattico, sono quelli figurativi di carattere vuoi sacro vuoi profano (Fernández González, 1982a).La scultura resta fondamentalmente al servizio dell'architettura. In una prima fase conserva elementi stilistici, tecnici e tematici della tradizione preromanica, benché a San Pedro de Teverga appaiano sculture di carattere figurale. Il periodo più interessante comprende la fine del sec. 12° e il principio del successivo, in cui è avvertibile una perfetta armonizzazione tra le concezioni estetiche del Romanico maturo e aspetti dello 'stile 1200' (The Year 1200, 1975) da una parte, e elementi protogotici e una sobrietà di ascendenza cistercense dall'altra.Se si prescinde dalla raffigurazione degli apostoli della Cámara Santa e da pochi altri esempi, la scultura romanica asturiana si riduce all'ornamentazione di portali e absidi di edifici religiosi. I capitelli accolgono vari temi biblici, agiografici e profani, interpretati con chiaro intento naturalistico e denotanti la volontà di ispirarsi alla vita quotidiana, come nelle scene cavalleresche di caccia e nelle rappresentazioni di acrobati e giocolieri (Fernández González, 1982a, pp. 117-155). Vi si osservano inoltre figure mostruose e formule derivate da bestiari orientali e una grande varietà di motivi geometrici e fitomorfi. I portali di questi edifici sono assai semplici: i rilievi scolpiti si localizzano sugli archivolti e sui capitelli; vi si possono riscontrare motivi singolari, come le 'testine rostrate' (Fernández González, 1982a, pp. 295-301) di origine nordica, insieme alle modanature a sezione cilindrica di ascendenza siriaca, perfettamente integrati nel Romanico spagnolo, come nella Portada del Obispo della cattedrale di Zamora del 1174 (Fernández González, 1982a, p. 301ss.). Nel caso della scultura architettonica, si può ricostruire l'attività di botteghe ben definite, come quella operante a San Esteban Sograndio, messa in relazione con opere presenti a Oviedo e dintorni, con le fasi più tarde del cantiere di Avilés e con opere minori della regione costiera. La bottega attiva a Villaviciosa è quella che attrae maggiormente l'interesse per qualità tecnica e varietà tematica e inoltre per la vasta area di influenza (Fernández González, 1982a). Vi si avvertono legami con il passato preromanico e, invece, scarse relazioni con le botteghe operanti negli stessi anni nelle vicine regioni cantabriche e nelle altre regioni iberiche attraversate dai pellegrini che dalla Francia raggiungevano Santiago de Compostela, come le zone di Palencia, León e Zamora. I rapporti con la scultura galiziana sono praticamente nulli, il che costituisce un segno caratteristico di portata innovatrice in questa fase dell'arte spagnola (Fernández González, 1982a, p. 341ss.). Non mancano lontane reminiscenze orientali mediate dall'Andalusia e dalla valle del Duero. I contatti sono numerosi e concreti, attraverso le vie costiere e marittime, anche con la Francia atlantica, l'Irlanda e la cultura anglonormanna.Si conservano esempi di sculture policrome di gusto popolaresco, rappresentanti soprattutto la Madonna con il Bambino. Non si conservano invece pitture murali romaniche, mentre è giunto un solo codice illustrato: il Libro de los Testamentos della cattedrale di Oviedo, datato intorno al 1118 (Fernández Conde, 1971, p. 88). Sussistono inoltre due altari medievali in Santa Maria de Valdediós, il fonte battesimale di Santa Maria de Villanueva de Teverga e quello di San Pedro de Villanueva presso Cangas de Onís, attualmente a Madrid (Mus. Arqueológico Nac.; Viñayo González, 1972, fig. 71).Numerose notizie relative all'arredo liturgico romanico permettono di supporre l'originaria esistenza di un elevato numero di oggetti di artigianato sacro. Ciononostante se ne sono conservati pochissimi esempi, specie per ciò che riguarda l'arte orafa del tempo, testimoniata dai pezzi conservati nel Mus. de la Cámara Santa di Oviedo (Manzanares, 1972). Proviene da San Salvador de Fuentes una croce processionale (New York, Metropolitan Mus. of Art) che rivela un'influenza anglonormanna (Moralejo Alvarez, 1982, p. 300ss.).
