Atamante
Personaggio della mitologia greca. Figlio di Eolo, re di Tessaglia, fu re di Orcomeno. Secondo un mito registrato da Servio (in Georg. I 219) e raccolto da vari mitografi (cfr. Myth. Vat. Lat. I 23 e II 134), A. aveva sposato Neifile, che gli diede due figli, Frisso ed Elle; ma, essendo poi Neifile fuggita nelle selve con le baccanti, egli trascorse a nuove nozze con Ino, figlia di Cadmo e di Armonia. La matrigna escogitò un'odiosa macchinazione per far morire i figliastri, accusandoli falsamente di aver bruciato il frumento e subornando il messo inviato all'oracolo di Apollo affinché riferisse che per far cessare la carestia era necessario che Frisso ed Elle morissero. I due ragazzi però riuscirono a fuggire; e Neifile diede loro un montone dal vello d'oro, in groppa al quale potessero passare il mare e raggiungere la Colchide (probabilmente l'odierna Crimea). Elle però annegò durante il tragitto (e da lei quel mare avrebbe preso il nome di Ellesponto); Frisso, giunto nella Colchide, immolò l'ariete secondo che gli era stato prescritto, dedicandone il vello aureo al tempio di Marte. Il vello costituì poi l'oggetto dell'impresa degli Argonauti.
Ovidio ha legato il nome di A. a un successivo evento. Poiché Ino aveva educato Bacco, figlio della sorella Semele, Giunone nel suo odio per la stirpe cadmea, sorto in seguito agli amori di Giove con Semele, si vendicò facendo improvvisamente impazzire Atamante. Pertanto questi, vedendo Ino con i suoi due figlioletti Learco e Melicerte, credette di vedere una leonessa con due leoncini e si scagliò furiosamente contro di loro. Learco, sbattuto contro una roccia, morì; e Ino, disperata e atterrita, per sfuggire ad A. si gettò con Melicerte in mare da un'alta rupe : entrambi furono mutati in divinità marine (Ovid. Met. IV 416-562). La strage compiuta da A. è quindi ricordata per allusioni da vari altri poeti latini (cfr. Stazio Theb., passim).
Volendo descrivere l'orrenda rabbia che anima i falsari della persona spingendoli a mordersi l'un l'altro, D. ricorda l'insano furore omicida di A. (If XXX 1-12), seguendo da presso, e in qualche punto riprendendo alla lettera, il racconto ovidiano. Nessun cenno, invece, nell'opera dantesca ai casi di Frisso ed Elle. V. anche ARGONAUTI.