MIGLIOROTTI, Atalante
– Scarse, e concentrate soltanto in periodi circoscritti, le notizie che lo riguardano. Figlio del fiorentino Manetto (illegittimo a detta di D’Ancona, p. 361), sarebbe nato presumibilmente a Firenze nel 1466, secondo quanto afferma Milanesi (1872, p. 222) che non cita la fonte dell’informazione. Di certo il M. apprese l’arte di cantare accompagnandosi con la lira, che lo rese famoso nelle corti italiane del Rinascimento, dal poliedrico Leonardo da Vinci, all’epoca rinomato anche come musicista, improvvisatore di rime, costruttore di strumenti. E in effetti, quando ufficialmente proprio in queste vesti Leonardo venne inviato nel 1482 (o 1483) da Lorenzo de’ Medici a Ludovico Sforza, il Moro, portò con sé a Milano, oltre al giovane e promettente discepolo, una singolare lira d’argento da lui stesso fabbricata: la bizzarra forma a teschio di cavallo pare fosse stata concepita per produrre sonorità ampie e timbrate. Leonardo aveva persino ritratto il volto del M., opera oggi perduta di cui resta memoria grazie a un’annotazione nel Codice Atlantico (c. 888r, ex 324r).
Nel decennio successivo il M. fu alle dipendenze di Piero de’ Medici, al quale nell’ottobre 1490 venne richiesto dal marchese Francesco Gonzaga, che intendeva valersene come protagonista di un Orfeo – probabile rielaborazione del testo di Poliziano (Angelo Ambrogini) – in allestimento a Marmirolo. Ma lo spettacolo, affidato alle cure di Filippo Lapaccini ed Ercole Albergati, detto Zafarano, non ebbe mai luogo. Tuttavia il signore di Mantova non rinunciò all’idea, perciò pochi mesi dopo, nel maggio del 1491, ordinò ancora una volta ai medesimi cortigiani di approntare nella cittadina di Gonzaga la messinscena dell’Orfeo per l’imminente venuta del suocero Ercole I d’Este, e al M. di raggiungere quella sede al più presto. Anche allora l’operazione non andò a buon fine, sia a causa del breve tempo a disposizione per predisporre l’apparato scenico, sia per il mancato arrivo del M., indotto da altri impegni professionali a indugiare troppo a lungo tra Venezia e Padova.
Ciononostante il M. continuò anche in seguito a intrattenere contatti assidui con i marchesi di Mantova. Difatti a fine giugno 1493 Isabella d’Este, marchesa di Mantova, desiderosa di imparare a suonare la «cithara», lo sollecitava a fargliene costruire una piccola, con un numero di corde a piacere. Considerata l’ambiguità nomenclatoria del tempo, il termine «cithara» equivaleva presumibilmente alla lira da braccio, lo strumento di cui il M. era appunto stimato grande virtuoso. Incombenza prontamente assolta dal M., il quale l’anno successivo, avendo avuto una figlia il 24 agosto, pregava la marchesa di voler esserne la madrina: lei acconsentì (pertanto la bimba prese il nome di Isabella), delegando a rappresentarla a Firenze durante la cerimonia di battesimo l’ambasciatore ferrarese Manfredo Manfredi.
L’ultimo documento superstite della stretta relazione con Mantova è una lettera del M. da Pistoia dell’agosto 1505 in cui chiede perdono per non essersi esibito di fronte al marchese Francesco in visita a Firenze nel giugno precedente. Un’inadempienza dovuta alla mancanza di repertorio fresco, cui però promette di porre rimedio presto: provvederà infatti a presentarglisi dinanzi non appena avrà perfezionato «nuovo, inaudito et inusitato modo di sonare con nuova et inusitata forma di lyra» su cui intende montare «corde al compimento del numero di XII. parte nel suo tempo oportuno dal piede et parte dalla mano tastabili, in perfecta et consumata consonantia» (Bertolotti, pp. 25 s.; D’Ancona, p. 362). In ciò è stato riconosciuto un prototipo assai precoce di lira da gamba.
Negli anni successivi il M. fu a Roma, giuntovi verosimilmente al seguito del suo protettore Giovanni de’ Medici che, eletto pontefice con il nome di Leone X, ne compenserà servizio e fedeltà alla sua famiglia nominandolo soprastante delle Fabbriche papali: sono stati rinvenuti mandati di pagamento in tal senso del giugno 1513 e fino, almeno, al 1517.
La figura del M. appare di sfuggita in una lettera di Michelangelo Buonarroti all’amico Giovan Francesco Fattucci, priva di data ma collocabile fra il dicembre 1523 e il gennaio 1524, nella quale viene rivelato un episodio avvenuto circa un decennio prima.
Deciso, infatti, ad abbandonare Roma per non aver ottenuto denari dalla Chiesa neanche dopo il lavoro sulla volta della Sistina, Michelangelo è tuttavia indotto a restarvi grazie all’interessamento del M. e di Bernardo Dovizi, detto il Bibbiena, che gli avevano fatto liquidare 2000 ducati dalla Camera apostolica; per riconoscenza Michelangelo ne aveva donati 50 all’uno e 100 all’altro.