Età gotica. - In linea generale è possibile sostenere che nel Basso Medioevo "nelle Asturie si assiste a tre principali fenomeni: [...] l'aumento demografico urbano, l'inizio dell'ascesa dei Trastamara e la cristallizzazione istituzionale del Principato" (Ruiz de la Peña, 1977, p. XV). Di questi avvenimenti interessa indagare soprattutto il primo.Per tutto il sec. 13° e nella prima metà del 14°, sotto il patrocinio della corona e con il concorso del clero di Oviedo, fu condotta un'intensa azione di ripopolamento con il moltiplicarsi di pueblas o polas, entità urbane che si andarono consolidando con il passare degli anni (Ruiz de la Peña, 1987, p. 19ss.); in queste nuove fondazioni urbane la chiesa parrocchiale costituiva una delle principali strutture pubbliche. A questo processo di creazione e sviluppo delle nuove polas si associò la presenza degli Ordini mendicanti, Francescani e Domenicani, il cui ideale apostolico si coniugò facilmente con la nuova forma di organizzazione sociale. Questo periodo è particolarmente interessante dal punto di vista artistico: si assiste infatti a un nuovo movimento che si diffonde nelle regioni della penisola iberica come in tutta Europa.La situazione delle A., all'inizio del sec. 13°, offriva del resto occasione favorevole all'accoglimento delle nuove forme artistiche. Di tutte le chiese parrocchiali edificate in quel tempo si sono conservate solo quelle di Santa Maria de la Oliva a Villaviciosa e di Nuestra Señora del Concejo a Llanes. Viceversa, la relazione tra Ordini mendicanti e diffusione dell'architettura gotica, documentata in altri casi, non sembra riscontrabile nelle A. (de Caso Fernández, 1981b): per es. i Francescani, documentati a Tineo alla fine del Duecento e intorno al 1300, nelle loro chiese sembrano attenersi a forme già presenti in altri monumenti asturiani, con la sopravvivenza di caratteri tardoromanici ed elementi protogotici, come è possibile notare in San Nicolás de Bari ad Avilés (Uría Ríu, 1979, p. 311ss.) e in San Francisco a Tineo. I frammenti scultorei provenienti da San Francisco a Oviedo (Oviedo, Mus. Arqueológico) sono troppo recenti - è probabile la datazione al sec. 15° - per apportare chiarimenti al problema. Anche il ruolo dei Domenicani come possibili introduttori del Gotico nelle A. non può essere preso in considerazione visto che essi non si stabilirono a Oviedo fino al 16° secolo.La precaria economia della regione, il fatto che rimase tagliata fuori dai grandi centri dell'attività architettonica gotica e l'assenza di committenza reale ebbero forti ripercussioni negative sull'arte asturiana del periodo.In base a quanto si è detto, nei secc. 13° e 14° l'architettura mantenne caratteri essenzialmente romanici, con alcuni elementi protogotici (de Caso Fernández, 1981b, p. 733ss.).Il Gotico maturo prese piede relativamente tardi e si estinse lentamente, alla fine del Cinquecento, fondendosi con forme e tecniche rinascimentali.Il più significativo esempio di architettura protogotica della regione è costituito dalla chiesa di Santa Maria de la Oliva a Villaviciosa, che riassume però anche la tradizione romanica di questa zona costiera, con un interessante portale archiacuto con stipiti figurati e una Madonna con il Bambino in trono sulla chiave d'arco.In quanto al Gotico maturo, ne è esempio la cattedrale di San Salvador a Oviedo, realizzata a partire dal 1293 e costruita nel corso di una lenta fabbrica, che, durata quasi tre secoli, valse a diffondere nelle A. le nuove forme artistiche (de Caso Fernández, 1981a). I lavori cominciarono con la sala capitolare cui fece seguito la costruzione del chiostro; alla fine del sec. 14°, sotto il vescovo Gutierre de Toledo (1377-1389), venne ricostruita la chiesa; il portico e il campanile furono terminati nel sec. 15° avanzato. Nel complesso l'edificio s'ispira a modelli francesi, ed è vicino peraltro anche a talune cattedrali spagnole, come quella di León, costituendo un buon esempio di architettura tardogotica.In età gotica si innalzarono nel capoluogo altri edifici religiosi, come i perduti complessi di Santa Clara, San Francisco e San Vicente, o le cappelle della Balesquita e della Maddalena, oggi in cattivo stato, oltre al già citato convento di Santo Domingo. Al di fuori della capitale