ateismo devoto
loc. s.le m. L’orientamento di chi, pur dichiarandosi ateo, ritiene di dover tutelare i valori della religione cristiana, che considera fondamentali nella tradizione culturale occidentale.
• Si può essere estranei alla Chiesa cattolica, rifiutarne i dogmi e il magistero morale, ma rispettarne storia e cultura. Ciò che invece non merita rispetto, secondo lo storico delle idee Paolo Bonetti, è l’ateismo devoto «di chi adora la forza, ma sa di non possederla in proprio e si affida allora a un’istituzione che funge da agenzia di protezione». Costoro, incalza, «considerano la Chiesa una donna a ore, da assumere o licenziare per i servizi o i disservizi che, di volta in volta, può rendere». (Antonio Carioti, Corriere della sera, 27 giugno 2008, p. 46) • A leggerlo distrattamente, soprattutto se si salta l’introduzione, «Gli insegnamenti politici di Gesù» dell’americano Tod Lindberg, può sembrare un lungo sermone in stile protestante, tutto centrato sull’etica pubblica e privata. In realtà, il testo è una sorta di manuale riconducibile al fenomeno neoconservatore (destra pragmatica formata in gran parte da transfughi della sinistra) e al cosiddetto «ateismo devoto». (Mario Iannaccone, Avvenire, 19 febbraio 2009, p. 27, Agorà) • [tit.] Leo Strauss / Il cattivo maestro neocon / Il testo di una famosa lezione universitaria del filosofo ebreo-tedesco che fu il punto di riferimento intellettuale dell’establishment neoconservatore americano. Le origini ideologiche dell’«ateismo devoto» (Unità, 19 novembre 2011, p. 38, Culture).
- Composto dal s. m. ateismo e dall’agg. devoto, ricalcando l’espressione ingl. devote atheism.
- Già attestato nella Repubblica del 5 dicembre 2003, p. 4, (Piero Fassino intervistato da Goffredo De Marchis).