ATEIUS (Cn. Ateius)
Fabbricante di vasi aretini. Quasi completamente ignota, nonostante l'ingentissima quantità di materiale ricuperato, è ancora la produzione di ceramica aretina a rilievi di A.: ciò peraltro è dovuto al fatto che recente (1954-55) è il trovamento dello scarico dell'officina ad Arezzo, presso l'incrocio di via Nardi col viale della Chimera; gli scavi non erano ancora terminati nel 1956 e il materiale non è stato sistemato.
Di A., tuttavia, si erano recuperati fuori di Arezzo molti prodotti: ma la mancanza di ogni prova circa la sua "arretinitas", aveva favorito il prolungarsi di una vasta questione nella quale era principalmente in discussione se questo fabbricante dovesse ritenersi un produttore aretino o meno. I recenti trovamenti ad Arezzo hanno dato ragione a chi sosteneva che una fase della produzione di A. si era svolta in Arezzo. Essa ora risulta caratterizzata dai pezzi anepigrafi o che portano la marca col solo suo nome, mentre quelli con i nomi di Chrestus, Eros, Euhodus, Hilarus, Mahes, Xanthus e Zoilus, suoi liberti, sono da attribuirsi a fabbriche non aretine, situate probabilmente nella Gallia meridionale. Indubbiamente i prodotti di queste filiali sono posteriori a quelli di Arezzo e rappresentano, in gran parte, un mutamento di gusto ed uno scadimento tecnico di fronte alla produzione aretina (v. Terra sigillata).
Per quanto non studiato, il materiale di Arezzo si presenta ricchissimo di motivi, di tipi e ottimo dal lato tecnico. Da questo lato è interessante notare che A. usò un'argilla e una vernice particolari, che si distinguono da quelle delle altre officine di Arezzo e, se mai, ricordano lontanamente le caratteristiche della produzione che ebbe sede a Cincelli. Suscettibile di ulteriori risultati è l'osservazione che in molti tipi, in certi casi forse punzoni medesimi, lo stile ed il gusto trovano rispondenza in vasi tigranei e protobargatiani (v. Perennius tigranus e Bargathes) della bottega di M. Perennius (tanto che sia dall'Oxé sia dal Dragendorff furono attribuiti all'officina perenniana prodotti che invece sono dell'officina di A.: su ciò, per il Dragendorff, si veda A. Stenico, in Studi in onore di A. Calderini e R. Paribeni, p. 416 ss., n. 14): così le danzatrici col kalathìskos, le figure alate musicanti, i gruppi erotici, le giocatrici di astragali, le piccole figure danzanti, le Nereidi con le armi di Achille, ecc. In certi casi si hanno coincidenze con tipi di Rasinius (v.) e, più raramente ancora, anniani (v. Annius). Ma è soprattutto la vasta produzione decorativa, quella, in particolare, con composizioni floreali collegate da semicerchi e segmenti di rette, che trova paralleli più o meno precisi con M. Perennius Tigranus e certi prodotti del momento iniziale sia di M. Perennius Bargathes che di P. Cornelius (tanto per intenderci, col Maestro A di Bargathes, come, non senza discussioni, lo ha definito il Dragendorff). Altre serie, invece, sono peculiari di A. come la rappresentazione delle Horai, le cicogne, le grandi figure del tiaso dionisiaco e quelle pure di grandi dimensioni con le divinità di Eleusi, le scene di caccia (solo per qualche tipo imparentate con M. Perennius), gli amorini su delfini, le scene di combattimento con orientali e quelle con legionarî; le piccole raffigurazioni di donne sedute accanto a candelabri e quelle, di eguale mano, con Aiace e Cassandra, ecc. Di particolare interesse le composizioni a girali di acanto in cui sono inserite grandi teste di profilo, figurine umane e animali ed altri oggetti. Gli scavi di Arezzo ci dànno ampia testimonianza circa l'abbondanza e la finezza del vasellame liscio di svariate forme.
In complesso si tratta d'una produzione assai fine e calligrafica, un po' fredda, ma sempre armoniosa. Nonostante che su di essa non si sia indagato né si sia tentata una sistematica analisi, si può prevedere con facilità che, per la produzione di A., sarà possibile arrivare ad una descrizione almeno altrettanto minuziosa e sistematica quanto quella che si è incominciato ad istituire per il M. Perennius delle prime fasi. Da essa risulterà l'ampiezza del repertorio di A. e la sua fondamentale originalità. Sarà allora possibile, colla risoluzione del problema cronologico, vedere anche se l'origine di certe sequenze sia effettivamente di A. e non di Perennius, come fino ad ora sembrava.
Per la cronologia, accanto alle coincidenze su accennate con la produzione di Rasinius, di Annius e soprattutto con quella media di M. Perennius, saranno elementi utili, oltre la conformazione della firma, la sagomatura dei vasi, tipica dell'età augustea tarda, quella degli orli non eccessivamente modanati e la quasi assoluta mancanza di applicazioni.
Pare che la produzione delle filiali "galliche", che continua solo in parte i criteri della fabbrica aretina di A., e che mostra assonanze con la produzione bargathea e corneliana, sia di piena età tiberiana.
Bibl.: H. Dragendorff, in Bonn. Jahrb., XCVI, 1895, p. 44; G. Wolff, in Nassauische Annalen, XXVII, 1895, p. 39 ss.; A. Oxé, in Bonn. Jahrb., CI, 1897, p. 22 ss.; M. Ihm, in Bonn. Jahrb., CII, 1898, p. 125; S. Loeschcke, in Westf. Mitt., V, p. 129 ss. e 168 ss.; K. Hahnle, in Westf. Mitt., VI, pp. 42 ss. e 69 ss.; id., in Pauly-Wissowa, Suppl. III, 1918, c. 174 ss.; A. Oxé, Arretinische Reliefgefässe von Rhein, Francoforte sul Meno 1933, p. 36 ss.; H. Comfort, in Pauly-Wissowa, Suppl. VII, 1938, c. 1318; H. Dragendorff-C. Watzinger, Arretinische Reliefkeramik, Reutlingen 1948, p. 170 ss.; A. Stenico, in Studî in onore di A. Calderini e R. Paribeni, Milano 1956, pp. 414 s., 463 s.