del principato non sussistono edifici di particolare rilievo; tuttavia alcune polas o pueblas offrono interessanti esempi di architettura gotica: ad Avilés è stata edificata alla metà del sec. 14°, quale mausoleo per la famiglia Alas, la Capilla de Santa Maria, una semplice struttura a pianta quadrata con volta a crociera; il disegno è attribuito a Juan Alonso. Grazie alla sua estrema semplicità, questo schema venne ripreso da altri edifici asturiani. La cappella funeraria de los Angeles o de la Asunción, fatta costruire da Pedro Solis alla fine del sec. 15°, è probabile opera di Juan Rodriguez de Borceros. L'edificio, di pianta simile al precedente, è coperto con volta a stella e vi convivono elementi gotici tardoquattrocenteschi e caratteri rinascimentali.La chiesa di Nuestra Señora del Concejo a Llanes risale alla metà del sec. 13° (Uría Ríu, 1979, p. 423ss.). Il corpo longitudinale fu costruito nel sec. 14° e il capocroce, tripartito, nel secolo successivo; la consacrazione avvenne nel 1480. Nella sua struttura si possono riconoscere reminiscenze dell'architettura gotica della Francia meridionale. Nei centri di Luarca e Salas si costruirono due collegiate dedicate analogamente a Maria. La chiesa di Luarca fu fatta edificare da Juan Fernández Valdes nella prima metà del 16° secolo. I due edifici presentano aspetti comuni, come la pianta a navata unica con coro poligonale e presbiterio fortemente rialzato su un sottostante ambiente aperto verso la navata da un arcone ribassato. Una tour-porche sormonta l'ingresso dell'edificio.Nelle due costruzioni si osservano numerosi elementi classicheggianti, trasposizione di un ideale rinascimentale e herreriano che convive con le più avanzate soluzioni tardogotiche; ciò lascia supporre che gli autori conoscessero le opere realizzate nel portico occidentale della cattedrale di Oviedo. Nelle parrocchiali e negli eremi le forme gotiche si mantennero vive fino alla fine del 16° secolo.Nel campo dell'architettura civile e militare il panorama artistico è più esiguo rispetto a quello dell'architettura religiosa. Restano tratti delle mura urbane di Oviedo, Gijón, Llanes e Villaviciosa. Tra le costruzioni d'interesse pubblico sono da segnalare alcuni ponti a doppia rampa con una o più arcate a sesto acuto. Particolare interesse rivestono le torri, massicce strutture a pianta quadrata con strette feritoie, divise internamente in piani da soppalchi lignei. Ben evidente ne risulta il carattere di presidi difensivi all'esterno della cinta urbana.La precaria economia rurale non favorì l'edificazione di grandiosi castelli e ricche dimore signorili. Si costruirono piuttosto strutture residenziali adatte alla necessità della vita agricola e predisposte per l'eventuale funzione difensiva; la decorazione vi appare molto contenuta.Le costruzioni civili della fine del sec. 15° hanno spesso dato una particolare impronta ai centri urbani: notevole al proposito la Casa de la Rúa di Oviedo.Le considerazioni generali avanzate per l'architettura gotica nelle A. sono estendibili al campo della scultura. Tramite le opere conservate non è possibile ipotizzare l'esistenza di botteghe ben definite né di singole personalità di qualche rilievo. Ciononostante, i caratteri propri dello stile e l'evoluzione artistica dei vari momenti sono più chiaramente riconoscibili che in architettura. Il complesso più importante è quello della cattedrale di Oviedo, perché attraverso la sua scultura penetrarono nel principato forme artistiche elaborate in altre regioni europee e formule plastiche provenienti dai centri di Burgos e León. Un certo interesse rivestono anche i monumenti sepolcrali conservati nella stessa cattedrale, nel Mus. Arqueológico di Oviedo e in altri centri della regione.Meno numerosi sono i retabli gotici, tra i quali è da segnalare per l'eccezionale qualità il retablo mayor della cattedrale di Oviedo, dell'inizio del sec. 16° (Gómez Moreno, 1933). Si ricordano altri retabli in pietra oggi perduti, come quello della Capilla de los Alas di Avilés, della fine del sec. 15°, periodo in cui venne realizzato anche il coro ligneo della cattedrale di Oviedo. Nel campo della statuaria sono da ricordare alcuni gruppi della Crocifissione, del Calvario e le immagini della Madonna con il Bambino.