Nel 1515 il M. risulta svolgere a Roma anche la funzione di delegato per la Sacra Accademia dei Medici, sodalizio intellettuale fiorentino costituito forse in quell’anno richiamandosi all’illustre memoria dell’Accademia neoplatonica: tra gli affiliati vantava Jacopo Nardi, Lorenzo di Filippo Strozzi, Lodovico Alamanni, Bartolomeo Cerretani, Michelangelo, Bernardo Accolti detto l’Unico Aretino. Al M., paragonato a «un altro Orfeo» in virtù del notevole talento esecutivo sulla cetra, il giorno 20 aprile venne conferito il ruolo di «perpetuo cytharedo» dell’Accademia e di suo ambasciatore per un anno presso Leone X (Kristeller, p. 335).
L’ultima notizia che possediamo sul M. è del 1535: «essendo andato a Perugia, stimò a’ 9 di giugno in compagnia di Giulio dei Merigi da Caravaggio muratore […], parte del lavoro del palazzo del cardinale Armellino, architettato e costruito da Giovanni Mangone, fiorentino»; la dobbiamo ancora a Milanesi (p. 222), che pure stavolta ne omette la provenienza.
Fonti e Bibl.: Firenze, Biblioteca nazionale, Magliabechiano, XVII, 17, cc. 88r, 90r; G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori scultori ed architettori, a cura di G. Milanesi, IV, Firenze 1879, p. 53; N. Naldius Florentinus, Epigrammaton Liber, a cura di A. Perosa, Budapest 1943, pp. 44, 52 s.; Il carteggio di Michelangelo, a cura di P. Barocchi - R. Ristori, III, Firenze 1973, p. 9; L. da Vinci, Il Codice Atlantico della Biblioteca Ambrosiana di Milano, XV, a cura di A. Marinoni, Firenze-Milano 2006, p. 262; G. Amati, Notizia di alcuni manoscritti dell’Archivio segreto Vaticano, in Archivio storico italiano, s. 3, 1866, t. 3, parte 1a, p. 225; A. de Zahn, Notizie artistiche tratte dall’Archivio segreto Vaticano, ibid., s. 3, 1867, t. 6, parte 1a, p. 183; G. Milanesi, Documenti inediti risguardanti Leonardo da Vinci, ibid., s. 3, 1872, t. 16, p. 222; A. Bertolotti, Musici alla corte dei Gonzaga in Mantova dal secolo XV al XVIII, Milano [1890], pp. 15 s., 18, 24; A. D’Ancona, Origini del teatro italiano, II, Torino 1891, pp. 107, 359, 361-364; C. de Fabriczy, Il Codice dell’Anonimo Gaddiano (Cod. Magliabechiano XVII, 17) nella Biblioteca nazionale di Firenze, in Archivio storico italiano, s. 5, 1893, t. 12, pp. 87, 89; E. Tedeschi, La «Rappresentazione d’Orfeo» e la «Tragedia d’Orfeo», in Atti e memorie della R. Accademia Virgiliana di Mantova, n.s., XVII-XVIII (1924-25), pp. 69-71; P.O. Kristeller, Francesco da Diacceto and Florentine Platonism in the sixteenth century (1946), in Studies in Renaissance thought and letters, Roma 1956, pp. 332, 334 s.; A. Einstein, The Italian madrigal, I, Princeton, NJ, 1949, p. 42; K. Trauman Steinitz, A reconstruction of Leonardo da Vinci’s revolving stage, in The Art Quarterly, XII (1949), pp. 325 s., 335 s.; C. Pedretti, Dessins d’une scène, exécutés par Leonard de Vinci pour Charles d’Amboise (1506-1507), in Le lieu théâtral à la Renaissance, a cura di J. Jacquot - E. Konigson - M. Oddon, Paris 1964, p. 31; E. Povoledo, Origini e aspetti della scenografia in Italia. Dalla fine del Quattrocento agli intermezzi fiorentini del 1589, in N. Pirrotta, Li due Orfei, Torino 1975, pp. 343 s., 353; W.F. Prizer, Courtly pastimes. The frottole of Marchetto Cara, Ann Arbor, MI, 1980, pp. 6, 8; Id., Isabella d’Este and Lorenzo da Pavia, «master instrument-maker», in Early Music History, II (1982), pp. 107 s., 125 s.; E. Winternitz, L. da Vinci as a musician, New Haven-London 1982, pp. XXII s., 3, 7, 22, 83; H.C. Slim, The lutenist’s hand, in Achademia Leonardi Vinci, I (1988), p. 32; A.M. Cummings, The politicized Muse. Music for Medici festivals, 1512-1537, Princeton, NJ, 1992, pp. 39, 188; Id., The Sacred Academy of the Medici and Florentine musical life of the early Cinquecento, in Musica Franca. Essays in honor of F.A. D’Accone, a cura di I. Alm - A. McLamore - C. Reardon, Stuyvesant, NY, 1996, pp. 54, 60-64, 66 s., 69, 76; Id., Three «gigli»: Medici musical patronage in the early Cinquecento, in Recercare, XV (2003), pp. 45 s.; Id., The maecenas and the madrigalist. Patrons, patronage, and the origins of the Italian madrigal, Philadelphia 2004, pp. 82, 84, 86, 88-90, 93 s., 104, 174, 176, 239-241; P.C. Marani, Leonardo da Vinci, in Diz. biogr. degli Italiani, LXIV, Roma 2005, pp. 442 s.; Enc. dello spettacolo, I, col. 1042.
G. Moppi