Bibl.: Fonti. - A. de Yepes, Crónica general de la orden de San Benito, 6 voll., Valladolid 1609-1617 (rist., 3 voll., Madrid 1959-1960); L.A. de Carvallo, Antigüedades y cosas memorables del Principado de Asturias, Madrid 1695; A. de Morales, Viaje a los reinos de León y Galicia y Principado de Asturias, Madrid 1765; M. Risco, España Sagrada, XXXVII-XXXIX, Madrid 1776 (rist. Gijón 1986); J.M. Quadrado, Recuerdos y bellezas de España. Asturias y Léon, Madrid 1855; C.M. Vigil, Asturias monumental, epigráfica y diplomática, 2 voll., Oviedo 1887 (rist. 1987); G.M. de Jovellanos, Colección de Asturias, a cura del Marqués de Aledo, 3 voll., Madrid 1947; A.C. Floriano, Diplomática española del periodo astur. Estudio de las fuentes documentales del reino de Asturias 718-910, I, Oviedo 1949; Colección de fuentes para la historia de Asturias. El libro del registro de Corias, Oviedo 1950; J. Manzanares, Contribución a la epigrafía asturiana, I, Archivum, 1951, 1, 243, pp. 45-121; G.M. de Jovellanos, Diarios, a cura di J. Somoza, I, Oviedo 1953; Contribución a la epigrafía asturiana, Tabularium, Oviedo 1953; S. García Larragueta, Catálogo de los pergaminos de la Catedral de Oviedo, Oviedo 1957; id., Colección de documentos de la Catedral de Oviedo, Oviedo 1962; Colección diplomática del Monasterio de San Vincente de Oviedo, Oviedo 1968; F.J. Fernández Conde, I. Torrente Fernández, G. Noval Menéndez, El Monasterio de San Pelayo de Oviedo, I, Oviedo 1978; F.J. Fernández Conde, Gutierre de Toledo, Obispo de Oviedo, Oviedo 1978; F. de Caso Fernández, Colección de documentos sobre la Catedral de Oviedo (1300-1525) (Monumenta Historica Asturiensia, 13), Gijón 1982; id., Colección documental sobre la Catedral de Oviedo (1525-1600) (Monumenta Historica Asturiensia, 14), Gijón 1982.Letteratura critica.
Opere generali. - N. Caunedo, Album de un viaje por Asturias, Oviedo 18582; F. Mellado, Recuerdos de un viaje por España, 2 voll., Madrid 1862; E. Escalera, Crónica del Principado de Asturias, Madrid 1867; O. Bellmunt, F. Canella, Asturias, 3 voll., Gijón 1894-1900; A. Llano Roza de Ampudia, Bellezas de Asturias de oriente a occidente, Oviedo 1928; L. Vázquez de Parga, J.M. Lacarra, J. Uría Ríu, Las peregrinaciones a Santiago de Compostela, 3 voll., Madrid 1948-1949; Guía básica de monumentos asturianos, Oviedo 1967; I. González García, J.I. Ruiz de la Peña, La economía salinera en Asturias, Asturiensia Medievalia 1, 1972, pp. 1-53: 43ss.; The Year 1200: A Symposium, "The Metropolitan Museum of Art, New York 1970", New York 1975; J.I. Ruiz de la Peña, Historia de Asturias, V, Baja Edad Media, Oviedo 1977; Asturias (Tierras de España), Madrid 1978; J. Uría Ríu, Estudios sobre la baja Edad Media asturiana, Oviedo 1979; F.J. Fernández Conde, Enciclopedia asturiana, IV, Salinas 1979, p. 161; Liño. Revista del Departamento de Arte de la Universitad de Oviedo 1-5, 1982-1985; J.I. Ruiz de la Peña, Las ''polas'' asturianas en la Edad Media, Oviedo 1987; id., El desarollo urbano de la periferia norteña castellana-leonesa en la Edad Media (siglo XII-XIV), Anuario de Estudios Medievales 17, 1989, pp. 300-350.
Romanico. - J. Amador de los Ríos, Monumentos Arquitectónicos de España, Madrid 1877; J. Fernández Buelta, La Colegiata de San Pedro de Teverga en Asturias, Arquitectura 3, 1920, pp. 223-227; A.K. Porter, Romanesque Sculpture of the Pilgrimage Roads, 10 voll., Boston 1923; W.M. Whitehill, Spanish Romanesque Architecture of the Eleventh Century, Oxford 1941; H. Schlunk, J. Manzanares, La iglesia de San Pedro de Teverga y los comienzos del arte románico en el reino de Asturias y Léon, AEA 24, 1951, pp. 277-305; J. Gaya Nuño, El románico asturiano dentro del español, Boletín del Instituto de Estudios Asturianos (=BIEA) 20, 1966, 59, pp. 3-18; A. Magín Berenguer, Arte románico en Asturias, I, Oviedo 1966; F. Iñiguez Almech, El estilo asturiano y su influencia en la formación del Románico, "Symposium sobre cultura asturiana de la alta Edad Media, Oviedo 1964", Oviedo 1967, pp. 41-49; F.J. Fernández Conde, El libro de los Testamentos de la Catedral de Oviedo, Oviedo 1971; J. Manzanares, Las Joyas de la Cámara Santa, Oviedo 1972; A. Viñayo González, L'ancien royaume de Léon Roman (La nuit des temps, 36), La Pierre-qui-Vire 1972; M. Escortell Ponsoda, Catálogo de las salas de arte románico y gótico del Museo Arqueológico de Oviedo, Oviedo 1976; M.C. Morales, E. Casares, El románico en Asturias, 2 voll., Salinas 1977; E. Fernández González, Las 'cabezas rostradas'. Un tema ornamental en el Románico de Villaviciosa, Asturiensia Medievalia 3, 1979, pp. 341-364; G. Ramallo Asensio, Imaginería medieval en la zona sur-occidental asturiana, ivi, 4, 1981, pp. 237-274; E. Fernández González, La escultura románica en la zona de Villaviciosa (Asturias), León 1982a; id., El Císter en la valle asturiano de Boiges en el primer tercio del siglo XIII. Aspectos histórico-artísticos, "Semana de Historia del Monacato", Oviedo 1982b, pp. 389-421; S. Moralejo Alvarez, Les arts somptuaires hispaniques aux environs de 1100, Cahiers de Saint-Michel-de-Cuxa 13, 1982, pp. 285-304; S. Alvarez Martínez, Arte Románico en Asturias, in Enciclopedia temática de Asturias, IV, Arte I, Gijón 1987, pp. 205-273; Arte prerrománico y románico en Asturias, Gijón 1988; E. Fernández González, La orden del Císter en Villaviciosa, ivi, pp. 143-163.
Gotico. - M. Gómez Moreno, El retablo mayor de la catedral de Oviedo, AEA 9, 1933, pp. 1-14; M.C. Morales, La iglesia gótica de Santa María del Conceyu de la villa de Llanes, Oviedo 1971; J.M. Azcárate, El protogótico hispánico, Madrid 1974; F. de Caso Fernández, La construcción de la Catedral de Oviedo, Oviedo 1981a; id., El problema del origen del gótico en Asturias, BIEA 104, 1981b, pp. 733-750.E. Fernández González